Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9339 del 04/04/2019

Cassazione civile sez. III, 04/04/2019, (ud. 25/01/2019, dep. 04/04/2019), n.9339

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. GIANNITI Pasquale – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso R. G. n. 17647/2017 proposto da:

M.G., domiciliato in ROMA, presso la CANCELLERIA CIVILE

della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso per procura

speciale a margine ricorso per cassazione dall’AVVOCATO CARUSO MARIA

GRAZIA;

– ricorrente –

contro

D.G.F.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 932 della CORTE di APPELLO di CATANIA,

depositata il 18/05/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

25 gennaio 2019 dal Consigliere Dott. CRISTIANO VALLE.

Fatto

FATTI DI CAUSA

M.G. impugna, con tre motivi di ricorso, proposti ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, la sentenza della Corte di appello di Catania, che ha disatteso l’appello avverso sentenza del Tribunale della stessa sede, di rigetto della domanda di rimborso di somme e di risarcimento dei danni subiti dagli immobili del M. in conseguenza del comportamento di D.G.F..

D.G.F. è rimasto intimato.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il primo motivo deduce violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in relazione agli artt. 112 e 132 codice di rito, avendo omesso la Corte territoriale qualsiasi statuizione sulla domanda di risarcimento dei danni subiti dal M. a causa dell’accumulo di materiale di risulta, proveniente dal terreno confinante di proprietà del D.G..

Il motivo è fondato.

La sentenza della Corte di appello di Catania alla pag. 4 espone che il Tribunale aveva negato a M.G., attore in primo grado ed appellante, “il risarcimento per i lamentati danni alla facciata ed il rimborso delle spese sostenute per lo spostamento del materiale, proveniente dal fondo del convenuto, che si era ammassato a ridosso dell’immobile dell’attore”.

A fronte di detta chiara affermazione circa la statuizione di rigetto contenuta nella sentenza del Tribunale la sentenza della Corte di Catania nulla espone sulla domanda di rimborso delle spese sostenute da M.G., pur accertando che la domanda, o il capo di domanda era stato ritualmente proposto in primo grado.

Dal richiamo dell’atto di appello effettuato ai fini della cd. autosufficienza del ricorso risulta che il motivo di impugnazione era stato proposto alla Corte territoriale, alle pag. 29 e 30 della citazione in fase di gravame.

E’, quindi, integrato il vizio di omessa pronuncia, di cui all’art. 112 c.p.c.

Il primo motivo di ricorso è, pertanto accolto.

Il secondo ed il terzo motivo attengono alla violazione o falsa applicazione delle norme di cui agli artt. 115,116,163 e 163 c.p.c. e artt. 1226,2056 e 2697 c.c.

In quanto strettamente connessi i due motivi di ricorso possono essere congiuntamente scrutinati.

Essi sono fondati.

La sentenza impugnata esordisce nella motivazione affermando che “Il primo Giudice riteneva, sulla base delle concordanti dichiarazioni dei testimoni, che sussistesse la prova della verificazione dell’incendio e, pertanto, la responsabilità del convenuto, ai sensi dell’art. 2051 c.c. Rilevava, però, che il materiale istruttorio raccolto non consentiva di procedere alla quantificazione dei pretesi danni”.

Dette affermazioni sono sostanzialmente condivise dalla Corte di appello, che, però, imputa al M. la mancata quantificazione dei danni, non avendo questi chiesto un accertamento tecnico preventivo nell’immediatezza dei fatti “…e non avesse, invece, atteso oltre quattordici anni per iniziare la causa e dimostrare gli asseriti pregiudizi subiti”.

Il tal modo, tuttavia, la Corte territoriale non governa adeguatamente le risultanze di causa, in quanto sostanzialmente, a fronte di una ritenuta, alle prime righe della motivazione, accertata responsabilità per custodia, con riferimento all’incendio (la sentenza, sul punto, non applica adeguatamente l’art. 2051 c.c., che prevede una forma di responsabilità sostanzialmente oggettiva, implicante l’onere della prova del caso fortuito da parte del custode), esclude possa applicarsi la liquidazione equitativa dei danni, che, viceversa, in materia di responsabilità extracontrattuale è ammessa, giusta il rinvio dell’art. 2056 c.c. all’art. 1226 c.c.

La Corte di appello ha, inoltre, del tutto disatteso di confrontarsi con il materiale probatorio raccolto, che, come risulta dagli stralci delle deposizioni testimoniali riportati nel ricorso di legittimità, corroborava l’effettiva verificazione di danni al fondo del M..

Per costante e risalente giurisprudenza (Cass. n. 00957 del 26/01/1995): “Il giudice di merito ha la facoltà di liquidare il danno in via equitativa, anche d’ufficio, quando sia mancata la prova del dedotto ammontare dello stesso, per l’impossibilità per la parte di fornire sufficienti elementi, ovvero quando gli elementi di prova forniti non siano riconosciuti di sicura efficacia, stante la difficoltà di una precisa quantificazione.” ed ancora (Cass. n. 01201 del 06/02/1998): “L’impossibilità di provare il danno nel suo preciso ammontare richiesta dall’art. 1226 c.c. come condizione dell’esercizio da parte del giudice del potere di procedere alla liquidazione equitativa, non va intesa in senso assoluto e pertanto deve ritenersi sussistente anche quando in relazione alla peculiarità del fatto dannoso la precisa determinazione del danno si presenti difficoltosa”.

Il giudice del merito non ha correttamente applicato i detti principi in tema di liquidazione del danno da responsabilità extracontrattuale.

La sentenza impugnata deve, pertanto, essere cassata e, non sussistendo i presupposti per la decisione nel merito, la causa rinviata, in applicazione dell’art. 383 c.p.c., comma 1, alla Corte di appello di Catania, con vincolo di diversa composizione, che la deciderà adeguandosi a quanto statuito.

Al giudice del rinvio è demandato di provvedere anche sulle spese di questo giudizio di cassazione.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto dell’insussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di appello di Catania, in diversa composizione, alla quale demanda di provvedere sulle spese di questo giudizio di cassazione.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di Cassazione, sezione Terza civile, il 25 gennaio 2019.

Depositato in Cancelleria il 4 aprile 2019

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