Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9338 del 28/04/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 9338 Anno 2014
Presidente: CICALA MARIO
Relatore: CARACCIOLO GIUSEPPE

ORDINANZA

sul ricorso 7315-2012 proposto da:
FELLETTI MARIA GIOVANNA FLLMGV47P47C912P, elettivamente
domiciliata in ROMA, presso la CORTE DI CASSAZIONE,
rappresentata e difesa dagli avvocati GARGIULO
GIUSEPPE, COVONE BRUNO, giusta mandato a margine del
ricorso;
– ricorrente contro

AGENZIA DELLE ENTRATE 0636691001 in persona del
Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in
ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA
GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ape
legis;
– controricorrente –

Data pubblicazione: 28/04/2014

avverso la sentenza n. 60/10/2011 della Commissione
Tributaria Regionale di TORINO del 19.4.2011,
depositata il 28/09/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 03/04/2014 dal Consigliere Relatore Dott.

GIUSEPPE CARACCIOLO.

La Corte, ritenuto
che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in cancelleria la
seguente relazione:
Il relatore cons. Giuseppe Caracciolo,

Osserva:
La CTR di Torino ha respinto l’appello di Fletti Maria Giovanna -appello proposto
contro la sentenza n.63/01/201008 della CTP di Novara che aveva già disatteso il
ricorso della predetta contribuente avverso avvisi di accertamento IRPEF per l’anno
2004- ed ha perciò confermato il predetto avviso, fondato sul metodo sintetico
consistente nell’identificazione della capacità contributiva in virtù di indici desunti
dalla disponibilità economica che aveva consentito alla Feletti di rendersi acquirente
di un’autovettura di potenza fiscale superiore ai 21 CV e di un immobile in comune
di Comacchio con atto registrato il 4.10.2006, pur non avendo la medesima
presentato dichiarazione dei redditi.
La predetta CTR ha motivato la decisione nel senso che, a fronte della singolare
situazione di una contribuente che non aveva presentato dichiarazioni per molti anni e
tuttavia possedeva veicoli ed abitazioni, giustamente l’Ufficio non aveva ritenuto
sufficienti le giustificazioni delle vincite di fortuna ed aveva fatto applicazione della
“tabella” prevista per l’accertamento sintetico. In appello peraltro la contribuente non
aveva addotto ragioni diverse da quelle già disattese nel primo grado.
La contribuente ha interposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
L’Agenzia si è difesa con controricorso.
Il ricorso — ai sensi dell’art.380 bis cpc assegnato allo scrivente relatore- può essere
definito ai sensi dell’art.375 cpc.
Infatti, con il primo motivo di impugnazione (centrato sulla violazione dell’art.38 del
DPR n.600/1973 e dell’art.112 cpc), la ricorrente si duole del difetto del presupposto

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letti gli atti depositati

stesso per l’applicazione della modalità sintetica di accertamento e cioè che il reddito
accertato si discosti per almeno un quarto da quello dichiarato: nulla avendo la
contribuente dichiarato, siffatto scostamento non avrebbe potuto avere senso
matematico. D’altronde, il predetto art.38 prevede che i costi sostenuti per
l’incremento patrimoniale si rapportino a ricavi conseguiti nei precedenti quattro

Ciò posto, la parte ricorrente assumeva che il giudice di appello aveva seguito un
ragionamento incompleto, incoerente ed illogico, certamente non fondato sotto il
profilo dell’adeguatezza e ragionevolezza, così violando l’art.112 cpc
Il motivo in rassegna appare inammissibilmente formulato.
La parte ricorrente ha formulato dirette censure nei confronti dell’avviso di
accertamento di cui qui si tratta (in coerenza con la prospettata violazione dell’art.38
dianzi menzionato) ma non ha censurato per le stesse ragioni la decisione impugnata,
così violando il canone del necessario rapporto di inerenza tra motivi di
impugnazione e ratio decidendi prescelta dal giudicante.
D’altronde, le critiche mosse nei riguardi del “ragionamento decisorio”, contenute
nell’ultima parte del motivo, appaiono di consistenza del tutto generica e comunque
improntate a ragioni del tutto diverse da quella della violazione dell’art.38, sicchè
esse risultano incoerenti con la tipologia del vizio denunciato.
Con il secondo motivo (centrato sulla violazione degli art.32 e 39 del DPR
n.600/1973, dell’art.2727 e dell’art.52 del DPR n.633/1977) la parte ricorrente si
duole di omessa o insufficiente motivazione della sentenza, non avendo la CTR
tenuto conto che la contribuente, quando ne fu richiesta con i questionari, aveva
corrisposto alle richieste dell’Amministrazione indicando le fonti finanziarie
utilizzate per gli acquisti. Perciò il giudicante aveva “seguito un ragionamento
arbitrario” e comunque in contrasto con le prescrizioni degli art.11 e 12 delle
disposizioni sulla legge in generale.
Anche con riferimento al motivo ora in esame deve essere evidenziata una chiara
incoerenza tra il vizio valorizzato dal ricorrente in rubrica e gli argomenti sviluppati

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anni, presunzione rispetto alla quale nessuna prova contraria era stata addotta.

nel contesto del motivo. Questi ultimi, improntati al vizio di motivazione, appaiono
peraltro del tutto sprovvisti sotto il profilo dell’indicazione del fatto (necessariamente
provvisto dei caratteri di essere stato oggetto di controversia nei pregressi gradi e di
decisività) con riferimento al quale soltanto potrebbe discutersi dell’inadeguatezza
della motivazione della pronuncia impugnata.

inammissibilmente formulato.
Pertanto, si ritiene che il ricorso può essere deciso in camera di consiglio per
inammissibilità.
Roma, 15 settembre 2013

ritenuto inoltre:
che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati
delle parti;
che nessuna delle parti ha depositato memoria illustrativa;
che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i
motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va rigettato;
che le spese di lite vanno regolate secondo la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente a rifondere le spese di lite
di questo grado, liquidate in € 1.700,00 oltre spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma il 3 aprile 2014
Il P

ente

Non resta che concludere nel senso che anche il presente motivo appare

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