Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9338 del 07/04/2021

Cassazione civile sez. VI, 07/04/2021, (ud. 26/01/2021, dep. 07/04/2021), n.9338

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FERRO Massimo – Presidente –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21070-2019 proposto da:

BPER BANCA SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore,

(GIA’ BANCA POPOLARE DELL’EMILIA ROMAGNA SOC COOP), elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA MONTE ZEBIO 28, presso lo studio

dell’avvocato BERNARDI GIUSEPPE, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

D.L., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE GIUSEPPE

MAZZINI 6, presso lo studio dell’avvocato SCRIVO PASQUALE,

rappresentata e difesa dall’avvocato MACRI’ FRANCESCA ROMANA;

– controricorrente –

contro

M.D.G., MACRI’ FRANCESCA ROMANA, MA.GA.,

M.M.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 351/2019 della CORTE D’APPELLO di REGGIO

CALABRIA, depositata il 24/04/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 26/01/2021 dal Consigliere Relatore Dott. FIDANZIA

ANDREA.

 

Fatto

RILEVATO

– che viene proposto dalla BPER Banca s.p.a., affidandolo a due motivi, ricorso avverso la sentenza n. 536 del 24 aprile 2019 con la quale la Corte d’Appello di Reggio Calabria ha rigettato l’appello proposto dalla stessa banca avverso la sentenza del 17 novembre 2006 con cui il Tribunale di Reggio Calabria, in accoglimento della domanda proposta D.L. e MacrìPietro (quest’ultimo poi deceduto ed al quale sono subentrati nel giudizio di secondo grado gli eredi M.D.G., M.F.R., Ma.Ga. e M.M.) ha accertato e dichiarato che il saldo del conto corrente n. 540 (originariamente tratto sulla Banca Popolare di Crotone s.p.a.) ammontava alla data del 31 dicembre 1990 ad Euro 309.874,14 e, per l’effetto, ha condannato lo stesso istituto al pagamento a favore dei correntisti della stessa somma oltre accessdjai legge.

La Corte d’Appello ha condiviso l’impostazione del giudice di primo grado che aveva accertato, sulla scorta della distinta di versamento n. 2344569/b, che, contrariamente a quanto annotato dalla banca, i correntisti avevano versato sul loro conto corrente un assegno dell’importo di Euro 300.000,00;

– che D.L. si è costituita in giudizio con controricorso;

– che sono stati ritenuti sussistenti i presupposti ex art. 380-bis c.p.c.;

che entrambe le parti hanno depositato le memorie ex art. 380-bis c.p.c., comma 2.

Diritto

CONSIDERATO

– 1. che con il primo motivo è stata dedotta la violazione degli artt. 115 e 169 c.p.c. sul rilievo che la Corte d’Appello aveva erroneamente rigettato l’istanza formulata in data 7 febbraio 2011.9 dalla banca (che non aveva restituito nei termini di cui all’art. 169 c.p.c. il proprio fascicolo ritirato all’udienza di precisazione delle conclusioni delle conclusioni del 26.11.2008) di autorizzazione alla restituzione del proprio fascicolo di parte, sul rilievo che la causa era già stata trattenuta in decisione;

che tale rifiuto contrastava con la giurisprudenza di questa Corte secondo cui il mancato rideposito del fascicolo di parte, ritirato all’atto della precisazione delle conclusioni, costituisce una mera irregolarità che il giudice di merito può fronteggiare attraverso la rimessione della causa sul ruolo;

2. che il motivo è infondato;

che se è pur vero che, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, il termine di cui all’art. 169 c.p.c. per la restituzione del fascicolo ritirato al momento della precisazione delle conclusioni è perentorio solo nel giudizio di primo grado (vedi Cass. n. 29309/2017), tuttavia, il termine ordinatorio è suscettibile di proroga, a norma dell’art. 154 c.p.c., purchè la relativa istanza sia stata presentata prima della sua scadenza e comunque la sua concessione è rimessa alla discrezionalità del giudice (significativa è l’espressione “può”);

– che, in ogni caso, nella fattispecie in esame, l’istanza di autorizzazione alla restituzione del fascicolo – cui può implicitamente attribuirsi natura di istanza di proroga del termine di cui all’art. 169 c.p.c. – è stata presentata dopo la scadenza del termine per il deposito della comparsa conclusionale, scaduto il 25 gennaio 2008 (non è dato sapere nè dalla sentenza impugnata nè dal ricorso le ragioni per cui dal momento della precisazione delle conclusioni al momento della decisione sia trascorso un tempo così lungo);

– che, peraltro, questa Corte, in una fattispecie analoga, nello statuire che qualora il fascicolo dell’appellante regolarmente presentato e poi ritirato non venga restituito entro il termine, non perentorio, prescritto (art. 169 c.p.c. e art. 111 disp. att. c.p.c.), il giudice di secondo grado deve decidere sul gravame in base agli atti legittimamente a sua disposizione, ha ritenuto di includere anche quelli contenuti nel fascicolo dell’appellante tardivamente restituito, solo se la controparte non abbia sollevato al riguardo alcuna eccezione ed il giudice stesso abbia ritenuto di autorizzare il deposito tardivo (Cass. n. 15672 del 15/07/2011), ritenendo quindi indefettibile l’autorizzazione (non doverosa) del giudice;

3. che con il secondo motivo è stata dedotta la violazione dell’art. 2729 c.c. e artt. 115 e 116 c.p.c., sul rilievo che la Corte territoriale ha ritenuto erroneamente irrilevante ed inammissibile la dichiarazione scritta rilasciata dal cassiere della banca – da cui risulta che l’operazione per cui è causa non era mai stata effettuata dal correntista – mentre tale dichiarazione avrebbe dovuto essere valutata unitamente agli altri elementi di prova acquisiti in giudizio, quali i documenti da cui risultava il c.d. storno tecnico nonchè la circostanza che la distinta di versamento, oltre alla firma della correntista D., recava una sigla “non interpretabile”;

4. che il motivo è manifestamente infondato nonchè inammissibile;

che, in particolare, è orientamento consolidato di questa Corte (vedi ex plurimis Cass. n. 1229/2019) che, in tema di ricorso per cassazione, una censura relativa alla violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma solo se si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione;

che nessuna delle fattispecie sopra enunciata rientra nel caso in esame, atteso che la ricorrente lamenta l’omessa valutazione di un elemento (dichiarazione del cassiere costituente prova atipica) che comunque sarebbe stato soggetto al libero convincimento del giudice – e non costituente quindi prova legale – ed avrebbe potuto essere valorizzato, solo in concomitanza con altre circostanze purchè non smentito dal raffronto critico coni altre risultanze del processo (vedi Cass. 13229/2015);

che, nel caso di specie, a prescindere della dichiarazione del cassiere, il giudice di secondo grado ha escluso la ricorrenza di altre circostanze che avvalorassero la ricostruzione della banca, avendo ritenuto non documentata la dedotta annotazione sul giornale di cassa del terminale VSC2 di uno “storno tecnico”, e valutando che la distinta di versamento recante la sottoscrizione riconducibile alla correntista D. comprovasse l’effettuazione del versamento del relativo importo sul conto corrente;

che tale valutazione in fatto, in quanto spettante al giudice di merito, non è sindacabile in sede di legittimità se non a norma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (norma di cui non è stata neppure lamentata la violazione), pre cui le censure della ricorrente si appalesano come inammissibili in quanto finalizzate a sollecitare una diversa ricostruzione del fatto rispetto a quella operata dai giudici di merito;

5. che le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

PQM

Rigetta il ricorso;

condanna la ricorrente al pagamento delle spese delle spese di lite che liquida in Euro 7.100,00 di cui Euro 100,00 per spese, oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione civile, il 26 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 7 aprile 2021

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