Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9336 del 07/04/2021

Cassazione civile sez. VI, 07/04/2021, (ud. 26/01/2021, dep. 07/04/2021), n.9336

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FERRO Massimo – Presidente –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26255-2018 proposto da:

O.S., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato FROLDI LUCA;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO (OMISSIS), in persona del Ministro pro tempore

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso.

AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende, ope

legis;

– resistente –

avverso il decreto n. R.G. 1881/2018 del TRIBUNALE di ANCONA,

depositato il 27/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 26/01/2021 dal Consigliere Relatore Dott. FIDANZIA

ANDREA.

 

Fatto

RILEVATO

– che viene proposto ricorso avverso il decreto del Tribunale di Ancona depositato il 27 luglio 2018, il quale ha rigettato il ricorso proposto da O.S., cittadino nigeriano, avverso il provvedimento negativo della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale;

– che il Ministero si è costituito tardivamente in giudizio ai soli fini di un’eventuale partecipazione all’udienza di discussione;

– che sono stati ritenuti sussistenti i presupposti ex art. 380-bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

1. che con il primo motivo il ricorrente ha dedotto la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 sul rilievo che il giudice aveva omesso di ascoltare il ricorrente, non chiedendo a quest’ultimo alcun chiarimento e non approfondendo le dichiarazioni rese da quest’ultimo in sede di audizione davanti alla Commissione territoriale, venendo così meno all’obbligo di cooperazione istruttoria;

che, pertanto, a prescindere dalle norme asseritamente violate indicate nel primo motivo del ricorso, la censure del richiedente vertono sulla mancata audizione dello stesso in sede giudiziale e sull’omesso assolvimento dell’obbligo di cooperazione istruttoria;

2. che il primo motivo è manifestamente infondato nonchè inammissibile per altro profilo; che, in particolare, questa Corte, anche nella più recente sentenza n. 21584 del 7.10.2020, pronunciata all’esito dell’udienza pubblica del 17.9.2020, ha statuito che, in materia di protezione internazionale, il giudice, in assenza della videoregistrazione del colloquio svoltosi dinnanzi alla Commissione territoriale, ha l’obbligo di fissare l’udienza di comparizione, ma non anche quello di disporre l’audizione personale del ricorrente, a meno che: a) nel ricorso vengano dedotti fatti nuovi a sostegno della domanda; b) il giudice ritenga necessaria l’acquisizione di chiarimenti in ordine alle incongruenze o alle contraddizioni rilevate nelle dichiarazioni del richiedente; c) quest’ultimo nel ricorso non ne faccia istanza, precisando gli aspetti in ordine ai quali intende fornire i predetti chiarimenti, e sempre che la domanda non sia manifestamente fondata o inammissibile;

che, in particolare, nella predetta pronuncia, è stato evidenziato che il giudice non è tenuto a disporre l’audizione del richiedente, se non previa richiesta circostanziata da parte di quest’ultimo contenuta nel ricorso in cui lo stesso deve offrire di fornire i chiarimenti resisi necessari in relazione alle incongruenze e contraddizioni rilevate dalla Commissione Territoriale e poste a fondamento del decreto di rigetto della domanda di protezione (vedi anche Cass. n. 25312/2020);

che, nel caso di specie, oltre a non risultare dal ricorso per cassazione che l’istanza di audizione fosse mai stata formulata dal richiedente nel ricorso in opposizione del decreto di rigetto della Commissione territoriale, in ogni caso, il cittadino straniero non ha minimamente indicato gli aspetti in ordine ai quali ritenesse utile essere sentito dal giudice o fornire i chiarimenti, non constando neppure se tali profili fossero stati precisati nel ricorso proposto avverso il decreto di rigetto della Commissione, (diq-a-Fichtl tale censura si appalesa del tutto generica e come tale inammissibile (vedi sul punto anche Cass. n. 8931/2020);

3. che con il secondo motivo è stata dedotta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett c), sul rilievo che anche la zona meridionale della Nigeria (da cui proviene) presenta una grave criticità, e non soltanto la zona posta a nord in cui è attivo il gruppo terroristico Boko Haram;

4. che il motivo è inammissibile;

che, in particolare, va preliminarmente osservato che, anche recentemente, questa Corte ha statuito che, ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, a norma del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), la nozione di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato, interno o internazionale, deve essere interpretata, in conformità con la giurisprudenza della Corte di giustizia UE (sentenza 30 gennaio 2014, in causa C-285/12), nel senso che il grado di violenza indiscriminata deve avere raggiunto un livello talmente elevato da far ritenere che un civile, se rinviato nel Paese o nella regione in questione correrebbe, per la sua sola presenza sul territorio, un rischio effettivo di subire detta minaccia (Cass. n. 13858 del 31/05/2018);

che, nel caso di specie, il Tribunale ha accertato – mediante il ricorso a diverse fonti internazionali- l’insussistenza di una situazione di violenza indiscriminata nella regione meridionale della Nigeria (essendo il pericolo concentrato nella zona a nord est a causa dell’attività del gruppo terroristico Boko Haram) ed il relativo accertamento costituisce apprezzamento di fatto di esclusiva competenza del giudice di merito/ non censurabile in sede di legittimità (Cass. 2/12/2018 n. 32064);

che la soccombenza del ricorrente non comporta la condanna dello stesso al pagamento delle spese processuali, in ragione della inammissibilità della costituzione tardiva del Ministero.

PQM

Rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 26 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 7 aprile 2021

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