Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9336 del 04/04/2019

Cassazione civile sez. III, 04/04/2019, (ud. 16/01/2019, dep. 04/04/2019), n.9336

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 17643/2017 proposto da:

G.R., elettivamente domiciliata in ROMA, alla VIA R. FAURO N.

102, presso l’AVVOCATO ITALO ROMAGNOLI, rappresentata e difesa

dall’AVVOCATO DARIO BINI, giusta procura speciale allegata al

ricorso;

– ricorrente –

contro

K.H.H., elettivamente domiciliatitin ROMA,

presso la Cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e

difesa dall’avvocato DAMIANO ZOPPO, giusta procura speciale allegata

al controricorso;

– controricorrente –

e

R.A.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1005 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 06/06/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

16 gennaio 2019 dal Consigliere Dott. CRISTIANO VALLE.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte di appello di L’Aquila, con sentenza n. 1005 del 2017 accoglieva l’appello di K.H.H. avverso la sentenza del Tribunale di Pescara n. 534 del 2016, rigettando la domanda di prelazione agraria proposta da G.R. e condannandola al pagamento delle spese di entrambi i gradi del giudizio.

Avverso la sentenza della Corte Territoriale ha proposto ricorso per cassazione G.R., con quattro motivi.

Resiste con controricorso K.H..

R.A. è rimasta intimata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il primo motivo di ricorso è formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione agli artt. 81,100,112,324,343e 345 c.p.c..

Il mezzo deduce che sulla carenza di legittimazione passiva di K.H., alienante del fondo oggetto di riscatto, si fosse formato giudicato interno ed esso non era stato adeguatamente censurato dalla parte che vi aveva interesse, nè la Corte territoriale poteva occuparsi d’ufficio della carenza di legittimazione passiva.

Il motivo è infondato.

Risulta incontestato, ed è peraltro risultanza documentale degli atti regolamentari, che è stata la stessa G.R. ad avere convenuto in giudizio in primo grado K.H.H., al fine di esercitare la prelazione agraria.

L’affermazione della Corte territoriale, del riconoscimento della K. quale legittimata passiva dell’azione di riscatto agrario, è coerente sul punto con la circostanza che erano state convenute in giudizio dalla G. in primo grado sia la venditrice, ossia K.H.H. che l’acquirente, R.A..

L’appello, avverso la sentenza del Tribunale di Pescara che aveva accolto l’azione, era stato interposto dalla sola K.H.H., con la conseguenza, tratta correttamente dalla sentenza qui impugnata, che in punto di legittimazione passiva si era formato giudicato, non essendo stata la questione in alcun modo devoluta alla cognizione del giudice dell’impugnazione, nè essa poteva costituire oggetto di rilievo d’ufficio. E’, quindi, sostanzialmente la prospettazione della ricorrente per cassazione che appare carente in punto di interesse ad agire.

Il secondo motivo, parimenti relativo alla legittimazione passiva dell’alienante K. è articolato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in riferimento agli artt. 81,100,112,324,345 c.p.c. e della L. 14 agosto 1971, n. 817, art. 7 e della L. 26 maggio 1965, n. 590, art. 8.

Il ricorso afferma che la domanda proposta in primo grado mirava unicamente al riscatto del fondo, come risultava chiaro dalle conclusioni rassegnate nell’atto di citazione, con la conseguenza che la domanda doveva ritenersi rivolta soltanto nei confronti dell’acquirente R.A..

Il mezzo non si confronta con il tenore complessivo del provvedimento impugnato, che ha correttamente rilevato che R.A., acquirente del fondo, sebbene ritualmente citata, era rimasta contumace in primo grado, e si era quindi costituita in grado di appello, aderendo all’appello proposto dalla sua dante causa.

Da tanto consegue che il mezzo prospettato è destituito di fondamento.

Il terzo motivo è rubricato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e artt. 81,100,112,342 e 345 c.p.c..

La ricorrente censura la sentenza della Corte territoriale per ultrapetizione.

Il motivo assume che la sentenza di appello abbia superato il perimetro della devoluzione, pronunciando oltre il richiesto (cd. ultra petita) in quanto nessuna prospettazione in ordine ai requisiti per l’esercizio del diritto di riscatto le era stata sottoposta.

Anche detta censura non incrina il percorso motivazionale della sentenza gravata.

Alle pagine 4 e seguenti la Corte territoriale afferma che il principio di non contestazione deve essere coordinato con l’onere di allegazione dei fatti, cosicchè a fronte di una allegazione dei fatti generica il convenuto può limitarsi ad una contestazione altrettanto generica e l’attore rimane onerato interamente della prova dei fatti costitutivi della domanda. Sulla base di detta corretta premessa la sentenza impugnata, dopo avere rilevato il carattere generico e meramente assertivo della domanda della G., con conseguente inoperatività del principio di non contestazione, perlomeno con l’estensione dedotta dalla parte ricorrente in questa sede, ha affermato che era onere della G. provare sia la qualifica soggettiva di proprietaria coltivatrice diretta del fondo ai sensi della L. n. 817 del 1971, art. 7 (richiamando correttamente la costante giurisprudenza di questa Corte: Cass. n. 07253 del 22/03/2013 e in precedenza n. 12893 del 24/07/2012), sia l’insussistenza di circostanze escludenti la possibilità di utile esercizio della prelazione, ed ha quindi concluso che non era stata raggiunta prova in ordine alla qualifica di coltivatrice diretta, risultando contraddittoria l’istruttoria testimoniale ed insufficienti gli elementi addotti in ordine all’estensione del fondo dalla stessa G. coltivato ed alle attrezzature utilizzate per la coltivazione ed alla quantità di prodotti ricavati.

Il mezzo di ricorso non è, quindi, idoneo ad incrinare detta motivazione, tenuto conto che per costante orientamento di questa Corte l’apprezzamento delle prove è compito esclusivo del giudice del merito, insuscettibile di censura in sede di legittimità ove adeguatamente motivato (Cass. n. 16056 del 02/08/2016).

Il quarto mezzo è proposto con l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e gli artt. 2697 e 2712 c.c., nonchè 112, 115, 116 c.p.c. e della L. n. 590 del 1965, art. 31, ed anche con l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5

Il quarto motivo, sebbene formulato con l’aggiunta del n. 5 alla prospettazione di cui al terzo motivo, relativo all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, si risolve, come sembra ben consapevole la stessa difesa della parte ricorrente, in una richiesta a questa Corte di un riesame complessivo degli elementi di fatto, quali la qualifica di coltivatore diretto, l’estensione del fondo coltivato, insuscettibili di utile devoluzione, stante il carattere proprio di giudizio di diritto del processo di cassazione, in questa sede. Deve, altresì, rilevarsi, con specifico riferimento all’articolazione del mezzo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, ex n. 5, che “il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non dà luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile nel paradigma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (che attribuisce rilievo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e presenti carattere decisivo per il giudizio), nè in quello del precedente n. 4, disposizione che – per il tramite dell’art. 132 c.p.c., n. 4 – dà rilievo unicamente all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante” (Cass. n. 11892 del 10/06/2016).

Il ricorso è, pertanto, rigettato.

Le spese di lite, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza della ricorrente nei confronti della controricorrente.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13 comma 1-bis.

PQM

Rigetta il ricorso;

condanna G.R. al pagamento delle spese di lite in favore di K.H. che si liquidano in complessivi Euro 5.200,00, del di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario al 15%, oltre CA ed IVA per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di Cassazione, Sezione Terza Civile, il 16 gennaio 2019.

Depositato in Cancelleria il 4 aprile 2019

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