Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9335 del 28/04/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 9335 Anno 2014
Presidente: CICALA MARIO
Relatore: CARACCIOLO GIUSEPPE

ORDINANZA

sul ricorso 1048-2012 proposto da:
PECE

CARMINE

PCECMN70L16H006D,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA MONTE CERVIALTO 165, presso lo
studio dell’avvocato CARLA MASTROMARINO, rappresentato
e difeso dall’avvocato MASTROMARINO CLAUDIO, giusta
mandato speciale a margine del ricorso;
– ricorrente contro

AGENZIA DELLE ENTRATE – DIREZIONE PROVINCIALE DI
AVELLINO;
– intimata –

avverso la sentenza n. 341/2/2010 della Commissione
Tributaria Regionale di NAPOLI – Sezione Staccata di
SALERNO del 21.10.2010, depositata il 12/11/2010;

Data pubblicazione: 28/04/2014

udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 03/04/2014 dal Consigliere Relatore Dott.

GIUSEPPE CARACCIOLO.

La Corte,
ritenuto che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in
cancelleria la seguente relazione:
Il relatore cons. Giuseppe Caracciolo,

Osserva:
La CTR di Napoli ha accolto solo parzialmente l’appello di Pece Carmine -appello
proposto contro la sentenza n.306/01/2001 della CTP di Salerno che aveva già solo
parzialmente accolto il ricorso della contribuente- ed ha così determinato il maggior
reddito prodotto dal contribuente nel 50% di quello indicato nell’avviso di
accertamento per IRPEF-IRAP-IVA relative all’anno d’imposta 2001, avviso
adottato in applicazione delle risultanze dello studio di settore concernente il ramo di
attività dal Pece esercitata.
La CTR -dopo avere rievocato i caratteri tipici della modalità di accertamento del
reddito valorizzata nell’accertamento qui impugnato- ha stabilito di doversi riferire, ai
fini del decidere, all’oggetto della proposta fatta dallo stesso contribuente in sede di
tentativo di accertamento per adesione, ed ha perciò determinato i maggiori ricavi nel
50% di quanto accertato.
11 contribuente ha interposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
L’Agenzia non si è difesa.
Il ricorso — ai sensi dell’art.380 bis cpc assegnato allo scrivente relatore, componente
della sezione di cui all’art.376 cpc- può essere definito ai sensi dell’art.375 cpc.
Infatti, con il primo motivo di impugnazione (improntato alla violazione degli art.62
bis e 62 sexies; degli art.39 e 42 del DPR n.600/1973; dell’art.7 della legge
n.212/2000 nonché dell’art.5 del D.Lgs.218/1997) la ricorrente si duole della ritenuta
legittimità dell’avviso, per quanto quest’ultimo fosse stato formulato in difetto di
motivazione e con omessa considerazione degli elementi oggettivi di giustificato

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letti gli atti depositati

scostamento dagli indici presuntivi dello studio di settore applicato, emersi in sede di
confronto precontenzioso.
Il motivo di impugnazione è inammissibilmente formulato.
E’ invero dirimente la circostanza che la censura di parte ricorrente si presenti del
tutto in contrasto con il canone di autosufficienza del ricorso per cassazione, sancito

Sul punto è sufficiente osservare che, secondo la giurisprudenza di questo giudice di
legittimità, qualora il ricorrente censuri la sentenza di una commissione tributaria
regionale sotto il profilo della congruità del giudizio espresso in ordine alla
motivazione di un avviso di accertamento -il quale non è atto processuale, bensì
amministrativo, la cui motivazione, comprensiva dei presupposti di fatto e delle
ragioni giuridiche che lo giustificano, costituisce imprescindibile requisito di
legittimità dell’atto stesso- è necessario, a pena di inammissibilità, che il ricorso
riporti testualmente i passi della motivazione di detto atto che si assumono
erroneamente interpretati o pretermessi dal giudice di merito, al fine di consentire alla
Corte di cassazione di esprimere il suo giudizio in proposito esclusivamente in base al
ricorso medesimo (v. Cass. n. 15867 del 2004).
La parte ricorrente non si è attenuta a siffatto onere (e neppure all’onere di indicare
specificamente quali fossero gli “elementi oggettivi di giustificato scostamento dagli
indici presuntivi dello studio di settore applicato, emersi in sede di confronto
precontenzioso”), sicchè non si può di certo passare all’esame del merito della
censura.
Egualmente inammissibile si profila il secondo motivo (centrato sul vizio di
motivazione e con il quale la parte ricorrente si duole di motivazione apodittica ed
apparente, avendo la CTR evitato “il nucleo della complessa censura afferente la
omessa motivazione in concreto dell’atto di accertamento”) per ragioni del tutto
analoghe a quelle riferite al primo. La parte ricorrente non ha debitamente delineato il
contenuto del motivo rispetto al quale sarebbe inadeguata la motivazione e men che
meno ha delineato (riproducendone il contenuto) le ragioni per le quali sarebbe

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dall’art.366 cpc

inadeguata la motivazione dell’accertamento. In tal modo la parte ricorrente ha anche
omesso di identificare il fatto controverso e decisivo rispetto al quale soltanto sarebbe
possibile esaminare la censura di inadeguatezza della motivazione.
Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per
inammissibilità.

ritenuto inoltre:
che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati
delle parti;
che non sono state depositate conclusioni scritte, né memorie;
che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i
motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va rigettato;
che le spese di lite non necessitano di regolazione, atteso che la parte vittoriosa
non si è costituita.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Nulla sulle spese.
Così deciso in Roma il 3 aprile 2014

DEPOSITATO IN CANCELLERIA

Roma, 15 settembre 2013

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