Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9335 del 08/05/2015


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 9335 Anno 2015
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: VIRGILIO BIAGIO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
INTESA SANPAOLO s.p.a., in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via Sicilia n. 66, presso gli
avv.ti Augusto Fantozzi, Roberto Tieghi e Francesco Giuliani, che la
rappresentano e difendono giusta delega in atti;

393c)

ricorrente

contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,
elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso
l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende;

controricorrente

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Veneto n.
56/34/06, depositata il 16 novembre 2006.

i.

Data pubblicazione: 08/05/2015

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 28 novembre
2014 dal Relatore Cons. Biagio Virgilio;
udito l’avv. Ernesto Maria Ruffini (per delega) per la ricorrente;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Giovanni
Giacalone, il quale ha concluso per il rigetto del ricorso.
Ritenuto in fatto
1. La Intesa Sanpaolo s.p.a. propone ricorso per cassazione, illustrato con

Veneto indicata in epigrafe, con la quale, per quanto qui ancora interessa, è
stata respinta la richiesta della contribuente di applicazione della causa di
non punibilità prevista dagli artt. 8 del d.lgs. n. 546 del 1992, 6, comma 2,
del d.lgs. n. 472 del 1997 e 10, comma 3, della legge n. 212 del 2000, nel
caso in cui la violazione della norma tributaria sia stata determinata da
obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione
della norma medesima.
In particolare, il giudice d’appello, pronunciando in sede di rinvio a
seguito delle sentenze di questa Corte nn. 13806, 13815 e 13816 del 2005,
con le quali erano stati parzialmente accolti i ricorsi proposti
dall’Amministrazione finanziaria, ha, in via definitiva, confermato la
legittimità dell’operato dell’Ufficio nei confronti della Cassa di Risparmio
di Padova e Rovigo s.p.a. (poi incorporata, da ultimo, dalla Intesa Sanpaolo
s.p.a.) con riferimento – in relazione ad avvisi di accertamento per IRPEG ed
ILOR degli anni 1979, 1980 e 1981 – sia al criterio adottato nella
determinazione della percentuale di deducibilità degli interessi passivi ai fini
ILOR, prevista dall’art. 58 del d.P.R. n. 597 del 1973, sia alla esclusione
dell’applicazione dell’agevolazione stabilita dall’art. 21, secondo comma,
del d.P.R. n. 601 del 1973 (norme, entrambe, vigenti ratione temporis).
In ordine alla richiesta di non applicazione delle sanzioni, poi, il giudice

a quo, premesso che “le sanzioni conseguono in via normale alla
dichiarazione giudiziale della legittimità dell’operato dell’Ufficio che
accerta la violazione”, ha osservato che “la pluralità delle pronunce della
S.C., ribadenti la sussistenza di un medesimo comportamento infrattivo da
parte del contribuente, induce a respingere la richiesta”.
2. L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso.

2

memoria, avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del

Considerato in diritto
1. Con i due motivi formulati, la ricorrente censura la sentenza
impugnata limitatamente al rigetto della richiesta di non applicazione delle
sanzioni per obiettiva incertezza sulla portata e sull’ambito applicativo delle
disposizioni tributarie nella specie violate, denunciando al riguardo sia
l’insufficienza della motivazione (primo motivo), sia la violazione delle
norme sopra citate che prevedono detta causa di non punibilità (artt. 8 del

3, della legge n. 212 del 2000) (secondo motivo).
2. Deve essere rilevata d’ufficio, in via preliminare ed assorbente,
l’inammissibilità di tale richiesta dinanzi al giudice di rinvio, in quanto
formulata per la prima volta dalla contribuente in tale sede (precisamente,
nell’atto di controdeduzioni all’atto di riassunzione proposto dall’Ufficio a
seguito delle menzionate pronunce di cassazione con rinvio).
Premesso, infatti, che, secondo l’orientamento ormai consolidato di
questa Corte, l’accertamento della sussistenza della oggettiva incertezza
dell’interpretazione normativa, ai fini della disapplicazione delle sanzioni,
può essere operata dal giudice tributario solo in presenza di domanda del
contribuente (la quale non può, pertanto, essere formulata per la prima volta
in sede di legittimità) (Cass. nn. 25676 del 2008, 24060 del 2014), è
sufficiente osservare che, nella fattispecie, detta richiesta, non proposta nei
gradi di merito svoltisi anteriormente ai relativi giudizi di cassazione, deve
ritenersi perciò nuova nel giudizio di rinvio e, come tale, inammissibile, in
applicazione del divieto per le parti di prendere, in tale sede, conclusioni
diverse da quelle prese nel giudizio nel quale fu pronunciata la sentenza
cassata (art. 394, terzo comma, cod. proc. civ. e, analogamente, per il
processo tributario, art. 63, comma 4, del d.lgs. n. 546 del 1992).
E’ fatto salvo il caso in cui la necessità delle nuove conclusioni sorga
dalla sentenza di cassazione, ma tale ipotesi ricorre — e non è certo questo il
caso in esame – solo qualora detta pronuncia abbia determinato una
modificazione della materia del contendere, definendo in modo diverso il
rapporto dedotto in giudizio, sì da rendere necessario per le parti un
mutamento della linea difensiva (Cass. nn. 978 del 1990, 1557 del 1998).
Va, a questo punto, applicato anche alla presente fattispecie il
consolidato principio in virtù del quale l’inosservanza del divieto di
3

d.lgs. n. 546 del 1992, 6, comma 2, del d.lgs. n. 472 del 1997 e 10, comma

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t Z4 il O,NI61

N. 131 TAB. ALL. B. – N. 5
MATERIA TRIBUTARIA
introdurre una domanda nuova in appello (o un’eccezione nuova non
rilevabile d’ufficio), ai sensi dell’art. 345 cod. proc. civ. e, per il giudizio
tributario, dell’art. 57 del d.lgs. n. 546 del 1992, e, correlativamente,
dell’obbligo del giudice di secondo grado di non esaminare nel merito tale
domanda è rilevabile d’ufficio in sede di legittimità, poiché costituisce una
preclusione all’esercizio della giurisdizione, che può essere verificata nel
giudizio di cassazione, anche d’ufficio, non rilevando in contrario neppure

(Cass. nn. 11202 del 2003, 12417 e 19605 del 2004, 28302 del 2005); è
evidente che tale principio è valido, ed a fortiori, anche per il giudizio di
rinvio (cfr. Cass. n. 5159 del 1987).
3. In conclusione, il Collegio, pronunciando sul ricorso, dichiara
inammissibile la richiesta di non applicazione delle sanzioni avanzata dalla
contribuente nel giudizio di rinvio e, di conseguenza, cassa senza rinvio la
sentenza impugnata limitatamente al capo relativo a tale domanda.
4. Le spese del presente giudizio di cassazione vanno compensate, in
considerazione del fatto che la decisione si basa sul rilievo (d’ufficio) di un
vizio processuale non denunciato dalla controricorrente.
P.Q.M.
La Corte, pronunciando sul ricorso, cassa senza rinvio la sentenza
impugnata limitatamente al capo concernente la richiesta di non
applicazione delle sanzioni.
Compensa le spese del presente giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma il 28 novembre 2014.

che l’appellato abbia accettato il contraddittorio sulla domanda anzidetta

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