Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9333 del 08/05/2015


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 9333 Anno 2015
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: DI IASI CAMILLA

SENTENZA
sul ricorso 22646-2008 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, domiciliata in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12,
presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la
rappresenta e difende;
– ricorrente contro

2014
3773

RAUSO

ANTONIO

in

proprio

e

quale

titolare

dell’omonima ditta EDIL CASA DI RAUSO ANTONIO,
elettivamente domiciliato in ROMA VIA LEONE IV 38,
presso lo studio dell’avvocato RAIMONDO DI VITO,
rappresentato e difeso dall’avvocato ENRICO DE LUCA

Data pubblicazione: 08/05/2015

,

giusta delega a margine;
,h
– contrari corrente –

avverso la sentenza n. 75/2007 della Commissione
Tributaria regionale del Lazio, depositata il
18/06/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 27/11/2014 dal Consigliere Dott. CAMILLA
DI IASI;
udito per il ricorrente l’Avvocato CAPOLUPO che ha
chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. PAOLA MASTROBERARDINO che ha concluso
per l’accoglimento del ricorso.

L

TIGN 22646 /08

Considerato in fatto
L’Agenzia delle Entrate ricorre con un motivo nei confronti di Antonio Rauso (che resiste con
controricorso) per la cassazione della sentenza n. 75/20/07 con la quale -in controversia
concernente impugnazione di cartella di pagamento per sanzioni amministrative relative al
ritardato versamento della seconda e terza rata del condono richiesto ai sensi della 1. n. 289 del

primo grado (che aveva respinto il ricorso introduttivo) affermando che il contribuente avrebbe
versato i ratei dovuti tempestivamente avendo riguardo ai termini indicati nella circolare
ministeriale del 18/2/2004 ed in ogni caso che nella specie occorreva considerare le obiettive
condizioni di incertezza determinate dal succedersi in breve tempo delle norme in materia e la
buona fede del contribuente.
Ritenuto in diritto
Preliminarmente, in ordine alla prima eccezione di inammissibilità del ricorso proposta dal
controricorrente -secondo la quale il ricorso non recherebbe l’indicazione del soggetto che
impugna la sentenza- è sufficiente osservare che nella prima pagina del ricorso è chiaramente
indicato che esso è proposto “per l’Agenzia delle Entrate, in persona del legale rappresentante p.t.,
rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato”, onde è evidente che ricorrente è
appunto l’Agenzia delle entrate in persona del suo direttore, non una articolazione periferica della
stessa. Sulla legittimazione a ricorrere e resistere in cassazione dell’Agenzia delle entrate in
persona del suo direttore in via concorrente e alternativa rispetto ai suoi uffici periferici la
giurisprudenza di questa Corte è pacifica (v. SU n. 3118 del 2006 e tra le molte successive cass. n.
22889 del 2006).
Quanto alla eccezione di inammissibilità del ricorso per acquiescenza alla sentenza impugnata,
essa non può essere presa in considerazione in quanto nel controricorso non si riporta il testo
completo della nota proveniente dall’Agenzia delle entrate né gli estremi e il contenuto del
presunto provvedimento di sgravio né si indica se e quando tali atto sono stati prodotti nel
procedimento.
Con un unico motivo, deducendo vizio di motivazione, la ricorrente censura la sentenza impugnata
per insufficienza della motivazione con riguardo all’individuazione di positivi elementi di
confusione derivanti dalla equivocità delle singole prescrizioni normative nonché per
contraddittorietà della medesima motivazione laddove i giudici d’appello adducono come motivo
di incertezza il contenuto della circolare dell’Agenzia 18/02/2004 che invece riporta con chiarezza
le scadenze delle rate in questione.

2002- la CTR Nagbeegt, in accoglimento dell’appello del contribuente, riformava la sentenza di

Il ricorso è inammissibile.
Il vizio di motivazione deve riguardare, a norma dell’art. 360 n. 5 c.p.c. (nel testo applicabile
ratione temporis) uno o più fatti (non quindi un punto, una questione, un argomento) controversi e
decisivi specificamente individuati e, a norma dell’ultima parte dell’art. 366 bis c.p.c. (applicabile
nella specie ratione temporis) tali fatti nonché le ragioni per le quali la motivazione ad essi relativa
è viziata devono essere riportati non solo nel motivo di ricorso bensì anche in una sintesi al termine
del ricorso medesimo (v. tra la molte SU n.20603 del 2007). Nella specie il motivo in esame non

neppure l’esplicitazione della “decisività” dei medesimi fatti.
Inoltre, il dedotto vizio di insufficienza della motivazione non attiene all’accertamento del fatto,
bensì (e inammissibilmente) alla motivazione in diritto laddove in sostanzia si censura la sentenza
impugnata per non essersi attenuta alla giurisprudenza di legittimità nell’interpretazione dell’art. 8
d.lgs. n. 546 del 1992 in tema di non applicabilità di sanzioni per errore sulla norma tributaria.
Quanto alla dedotta contraddittorietà (anche prescindendo da ogni considerazione in ordine alla
identificazione del fatto e soprattutto alla sua decisività) è sufficiente evidenziare che secondo la
giurisprudenza di questo giudice di legittimità la contraddittorietà della motivazione non é
ipotizzabile nel caso in cui la contraddizione denunziata non riguardi più proposizioni contenute
nella sentenza impugnata, tra loro inconciliabili, posto che il vizio in esame deve essere intrinseco
alla medesima sentenza e non può essere riferito a parametri valutativi esterni (ad es. quelli
ravvisabili nella consulenza tecnica d’ufficio), in quanto, afferendo alla stessa logicità della
sentenza, esso può essere riscontrato nel suo solo ambito, non rilevando, al riguardo, eventuali
contrasti -pur denunciabili sotto altri profili- tra le affermazioni della stessa sentenza ed il
contenuto di prove e documenti (v. tra le altre cass. nn. 1605 e 6787 del 2000).
Il ricorso deve essere pertanto dichiarato inammissibile. Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la soccombente alle spese del presente
giudizio di legittimità liquidate in € 1.700,00 oltre spese forfetarie nella misura del 15% e accessori
di legge
Così deciso in Roma il 27.11.2014

reca (tanto meno in una sintesi finale) la precisa indicazione di “fatti” specificamente individuati e

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