Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 933 del 17/01/2011

Cassazione civile sez. lav., 17/01/2011, (ud. 01/12/2010, dep. 17/01/2011), n.933

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. COLETTI DE CESARE Gabriella – rel. Consigliere –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. DI CERBO Vincenzo – Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 26576-2007 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati FABIANI

GIUSEPPE, TRIOLO VINCENZO, DE ROSE EMANUELE, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

S.T.;

– intimata –

sul ricorso 31078-2007 proposto da:

S.T., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CERVETERI 18,

presso lo studio dell’avvocato TOMAINO GIOVANNI, rappresentato e

difeso dall’avvocato ELIA MARIA CANDIDA, giusta delega in atti;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE;

– intimato –

avverso la sentenza n. 83 7/2007 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 15/05/2007 r.g.n. 1447/04;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

01/12/2010 dal Consigliere Dott. GABRIELLA COLETTI DE CESARE;

udito l’Avvocato ANTONIETTA CORETTI per delega TRIOLO VINCENZO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUCCI Costantino che ha concluso per l’accoglimento del ricorso

principale e rigetto del ricorso incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’appello di Catanzaro, rigettando l’impugnazione dell’INPS, che aveva eccepito la decadenza dall’azione giudiziaria, ha riconosciuto il diritto di S.T. al trattamento speciale di disoccupazione agricola per l’anno 1990, su rilievo che l”Istituto previdenziale non aveva adottato alcun provvedimento sulla domanda inoltrata dalla lavoratrice allo SCAU, in data 6 ottobre 1994 e che tale comportamento configurava un impedimento al decorso del termine decadenziale.

Per la cassazione di questa sentenza l’INPS ha proposto ricorso affidato a due motivi.

Resiste l’assicurata con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso principale e quello proposto in via incidentale vanno riuniti ai sensi dell’art. 335 c.p.c..

2. Nel primo motivo del ricorso principale l’INPS censura la sentenza impugnata per vizio di motivazione consistente nella non corretta lettura del documento in data 6 ottobre 1994, che, in realtà, non conteneva la domanda dell’assicurata ma consisteva in una comunicazione dello SCAU, indirizzata all’INPS e alla S., in risposta a un istanza di quest’ultima finalizzata al riesame della sua posizione assicurativa. Nessun obbligo aveva, quindi, l’INPS di adottare un provvedimento decisorio (positivo o negativo) a seguito della suddetta comunicazione.

3. Nel secondo motivo, con deduzione di violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47 quale risultante dal D.L. n. 103 del 1991, art. 6, comma 1, (convertito nella L. n. 166 del 1991) con riferimento all’art. 2968 c.c., si osserva che il silenzio dell’ente previdenziale sulla domanda di prestazione non configura un impedimento al decorso del termine di decadenza (sostanziale) previsto dalle disposizioni citate per l’esercizio dell’azione giudiziaria. Per cui. se si segue la tesi della lavoratrice – che ebbe a sostenere, nel ricorso giurisdizionale di primo grado, di aver presentato la domanda amministrativa della indennità di disoccupazione relativa all’anno 1990 “nei termini di rito” ( e, dunque, all’evidenza, non oltre il 31 marzo 1991, come prescritto dal R.D.L. n. 1827 del 1935, art. 129) – alla data del deposito del ricorso in parola (7 marzo 1997) la decadenza dal diritto alla prestazione (al tempo, di durata quinquennale) si era già verificata; ma ugualmente incorsa in decadenza sarebbe la odierna resistente anche a voler considerare domanda di disoccupazione agricola il documento datato 6 ottobre 1994. poichè, in tal caso, la domanda stessa ricadrebbe sotto il regime del D.L. n. 384 del 1992, art. 4 (convertito in L. n. 438 del 1992), che ha ridotto ad un anno il termine per l’esercizio dell’azione giudiziaria.

4. A sua volta, nell’unico motivo del ricorso proposto in via incidentale l’assicurata, con deduzione di violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. e dell’art. 152 disp. att. c.p.c. contesta alla sentenza MI impugnata di aver compensato le spese di lite, nonostante la soccombenza dell”INPS, giacchè, a suo dire, nelle cause intese ad ottenere prestazioni previdenziali, sarebbe precluso al giudice l’esercizio del potere di compensazione di cui all’art. 92 c.p.c., comma 2.

5. Il ricorso dell’INPS, i cui motivi si trattano congiuntamente per l’evidente connessione, è fondato.

6. Decisivo è il rilievo che l’azione giudiziaria avente ad oggetto la richiesta di una prestazione previdenziale, negata in sede amministrativa dall’INPS, deve essere proposta, a pena di decadenza dal diritto alla prestazione medesima (cosiddetta decadenza sostanziale) nei termini previsti dal D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47 come modificato dal D.L. n. 103 del 1991, art. 6 (convertito in L. n. 166 del 1991) e ancora, dal D.L. n. 384 de 1992 (convertito in L. n. 438 del 1992).

7. Per le prestazioni di carattere temporaneo, qual è il trattamento speciale di disoccupazione agricola, il termine di decadenza applicabile è di cinque anni se la domanda amministrativa è stata presentata anteriormente alla data (19 settembre 1992) di entrata in vigore del decreto L. n. 384 del 1992 citato; è. invece, di un anno, se la domanda amministrativa è successiva.

8. Il termine in parola decorre dalla data in cui l’INPS si è pronunciato sul ricorso amministrativo tempestivamente proposto (ai sensi del D.P.R. n. 88 del 1989, art. 46, comma 5) contro il provvedimento di diniego della prestazione (se tale pronuncia interviene prima della scadenza del termine per ricorrere), ovvero dalla data in cui sarebbe dovuta intervenire la pronuncia stessa (novanta giorni dalla data di presentazione del ricorso: art. 46, comma 6, D.P.R. citato) ovvero ancora, nel caso di mancata o intempestiva proposizione del ricorso, dalla scadenza del termine (300 giorni) complessivamente assegnato dalla legge per l’esaurimento del procedimento amministrativo (ivi compresa la sua fase contenziosa).

9. Si è posto il problema, ed ha costituito oggetto di contrasto nella giurisprudenza di questa Sezione lavoro, se l’azione giudiziaria sia soggetta al ripetuto termine di decadenza quando l’INPS non si sia esplicitamente pronunciato sulla domanda di prestazione, ovvero ancora, nel comunicare il provvedimento adottato, non abbia indicato al richiedente i gravami da proporre, gli organi ai quali presentarli e i termini da osservare.

10. Il contrasto è stato risolto dalle Sezioni unite della Corte con la sentenza n. 12718 del 2009 che ha affermato il seguente principio di diritto “In tema di decadenze dall’azione giudiziaria per il conseguimento di prestazioni previdenziali, il D.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, art. 47 (nel lesto modificato dal D.L. 19 settembre 1992, n. 384, art. 4 convertito, con modificazioni, nella L. 14 novembre 1992, n. 438) dopo avere enunciato due diverse decorrenze delle decadenze riguardanti dette prestazioni (dalla data della comunicazione della decisione del ricorso amministrativo o dalla data di scadenza del termine stabilito per la pronunzia della detta decisione), individua infine – nella “scadenza dei termini prescritti per l’esaurimento del procedimento amministrativo” – la soglia di trecento giorni (risultante dal la somma del termine presuntivo di centoventi giorni dalla data di presentazione della richiesta di prestazione di cui alla L. 11 agosto 1973, n. 533, art. 7 e di centottanta giorni, previsto dalla L. 9 marzo 1989, n. 88, art. 46, commi 5 e 6), oltre la quale la presentazione di un ricorso tardivo – pur restando rilevante ai fini della procedibilità dell’azione giudiziaria – non consente lo spostamento in avanti del “dies a quo” per l’inizio del computo del termine decadenziale (di tre anni o di un anno). Ne consegue che, al fine di impedirne qualsiasi sforamento in ragione della natura pubblica della decadenza regolata dall’anzidetto art. 47, il termine, decorre, oltre che nel caso di mancanza di un provvedimento esplicito sulla domanda, dell’assicurato, anche in quello di omissione delle indicazioni di cui al comma quinto del medesimo art. 47″.

11. Alla stregua del suddetto principio, non può ritenersi impeditivo del decorso del termine di decadenza il fatto – al contrario ritenuto determinante dalla sentenza impugnata – che l’INPS non abbia adottato alcun provvedimento sulla domanda della prestazione previdenziale.

12. Ne consegue, nel caso in esame, che alla data (7 marzo 1997) del deposito del ricorso giurisdizionale, il termine di decadenza era ormai ampiamente decorso sia a voler fare riferimento alla domanda amministrativa del 1991 (essendo stato superato il termine di cinque anni + 300 giorni), sia a voler considerare “domanda” il documento in data 6 ottobre 1994 (essendo stato superato, in tal caso, il termine di un anno + 300 giorni).

13. In conclusione il ricorso dell’INPS va accolto e la sentenza della Corte d’appello di Catanzaro va cassata, restando, per l’effetto, assorbito il motivo di ricorso incidentale, concernente la liquidazione delle spese de giudizio di secondo grado, per essere venuta meno, ex art. 336 c.p.c., comma 1 la relativa statuizione, unitamente a quella del giudizio di primo grado (cfr., fra tante, Cass. n. 13428 del 2007, n. 19305 del 2005. n. 15998 del 2003. Sez. un. n. 10615 del 2003).

14. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto (art. 384 c.p.c.), la causa può essere decisa direttamente da questa Corte nel merito, nel senso del rigetto della domanda proposta da S. T..

5. Nulla per le spese dell’intero processo in applicazione dell’art. 152 disp. att. c.p.c. (nel testo anteriore alle modifiche introdotte dal D.L. n. 269 del 1993, convertito nella L. n. 326 del 2003, nella specie inapplicabile ratione temporis).

P.Q.M.

La Corte, riuniti i ricorsi, accoglie il ricorso principale, dichiara assorbito l’incidentale; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda. Nulla per le spese dell’intero processo.

Così deciso in Roma, il 1 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 17 gennaio 2011

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