Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9327 del 20/04/2010
Cassazione civile sez. III, 20/04/2010, (ud. 11/03/2010, dep. 20/04/2010), n.9327
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI NANNI Luigi Francesco – Presidente –
Dott. AMATUCCI Alfonso – Consigliere –
Dott. SPAGNA MUSSO Bruno – Consigliere –
Dott. SPIRITO Angelo – Consigliere –
Dott. AMENDOLA Adelaide – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 26537/2006 proposto da:
M.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato
in ROMA, VIA CAIO MARIO 13, presso lo studio dell’avvocato LONGO
Mauro, che lo rappresenta e difende giusta delega a margine del
ricorso;
– ricorrenti –
contro
COMUNE DI ARDEA;
– intimato –
avverso la sentenza n. 609/2005 del GIUDICE DI PACE di ANZIO, emessa
il 29/6/2005, depositata il 08/07/2005, R.G.N. 935/C/2004;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del
11/03/2010 dal Consigliere Dott. ADELAIDE AMENDOLA;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
RUSSO Libertino Alberto, che ha concluso per la inammissibilità e il
rigetto del ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
M.F. conveniva in giudizio innanzi al Giudice di Pace di Anzio il Comune di Ardea per sentirlo condannare al risarcimento dei danni subiti dalla sua autovettura il giorno (OMISSIS) a causa di una buca esistente nel manto stradale.
Con sentenza depositata l’8 agosto del 2005 il giudice adito rigettava la domanda.
In motivazione osservava il giudicante che la buca era visibile con l’uso dei fari e che si trovava al centro della carreggiata: il guidatore non l’aveva scansata perchè non aveva osservato le regole di comportamento imposte dal codice della strada.
Avverso detta pronuncia propone ricorso per cassazione M. F. affidato a due motivi.
Nessuna attività difensiva ha svolto l’intimato.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.1 Col primo motivo il ricorrente lamenta mancanza, insufficienza e contraddittorietà della motivazione su un punto decisivo della controversia, per avere il giudice di merito escluso la responsabilità dell’Ente in base all’assunto che la buca era visibile con l’uso dei fari in dotazione del veicolo, anche se la via non era illuminata, di talchè non costituiva un’insidia, e tanto pur dopo avere affermato che compete all’ente proprietario curare la manutenzione della strada, in modo da non ingenerare falsi affidamenti negli utenti della stessa.
1.2 Col secondo mezzo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2043 e 2051 cod. civ., per avere il giudice di merito fatto malgoverno del principio giurisprudenziale, ormai assurto a diritto vivente, per cui dall’accertamento dell’esistenza del pericolo occulto deriva necessariamente la responsabilità dell’ente proprietario della strada. In ogni caso era evidente che, in concorso con la presunta responsabilità del ricorrente, vi era quella del Comune di Ardea.
2.2 Il ricorso, prospettando motivi che non possono essere dedotti avverso le sentenze del Giudice di Pace, è inammissibile.
Merita evidenziare che le Sezioni Unite di questa Corte hanno tracciato, sin dalla sentenza 15 ottobre 1999, n. 716, i limiti del controllo esercitabile nei confronti delle sentenze pronunziate dal Giudice di Pace secondo equità, cui certamente appartiene, per ragioni di valore, la presente controversia. A tale fine hanno enunciato il principio per cui il ricorso per cassazione avverso le suddette sentenze è ammissibile per violazione di norme processuali, ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1, 2 e 4, ivi compresa l’ipotesi di inesistenza della motivazione, per radicale e insanabile contraddittorietà o mera apparenza della stessa, ai sensi del n. 5 della predetta norma, quando il vizio attenga a un punto decisivo della controversia, e, con riferimento agli errores in iudicando, per violazione di norme costituzionali, di norme comunitarie di rango superiore a quelle ordinarie, nonchè, a seguito della pronuncia della Corte costituzionale 6 luglio 2004, n. 206 (e con l’avvertenza che ci si riferisce alla situazione antecedente all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 40 del 2006, che ha, entro certi limiti, reintrodotto in parte qua, il rimedio dell’appello) per violazione dei principi informatori della materia.
La successiva elaborazione della giurisprudenza di legittimità ha poi evidenziato che questi differiscono dai principi regolatori, che vincolavano il conciliatore, perchè, mentre quest’ultimo doveva osservare le regole fondamentali del rapporto, traendole dal complesso delle norme preesistenti con le quali il legislatore lo aveva disciplinato, il Giudice di Pace non deve applicare una regola equitativa desunta, per via di astrazione generalizzante, dalla disciplina positiva, ma deve solo curare che essa non contrasti con i principi ai quali si è ispirato il legislatore nel dettare una determinata regolamentazione della materia (Cass. civ. 3^, 17 gennaio 2005, n. 743; Cass. civ. 2^, 18 giugno 2008, n. 16545).
2.3 Passando quindi all’esame delle censure formulate dal ricorrente, è di tutta evidenza che i vizi motivazionali denunciati nel primo motivo, involgendo la ricostruzione dei fatti di causa accolta dal giudice a quo, difettano di quei connotati, innanzi delineati, che ne consentono la deduzione avverso le sentenze pronunciate secondo equità. Quanto poi alla lamentata, errata applicazione delle norme in materia di responsabilità aquiliana, oggetto del secondo mezzo, il ricorrente neppure indica il principio informatore violato, svolgendo in definitiva critiche in chiave di mancata valutazione dell’esistenza di un pericolo occulto. Ne deriva che il motivo non solo è volto a denunciare un profilo di merito della valutazione del decidente, ma ignora le argomentate ragioni dallo stesso addotte a fondamento della decisione adottata.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Nulla sulle spese, non essendosi l’intimato costituito in giudizio.
PQM
La Corte dichiara il ricorso inammissibile. Nulla spese.
Così deciso in Roma, il 11 marzo 2010.
Depositato in Cancelleria il 20 aprile 2010