Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9325 del 08/05/2015


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 9325 Anno 2015
Presidente: AMENDOLA ADELAIDE
Relatore: D’AMICO PAOLO

SENTENZA
sul ricorso 25999-2013 proposto da:
VALLOGGIA AUTOGRUI SRL 014225630033, in persona del
legale rappresentante pro-tempore, sig. GUIDO
VALLOGGIA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA G.
P. DA PALESTRINA 63, presso lo studio dell’avvocato
GIANLUCA CONTALDI, che la rappresenta e difende
2015
230

unitamente agli avvocati EUGENIO DALMOTTO, PIER
ROSARIO MONTEGROSSO giusta procura in calce al
ricorso;
– ricorrente contro

Data pubblicazione: 08/05/2015

COLOMBO

GRAZIA,

COSTA

SARA,

COSTA

MICHELA,

considerate domiciliate ex lege in ROMA, presso la
CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentate
e difese dall’avvocato GABRIELE BERTOLIO giusta
procura in calce al controricorso;

avverso la sentenza n. 1319/2013 della CORTE
D’APPELLO di TORINO, depositata il 14/05/2013 R.G.N.
178/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 26/01/2015 dal Consigliere Dott. PAOLO
D’AMICO;
udito l’Avvocato PIER ROSARIO MONTEGROSSO;
udito l’Avvocato GABRIELE BERTOLIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. RICCARDO FUZIO che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

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controricarrenti

Svolgimento del processo

Grazia Colombo, in proprio e quale genitore esercente la
potestà sulle figlie minori Michela Costa e Sara Costa, convenne
in giudizio dinanzi al Tribunale di Novara la s.r.l. Valloggia
Autogru, al fine di sentirla condannare al risarcimento dei

rimasto vittima Marziano Costa, marito di Grazia Colombo e padre
di Michela Costa e Sara Costa. L’incidente era avvenuto il 15
giugno 1993, nel corso dell’esecuzione di una operazione di
abbattimento di un grosso cedro nella proprietà di tale Giuseppe

I

Marenzi, che aveva appaltato il lavoro alla società convenuta.
Sosteneva parte attrice che la responsabilità era da
addebitarsi alla Valloggia s.r.1., per non avere quest’ultima
fornito mezzi idonei allo scopo.
La società convenuta si costituì contestando la domanda
attrice ed assumendo che dalla dinamica del sinistro emergeva la
responsabilità della vittima.
Il Tribunale di Novara, con sentenza del 16 agosto 2002
respinse la domanda attrice e compensò le spese di lite.
Grazia Colombo, in proprio e nella qualità, propose appello
2.•

chiedendo la riforma della sentenza ed insistendo per
l’accoglimento delle domande già proposte in primo grado.
Si costituì anche la parte appellata concludendo per il
rigetto dell’appello e la conferma della sentenza di primo
grado.

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danni subiti in conseguenza del sinistro mortale del quale era

La Corte d’appello di Torino, con sentenza del 26 maggio
2006, respinse l’appello ritenendo che il Costa avesse agito in
piena autonomia e fosse quindi da ritenere responsabile del
sinistro. Fu quindi confermata la sentenza di primo grado con
integrale compensazione delle spese di lite.

potestà sulle figlie minori Michela Costa e Sara Costa, propose
ricorso per cassazione mentre la Valloggia propose ricorso
incidentale in relazione alla compensazione delle spese.
La Corte di Cassazione, con sentenza del 2 luglio 2010,
accolse il ricorso proposto da Grazia Colombo, in proprio e
nella qualità, cassando la sentenza impugnata e rinviando la
causa alla Corte d’appello di Torino in diversa composizione.
Grazia Colombo, Michela Costa e Sara Costa notificarono
quindi l’atto di citazione in riassunzione alla s.r.l.
Valloggia, insistendo per l’accoglimento della domanda di
risarcimento dei danni, quantificati in C 500.000,00 oltre
accessori, con vittoria di spese di tutti i gradi del giudizio.
La s.r.l. Valloggia si costituì eccependo preliminarmente la
nullità dell’atto di riassunzione, poiché si limitava a
riportare la pronuncia della Corte di cassazione senza esporre i
motivi. Ribadì che il comportamento del danneggiato aveva avuto
un’incidenza causale ed una rilevanza tali da escludere ogni
responsabilità da parte di essa appellata. Concluse per il

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Grazia Colombo, in proprio e quale genitore esercente la

rigetto di ogni domanda di controparte, con vittoria di spese di
tutti i gradi del giudizio.
La Corte d’appello di Torino, definitivamente pronunciando,
in parziale accoglimento della domanda proposta da Grazia
Colombo, Michela Costa e Sara Costa, ha dichiarato Marziano

il 15 giugno 1993, nella misura del 50% ciascuno; ha condannato
l’appellata s.r.l. Valloggia al risarcimento della metà dei
danni subiti dalle appellanti, liquidati, per tale quota, in
favore di Grazia Colombo, in E 132.667,70, oltre interessi
legali dalla data della sentenza al saldo; in favore di Michela
Costa, in E 116.333,83, oltre interessi legali dalla data della
sentenza al saldo; in favore di Sara Costa, in e 116.333,83,
oltre interessi legali dalla data della sentenza al saldo; ha
dichiarato compensate fra le parti le spese di tutti i gradì del
giudizio in ragione della metà; ha posto a carico della s.r.l.
Valloggia Autogrù la metà delle spese di tutti i gradi del
giudizio.
Propone ricorso per cassazione la Valloggia Autogrù s.r.l.
con tre motivi assistiti da memoria.
Resistono con controricorso Grazia Colombo, Sara Costa e
Michela Costa.
Motivi della decisione

Con il primo motivo parte ricorrente denuncia «Nullità della
sentenza e del procedimento (art. 360 n. 4, 383 e 384, c.p.c.).

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Costa e la s.r.l. Valloggia responsabili dell’incidente avvenuto

Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio (art. 360
n. 5 c.p.c.). Violazione o falsa applicazione di legge con
riferimento agli artt. 2043 e 2050 c.c. nonché 115 c.p.c. e 2697
c.c. (art. 360 n. 3 c.p.c.).»
La ricorrente deduce violazione del principio di diritto,

di cassazione. Lamenta, in particolare, che il giudice di merito
non abbia adeguatamente motivato relativamente: a) alla
predisposizione ed esecuzione, da parte della ditta appaltante,
di tutte le precauzioni idonee a superare la presunzione
derivante, a suo carico, dal disposto dell’art. 2050 c.c.; b)
alla ulteriore verifica sul se la condotta della vittima, tenuto
conto di tutte le circostanze, potesse qualificarsi come
arbitraria o imprevedibile, ovvero come prestazione necessaria
per l’esecuzione dell’opera, anche tenendo conto della mancanza
di dispositivi di comunicazione dal basso fra i vari operai.
Secondo la ricorrente l’accertamento, compiuto dalla Corte
di rinvio, si scontrerebbe con le risultanze istruttorie e, in
particolare, con le deposizioni dei testi Lorenzini e d’Onofrio,
con i verbali di P.G., con le risultanze del processo penale,
con gli esiti degli accertamenti ispettivi della USSL.
Il motivo è infondato.
Ai sensi dell’art. 384, primo comma c.p.c., l’enunciazione
del principio di diritto vincola non solo il giudice di rinvio,
ma la stessa Corte di cassazione, nel senso che questa, qualora

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enunciato nella sentenza di annullamento pronunciata dalla Corte

sia nuovamente investita del ricorso avverso la sentenza
pronunziata dal giudice di rinvio, deve giudicare muovendo dal
medesimo principio di diritto precedentemente enunciato e
applicato da detto giudice, senza possibilità di modificarlo,
neppure sulla base di un nuovo orientamento giurisprudenziale,

Corte un

“thema decidendum”

non affrontato in occasione del

primo giudizio rescindente o che sopravvenga un fatto estintivo
o modificativo del diritto fatto valere, afferente a un profilo
non affrontato in precedenza dai giudici di merito, come tale
esulante dal

“decisum”

del giudizio rescindente (Cass., 24

luglio 2001, n. 10037).
Nel caso in esame il rinvio, disposto da questa Corte con la
sentenza del 2 luglio 2010, n. 15723, ha pronunciato il seguente
principio di diritto: «L’appaltatore che, incaricato di eseguire
lavorazioni pericolose per la loro natura, subappalti a terzi
l’esecuzione di parte dei lavori oggetto del contratto di
appalto, non può trasferire tutti gli obblighi collaterali del
contratto di appalto sul subappaltatore, ancorché lo- stesso
debba considerarsi autonomo ed esperto, restando a suo carico i
doveri protettivi e di sicurezza, il cui inadempimento rende
configurabile a suo carico la responsabilità di cui all’art.
2050 cod. civ., per gli eventuali danni riportati dal
subappaltatore».

7

salvo il caso, qui non ricorrente, che venga sottoposto alla

La Corte di rinvio si è attenuta a tale principio ed,
esaminando le risultanze istruttorie alla luce dello stesso, ne
ha tratto le necessarie conseguenze, dando poi atto del suo
convincimento con motivazione corretta sul piano logico e
giuridico.

definitiva,
relazione

ulteriormente sindacabile,
alla

ritenuta

percentuale

e tanto anche in
di

concorrente

responsabilità della vittima, che,

in mancanza di specifiche

rilevazioni critiche sul punto,

è stata ragionevolmente

ripartita in misura paritaria.
Con il secondo motivo si denuncia «Nullità della sentenza e
del procedimento (art. 360 n. 4, 383 e 384, c.p.c.). Omesso
esame circa un fatto decisivo per il giudizio (art. 360 n. 5
c.p.c.). Violazione o falsa applicazione di legge con
riferimento agli artt. 1227, 2043, 2050 e 2054 c.c. nonché 115
c.p.c. e 2697 c.c. (art. 360 n. 3 c.p.c.).»
Ritiene la ricorrente che la Corte d’appello anziché
accertare, come avrebbe dovuto, se il rischio corso dal Costa
fosse arbitrario, ha finito per determinare presuntivamente un
concorso di colpa al 50%, erroneamente applicando l’art. 2054
c.c. ed omettendo di prendere in considerazione una serie di
fatti decisivi riguardo alla determinazione del quantum.
Il motivo è infondato.

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L’apprezzamento del giudice di merito non appare, in

Il ricorso per cassazione conferisce al giudice di
legittimità non il potere di riesaminare il merito dell’intera
vicenda processuale, ma solo la facoltà di controllo, sotto il
profilo della correttezza giuridica e della coerenza logicoformale, delle argomentazioni svolte dal giudice di merito, al

fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità
e la concludenza e di scegliere, tra le complessive risultanze
del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare
la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente
prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti,
salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (Cass., 16
dicembre 2011, n. 27197).
Come già innanzi esplicitato, la Corte d’appello ha basato
la sua valutazione sul rilievo che la società Valloggia, non
aveva assolto all’onere di fornire la prova, su di essa
incombente, di essersi mantenuta costantemente in contatto con
il Costa, mentre questi si trovava in cima all’autogru per
procedere al taglio e di averlo quindi immediatamente avvertito
di non uscire dal cestello, nel momento in cui lo stesso si
apprestava a farlo, non potendo in altro modo svolgere il
compito affidatogli.
In tale contesto probatorio, l’affermazione di un concorso
di colpa di entrambe le parti nella produzione dell’evento
dannoso, nella misura del 50% ciascuno, è esente da

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quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le

irragionevolezza e arbitrarietà, tenuto anche conto della
estrema genericità delle doglianze svolte sul punto dalla
ricorrente.
L’impugnata sentenza resiste alle critiche dell’esponente
anche relativamente all’ammontare delle somme liquidate a titolo

in ordine al danno patrimoniale, sia in ordine al danno non
patrimoniale.
Con il terzo motivo si denuncia «nullità della sentenza e
del procedimento (art. 360 n. 4, 383, 384 e 394 c.p.c.).»
La ricorrente sostiene che gli eredi Costa hanno modificato
le proprie conclusioni, innovandole in sede di giudizio di
rinvio, violando così il disposto dell’art. 394 c.p.c.
Il motivo è inammissibile.
Infatti è giurisprudenza pacifica di questa Corte che i
motivi del ricorso per Cassazione devono investire, a pena di
inammissibilità, questioni Che siano già comprese nel tema del
decidere del giudizio di appello, non essendo prospettabili per
la prima volta in Cassazione questioni nuove o nuovi temi di
contestazione non trattati nella fase del merito e non
rilevabili di ufficio (Cass., 13 aprile 2004, n. 6989; Cass. 19
marzo 2004, n. 5561; Cass., 3 febbraio 2004, n. 1915).
Pertanto il ricorrente che proponga detta questione in sede
di legittimità ha l’onere, al fine di evitare una statuizione di
inammissibilità per novità della censura, non solo di allegarne

lo

di risarcimento, avendo il decidente congruamente motivato, sia

l’avvenuta deduzione innanzi al giudice di merito, ma anche di
indicare in quale atto del giudizio precedente lo aveva fatto,
onde dar modo alla Corte di Cassazione di controllare ex

actis

la veridicità di tale asserzione (Cass., 28 luglio 2008, n.
20518).

inadempiuto, considerato che l’impugnante ha finanche omesso di
riportare sia le conclusioni formulate nell’atto introduttivo
del giudizio, sia quelle, asseritamente diverse, formulate dagli
eredi Costa nel giudizio di rinvio, nonché di indicarne l’esatta
allocazione nel fascicolo processuale.
Non è superfluo in proposito ricordare che la giurisprudenza
di questa Corte, pur avendo chiarito che l’onere del ricorrente,
di cui all’art. 369, secondo coma, n.

4, cod. proc. civ., così

come modificato dall’art. 7 del d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40,

di produrre, a pena di improcedibilità del ricorso, “gli atti
processuali, i documenti, i contratti o accordi collettivi sui
quali il ricorso si fonda” è soddisfatto, quanto agli atti e ai
documenti contenuti nel fascicolo di parte, mediante la
produzione dello stesso, e, quanto agli atti e ai documenti
contenuti nel fascicolo d’ufficio, mediante il deposito della
richiesta di trasmissione, presentata alla cancelleria del
giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata e restituita al
richiedente munita di visto ai sensi dell’art. 369, terzo comma,
cod. proc. civ., hanno tuttavia precisato che resta ferma, in
11

•TY-

Nella fattispecie siffatto onere è rimasto del tutto

ogni caso, l’esigenza di specifica indicazione,

a

pena di

inammissibilità ex art. 366, n. 6, cod. proc. civ., del
contenuto degli atti e dei documenti sui quali il ricorso si
fonda, nonché dei dati necessari al loro reperimento (confr.
Cass. civ. 24 ottobre 2014, n. 22607; Cass. civ. sez. un. 3

In conclusione, il ricorso deve essere rigettato con
condanna di parte ricorrente alle spese del giudizio di
cassazione che si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alle
spese del giudizio di cassazione che liquida in 12.200,00, di
cui g 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di
legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma l,

quater, del d.P.R. 115 del

2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il
versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a
titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il
ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso art. 13.
Roma, 26 gennaio 2015

novembre 2011, n. 22726).

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