Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9325 del 07/04/2021
Cassazione civile sez. VI, 07/04/2021, (ud. 18/02/2021, dep. 07/04/2021), n.9325
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –
Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –
Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –
Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –
Dott. TATANGELO Augusto – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3152 del ruolo generale dell’anno 2019,
proposto da:
F.B. (C.F.: (OMISSIS)), rappresentata e difesa dagli
avvocati Franco Muratori (C.F.: MRT FNC 66P18 H501K) e Riccardo
Contardi (C.F.: (OMISSIS));
– ricorrente –
nei confronti di:
AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE, (C.F.: (OMISSIS)), in persona
del Direttore, legale rappresentante pro tempore;
ROMA CAPITALE (C.F.: (OMISSIS)), in persona del Sindaco, legale
rappresentante pro tempore;
– intimati –
per la cassazione della sentenza del Tribunale di Roma n. 14651/2018,
pubblicata in data 13 luglio 2018;
udita la relazione sulla causa svolta nella camera di consiglio in
data 18 febbraio 2021 dal consigliere Augusto Tatangelo.
Fatto
FATTI DI CAUSA
F.B. ha proposto opposizione, ai sensi dell’art. 615 c.p.c., avverso una cartella di pagamento che le è stata notificata dal locale agente della riscossione Equitalia Sud S.p.A. (cui nel corso del giudizio è subentrata l’Agenzia delle Entrate – Riscossione), per crediti di titolarità di Roma Capitale aventi ad oggetto sanzioni amministrative per infrazioni al codice della strada.
L’opposizione è stata accolta dal Giudice di Pace di Roma.
Il Tribunale di Roma, su appello dell’agente della riscossione, ha confermato la decisione di primo grado, condannando la parte appellante al pagamento delle spese del grado, liquidate in Euro 400,00, oltre accessori, con distrazione in favore del procuratore dell’appellata.
Ricorre la F., sulla base di un unico motivo.
Non hanno svolto attività difensiva in questa sede gli enti intimati.
E’ stata disposta la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375,376 e 380 bis c.p.c., in quanto il relatore ha ritenuto che il ricorso fosse destinato ad essere dichiarato inammissibile.
E’ stata quindi fissata con decreto l’adunanza della Corte, e il decreto è stato notificato alle parti con l’indicazione della proposta.
La ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comma 2.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con l’unico motivo del ricorso si denunzia “Violazione e falsa applicazione del D.M. n. 55 del 2014, art. 4, dell’art. 2233 c.c., comma 2, e dell’art. 111 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”.
Il ricorso ha ad oggetto unicamente il capo della decisione di secondo grado relativa alla liquidazione delle spese processuali. La ricorrente sostiene che il tribunale avrebbe liquidato le spese del grado in misura inferiore ai parametri minimi previsti dal D.M. n. 55 del 2014, in relazione allo scaglione di valore applicabile, senza alcuna motivazione.
Il ricorso è inammissibile.
La ricorrente afferma che avrebbero dovuto essere applicati i parametri previsti per lo scaglione di valore tra Euro 1.101,00 ed Euro 5.200,00, in quanto “il valore della controversia oggetto del presente giudizio è pari ad Euro 1.323,78”.
Non solo, però, non chiarisce in alcun modo nel ricorso per quale ragione il valore della controversia dovrebbe essere individuato in tale cifra, ma in realtà neanche indica espressamente (nè nell’esposizione sommaria dei fatti, nè nell’ambito dell’articolazione della censura avverso la decisione impugnata) quale era l’esatto importo della cartella di pagamento impugnata; inoltre, in manifesta violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, non richiama in alcun modo il contenuto degli atti processuali e/o dei documenti regolarmente prodotti dai quali ciò possa evincersi e non indica la fase processuale in cui i documenti in questione sarebbero stati prodotti e la loro esatta allocazione nell’ambito del fascicolo processuale.
La Corte non è dunque posta in condizione, sulla base dell’esposizione contenuta nel ricorso, di accedere alla valutazione della eventuale fondatezza nel merito della censura avanzata dalla ricorrente.
2. Il ricorso è dichiarato inammissibile.
Nulla è a dirsi con riguardo alle spese del giudizio non avendo le parti intimate svolto attività difensiva nella presente sede. Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.
PQM
La Corte:
– dichiara inammissibile il ricorso;
– nulla per le spese.
Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso (se dovuto e nei limiti in cui lo stesso sia dovuto), a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Depositato in Cancelleria il 7 aprile 2021