Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9324 del 11/04/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 11/04/2017, (ud. 09/03/2017, dep.11/04/2017),  n. 9324

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12019/2015 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI CITTADELLA – C.F. (OMISSIS), in persona del Sindaco in

carica, elettivamente domiciliato in ROMA, LUNGOTEVERE DEI MELLINI

10, presso lo studio dell’avvocato FILIPPO CASTELLANI che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIULIANO MARCHI;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 1828/24/2014 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE del VENETO, depositata il 12/11/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 09/03/2017 dal Consigliere Dott. GIULIA IOFRIDA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo, nei confronti del Comune di Cittadella, avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Veneto n. 1828/24/2014, depositata in data 12/11/2014, con la quale – in controversia concernente l’impugnazione del silenzio-rifiuto opposto dall’Amministrazione finanziaria ad un’istanza di rimborso delle imposte ipotecarie e catastali applicate, in misura proporzionale anzichè fissa, in occasione di un atto di compravendita di un compendio immobiliare di rilevante interesse storico-artistico ai sensi della L. n. 1080 del 1939 – è stata confermata la decisione di primo grado, che aveva accolto il ricorso del Comune.

In particolare, i giudici d’appello hanno sostenuto, da un lato, che, sulla base di un’interpretazione letterale del D.Lgs. n. 347 del 1990, art. 10, comma 2 (per le imposte ipocatastali) e della nota all’art. 1 della tariffa allegata al D.Lgs. suddetto (per le imposte ipotecarie), alle volture relative ad immobili storici si applica la misura fissa delle imposte ipocatastali e, dall’altro lato, che l’applicazione alle imposte ipotecarie catastali relative agli immobili storici di tale regime agevolato si giustifica anche per analogia con quanto previsto in materia di ICI e di Registro.

Il Comune intimato resiste con controricorso e ricorso incidentale, affidato a tre motivi.

A seguito di deposito di proposta ex art. 380 bis c.p.c., è stata fissata l’adunanza della Corte in Camera di consiglio, con rituale comunicazione alle parti; il Collegio ha disposto la redazione della ordinanza con motivazione semplificata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. L’Agenzia delle Entrate ricorrente lamenta, con unico motivo, la violazione o falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, del D.Lgs. n. 347 del 1990, art. 10 e della nota all’art. 1 della relativa tariffa allegata, dovendo ritenersi, contrariamente a quanto affermato nella decisione impugnata, che le imposte ipocatastali siano ancora dovute nella misura proporzionale, con riferimento ai trasferimenti di immobili di interesse storico, artistico ed archeologico.

2. Il Comune controricorrente articola ricorso incidentale in tre motivi, lamentando l’omesso esame, ex art. 360 c.p.c., n. 5, circa fatti decisivi oggetto di discussione tra le parti, vale a dire le eccezioni, sollevate in sede di costituzioni in appello, in ordine all’inammissibilità dell’atto di appello dell’Agenzia delle Entrate, in quanto l’atto risultava notificato “mediante semplice busta e non in plico senza busta”, non recava, nella relata di notifica, la data ed era privo dell’indicazione specifica delle parti della sentenza che l’Agenzia intendeva impugnare.

3. La censura del ricorso principale (da esaminare preliminarmente rispetto al ricorso incidentale, avendo natura di ricorso “condizionato all’accoglimento del ricorso principale, indipendentemente da ogni espressa indicazione di parte”, Cass. S.U. 7381/2013, Cass. 4619/2015) è fondata.

Questa Corte ha, anche di recente, (Cass. 9733/2015; Cass. 2277/2014; Cass. 624/2012; Cass. 3573/2009) ribadito che “i trasferimenti di immobili di interesse storico artistico sono tuttora soggetti alle imposte ipotecaria e catastale in misura proporzionale e non fissa, non essendo intervenuto alcun provvedimento legislativo inteso a modificare la relativa disciplina” e neppure “la diversa collocazione della previsione agevolativa dell’imposta di registro a favore degli immobili “vincolati”, slittata dal 3^ al 4^ periodo dell’art. 1, comma 1, della tariffa allegata al D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, giusta la L. 23 dicembre 1999, n. 488, art. 7, può ritenersi introduttiva di una nuova agevolazione ipotecaria catastale a vantaggio dei menzionati immobili di interesse storico artistico”.

Questa Corte ha altresì precisato che “l’agevolazione prevista per i trasferimenti di beni di interesse artistico, storico ed architettonico in materia di imposta di registro non può essere estesa alle imposte ipotecarie e catastali, non essendo sufficiente, per giustificare tale estensione, la previsione di una base imponibile comune” (Cass. 20096/2009).

Nè tali principi possono ritenersi scalfiti da quanto affermato da questa Corte a Sezioni Unite nella sentenza n. 5518/2011 (richiamata anche nella decisione della C.T.R.), relativamente al regime di natura speciale previsto, in terna tassazione ai fini ICI degli immobili di interesse storico o artistico, dal D.L. 23 gennaio 1993, n. 16, art. 2, comma 5, convertito nella L. 24 marzo 1993, n. 75, come interpretato dalla L. 21 novembre 2000, n. 342, art. 74, comma 6, attesa la non estensibilità delle agevolazioni fiscali, la cui disciplina è di stretta interpretazione (Cass. 11451/2005).

4. Venendo quindi all’esame del ricorso incidentale, lo stesso, pur ammissibile, malgrado la sua formulazione (attraverso il vizio ex art. 360 c.p.c., n. 5, viene, in effetti, contestato non l’omesso esame, da parte della C.T.R., di fatti sostanziali, quanto l’omesso esame di eccezioni involgenti questioni pregiudiziali di rito), atteso che “l’erronea intitolazione del motivo di ricorso per cassazione non osta alla riqualificazione della sua sussunzione in altre fattispecie di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, nè determina l’inammissibilità del ricorso, se dall’articolazione del motivo sia chiaramente individuabile il tipo di vizio denunciato” (Cass. 4036/2014; Cass. S.U. 17931/2013), non merita accoglimento.

Ora il ricorrente si duole di specifiche violazioni di legge e non tanto dell’omessa pronuncia su questioni pregiudiziali di rito (il che avrebbe determinato l’inammissibilità, sotto altro profilo, della doglianza, cfr. Cass. 7406/2014: “il mancato esame da parte del giudice, sollecitazione dalla parte, di una questione puramente processuale non può dar luogo al vizio di omessa pronunzia, il quale è configurabile con riferimento alle sole domande di merito, e non può assurgere quindi a causa autonoma di nullità della sentenza, potendo profilarsi al riguardo una nullità (propria o derivata) della decisione, per la violazione di norme diverse dall’art. 112 c.p.c., in quanto sia errata la soluzione implicitamente data dal giudice alla questione sollevata dalla parte”).

Tuttavia i motivi sono tutti infondati: 1) quanto alla questione in ordine alla invalida notifica dell’atto di appello, perchè effettuato a mezzo del servizio postale ma spedito in “busta chiusa”, deve richiamarsi quanto già chiarito da questa Corte (Cass. 13666/2009; Cass. 15309/2014; Cass. 19864/2016): “nel processo tributario, la spedizione del ricorso o dell’atto d’appello a mezzo posta in busta chiusa, pur se priva di qualsiasi indicazione relativa all’atto in esso racchiuso anzichè in plico senza busta come previsto dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 20, costituisce una mera irregolarità se il contenuto della busta e la riferibilità alla parte non siano contestati, essendo, altrimenti, onere del ricorrente o dell’appellante dare la prova dell’infondatezza della contestazione formulata”; 2) quanto alla doglianza in ordine alla “omessa indicazione della data sulla relata di notifica”, trattasi di motivo del tutto generico, anche perchè la notifica è pacificamente avvenuta, non a mezzo di ufficiale giudiziario, ma a mezzo del servizio postale, tramite messo notificatore, ed in atti (acquisiti ed esaminati da questa Corte, trattandosi di error in procedendo) vi è una relata di notifica dell’atto di appello redatta dal messo speciale, con data (2/01/2014); 3) infine, l’appello dell’Agenzia delle Entrate contiene specifici motivi di impugnazione, in rapporto al contenuto della pronuncia di primo grado (ed essenzialmente sulla questione principale controversa della debenza delle imposte ipocatastali, relativamente ai beni di interesse storico, artistico ed archeologico, non in misura fissa, come ritenuto dalla C.T.P., ma in misura proporzionale, stante la natura delle stesse norme agevolative, di stretta interpretazione).

5.Per tutto quanto sopra esposto, in accoglimento del ricorso principale, respinto il ricorso incidentale, va cassata la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, va respinto il ricorso introduttivo del contribuente. In considerazione del solo recente consolidamento della giurisprudenza di legittimità, ricorrono giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese del giudizio di merito, mentre le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

Accoglie il ricorso principale, respinto quello incidentale; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, respinge il ricorso introduttivo del contribuente. Dichiara compensate integralmente tra le parti le spese del giudizio di merito; condanna il controricorrente al rimborso delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 3.000,00, a titolo di compensi, oltre eventuali spese prenotate a debito.

Ai sensi dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 9 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 11 aprile 2017

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