Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9324 del 07/04/2021

Cassazione civile sez. VI, 07/04/2021, (ud. 18/02/2021, dep. 07/04/2021), n.9324

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 2027 del ruolo generale dell’anno 2019,

proposto da:

MINISTERO DELLA SALUTE, in persona del Ministro pro tempore (C.F.:

(OMISSIS));

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA, in

persona del Ministro pro tempore (C.F.: (OMISSIS));

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore (C.F.: (OMISSIS));

rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato (C.F.:

(OMISSIS));

– ricorrenti –

nei confronti di:

C.C., (C.F.: (OMISSIS)), S.C.M., (C.F.:

(OMISSIS)), P.M.G., (C.F.: (OMISSIS)), rappresentate e

difese dall’avvocato Sebastiano Romano (C.F.: RMN SST 67L06 G273Z);

– controricorrenti –

per la cassazione della sentenza della Corte di appello di Palermo n.

1629/2018, pubblicata in data 6 agosto 2018 (e notificata in data 13

novembre 2018);

udita la relazione sulla causa svolta nella camera di consiglio in

data 18 febbraio 2021 dal consigliere Augusto Tatangelo.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

C.C., S.C.M. e P.M.G., deducendo di non avere ricevuto la remunerazione prevista dalle Direttive CEE n. 75/362, n. 75/363 e n. 82/76 per la frequenza di corsi di specializzazione universitaria, hanno agito in giudizio nei confronti del Ministero della Salute, del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, e del Ministero dell’Economia e delle Finanze, per ottenere il risarcimento del danno derivante dalla mancata attuazione delle suddette direttive comunitarie.

Le loro domande sono state rigettate dal Tribunale di Palermo, che ha ritenuto prescritti i diritti fatti valere in giudizio.

La Corte di Appello di Palermo ha confermato (sebbene per motivi diversi) la decisione di primo grado. Tale pronunzia è stata peraltro cassata con sentenza n. 6470 del 2015 di questa Corte. Decidendo nuovamente in sede di rinvio, la Corte di Appello di Palermo ha accolto le domande delle attrici e, in riforma della sentenza di primo grado, ha condannato le amministrazioni convenute a pagare a ciascuna di esse la somma di Euro 6.713,00 per ogni anno accademico di corso di specializzazione frequentato tra il 1983 ed il 1991, oltre interessi e rivalutazione monetaria dalla formale messa in mora al soddisfo.

Ricorrono il Ministero della Salute, il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, ed il Ministero dell’Economia e delle Finanze, sulla base di un unico motivo.

Resistono con controricorso la C., la S. e la P.. E’ stata disposta la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375,376 e 380 bis c.p.c., in quanto il relatore ha ritenuto che il ricorso fosse destinato ad essere dichiarato manifestamente fondato.

E’ stata quindi fissata con decreto l’adunanza della Corte, e il decreto è stato notificato alle parti con l’indicazione della proposta.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo del ricorso si denunzia “Violazione e falsa applicazione degli artt. 115,116, 384,3921 394 c.p.c., dell’art. 1224 c.c., dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4”.

Le amministrazioni ricorrenti censurano la decisione impugnata esclusivamente con riguardo al riconoscimento automatico (in difetto di allegazione e prova di un maggiore danno ai sensi dell’art. 1224 c.c., comma 2) della rivalutazione monetaria sul credito indennitario delle attrici, qualificato dalla corte territoriale come credito di valore e non di valuta.

Il ricorso è manifestamente fondato.

Nel liquidare il danno conseguente al mancato riconoscimento dell’equa remunerazione dovuta per la frequenza dei corsi di specializzazione universitaria da parte delle attrici, la corte di appello si è discostata dal costante indirizzo di questa Corte (cui va certamente dato seguito, in mancanza di motivi idonei a rimedi-tarlo) secondo cui “in tema di risarcimento dei danni per la mancata tempestiva trasposizione delle direttive comunitarie 75/362/CEE e 82/76/CEE in favore dei medici frequentanti le scuole di specializzazione in epoca anteriore all’anno 1991, a seguito dell’intervento con il quale il legislatore – dettando la L. 19 ottobre 1999, n. 370, art. 11 – ha effettuato una “aesti-matio” del danno, alla precedente obbligazione risarcitoria per mancata attuazione delle direttive si è sostituita un’obbligazione avente natura di debito di valuta, rispetto alla quale – secondo le regole generali di cui agli artt. 1219 e 1224 c.c. – gli interessi legali possono essere riconosciuti solo dall’eventuale messa in mora o, in difetto, dalla notificazione della domanda giudiziale, con la conseguenza che va esclusa la spettanza della rivalutazione e dei correlati interessi compensativi, salva rigorosa prova, da parte del danneggiato, di circostanze diverse da quelle normali, tempestivamente e analiticamente dedotte in giudizio prima della maturazione delle preclusioni assertive o di merito e di quelle istruttorie” (da ultimo: Cass., Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 1641 del 24/01/2020, Rv. 656556 – 01; si tratta di indirizzo ormai costante; in precedenza, in senso conforme, tra le tante: Cass., Sez. 3, Sentenza n. 17682 del 29/08/2011, Rv. 619541; Sez. 3, Sentenza n. 21498 del 18/10/2011, Rv. 620244; Sez. 3, Sentenza n. 1917 del 09/02/2012, Rv. 621205; Sez. 6 – 3, Sentenza n. 1157 del 17/01/2013, Rv. 625215; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 23635 del 06/11/2014, Rv. 633541; Sez. 1, Sentenza n. 2538 del 10/02/2015, Rv. 634216; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 14376 del 09/07/2015, Rv. 636004).

La predetta decisione va dunque cassata sul punto oggetto di censura.

Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto (considerato che, come emerge dagli atti, la rivalutazione monetaria era stata riconosciuta in base alla erronea qualificazione del credito delle attrici come obbligazione di valore anzichè di valuta), la causa può essere decisa nel merito, con l’esclusione della rivalutazione monetaria sul credito spettante alle controricorrenti, ferma la decisione impugnata per ogni altro aspetto.

2. Il ricorso è accolto.

La sentenza impugnata è cassata per quanto di ragione e, decidendo nel merito, è esclusa la rivalutazione monetaria sul credito spettante alle controricorrenti, ferma la decisione per ogni altro aspetto.

La decisione della controversia nel merito impone di procedere nuovamente alla liquidazione delle spese del giudizio di merito, in base all’esito complessivo della controversia.

Peraltro, in considerazione dell’aspetto marginale, nell’economia della decisione, del punto in contestazione nel presente giudizio di legittimità, nonchè della circostanza che resta fermo l’accoglimento della domanda delle attrici (sia pure per importi leggermente ridotti), ed in mancanza di specifiche censure sulla liquidazione delle spese operata dalla corte di appello esclusivamente con riguardo al giudizio di appello ed al primo giudizio di legittimità, si ritiene equo confermare la suddetta condanna delle amministrazioni alle spese di lite (liquidando quindi in Euro 2.100,00 per il giudizio di appello e in Euro 2.300,00 per il primo giudizio di legittimità, le spese processuali in favore delle attrici, a carico delle amministrazioni convenute in solido, oltre rimborso forfettario per spese generali nonchè accessori tributari e previdenziali), e compensando le spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte:

accoglie il ricorso, cassa in relazione la decisione impugnata, per quanto di ragione e, decidendo nel merito, esclude la rivalutazione monetaria sul credito spettante alle contro-ricorrenti, ferma la decisione impugnata per ogni altro aspetto;

condanna le amministrazioni ricorrenti, in solido, a pagare in favore delle controricorrenti le spese del giudizio di appello (liquidandole in Euro 2.100,00, oltre rimborso forfettario per spese generali, accessori tributari e previdenziali) e del primo giudizio di legittimità (liquidandole in Euro 2.300,00 oltre rimborso forfettario per spese generali, accessori tributari e previdenziali);

dichiara compensate le spese del presente giudizio di legittimità.

Depositato in Cancelleria il 7 aprile 2021

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