Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9321 del 04/04/2019

Cassazione civile sez. III, 04/04/2019, (ud. 21/11/2018, dep. 04/04/2019), n.9321

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. GIANNITI Pasquale – rel. Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24705-2016 proposto da:

ALDO LIVERANI SAS DI L.A. & C, in persona del socio

Accomandatario sig. L.A., elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA GOLAMETTO 4 (TEL 06.3724212), presso lo studio

dell’avvocato LORENZO GIUA, rappresentata e difesa dall’avvocato

ANDREA CALVI giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

e contro

B.A., CONDOMINIO VIA (OMISSIS), REALE MUTUA

ASSICURAZIONI;

– intimati –

Nonchè da:

CONDOMINIO DI VIA (OMISSIS), in persona del suo Amministratore pro

tempore sig. R.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

FILIPPO CORRIDONI N 23, presso lo studio dell’avvocato MASSIMILIANO

VOLO RANCATI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

CRISTIANO CASTIONI giusta procura in calce al controricorso e

ricorso incidentale;

– ricorrente incidentale –

contro

A.L. SAS DI L.A. & C;

– intimata –

avverso la sentenza n. 3194/2016 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 16/08/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

21/11/2018 dal Consigliere Dott. PASQUALE GIANNITI.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

1.La Corte di appello di Milano con sentenza n. 3194/2016 accogliendo parzialmente gli appelli proposti da Reale Mutua Assicurazioni s.p.a. e dal Condominio di via (OMISSIS) nei confronti della società A.L. s.a.s. – ha parzialmente confermato la sentenza n. 1915/2014 del Tribunale di Milano; e, per l’effetto, tenuto conto del concorso colposo della società L. nella causazione del danno e della somma di Euro 13 mila alla stessa corrisposto in data 10/1/2007, ha condannato il citato condominio al pagamento della somma di Euro 32.500 (in luogo della maggior somma di Euro 232 mila, oggetto di condanna in primo grado) in favore della società A.L. s.a.s. ed ha condannato la Reale a manlevare il Condominio per quanto avrebbe pagato in conseguenza della sentenza.

Al contrario, la Corte territoriale – respingendo per contro l’appello incidentale proposto dalla società A.L. s.a.s. – ha confermato la sentenza di primo grado nella parte in cui aveva affermato il concorso di colpa della società L. nella causazione del danno.

2.Era accaduto che nell'(OMISSIS) la società A.L. S.a.s. aveva convenuto davanti al Tribunale di Milano il Condominio di via (OMISSIS) e B.A., proponendo domanda di risarcimento danni. La società attorea, a sostegno della domanda, aveva dedotto nel libello introduttivo: di essere conduttrice di una porzione immobiliare, destinata ad archivio di materiale fotografico, al piano cortile dello stabile di (OMISSIS), di proprietà di B.A.; che nei primi giorni del mese di (OMISSIS) il locale era stato interessato da infiltrazioni conseguenti a rotture di tubi posti nell’unità sovrastante, pure di proprietà di B.A.; di aver immediatamente comunicato il fatto all’amministratore dello stabile ed alla proprietà; che il 20 marzo 2003 l’amministratore aveva comunicato di aver provveduto alla riparazione del guasto.

Si era costituito in giudizio il Condominio di (OMISSIS), deducendo che la perdita d’acqua, fonte delle infiltrazioni nel locale condotto in locazione da parte attrice, era stata causata dalla rottura accidentale di una tubazione di scarico del bagno, sito nel sovrastante locale di B.A. e che, al solo fine di non aggravare la situazione, aveva fatto eseguire le riparazioni necessarie all’impresa P.M., addebitando la spesa alla proprietà B..

Si era costituita altresì la B., deducendo la propria estraneità ai fatti determinativi del danno, che comunque aveva contestato nel quantum.

Su richiesta del Condominio convenuto e previa autorizzazione giudiziale, era stata chiamata in garanzia la Reale Mutua Assicurazioni Spa a titolo di manleva, la quale si era costituita in giudizio, contestando integralmente le pretese risarcitorie e formulando eccezioni processuali e di merito.

Il Tribunale di Milano, espletata l’istruttoria (anche a mezzo di due consulenze tecniche dirette a quantificare i danni), aveva condannato il Condominio convenuto al pagamento della somma di Euro 232.000,00 in favore di parte attrice, oltre rivalutazione monetaria e interessi legali, nonchè al rimborso delle spese del giudizio a favore di parte attrice ed a favore di B.A.; aveva condannato Reale Mutua Assicurazioni S.p.a. a manlevare il Condominio convenuto per quanto pagato in conseguenza della sentenza; aveva infine posto le spese di Ctu e Ctp a carico definitivo della Reale Mutua Assicurazioni S.p.a., compensando ogni ulteriore spesa.

Avverso la sentenza del giudice di primo grado aveva proposto appello Reale Mutua Ass.ni spa, dolendosi, con un primo motivo, della condanna in manleva senza che il Tribunale avesse tenuto, conto del massimale e della franchigia contrattualmente stabilite; con un secondo motivo, dell’asseritamente errato accertamento delle cause di allagamento, con erronea attribuzione di responsabilità al condominio, ed omessa considerazione della corresponsabilità di B.A.; con un terzo motivo, dell’eccessiva liquidazione del danno; infine, della condanna alle spese.

Si erano costituiti nel giudizio di appello:

– il condominio di (OMISSIS), che, oltre a contestare l’appello principale, aveva proposto appello incidentale, col quale aveva contestato il riconoscimento della propria responsabilità (in contesto che vedeva le serpentine del riscaldamento ammalorate a seguito delle infiltrazioni determinate dalla rottura dello scarico dell’appartamento di proprietà della B.) e in subordine aveva comunque contestato la quantificazione del danno, operata dal giudice di primo grado, ed aveva insistito nella domanda di manleva da parte del proprio assicuratore Reale Mutua Ass.ni;

– la B., che aveva chiesto: in via principale, il rigetto dell’appello e la conferma della sentenza impugnata; nella denegata ipotesi dell’accoglimento in punto responsabilità, aveva chiesto ridursi la misura del risarcimento;

– la società L. sas, che aveva chiesto dichiararsi inammissibile e comunque infondato l’appello e che aveva proposto appello incidentale, col quale si lamentava dell’affermazione da parte del tribunale di un proprio concorso di colpa e chiedeva l’integrale riconoscimento del danno ritenuto nella seconda CTU.

La Corte territoriale – dopo aver sospeso con ordinanza 25/2/2015 la provvisoria esecutività della sentenza di primo grado nella parte in cui aveva condannato al pagamento di una somma che eccedeva la somma capitale di Euro 45.000 – ha per l’appunto confermato la sentenza di primo grado in punto responsabilità del solo condominio di via (OMISSIS) (con esclusione della responsabilità della proprietaria dell’appartamento sovrastante, B.A.), ma l’ha parzialmente riformata in punto di ammontare del danno liquidato.

3. Avverso la sentenza della Corte territoriale ricorre la società A.L. s.a.s. di L.A. & C.

Resiste il Condominio di (OMISSIS), il quale propone ricorso incidentale.

Nessuna attività difensiva viene svolta dagli intimati Reale Mutua Assicurazione e B.A..

In vista dell’odierna adunanza la società ricorrente deposita memoria a sostegno del ricorso.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

1. Il ricorso principale è affidato a 6 motivi.

Precisamente, la società A.L. s.a.s. di L.A. & C denuncia:

– con il primo motivo, articolato in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3: violazione e falsa applicazione degli artt. 194,195 e 201 c.p.c., nonchè degli artt. 90 e 91 disp. att. c.p.c. nella parte in cui la Corte territoriale ha ritenuto utilizzabile ai fini della decisione l’elaborato predisposto da K.R., nonostante che lo stesso fosse stato realizzato in violazione delle norme che regolano l’attività del ctu. Rammenta che il giudice di primo grado aveva ritenuto che il Dott. Lo., primo ctu, era giunto a conclusioni inaccettabili per la mancata osservanza delle regole procedimentali e per la sommaria disamina del materiale danneggiato ed aveva pertanto disposto la rinnovazione della ctu, nominando la Dott.ssa N.. Si lamenta che, nonostante la statuizione del giudice di primo grado, la Corte di appello ha ritenuto utilizzabile anche la prima relazione nella individuazione dei criteri da utilizzare per determinare il reale valore di un archivio fotografico;

-con il secondo motivo, articolato in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3: violazione e falsa applicazione degli artt. 113 e 115 c.p.c. e art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, nonchè degli artt. 90 e 91 disp. att. c.p.c. nella parte in cui la Corte territoriale ha posto a fondamento della propria decisione le risultanze della c.t.u. K., formata in violazione di norme di legge; nonchè nella parte in cui la Corte ha omesso di indicare le ragioni per le quali ha preferito detta ctu rispetto alla relazione peritale predisposta dalla Dott.ssa N.. Rileva che la Corte di merito, dopo aver confermato la sentenza di primo grado in punto di an debeatur, l’ha riformata in punto di entità del risarcimento del danno sofferto dalla società L., non solo indicando erroneamente in 11.692 il totale dei fotogrammi danneggiati (invece pari a 18.222), ma soprattutto utilizzando entrambe le espletate ctu, senza emendare l’enunciato del primo giudice (che aveva ritenuto sostanzialmente inutilizzabile la prima ctu), senza neppure indicare le ragioni per le quali aveva ritenuto utilizzabile un elaborato peritale, che era stato costruito in violazione del principio del contraddittorio e di altre norme processuali ed era assolutamente incerto sulla esatta identificazione e sulla consistenza della quantità del materiale danneggiato, e l’aveva preferito a quello della Dott.ssa N. (che pur aveva esplicitato il criterio di valutazione del danno sofferto dalla ricorrente) e senza considerare che lo stato di conservazione degli scatti “prima dell’allegamento” non era mai stato oggetto di allegazione e/o di prova, per cui la Corte aveva erroneamente ritenuto “la non vendibilità dei materiali nello stato in cui erano prima dell’allegamento”;

-con il terzo motivo, articolato in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3: violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. nella parte in cui la Corte territoriale ha omesso di considerare l’appello incidentale da essa proposto. Rileva che il Tribunale, pur in assenza di domanda svolta dai convenuti e/o dalla terza chiamata, aveva ridotto l’entità del risarcimento sul presupposto di un suo concorso colposo nella causazione del danno; e che in atto di appello aveva eccepito la violazione dell’art. 112. Sottolinea che la Corte territoriale non soltanto ha omesso di considerare il suo appello incidentale ma ha financo rinnovato l’erroneo convincimento del giudice di primo grado in punto di sussistenza di un suo concorso colposo;

– con il quarto motivo, articolato in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3: violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. nella parte in cui ha invertito l’onere della prova in ordine alla sussistenza dell’ipotesi di concorso ex art. 1127 c.c. Rileva che, contrariamente a quanto affermato dalla giurisprudenza di legittimità, la Corte territoriale ha ad essa erroneamente imputato l’onere di provare l’insussistenza della propria condotta colposa (causativa dell’aggravarsi del pregiudizio subito);

– con il quinto motivo, articolato in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3: violazione e falsa applicazione dell’art. 1282 c.c. nella parte in cui la Corte territoriale ha omesso di provvedere di liquidare gli interessi legali sulla somma liquidata a titolo di risarcimento del danno (contrariamente a quanto correttamente disposto dal giudice di primo grado) in violazione del criterio della rivalutazione delle obbligazioni di valore (quale per l’appunto è l’obbligazione risarcitoria) e del principio, posto dall’art. 1282 c.c., in ordine al computo degli interessi legali afferenti “i crediti liquidi ed esigibili di somme di denaro”;

– con il sesto ed ultimo motivo, articolato in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3: violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c. nella parte in cui la Corte territoriale ha posto a suo carico le spese di difesa della B. in entrambi i gradi di giudizio di merito, senza considerare che: a) nel giudizio di primo grado aveva sì chiesto la condanna della B. e/o del Condominio, ma che a seguito della espletata attività istruttoria era emersa l’esclusiva responsabilità del Condominio, per cui correttamente il giudice di primo grado aveva posto le spese processuali sostenute dalla B. ad esclusivo carico del condominio medesimo; b) la società, nello svolgere le proprie conclusioni in appello, aveva chiesto soltanto il rigetto dell’appello proposto dalla Reale Mutua e non aveva quindi articolato alcuna domanda nei confronti della sig.ra B.A..

2. Il ricorso incidentale è affidato ad un solo motivo.

Precisamente il Condominio di (OMISSIS) denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3: violazione o falsa applicazione degli artt. 112,113,115 e art. 116 c.p.c., comma 2 in ordine all’art. 2697 c.c. nella parte in cui la Corte territoriale ha ritenuto provata la sua responsabilità in ordine alle ragioni di danno ed alla sua conseguente liquidazione. Rileva che: in punto di an, entrambi i giudici di merito hanno posto a fondamento dell’affermazione della sua esclusiva responsabilità nella causazione del danno “il presunto accertamento che la causa delle infiltrazioni sia stata la rottura della serpentina dell’impianto condominiale di riscaldamento”, del quale il Condominio è proprietario, senza considerare che dall’espletata istruttoria non era affatto emerso detto accertamento; e, in punto di quantum, che, non essendo stato individuato con certezza il responsabile del danno, i giudici di merito avevano erroneamente provveduto alla quantificazione dello stesso. Sottolinea che sia il Tribunale che la Corte di merito hanno erroneamente ignorato la deposizione genuina del teste M. che aveva individuato l’origine delle infiltrazioni nella rottura del tubo di scarico del bagno di proprietà B..

3. Il ricorso incidentale – che, per ragioni di priorità logica, va esaminato per primo – è inammissibile.

Si premette che il Tribunale di Milano ha sì dato atto che sussisteva una perdita del condotto di scarico delle acque del bagno dell’appartamento al primo piano, di proprietà della B., ma, alla luce delle deposizioni testimoniali raccolte, ha ritenuto che detta perdita non aveva avuto influenza causale sui danni verificatisi nel sottostante appartamento. Ciò in quanto detta perdita era stata di modesta entità ed aveva potuto produrre soltanto un limitato sgocciolamento in occasione dell’uso dello scarico; mentre i locali della società L. erano stati interessati da copiose infiltrazioni, dovute alla rottura dell’ormai vetusto impianto di riscaldamento condominiale.

E la Corte territoriale ha a sua volta ritenuta l’esclusiva responsabilità del Condominio nella causazione del danno sulla base delle seguenti argomentazioni: a) le perdite erano state riparate prima dell’introduzione della causa e non era stato richiesto da alcuno accertamento tecnico preventivo; b) in tale contesto, gli elementi per l’affermazione delle cause delle infiltrazioni dovevano essere tratti dall’istruzione testimoniale, e segnatamente dalle deposizioni di D.G.Q., portiere dello stabile, e M.P., artigiano intervenuto su richiesta del condominio per la riparazione, i quali erano stati concordi nell’affermare che l’infiltrazione di cui si discute era stata conseguenza immediata e diretta della rottura dei pannelli del riscaldamento; c) detta circostanza era compatibile con il fatto che l’impianto di riscaldamento di condominio di oltre 110 appartamenti contiene quantità rilevanti di acqua, mentre la rottura dello scarico di un bagno determina perdite limitate, e soltanto nel caso di uso dello stesso (tanto più che l’appartamento non era al momento utilizzato, come poteva desumersi dalle difficoltà riscontate nel rinvenire il conduttore, sig. No., per accedervi per i controlli e le riparazioni); d) L.A., nell’ambito dell’interrogatorio formale, aveva riferito che l’acqua che percolava dal tetto era “calda”, ed infatti ci si trovava in periodo di accensione del riscaldamento.

La Corte si è posta il problema se la rottura dell’impianto di riscaldamento fosse stata conseguenza delle infiltrazioni, verosimilmente precedenti, ma di minore entità, dall’impianto della B., che in ipotesi avrebbero fatto “marcire i tubi”. Tuttavia in assenza di una verifica tecnica in ordine alle condizioni dei tubi, nonchè in ordine ai materiali (non essendo stato operato alcun accertamento tecnico preventivo, e non essendo più possibile eseguire accertamento di sorta, posto che erano state eseguite tutte le riparazioni, e che “i materiali che erano stati rimossi erano stati eliminati”) – ha ritenuto necessario attenersi al dato fattuale, della provenienza diretta della perdita dall’impianto di riscaldamento.

A fronte dell’articolata e sostanzialmente sovrapponibile motivazione della sentenza del giudice di primo e di secondo grado, le censure del condominio, ricorrente in via incidentale, sono sostanzialmente dirette ad sollecitare un nuovo esame nel merito, nuovo esame che, come è noto, è precluso in sede di legittimità.

4. Il ricorso principale va invece rigettato.

4.1. Inammissibile sono i primi due motivi, entrambi concernenti l’elaborato peritale predisposto nel giudizio di primo grado dal ctu K.R..

Invero, secondo giurisprudenza consolidata di questa Corte (cfr., tra le tante, sent. n. 4271/2004), alle parti va data comunicazione del giorno, ora e luogo di inizio delle operazioni peritali, mentre per le indagini successive incombe alle parti l’onere di informarsi; e nel caso di specie è dato non contestato che al primo incontro erano presenti tutti i nominati consulenti tecnici di parte.

D’altra parte la Corte territoriale, contrariamente a quanto deduce la società ricorrente, ha correttamente posto a fondamento della propria decisione, in punto di quantum debeatur, oltre all’elaborato redatto dalla Dott.ssa N., anche quello del primo ctu K.R.. Rammentato ancora una volta che la consulenza tecnica è un mezzo istruttorio sottratto alla disponibilità delle parti e che il giudice resta comunque peritus peritorum, la Corte territoriale ha ritenuto – con diffusa motivazione in fatto, insindacabile nella presente sede – che dalle due perizie, complessivamente considerate, era possibile dedurre elementi di giudizio e valutazione del danno.

In particolare la Corte territoriale – dopo aver rilevato che la prima richiesta risarcitoria della L. s.a.s. era supportata da perizia di parte datata 7.7.2003, che aveva quantificato il danno in Euro 15.000,00; e dopo aver premesso che la possibilità della vendita dei diritti di riproduzione delle fotografie è data da vari fattori (qualità ed esclusività delle fotografie, importanza dei personaggi coinvolti, ordinamento del materiale e sua immediata reperibilità, mercato nazionale e/o estero di riferimento) – ha ritenuto che nel caso di specie detti fattori si presentavano in modo alternato (essendo in alcuni casi le immagini relative a fatti ed eventi speciali o con qualità giornalistica e visiva rilevante e in altri casi invece di normale copertura giornalistica per fatti non rilevanti); ha quindi determinato il prezzo medio di vendita sulla base delle tariffe vigenti e per una fotografia d’archivio; e – poichè in un archivio bene organizzato e di medie dimensioni, gestito da una agenzia fotografica introdotta nel mercato, normalmente le immagini che possono realizzare risultati di vendita corrispondono circa al 5% dell’intero archivio; e poichè queste immagini possono a loro volta essere vendute almeno una seconda volta – ha determinato in Euro 62,50 il prezzo medio di cessione dei diritti relativi alle immagini, per poi moltiplicare questo valore per il 5% del materiale, ed il relativo risultato per 2, ed infine correggere il risultato finale (liquidando la somma sopra indicata, inferiore a quella liquidata dal primo giudice) tenendo conto della non vendibilità dei materiali nello stato in cui questi si trovavano prima dell’allagamento.

Trattasi di motivazione in fatto, che, per quanto empirica, non è affatto illogica e pertanto non è sindacabile nella presente sede processuale.

4.2. Inammissibili sono anche il terzo ed il quarto motivo, entrambi concernenti l’affermato concorso di colpa della società danneggiata.

Invero, è jus receptum nella giurisprudenza di questa Corte il principio per cui la previsione di cui all’art. 1227 c.c., comma 1, che prevede il fatto colposo del creditore che abbia concorso al verificarsi dell’evento dannoso, non costituisce un’eccezione in senso proprio, ma una mera difesa, e, quindi può essere esaminata d’ufficio (cfr., tra le tante, la sent. n. 15382/2006). E’ solo per l’accertamento dell’esimente di cui all’art. 1227 c.c., comma 2, concernente il contegno dello stesso danneggiato che abbia prodotto il solo aggravamento del danno senza contribuire alla sua causazione, che è necessaria la presenza dell’istanza del debitore.

Tuttavia, nella specie, come or ora rilevato, entrambi i giudici di merito, con valutazione in fatto, insindacabile nella presente sede, hanno ricondotto il fatto al disposto di cui all’art. 1227 c.c., comma 1. Invero, il giudice di primo grado ha ritenuto che la società L. avrebbe dovuto attivarsi maggiormente per limitare i danni, provvedendo a spostare il materiale fotografico e a proteggerlo adeguatamente. E detta valutazione è stata condivisa dalla Corte territoriale, in quanto il danno, pur essendo stato generato dalla infiltrazione d’acqua, era stato aggravato dal non immediato intervento di parziale e possibile recupero che avrebbe potuto ridurre il danno nei giorni successivi all’infiltrazione dell’acqua: il tempestivo spostamento dei contenitori in luogo asciutto ed areato, e l’asportazione del materiale bagnato od inumidito dalle scatole, secondo la Corte, erano condotte entrambe esigibili ed avrebbero sicuramente limitato in modo significativo i danni.

In definitiva, correttamente la Corte territoriale, in considerazione del ritenuto concorso colposo della società danneggiata, ha ridotto il danno, come sopra liquidato, nella misura del 30%.

4.3. Inammissibile è infine il quinto motivo, concernente la previsione di interessi e rivalutazione monetaria sulla somma liquidata.

Invero, il giudice di primo grado ha condannato il condominio convenuto al pagamento della somma di Euro 232 mila in favore di parte attrice, oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali, ragion per cui, in difetto di appello, la Corte territoriale, nel ridurre il quantum debeatur ad Euro 32.500 e nel confermare nel resto la impugnata sentenza, ha implicitamente ritenuto intervenuto il giudicato interno sugli accessori con decorrenza di rivalutazione e interessi dalla data di pubblicazione della sentenza di primo grado.

4.4. Infondato è invece il quinto motivo, concernente la condanna della società L. alla rifusione delle spese di costituzione e giudizio, sostenute dalla B. in entrambi i gradi di giudizio.

Contrariamente a quanto sostenuto dalla società L., la Corte di appello ha correttamente posto a carico della stessa le spese processuali sostenute dalla B.: in relazione al giudizio di primo grado, in quanto in detto giudizio la B. era stata citata dalla L. sas; e, in relazione al giudizio di secondo grado, in quanto, ad esito di detto giudizio, è stata ribadito da un lato il concorso colposo della società danneggiata e dall’altro l’estraneità della B. nella causazione delle infiltrazioni.

5. Per le ragioni che precedono il ricorso incidentale deve essere dichiarato inammissibile, mentre quello principale deve essere rigettato.

In considerazione del mancato accoglimento di entrambi i ricorsi, si dichiarano integralmente compensate le spese processuali sostenute dalla società L. e dal condominio di (OMISSIS). Tuttavia, entrambe le parti devono essere condannate al pagamento dell’importo, previsto per legge ed indicato in dispositivo.

PQM

La Corte:

– dichiara inammissibile il ricorso incidentale;

– rigetta il ricorso principale;

– dichiara integralmente compensate tra le parti le spese relative al presente giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ad opera della società ricorrente e del condominio controricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale e per il ricorso incidentale a norma del citato art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 21 novembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 4 aprile 2019

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