Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 932 del 20/01/2021

Cassazione civile sez. I, 20/01/2021, (ud. 09/12/2020, dep. 20/01/2021), n.932

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 17348/2019 R.G. proposto da:

C.Y., rappresentato e difeso giusta delega in atti

dall’avv. Roberto Maiorana, (PEC roberto.maiorana.avvocato.pe.it) e

con domicilio eletto presso il ridetto difensore in Roma viale

Angelico n. 38;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato con

domicilio in Roma, via Dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato (PEC ags.rm.mailcert.avvocaturastato.it);

– controricorso –

avverso la sentenza della Corte di appello di Perugia n. 254/2019

depositata il 03/05/2019;

udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del

09/12/2019 dal Consigliere Dott. Roberto Succio.

 

Fatto

RILEVATO

che:

– con il provvedimento di cui sopra la Corte Territoriale ha respinto l’appello del ricorrente;

– avverso tal sentenza si propone ricorso per cassazione con atto affidato a tre motivi; il Ministero dell’Interno resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– il primo motivo denuncia l’errato esame, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, delle dichiarazioni rese dal ricorrente alla Commissione Territoriale e delle allegazioni portate in giudizio per la valutazione della condizione personale del ricorrente; la mancata applicazione del potere officioso del giudice; e la mancata considerazione della integrazione sociale del ricorrente in Italia;

– il secondo motivo censura la pronuncia impugnata ex art. 360, comma 1, nn. 3 e 5, in relazione alla mancata concessione della protezione sussidiaria e denuncia la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 7 e 14, l’omesso esame delle fonti informative riguardanti la Costa d’Avorio, paese di origine del ricorrente, e l’omessa applicazione dell’art. 10 Cost.;

– il terzo motivo si incentra ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, sulla omessa valutazione dell’applicabilità al ricorrente della protezione D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 5, comma 6 e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, sussistendo ragioni umanitarie e ragioni di persecuzione di questi nel paese d’origine tali da farli correre gravi rischi in caso di espulsione, anche in relazione al D.P.R. n. 349 del 1999, art. 28, comma 1, L. n. 110 del 2017, art. 10 Cost. e art. 3 CEDU;

– i motivi, congiuntamente esaminati, sono fondati;

– è infatti noto che La Corte penale internazionale, con sentenza del 15 gennaio del 2019 – le cui motivazioni sono state in seguito depositate il 16 luglio 2019 – ha assolto il dittatore G. da tutte le accuse di crimini contro l’umanità che gli erano state contestate; il verdetto è stato conosciuto lo stesso (OMISSIS) (molto prima della sentenza impugnata nella causa n. 44 – (OMISSIS): Notizie dal mondo: martedì (OMISSIS) D.M.P. – pubblicato il (OMISSIS) – Corte Penale Internazionale assolve l’ex presidente ivoriano G.. La Corte Penale Internazionale (CPI) ha assolto martedì (OMISSIS) l’ex presidente della Costa d’Avorio, G.L., dall’accusa di crimini contro l’umanità. Il tribunale con sede all’Aja, in Olanda, ha disposto anche l’immediata scarcerazione dell’ex capo di Stato, 73 anni, così riporta il sito della (OMISSIS). G., che ha guidato il Paese dell’Africa occidentale dal 2000 al 2011, era stato arrestato nell'(OMISSIS) nel bunker della sua residenza ad (OMISSIS) dalle milizie del suo rivale O.A. con l’aiuto delle forze ONU e francesi della missione “(OMISSIS)”. G. era il primo ex capo di Stato ad essere portato davanti alla CPI. Come ricorda (OMISSIS), G. era accusato assieme all’ex ministro della Gioventù, B.G.C., che è anche stato prosciolto, di crimini contro l’umanità e crimini di guerra, tra cui omicidi, stupri e persecuzione, commessi durante le violenze post-elettorali che si sono prodotte nel Paese tra dicembre 2010 e aprile 2011 in seguito al rifiuto di G. di accettare la sconfitta nelle presidenziali del dicembre 2010. Nelle violenze tra le due fazioni morirono più di 3.000 persone);

– questa Corte ha chiarito (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 21364 del 2019) come in materia di riconoscimento della protezione sussidiaria allo straniero di cui del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria la situazione di violenza indiscriminata e di conflitto armato, presente nel Paese in cui lo straniero dovrebbe fare ritorno, può giustificare la mancanza di un diretto coinvolgimento individuale del richiedente protezione nella situazione di pericolo (Cass., 20/06/2018, n. 16275). Ai fini della concessione della protezione sussidiaria, in particolare, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), è dovere del giudice verificare, avvalendosi dei poteri officiosi di indagine e di informazione di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, se la situazione di esposizione a pericolo per l’incolumità fisica indicata dal ricorrente, astrattamente riconducibile ad una situazione tipizzata di rischio, sia effettivamente sussistente nel Paese nel quale dovrebbe essere disposto il rimpatrio, sulla base ad un accertamento che deve essere aggiornato al momento della decisione (Cass., 28/06/2018, n. 17075; Cass., 12/11/2018, n. 28990). Al fine di ritenere adempiuto tale onere, tuttavia, il giudice è tenuto ad indicare specificatamente le fonti in base alle quali abbia svolto l’accertamento richiesto (Cass., 26/04/2019, n. 11312). Nel caso di specie, la Corte d’appello non ha minimamente tenuto conto – come avrebbe dovuto fare – delle notizie relative alla situazione aggiornata della Costa d’Avorio non risultando sufficiente il richiamo di cui a pag. 4 penultimo periodo;

– ne consegue l’evidente violazione del dovere di cooperazione istruttoria, sancito dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, stante la mancata conformità del provvedimento impugnato alla fattispecie legale prevista dalla norma da ultimo citata;

– questa Corte (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 15215 del 16/07/2020) ha precisato come il dovere di cooperazione istruttoria che del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 ed del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, pongono a carico del giudice, nella materia della protezione internazionale o umanitaria, impone allo stesso di utilizzare, ai fini della decisione, C.O.I. ed altre informazioni relative alla condizione interna del Paese di provenienza o rimpatrio del richiedente, ovvero della specifica area di esso, che siano adeguatamente aggiornate e tengano conto dei fatti salienti interessanti quel Paese o area, soprattutto in relazione ad eventi di pubblico dominio, come la sentenza della Corte penale internazionale di cui si è detto, la cui mancata considerazione, in funzione della loro oggettiva notorietà, è censurabile in sede di giudizio di legittimità (si vedano anche N. 4428 del 2020, N. 3550 del 2019 N. 8819 del 2020); infatti dall’assoluzione sopra citata deriva evidentemente il concreto rischio un acuirsi ancora ulteriore della situazione di pericolo in Costa D’Avorio, stante la presenza ivi – come la stessa sentenza impugnata ha accertato – di “frange dell’esercito composto da militari” fedeli all’ex dittatore (pag. 4 penultimo periodo);

rileva quindi la Corte come la motivazione resa dal giudice di merito non si confronti con l’attuale condizione del Paese di origine del richiedente la protezione. Le valutazioni di segno moderatamente positivo che si rinvengono nelle fonti internazionali sulla situazione della Costa d’Avorio sono infatti incentrate sul fatto che i disordini conseguenti alle elezioni del 2010 – nelle quali prevalse l’attuale presidente O.A.D., esponente del Raggruppamento dei Repubblicani (RDR), già primo ministro dal 1990 al 1993 – legati al mancato riconoscimento del risultato elettorale da parte del precedente presidente/dittatore G.L., rimasto al potere fino al 2011 – il quale si rifiutò di cedere il potere e venne arrestato – sono cessati a seguito di una serie di iniziative internazionali, tra cui l’invio nel Paese di una forza di interposizione multinazionale e l’avvio del processo contro G. di fronte alla Corte penale internazionale (C.I.C.) per crimini contro l’umanità, il cui esito è quello noto;

– e come si è detto, è parimenti fatto notorio che in Costa d’Avorio si siano verificate terribili violenze post-elettorali tra il 2010 e il 2011, che provocarono oltre tremila morti e proprio in conseguenza delle quali G. è stato sottoposto a processo internazionale;

– del pari notorio è che la Corte penale internazionale abbia, con sentenza del 15 gennaio del 2019 – le cui motivazioni sono state in seguito depositate il 16 luglio 2019 – assolto G. da tutte le accuse di crimini contro l’umanità che gli erano state contestate; tornando a tal pronuncia, in essa si fa riferimento, quali capi di imputazione, a cinque specifici episodi contestati, avvenuti tra dicembre 2010 ed aprile 2011 (informazioni rinvenibili sul sito internet ufficiale della I.C.C.);

– va qui ribadito che “il ricorso alle nozioni di comune esperienza (fatto notorio), comportando una deroga al principio dispositivo ed al contraddittorio, in quanto introduce nel processo civile prove non fornite dalle parti e relative a fatti dalle stesse non vagliati nè controllati, va inteso in senso rigoroso, e cioè come fatto acquisito alle conoscenze della collettività con tale grado di certezza da apparire indubitabile ed incontestabile” (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 6299 del 19/03/2014; negli stessi termini, cfr. Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 33154 del 16/12/2019); va considerato dunque notorio il fatto storico che presenti le riferite caratteristiche di generale conoscenza e certezza, a condizione che esso non implichi acquisizioni specifiche di natura tecnica nè elementi speculativi o valutativi che presuppongano cognizioni particolari o richiedano il preventivo accertamento di particolari dati, e che non rientri nella cd. “scienza privata” del giudice, poichè questa, proprio in ragione della sua natura essenzialmente personale, non può essere ritenuta universale e, quindi, non rientra nella categoria del notorio, neppure quando derivi al giudice medesimo dalla pregressa trattazione d’analoghe controversie;

– per quanto ora interessa, il mancato ricorso da parte del giudice del merito, alle nozioni di fatto rientranti nella comune esperienza costituenti notorio dev’essere specificamente spiegato ed è suscettibile di essere apprezzato dal giudice di legittimità (cfr. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 5644 del 10/04/2012); l’interpretazione di segno contrario, secondo la quale “… la violazione dell’art. 115 c.p.c., comma 2, può configurarsi solo quando il giudice ne abbia fatto positivamente uso e non anche ove non abbia ritenuto necessario avvalersene, venendo in tal caso la censura ad incidere su una valutazione di merito insindacabile in sede di legittimità” (Cass. Sez. 6-3, Ordinanza n. 7726 del 20/03/2019) è stata in seguito precisata nel senso che la censura per violazione di legge deducibile in sede di legittimità comprende comunque anche il vizio di “… assunzione da parte del giudice di merito di una inesatta nozione di fatto notorio, da intendersi come fatto oggettivamente conosciuto da un uomo di media cultura, in un dato tempo e luogo” (Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 3550 del 07/02/2019, che ha cassato la decisione impugnata, nella quale il giudice di merito aveva erroneamente ricondotto nel concetto di fatto notorio la circostanza che in un dato momento storico le banche erogassero mutui per somme superiori rispetto a quelle necessarie ad acquistare il bene e, sulla base di tale assunto, disconosciuto i maggiori ricavi imputati alla parte venditrice in ragione dei considerevoli scostamenti tra il prezzo riportato negli atti di vendita e gli importi concessi nei collegati contratti di mutuo). Orientamento, quest’ultimo, ribadito ancora di recente, sempre nel senso dell’ammissibilità, in sede di legittimità, della censura di inesatta applicazione del notorio (Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 4428 del 20/02/2020);

– più nello specifico, quanto alla materia della protezione internazionale e umanitaria il ricorso alla categoria del fatto notorio, generalmente escluso da questa Corte fino al 2008 (cfr. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 26822 del 20/12/2007, cfr. anche Cass. Sez. 1, Sentenza n. 25028 del 25/11/2005; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 18353 del 23/08/2006, Rv. 591535, che, pur ribadendo l’onere della prova della persecuzione a carico del richiedente, già ammetteva un’attenuazione dello stesso “… in funzione dell’intensità della persecuzione” affermando la sufficienza della prova della credibilità dei fatti allegati “… anche in via indiziaria”) va oggi rimeditato, alla luce dei principi del cd. “onere attenuato della prova”e del dovere di collaborazione istruttoria chiaramente affermati dalla Corte nella massima composizione nomofilattica (Cass. Sez. U, Sentenza n. 27310 del 17/11/2008). Con quest’ultima decisione, infatti, si è stabilito che “secondo il legislatore comunitario, l’autorità amministrativa esaminante ed il giudice devono svolgere un ruolo attivo nell’istruzione della domanda, disancorato dal principio dispositivo proprio del giudizio civile ordinario e libero da preclusioni o impedimenti processuali, oltre che fondato sulla possibilità di assumere informazioni ed acquisire tutta la documentazione necessaria. Pertanto, in considerazione del carattere incondizionato e della precisione del contenuto di queste disposizioni, ed in virtù del criterio dell’interpretazione conforme elaborato dalla giurisprudenza comunitaria, tali principi influenzano l’interpretazione di tutto il diritto nazionale anche se non di diretta derivazione comunitaria”;

– ne deriva che, nell’attuale contesto normativo ed alla luce dell’elaborazione giurisprudenziale consolidatasi in tema di cooperazione istruttoria e di onere della prova attenuato, da un lato la possibilità del ricorrente di invocare il fatto notorio, e dall’altro il corrispondente dovere del giudice di non ignorarlo. In tal senso va data continuità all’orientamento secondo cui le risultanze delle fonti informative aggiornate sul Paese di origine del richiedente la protezione internazionale o umanitaria (le cd. C.O.I.) costituiscono fatto notorio, proprio in ragione della loro diretta disponibilità da parte della collettività e della loro capillare diffusione mediante i canali informatici disponibili alla pluralità dei consociati (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 6280 del 05/03/2020, non massimata).

– nel caso di specie, quindi, il giudice del merito avrebbe dovuto considerare la posizione del ricorrente sulla base dei fatti notori relativi alla situazione della Costa d’Avorio, apprezzando quindi il timore di essere ucciso dai seguaci dell’ex dittatore alla luce delle informazioni desumibili dalle fonti internazionali successive all’assoluzione di G.. Tale evento, infatti, non poteva essere ignorato dal giudice di merito, posto che lo scenario di violenza generalizzata che aveva innegabilmente afflitto la Costa d’Avorio tra il 2010 ed il 2011 si era creato proprio in conseguenza del rifiuto di G. di lasciare il potere. La decisione della Corte internazionale di assolvere G., dunque, ha un rilievo centrale nell’apprezzamento della condizione interna del Paese, nel quale militari fedeli a questi sono ad oggi ben presenti; nè, d’altro canto, tale circostanza poteva essere tralasciata dalla Corte Perugina in considerazione del dovere di esercitare la cooperazione istruttoria in primo luogo mediante l’acquisizione di informazioni aggiornate sull’area di provenienza del richiedente la protezione. Tutte le fonti indicate nel provvedimento impugnato, invero, risalgono a prima dell’assoluzione di G. e riportano soltanto il suo deferimento alla Corte penale internazionale; essendo questo fatto ormai superato dalla sentenza di assoluzione, è quindi evidente la non attualità delle COI utilizzate dalla sentenza impugnata e la correlata violazione del principio di cooperazione istruttoria previsto e declinato dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8;

– in ultimo, rileva la Corte come in linea generale, non possono avere rilievo eventuali violazioni dei diritti umani fondamentali o addirittura condizioni di schiavitù subite dal richiedente in un Paese di transito (come la Libia), se si ritiene che la persona non sia stata costretta ad emigrare per le ragioni rispettivamente rilevanti per lo status di rifugiato o di beneficiario della protezione sussidiaria. Anche il D.Lgs. n. 251 del 2007 (di attuazione della direttiva qualifiche) pur prevedendo, all’art. 4, che “la domanda di protezione internazionale può essere motivata da avvenimenti verificatisi dopo la partenza del richiedente dal suo Paese di origine ovvero da attività svolte dal richiedente dopo la sua partenza dal Paese d’origine”, aggiunge che ciò può verificarsi “in particolare quando sia accertato che le attività addotte costituiscono l’espressione e la continuazione di convinzioni od orientamenti già manifestati nel Paese d’origine” (c.d. rifugiato sur piace);

questa Corte ritiene (Cass. 28 maggio 2013, n. 13172) che: “in tema di protezione internazionale dello straniero, l’esame sulla sussistenza delle condizioni soggettive e oggettive per ottenere una misura tipica od atipica di protezione internazionale deve essere fondato sull’accertamento della situazione attuale ed aggiornata, riferito al momento della decisione, consentendo del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 4, che la domanda di protezione internazionale possa essere motivata anche da avvenimenti verificatesi dopo la partenza del richiedente, quando sia accertato che le attività addotte costituiscano l’espressione e la continuazione di convinzioni ed orientamenti già manifestati nel Paese d’origine. Ne consegue che l’esame di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, deve essere condotto alla luce della situazione attuale e che le informazioni da richiedersi al Ministero degli Esteri del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, ex art. 8, comma 2, devono essere aggiornate;

e ancora (Cass. 10 maggio 2011, n. 10204) si è affermato che: “in tema di protezione internazionale, la persecuzione operata o temuta da parte di governi di Paesi terzi, nei quali il richiedente abbia comunque risieduto stabilmente, ma dei quali non sia cittadino nè originario, non rileva nè ai fini del riconoscimento dello “status” di rifugiato nè ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, dovendo, in tale ipotesi, l’interessato richiedere protezione internazionale alle autorità del proprio Paese di appartenenza, tenute a garantirla ai propri cittadini (nella specie, la S.C. ha confermato il rigetto della domanda proposta da uno straniero cittadino del (OMISSIS) sulla base di riferite persecuzioni ad opera del Presidente del Gabon e non da un organo del proprio Paese)”.

– la sentenza, quindi, in forza delle sopra esposte considerazioni e nei termini che precedono, è cassata con rinvio al giudice dell’appello per nuovo esame.

P.Q.M.

accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Perugia in diversa composizione che statuirà anche quanto alle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 9 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 20 gennaio 2021

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