Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9316 del 20/04/2010

Cassazione civile sez. III, 20/04/2010, (ud. 26/01/2010, dep. 20/04/2010), n.9316

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SENESE Salvatore – Presidente –

Dott. FINOCCHIARO Mario – Consigliere –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. AMATUCCI Alfonso – Consigliere –

Dott. CHIARINI M. Margherita – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 18743-2005 proposto da:

G.S. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA TACITO 90, presso lo studio dell’avvocato MIUCCIO GIUSEPPE,

rappresentata e difesa dall’avvocato CARRABBA SALVATORE GIUSEPPE

giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

FONDIARIA SAI SPA (già SAI – SOCIETA’ ASSICURATRICE INDUSTRIALE

S.P.A.) (OMISSIS) in persona del Dott. IVANO CANTARALE n.q. di

procuratore speciale della FONDIARIA SAI S.P.A., elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA DELLA CONCILIAZIONE 44, presso lo studio

dell’avvocato PERILLI MARTA ANTONTETTA, che la rappresenta e difende

giusta delega a margine del controricorso;

– controricorrente –

e contro

COMMISSARIO LIQUIDATORE ALPI ASSICURAZIONI SPA (OMISSIS),

C.S. (OMISSIS), S.S.

(OMISSIS);

– controricorrente il primo e intimato il secondo –

sul ricorso 23121-2005 proposto da:

COMMISSARIO LIQUIDATORE ALPI ASSICURAZIONI SPA Avv. C.

W., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CICERONE 28,

presso lo studio dell’avvocato ORLANDO GUIDO (ST. NATOLI), che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato MAZZU’ CARLO giusta

delega a margine del controricorso e ricorso incidentale;

– ricorrente –

contro

G.S., SAI SPA, C.S., S.

S.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 221/2005 della CORTE D’APPELLO di MESSINA,

emessa il 17/2/2005, depositata il 12/04/2005, R.G.N. 195/2000;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza dei

26/01/2010 dal Consigliere Dott. MARIA MARGHERITA CHIARINI;

udito l’Avvocato GIUSEPPE MIUCCIO per delega dell’Avvocato SALVATORE

GIUSEPPE CARRABBA;

udito l’Avvocato MARIA ANTONIETTA PERILLI;

udito l’Avvocato ROBERTA CORSI per delega dell’Avvocato GUIDOO

RLANDO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Libertino Alberto che ha concluso per il rigetto di entrambi i

ricorsi.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione del 17 gennaio 1997 G.S. conveniva in giudizio S.S., C.S. e le rispettive compagnie di assicurazione Alpi e Sai deducendo che il (OMISSIS) era deceduta la figlia Cu.Cr. a seguito di incidente stradale causato dall’elevata velocità tenuta dal S., conducente della moto su cui ella era trasportata, e da cui era stata sbalzata e proiettata contro la parte posteriore di un furgone Fiat 280, di proprietà del C., parcheggiato all’interno della corsia di emergenza senza che ne ricorressero i presupposti, decedendo sul colpo. Chiedeva pertanto la condanna dei convenuti al risarcimento di tutti i danni.

Il S. attribuiva l’esclusiva responsabilità dell’incidente al C. e a P.D., conducente dell’auto Lancia Dedra, che a causa dell’eccessiva velocità non era riuscito a controllare la sua auto e chiedeva di chiamarlo in causa. Il commissario liquidatore della Alpi assicurazioni aderiva a tale tesi.

La Sai assumeva la responsabilità esclusiva del S..

Il Tribunale di Messina accertava che l’incidente si era verificato per la colpa concorrente del S. 70% – e del C. – 30% – e li condannava, in solido, a risarcire i danni in complessive L. 1.199.170.425 di cui 990.493.375 per danno morale, L. 200 milioni per danno biologico e L. 9.677.050 per spese, oltre rivalutazione ed interessi legali.

Interponevano appello la Sai, il Commissario liquidatore delle Alpi ed il C..

La Corte di appello di Messina, con sentenza del 12 aprile 2005, rideterminava nella misura del 50% ciascuno il concorso causale attribuibile alla condotta del S. e del C. nonchè la liquidazione dei danni alla G. sulle seguenti considerazioni:

1) il danno biologico proprio della G., parametrato alle tabelle di Milano, valutato dal C.T.U. nella misura del 14%, rapportato al caso concreto, doveva ridursi ad Euro 23.212,64; 2) il suo danno morale, anche prendendo come base il danno biologico spettante alla vittima se fosse sopravvissuta con un’invalidità pari al 100%, da liquidare in una frazione di esso ed immotivatamente non ridotto dal giudice di primo grado, in via equitativa e nel caso concreto era pari ad Euro 250.000.000; 3) tali somme, liquidate in moneta attuale, dovevano esser devalutate alla data del sinistro e via via rivalutate, con gli interessi; 4) la somma di L. 9.677.050 era da rivalutare annualmente secondo gli indici Istat dal 29 febbraio 1992, con gli interessi legali fino al soddisfo; 5) dette somme per la Sai e le assicurazioni Le Alpi dovevano esser contenute nei limiti del massimale di polizza e di legge, in mancanza di domanda per mala gestio; 6) le spese erano compensate stante l’accoglimento degli appelli principale (Sai) ed incidentali (Assicurazioni Alpi e C.) e tenuto conto dell’ esito della lite.

Ricorre per cassazione G.S. cui resistono la s.p.a.. La Fondiaria Sai ed il Commissario Liquidatore delle Alpi assicurazioni che ha altresì proposto ricorso incidentale e depositato memoria.

Gli altri intimati non si sono costituiti.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Ai sensi dell’art. 335 cod. proc. civ. i ricorsi vanno riuniti.

1.1 – Con il primo motivo di ricorso la ricorrente principale deduce:

“Violazione dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, artt. 100 e 112 c.p.c. per violazione o falsa applicazione di norme di diritto e per contraddittorietà, illogicità ed insufficienza della motivazione sulla quantificazione del danno morale e mancata corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato”.

La liquidazione del danno non patrimoniale è equitativa, mentre il giudice di appello ha negato tale potere discrezionale perchè non è stato rispettato lo standard delle tabelle milanesi senza considerare lo sforzo del giudice di primo grado di adeguare la liquidazione al caso concreto. Peraltro il giudice di appello non ha accolto la domanda degli appellanti, ma ha applicato un diverso criterio rispetto al giudice di primo grado senza indicarne le ragioni nè perchè quest’ultimo non fosse equo.

Il motivo è infondato.

La sentenza impugnata, a pag. 19, terzo cpv., indica le circostanze del caso concreto in base alle quali ha proceduto a riliquidare il danno biologico della madre tenendo conto di tutte le circostanze particolari mentre per il danno morale – voce di danno anch’essa rientrante nella più ampia categoria del danno non patrimoniale (S.U. 26972/2008) – ha adottato come criterio equitativo (art. 1226 cod. civ.) una frazione del danno biologico – predeterminato e standardizzato nelle “tabelle” – che sarebbe spettato alla vittima ove fosse sopravvissuta in condizione di totale invalidità mentre invece è deceduta sul colpo ed in tal modo ha tenuto conto della gravità della fattispecie.

Pertanto la censura va respinta.

2.- Con il secondo motivo la G. deduce: “Violazione dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, contraddittorietà, illogicità ed insufficienza della motivazione sulla quantificazione del danno biologico”.

La Corte di merito anche per la liquidazione del danno biologico ha sostituito il criterio equitativo adottato dal primo giudice con quello tecnico delle tabelle milanesi e della valutazione del C.T.U. disattendendo immotivatamente tutte le ragioni del consulente di parte.

Il motivo è parte infondato, parte inammissibile.

2.1 In tema di danno biologico la liquidazione per punto d’invalidità effettuata sulla scorta delle cosiddette tabelle, elaborate nei diversi uffici giudiziari, si fonda sul potere del giudice di fare ricorso al criterio i equitativo previsto dall’art. 1226 cod. civ. (Cass. 27723/2005).

2.2 Il mancato esame della C.T.P. in mancanza di “indicazione di quali vizi sono stati riscontrati nella C.T.U. e denunciati in appello è censura inammissibile (Cass. 18688/2007, 10222/2009).

3.- Con il terzo motivo deduce: “Violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, artt. 91 e 92 c.p.c. per contraddittorietà, illogicità ed insufficienza della motivazione sulla compensazione delle spese del grado di appello”.

L’accoglimento degli appelli era parziale perchè la quantificazione del danno morale era difforme dalla richiesta; quella del danno biologico era stata effettuata in base a C.T.U. disposta in appello e non richiesta dall’ appellante principale; l’esito della lite era comunque di condanna degli appellanti. La compensazione delle spese illogica o contraddittoria è sindacabile in sede di legittimità.

Il motivo è infondato.

Emerge infatti da quanto innanzi esposto che la liquidazione dei danni biologico e morale è stata ridotta, la condanna delle assicurazioni è stata disposta inframassimale, gli accessori sono stati liquidati con decorrenza e criterio diversi e quindi nessun principio in materia di regolamentazione delle spese è stato violato.

4.- Con un unico motivo di ricorso incidentale il Commissario liquidatore Alpi assicurazioni censura il medesimo capo di integrale compensazione delle spese benchè tutte le richieste e domande formulate in appello sono state accolte sia sull’an – grado di responsabilità del proprio assicurato S. – sia sul quantum, mentre la G. è risultata soccombente.

Il motivo è infondato.

Il criterio della soccombenza di cui all’art. 91 cod. proc. civ., al fine della determinazione dell’onere delle spese processuali, non si fraziona secondo l’esito delle varie fasi del giudizio, ma va riferito unitariamente all’esito finale della lite, senza che rilevi che in qualche fase o grado la parte poi soccombente abbia conseguito un esito per se favorevole.

5.- Concludendo il ricorso va respinto.

Si compensano le spese del giudizio di cassazione tra le parti costituite.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta. Compensa le spese del giudizio di cassazione tra le parti costituite.

Così deciso in Roma, il 26 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 20 aprile 2010

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