Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9316 del 08/05/2015


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 9316 Anno 2015
Presidente: PETTI GIOVANNI BATTISTA
Relatore: FRASCA RAFFAELE

SENTENZA

sul ricorso 24951-2011 proposto da:
ALPI ASSICURAZIONI SPA IN LCA 02260740150, in persona
del Commissario Liquidatore, il Prof. Avv. ANDREA
GEMMA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI
VILLA PATRIZI 13, presso lo studio dell’avvocato
RENATO CLARIZIA, che la rappresenta e difende giusta
2015

procura speciale a margine del ricorso;
– ricorrente –

184
contro

MURGIA DANIELA MRGDNL72H69E9580, PETRUCCI MARCO, INA
ASSITALIA SPA , RICCI PATRIZIA;

1

Data pubblicazione: 08/05/2015

- intimati –

Nonché da:
MURGIA

DANIELA

MRGDNL72H69E9580,

elettivamente

domiciliata in ROMA, PIAZZA ACILIA 4, presso lo
studio dell’avvocato FABIO RAMPIONI, che la

margine del controricorso e ricorso incidentale;
– ricorrente incidentale contro

ALPI ASSICURAZIONI SPA IN LCA 02260740150, PETRUCCI
MARCO, INA ASSITALIA SPA , RICCI PATRIZIA;
– intimati –

avverso la sentenza n. 3316/2010 della CORTE
D’APPELLO di ROMA, depositata il 01/09/2010, R.G.N.
2469/2000;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 21/01/2015 dal Consigliere Dott. RAFFAELE
FRASCA;
udito l’Avvocato RENATO CLARIZIA;
udito l’Avvocato FABIO RAMPIONI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARIO FRESA che ha concluso per
l’inammissibilità di entrambi i ricorsi.

rappresenta e difende giusta procura speciale a

R.g.n. 24951-11 (ud. 21.1.2015)

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
§1. La Alpi Assicurazioni s.p.a. in 1.c.a. ha proposto ricorso per cassazione
contro Daniela Murgia e nei confronti di Marco Petrucci, l’INA Assitalia s.p.a. e
Patrizia Ricci avverso la sentenza del 10 settembre 2010, con la quale la Corte
incidentale della Murgia avverso la sentenza resa in primo grado inter partes dal
Tribunale di Roma nel 1999 sulla controversia introdotta dalla Murgia per
ottenere il risarcimento del danno sofferto in occasione di un sinistro stradale,
occorso fra un ciclomotore su cui si trovava trasportata e l’autovettura condotta
dal Petrucci, di proprietà della Ricci ed assicurata, a dire dell’attrice preso essa
ricorrente, che nel corso del giudizio era stata poi posta in 1.c.a.
§2. 11 Tribunale, all’esito dell’istruzione, dichiarava la solidale
responsabilità del Petrucci, della Ricci e dell’Alpi e li condannava al pagamento
della somma di € 41.657,225 oltre interessi e con gravame di spese.
§3. La Corte territoriale, investita di due separati appelli dalla Alpi e dalla
Murgia, dopo averli riuniti, rigettava il primo integralmente ed accoglieva il
secondo limitatamente all’omessa dichiarazione di opponibilità della sentenza
all’Assitalia ai sensi del’art. 25 della 1. n. 990 del 1969.
§4. Al ricorso per cassazione, che prospetta un unico motivo, ha resistito la
Murgia con controricorso, nel quale ha anche svolto ricorso incidentale.
§5. Parte resistente ha depositato memoria.
e

..

MOTIVI DELLA DECISIONE

§1. 11 ricorso incidentale dev’essere trattato unitamente a quello principale,
in senso al quale è stato proposto.
§2. Il Collegio rileva che il ricorso principale è inammissibile per palese
inosservanza dell’art. 366 n. 6 c.p.c.
3
Est. Cons. 11te1e Frasca

d’Appello di Roma ha rigettato il suo appello principale ed accolto quello

R.g.n. 24951-11 (ud. 21.1.2015)

§2.1. Invero, l’unico motivo — con cui si deduce “Violazione dell’art. 360,
1 comma, n. 5, c.p.c. — Omessa motivazione su un motivo decisivo della
controversia per non aver ammesso la prova per testi richiesta dall’Alpi a
suffragio dell’inesistenza di un vincolo contrattuale posto a suo carico” — in
disparte l’assoluta mancanza di formale evocazione del parametro di cui all’art.

un fatto controverso, lamenta innanzitutto che la Corte territoriale non avrebbe
ammesso senza motivare alcunché la prova per testi dedotta dalla ricorrente e
diretta alla dimostrazione dell’inesistenza della copertura assicurativa per la
r.c.a. dell’autovettura della Ricci in forza di una polizza assicurativa.
Senonché, nell’illustrazione del motivo non solo non si trascrive
direttamente il contenuto della prova testimoniale cui si fa riferimento e
nemmeno se ne riproduce indirettamente il contenuto, ma non si indica neppure
in quale sede processuale del giudizio di merito essa era stata articolata e se e
dove la relativa articolazione sarebbe esaminabile in questo giudizio di
legittimità.
Tutte tali indicazioni erano necessaria a norma dell’art. 366 n. 6 c.p.c.,
norma che costituisce il precipitato normativo del c.d. principio di
autosufficienza (Cass. n. 7455 del 2013, ex multis). Ciò, secondo l’esegesi di
una consolidata giurisprudenza: si vedano già Cass. (ord.) n. 22303 del 2008 e
Cass. sez. un. n. 28547 del 2008, nonché Cass. sez. un. n. 7161 del 2010, seguite
da numerosissime conformi.
Si rileva che l’art. 366 n. 6 non è osservato, quanto all’indicazione del se e
dove l’articolato probatorio, quale atto processuale, sarebbe esaminabile in
questa sede, nemmeno secondo l’opzione avallata da Cass. sez. un. n. 22726 del
2011, la quale, per gli atti processuali presenti nel fascicolo d’ufficio, ha escluso
che debbano prodursi in copia agli effetti dell’art. 369, secondo comma, n. 4
c.p.c., ma ha rimarcato che si deve indicare ai sensi dell’art. 366 n. 6 se si
intende fare riferimento a tale presenza.
4
Est. Cons.

el Frasca

360 c.p.c. nella formulazione applicabile al ricorso, che imponeva di riferirlo ad

R.g.n. 24951-11 (ud. 21.1.2015)

L’inammissibilità del motivo sussiste, inoltre, anche perché si è totalmente
omesso di indicare se ed in che termini il primo giudice avesse interloquito
sull’istanza di ammissione della prova e se e come della sua decisione ci si fosse
lamentati con l’appello. Ne segue che non è possibile percepire se ed in che
termini la questione concernente il mezzo di prova era stata prospettata al

§2.2. In secondo luogo il motivo si fonda sulla dichiarazione resa in sede di
interrogatorio formale dal Petrucci all’udienza del 15 aprile 2008, ma anche in
tal caso omette di riprodurre direttamente od indirettamente il contenuto di tale
dichiarazione e non indica se e dove il verbale di assunzione sarebbe
esaminabile in questo giudizio di legittimità. E ciò nemmeno alla stregua di
quanto consentito dalla citata decisione delle Sezioni Unite.
§2.3. Con riferimento alla valutazione delle dette dichiarazioni di cui
all’interrogatorio formale si osserva, peraltro, che — se, superando il rilievo di
inammissibilità — si passasse a leggere la sentenza impugnata, si dovrebbe
rilevare che la Corte territoriale non le ha considerate (evocando sì
genericamente l’art. 2733 c.c., ma all’evidenza nel suo terzo comma) ai fini
della prova del rapporto assicurativo, bensì ai fini di quella della dinamica del
sinistro, onde il motivo in parte qua sarebbe ulteriormente inammissibile perché
no si correla alla motivazione della decisione impugnata.
§3. Il ricorso principale è, dunque, dichiarato inammissibile.
§4. Con il primo motivo di ricorso incidentale la Murgia prospetta
testualmente “contraddittorietà ed inconsistente motivazione del rigetto del
motivo di appello afferente l’omesso riconoscimento da parte del giudice di
prime cure dell’invalidità accertata dal consulente tecnico d’ufficio in primo
grado”.
§4.1. Il motivo in tal modo viene indicato senza alcuna evocazione di uno
dei paradigmi dell’art. 360 c.p.c. e sotto tale profilo non rispetta l’art. 366 n. 4
c.p.c., che, evocando i motivi per i quali si chiede la cassazione della sentenza
5
Est. Con. Raffaele Frasca

giudice d’appello.

R.g.n. 24951-11 (ud. 21.1.2015)

impugnata in sede di legittimità, evidentemente impone al ricorrente di assumere
come premessa allo svolgimento la loro indicazione e, dunque, necessariamente
un’attività che indichi a quale fra i numeri dell’art. 360 e.p.c. esso sia da
riportare.
Tanto evidenzierebbe di per sé l’inammissibilità del motivo.

dello scopo (siccome parrebbe suggerire Cass. sez. un. n. 17931 del 2013 a
proposito dell’errore nella indicazione del numero dell’art. 360 c.p.c.) e si passi
alla lettura dell’illustrazione, si deve constatare che risulta difficile ancorare le
deduzioni con cui essa si articola ad uno dei paradigmi dell’art. 360 c.p.c.
Infatti, vi si discute dell’apprezzamento delle risultanza probatorie relative
all’accertamento dell’entità delle lesioni e del risarcimento dei danni
patrimoniali, ma non viene evocata alcuna norma di diritto, onde non è
percepibile alcunché che consenta di ritener dedotto il n. 3 dell’art. 360 c.p.c.,
mentre non viene evocato il concetto di fatto controverso, di cui al n. 5 dell’art.
360 c.p.c. di cui al testo introdotto dal d.lgs. n. 40 del 2006 e applicabile al
ricorso.
§4.3. In ogni caso, il motivo — quando pure fosse d’ufficio ricondotto da
questa Corte ad alcun dei paradigmi dell’art. 360 c.p.c., supplendo all’omissione
in cui è incorsa la ricorrente incidentale – si palesa inammissibile per altre
decisive ragioni
§4.3.1. Infatti, nella prima parte dell’illustrazione si muove censura alla
sentenza impugnata perché non avrebbe accolto il motivo di appello con cui si
era censurato il fatto che il primo giudice aveva disatteso la c.t.u. di primo grado
quanto all’entità delle lesioni di natura temporanea e permanente, ma tale
censura è dedotta senza l’osservanza dell’art. 366 n. 6 c.p.c.
Infatti: al) pur evocandosi la c.t.u. si omette sia di riprodurne direttamente
il contenuto o di riprodurlo indirettamente, precisando in quale parte del
documento troverebbe rispondenza l’indiretta riproduzione, sia di indicare se e
6
Est. Con Raffaele Frasca

§4.2. Peraltro, ove si applichi il criterio dell’idoneità al raggiungimento

R.g.n. 24951-11 (ud. 21.1.2015)

dove detta c.t.u. sarebbe esaminabile (se prodotta ai diversi effetti del n. 4 del
secondo comma dell’art. 369 c.p.c.) in questo giudizio di legittimità, al fine di
consentire alla Corte il riscontro del suo contenuto; a2) si evoca la sentenza di
primo grado e la relativa motivazione e se ne riproduce la parte che
sorreggerebbe la censura, ma si omette di indicare se e dove la sentenza sarebbe
nella sua interezza; a3) si omette di indicare i termini in cui era stato formulato
il motivo di appello sul punto.
Tutte tali indicazione erano necessarie alla stregua della consolidata
giurisprudenza sull’esegesi dell’art. 366 n. 6 c.p.c.
Si deve, poi, aggiungere che l’illustrazione della censura in esame pretende
di muovere critica alla sentenza qui impugnata evocando solo la parte finale
della motivazione e trascurando, invece, quanto essa ha scritto alla pagina nella
pagina 14 e nelle prime righe della 15.
Sicché il motivo in parte qua è inammissibile anche alla stregua del
principio di diritto (ripetute volte affermato) di cui a Cass. n. 359 del 2005.
§4.3.2. Nel motivo si svolge una seconda censura rispetto al rigetto del
motivo di appello che era stato svolto riguardo al risarcimento di quello che
viene definito “risarcimento economico”.
Anche tale censura impinge nell’inammissibilità ai sensi dell’art. 366 n. 6
c.p.c., in quanto non si riproduce né direttamente né indirettamente il contenuto
del motivo di appello e comunque nell’inammissibilità per mancata correlazione
alla motivazione della sentenza impugnata, che viene riprodotta, ma con
l’omissione, dipendente da mera interruzione della riproduzione, della sua
proposizione finale, sicché di essa non si discute.
Si aggiunga che l’attività illustrativa è poi svolta:

a) travisando il

riferimento all’essere la Murgia una studentessa, nel senso che si fa dire alla
Corte capitolina di averla considerata tale non al momento del sinistro, ma per
sempre, mentre nella motivazione è chiaro il contrario (come fa manifesto l’uso
7
Est. Co

aele Frasca

(se prodotta) esaminabile, sempre al fine di riscontrarne il contenuto e di farlo

R.g.n. 24951-11 (ucl. 21.1.2015)

dell’imperfetto); b) prospettando interrogativi correlati a dati dei quali non si
dice da che cosa emergessero nel giudizio di merito.
§4.5. Con un secondo motivo si deduce “omesso riconoscimento da parte
del G.O.T. e del giudice d’appello delle spese processuali del primo grado
secondo specifica nota spese depositata in atti ed illegittimità della

Con una prima censura ci si duole che sia stato disatteso il motivo di
appello con cui si era censurata la statuizione di liquidazione delle spese operata
dal primo giudice.
La censura è inammissibile ai sensi dell’art. 366 n. 6 c.p.c., giacché si
fonda su una nota spese che si dice depositata in primo grado e sul contenuto
dell’atto di appello, ma omette di riprodurre il contenuto della prima
direttamente od indirettamente e di indicare se e dove essa sia esaminabile (se
prodotta) in questo giudizio di legittimità ed omette di riprodurre parimenti il
tenore dell’atto di appello svolto sul punto.
Con una seconda censura si lamenta che il giudice d’appello abbia
compensato le spese del grado, ma non solo lo si fa evocando (con il riprodurlo)
il testo dell’art. 91, primo comma, c.p.c. introdotto dalla 1. n. 69 del 2009, che
invece è inapplicabile, giusta il primo comma dell’art. 58 della stessa legge (che,
evocando i giudizi instaurati dopo la data di entrata in vigore della legge, fa
riferimento ai giudizi introdotti in promo grado), ma non si considera che,
essendo stato rigettato integralmente l’appello principale ed accolto in misura
modesta quello della Murgia, la Corte territoriale, nell’evocare giusti motivi
«tenuto conto dell’esito del giudizio» ha adottato un criterio che non solo è
oggettivamente giustificato, secondo la formulazione dell’art. 92, secondo
comma, c.p.c., applicabile al processo, ma che sarebbe stato giustificabile anche
e prima ancora evocando il concetto di soccombenza reciproca.
§5. Il ricorso incidentale è, dunque, rigettato.

8
Est. Coi. Raffaele Frasca

compensazione di quelle di appello.

R.g.n. 24951-11 (ud. 21.1.2015)

§6. L’esito negativo dei due ricorsi giustifica la compensazione delle spese
del giudizio di cassazione.
P. Q. M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso principale e rigetta il ricorso
incidentale. Compensa le spese del giudizio di cassazione.

il 21 en aio 2015.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Terza Sezione Civile,

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