Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9316 del 07/04/2021

Cassazione civile sez. lav., 07/04/2021, (ud. 15/12/2020, dep. 07/04/2021), n.9316

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – rel. Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22545/2015 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati EMANUELA

CAPANNOLO, CLEMENTINA PULLI, MAURO RICCI;

– ricorrente –

contro

M.C., domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e

difesa dall’avvocato OSCAR LOJODICE;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 206/2015 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 24/03/2015 R.G.N. 1842/2013;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

15/12/2020 dal Consigliere Dott. ENRICA D’ANTONIO;

il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CELESTE

Alberto, ha depositato conclusioni scritte.

 

Fatto

CONSIDERATO IN FATTO

1. La Corte d’appello di Bari, in riforma della sentenza del Tribunale, con la sentenza qui impugnata, ha rigettato l’opposizione all’esecuzione proposta dall’Inps avverso il precetto notificato da M.C., sulla base del titolo costituito dalla sentenza del Tribunale di Bari n. 8369/2000, per il riconoscimento dei ratei dell’assegno di invalidità civile.

La Corte ha esposto che, con il dispositivo della sentenza n. 8369/2000 citata, era stato dichiarato il diritto della ricorrente all’erogazione della pensione di inabilità; che in motivazione era riferito che la M. aveva chiesto la pensione di inabilità ex L. n. 222 del 2004; che alla stregua di detto parametro normativo era stata valutata la CTU; che avverso detta sentenza era stato proposto appello dall’Inps con il quale era stata denunciata l’attribuzione di una prestazione diversa da quella richiesta dalla M. e che la Corte con la sentenza n. 906/2000, premesso che la M. aveva chiesto la corresponsione della pensione di inabilità, aveva concluso ritenendo che il Tribunale avesse condannato l’Istituto al pagamento della pensione di inabilità civile.

Con la sentenza qui impugnata la Corte territoriale ha rilevato che era necessario valutare la portata precettiva di una pronuncia giurisdizionale non solo alla luce delle statuizioni del dispositivo, ma anche della motivazione; che la Corte d’appello con la sentenza n. 906/2000, nel rigettare l’appello dell’Inps, aveva specificamente qualificato la domanda quale richiesta di pensione d’inabilità civile e che in sede di esecuzione, nell’interpretare il giudicato esterno, doveva tenersi conto di quanto desumibile dal contenuto della sentenza d’appello sulla base della relativa motivazione e che pertanto andava esclusa la difformità tra il contenuto del titolo esecutivo giudiziale ed atto di precetto.

2. Avverso la sentenza ricorre l’Inps con un motivo. Resiste la M.. La Procura generale ha concluso per il rigetto dell’opposizione.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

3. L’Inps denuncia violazione degli artt. 474,480 c.p.c. (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4).

Lamenta che la sentenza del Tribunale 8369/2000 aveva condannato a pagare la pensione di inabilità ex L. n. 222 del 1984; che dunque vi era contrasto tra il titolo ed il precetto notificato dalla M. per il pagamento dei ratei dell’assegno di invalidità civile e che era necessario che l’esecuzione forzata si svolgesse sulla base di un titolo certo, liquido ed esigibile.

Osserva, ancora, che avendo la Corte d’appello con la sentenza n. 906 confermato il Tribunale aveva confermato la condanna a pagare la pensione ex L. n. 222 del 1984 e che detta sentenza della Corte d’appello n. 906/2000 si era espressa, comunque, in termini generici.

4. Il ricorso va rigettato.

Da quanto emerge dalla sentenza impugnata risulta che il Tribunale ha effettivamente condannato l’Istituto al pagamento di una prestazione diversa da quella richiesta (pensione ordinaria di inabilità in luogo dell’assegno di invalidità civile) e che, tuttavia, la Corte d’appello, investita dall’Inps, con la sentenza n. 906/2000 ha chiarito che la M. aveva chiesto il pagamento della pensione di inabilità civile (e, quindi dell’assegno, quale prestazione inferiore).

La Corte d’appello con la sentenza n. 906/2000 ha escluso il contrasto tra dispositivo e motivazione facendo applicazione del principio affermato da questa Corte secondo cui la portata precettiva della pronuncia giurisdizionale va individuata tenendo conto non solo delle statuizioni formalmente contenute nel dispositivo, ma coordinando questo con la motivazione, le cui enunciazioni, se univocamente dirette all’esame di una questione dedotta in causa, possono essere utilizzate quale strumento di interpretazione del dispositivo medesimo. La sentenza del tribunale posta a fondamento dell’azione esecutiva, deve dunque essere integrata con gli argomenti affermati dalla successiva pronuncia della Corte d’appello che ha concluso nel qualificare la domanda della M. come avente ad oggetto le prestazioni dell’invalidità civile.

Sulla base di tali elementi non risulta censurabile la sentenza qui impugnata che, tenuto conto dell’integrazione desumibile dalla sentenza della Corte d’appello n. 906/2000, ha escluso il contrasto tra il titolo posto a base dell’esecuzione ed il precetto.

5. Le spese processuali seguendo la soccombenza e sono poste a carico dell’Inps.

Avuto riguardo all’esito del giudizio ed alla data di proposizione del ricorso sussistono i presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna l’Inps a pagare le spese di lite liquidate in Euro 4.000,00 per compensi professionali, oltre 15% per spese generali ed accessori legge nonchè Euro 200,00 per esborsi con distrazione a favore dell’avv. Oscar Lojodice. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 15 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 7 aprile 2021

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