Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9314 del 08/05/2015


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 9314 Anno 2015
Presidente: SPIRITO ANGELO
Relatore: ROSSETTI MARCO

SENTENZA

sul ricorso 20267-2011 proposto da:
RUSSO MARIA TERESA RSSMTR4OH67C632Z, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA GIUSEPPE AVEZZANA 2/B,
presso lo studio dell’avvocato STEFANO LATELLA,
rappresentata e difesa dall’avvocato UMBERTO FANTINI
giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –

2015
contro

157

PARIANI

CARLO,

MENIN

VALERIO,

elettivamente

domiciliati in ROMA, LUNGOTEVERE MELLINI 7, presso lo
studio dell’avvocato LUCIA ZACCAGNINI,

che li

Data pubblicazione: 08/05/2015

rappresenta

e

difende

unitamente

all’avvocato

GIUSEPPE CALOIA giusta procura in calce

al

controricorso;

controricorrenti

avverso la sentenza n. 527/2011 della CORTE D’APPELLO

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 19/01/2015 dal Consigliere Dott. MARCO
ROSSETTI;
udito l’Avvocato STEFANO LATELLA per delega non
scritta;
udito l’Avvocato LUCIA ZACCAGNINI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. RENATO FINOCCHI GHERSI che ha concluso
per il rigetto del ricorso.

2

di MILANO, depositata il 12/04/2011 R.G.N. 400/09;

R.G.N. 20267/11
Udienza del 19 gennaio 2015

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Carlo Pariani e Valerio Menin nel 2007 convennero dinanzi al Tribunale di
Milano Maria Teresa Russo, allegando:
– di essere eredi di Carlo Rugini;
– che Carlo Rugini era proprietario dell’appartamento sito a Milano, via

– che dopo la morte di Carlo Rugini Maria Teresa Russo non aveva rilasciato
loro l’immobile.
Chiedevano perciò la condanna della convenuta al rilascio del suddetto
apparta mento.

2.

Maria Teresa Russo si costituì tardivamente, eccependo di avere

usucapito l’immobile.
In subordine, chiedeva al Tribunale di accertare l’esistenza del proprio
diritto di abitazione, “in virtù del combinato disposto tra gli artt. 1022 cc,
588 c.c., 1160 c.c. e 2 e 3 cost.”.

3. Con sentenza 20.11.2008 n. 13804 il Tribunale di Milano accolse la
domanda.
La sentenza venne appellata dalla soccombente.
La Corte d’appello di Milano, con sentenza 12.4.2011 n. 527 rigettò il
gravame.
Ritenne, per quanto ancora rileva, che il suddetto appartamento fu concesso
in godimento dal dante causa dei signori Pariani-Menin a Maria Teresa
Russo a titolo di precario, e che di conseguenza quest’ultima fosse tenuta a
rilasciarlo ad nutum.

4. La sentenza d’appello è stata impugnata per cassazione da Maria Teresa
Russo, sulla base di quattro motivi illustrati da memoria.
Hanno resistito Carlo Pariani e Valerio Menin con controricorso illustrato da
memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Il primo motivo di ricorso.

Pagina 3

e-

Bergamo 3, concesso in comodato precario a Maria Teresa Russo;

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Udienza del 19 gennaio 2015

1.1. Col primo motivo di ricorso la ricorrente lamenta che la sentenza
impugnata sia affetta sia dal vizio di violazione di legge, di cui all’art. 360, n.
3, c.p.c.; sia da una nullità processuale, di cui all’art. 360, n. 4, c.p.c., sia
da un vizio di motivazione, ex art. 360, n. 5, c.p.c..
Nella illustrazione del motivo, la ricorrente accomuna e mescola in modo

(a) la Corte d’appello ha errato nel decidere di non sospendere il giudizio, ex
art. 295 c.p.c., nell’attesa dell’esito del giudizio di usucapione proposto dalla
Russo in separata sede;
(b) la Corte d’appello avrebbe pronunciato ultra petita, ritenendo proposta
da Maria Teresa Russo una domanda riconvenzionaie in realtà mai formulata;
(c) gli attori in primo grado non avevano provato che l’immobile fosse stato
concesso a Maria Teresa Russo in comodato precario;
(d) gli attori non erano eredi del proprietario defunto;
(e) la convenuta era titolare di un diritto reale sull’immobile;
(f) la Corte d’appello ha errato nel non ammettere, d’ufficio, quelle prove
dalle quali la convenuta era decaduta per tardività della costituzione.

1.2. Il motivo è infondato nella parte in cui lamenta la violazione dell’art.
295 c.p.c., mentre è inammissibile in tutti i restanti profili.

1.3. Nella parte in cui censura la mancata sospensione del giudizio, il motivo
è infondato perché tra il giudizio di rilascio e quello di usucapione non vi è
alcuna pregiudizialità logica o giuridica.

1.4. Nella parte in cui lamenta il vizio di ultrapetizione, sul presupposto che
la Corte d’appello abbia pronunciato su una domanda riconvenzionale che
Maria Teresa Russo non aveva mai formulato, il motivo è inammissibile per
difetto di interesse, ex art. 100 c.p.c.: non si vede infatti quale vantaggio la
ricorrente possa mai trarre da un nuovo giudizio nel quale si dichiari che
essa non ha formulato domande riconvenzionali di sorta.

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r1/4-

caotico doglianze eterogenee, così riassumibili:

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Udienza del 19 gennaio 2015

1.5. In tutti i restanti profili il primo motivo di ricorso pone questioni
squisitamente di merito, per di più astruse sul piano giuridico e
incomprensibili sul piano sintattico.

2. 11 secondo motivo di ricorso.

impugnata sarebbe contemporaneamente affetta sia da un vizio di
violazione di legge, ex art. 360, n. 3, c.p.c.; sia da una nullità processuale,
ex art 360, n. 4, c.p.c., sia da un vizio di motivazione, ex art. 360, n. 5,
c.p.c..
Nella illustrazione del motivo, si spiega che la Corte d’appello avrebbe
commesso due diversi errori:
(a) non avere rilevato che il ricorso introduttivo del giudizio, soggetto al rito
del lavoro, non conteneva l’avviso, prescritto a pena di nullità, che la tardiva
costituzione avrebbe provocato le decadenze di cui all’art. 167 c.p.c.;
(b)

avere escluso che la convenuta fosse titolare di un diritto reale di

abitazione “vita natural durante”, in tesi attribuitole da Carlo Rugini quando
era in vita.

2.2. Il motivo è manifestamente infondato in tutti e due i profili in cui si
articola.
Nella parte in cui lamenta la nullità del ricorso introduttivo, il motivo è
infondato in quanto l’art. 416 c.p.c. non prescrive affatto che il ricorso
introduttivo dei giudizi soggetti al c.d. rito del lavoro debba contenere avvisi
di sorta a pena di nullità.
Nella parte, invece, in cui lamenta il rigetto della propria domanda di
accertamento della titolarità d’un diritto reale sull’immobile di via Bergamo,
il ricorso censura un accertamento di fatto, non sindacabile in questa sede.

3. Il terzo motivo di ricorso.
3.1. Col terzo motivo di ricorso la ricorrente lamenta che la sentenza
impugnata sarebbe contemporaneamente affetta sia da un vizio di
incompetenza, ex art. 360, n. 2, c.p.c.; sia da un vizio di violazione di legge,

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t-

2.1. Col secondo motivo di ricorso la ricorrente lamenta che la sentenza

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Udienza del 19 gennaio 2015

ex art. 360, n. 3, c.p.c.; sia da una nullità processuale, ex art 360, n. 4,
c.p.c., sia da un vizio di motivazione, ex art. 360, n. 5, c.p.c..
Nella illustrazione motivo, per quanto è dato desumere dall’oscura sintassi
della ricorrente, pare che vi si illustrino due diversi vizi della sentenza
impugnata:
la Corte d’appello ha errato nell’escludere che Maria Teresa Russo

avesse usucapito l’immobile oggetto del contendere; tale errore risulterebbe
dal fatto che Maria Teresa Russo conviveva more uxorio con Carlo Rugini, e
la convivenza more uxorio è”un caleidoscopio di principi di civiltà giuridica”,
idonea a produrre l’usucapione a favore del coabitante;
(b) la Corte d’appello non ha considerato che la convenuta aveva un diritto
di abitazione sull’immobile, come tale “incedibile” e “sottoposto all’ombrello
protettivo della Magna Charta ex art. 2”.

3.2. Il motivo è manifestamente inammissibile.
Nella parte in cui lamenta l’errore della Corte d’appello, per non avere
accertato l’usucapione della proprietà dell’immobile (o di altro diritto reale)
da parte di Maria Teresa Russo, il motivo è inammissibile perché sottopone
a censura un accertamento di fatto.
Nella parte in cui lamenta la

“incedibilità” del diritto di abitazione la

ricorrente formula una censura inammissibile perché incomprensibile: sia
perché nel presente giudizio non si discorre della “cessione” di alcun diritto;
sia perché stabilire se Maria Teresa Russo abbia o non abbia un diritto di
abitazione sull’immobile di via Bergamo è un accertamento di fatto; sia
perché da quale atto o fatto sia scaturito l’invocato diritto di abitazione non
è mai stato dimostrato.

4. Il quarto ed il quinto motivo di ricorso.
4.1. Il quarto ed il quinto motivo di ricorso possono essere esaminati
congiuntamente.
Con ciascuno di essi la ricorrente lamenta che la sentenza impugnata
sarebbe contemporaneamente affetta sia da un vizio di incompetenza, ex
art. 360, n. 2, c.p.c.; sia da un vizio di violazione di legge, ex art. 360, n. 3,

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14.,

(a)

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Udienza del 19 gennaio 2015

c.p.c.; sia da una nullità processuale, ex art 360, n. 4, c.p.c., sia da un vizio
di motivazione, ex art. 360, n. 5, c.p.c..
Lamenta, al riguardo, che la Corte d’appello avrebbe errato sia nel non
sospendere l’efficacia della sentenza di primo grado, sia nel rigettare le

4.2. Il motivo è inammissibile.
i provvedimenti cautelari ed interinali, ivi compresa la sospensione
dell’efficacia esecutiva della sentenza, non hanno natura definitiva e non
sono sindacabili in sede di legittimità.

5. Le spese.
Le spese del giudizio di legittimità vanno poste a carico della ricorrente, ai
sensi dell’art. 385, comma 1, c.p.c..
P.q.m.
la Corte di cassazione, visto l’art. 380 c.p.c.:
– ) rigetta il ricorso;
– ) condanna Maria Teresa Russo alla rifusione in favore di Valerio Menin e
Carlo Pariani delle spese del presente grado di giudizio, che si liquidano
nella somma di euro 10.200, di cui 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa
forense e spese forfettarie ex art. 2, comma 2, d.rn. 10.3.2014 n. 55.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione civile
della Corte di cassazione, addì 19 gennaio 2015.

istanze di sequestro giudiziario da lei proposte in corso di causa.

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