Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9312 del 08/05/2015


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 9312 Anno 2015
Presidente: SEGRETO ANTONIO
Relatore: SCRIMA ANTONIETTA

SENTENZA
sul ricorso 22630-2011 proposto da:
OFFICIOSO MARCO FFCMRC87E05A024B, considerato
domiciliato ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA
CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

t o.ts
–t34

CRISTIANO LICENZIATI giusta procura speciale a margine del
ricorso;
– ricorrente contro
TRENITALIA SPA, in persona del legale rappresentate pro tempore
avvocato ANDREA PARRELLA, elettivamente domiciliata in
ROMA, PIAZZA DI SANT’ANDREA DELLA VALLE 6, presso lo

Data pubblicazione: 08/05/2015

studio dell’avvocato STEFANO D’ERCOLE, che la rappresenta e
difende giusta procura speciale in calce al controricorso;
– controricarrente

40/•

avverso la sentenza n. 7197/2010 del TRIBUNALE di NAPOLI,

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
16/01/2015 dal Consigliere Dott. ANTONIETTA SCR1MA;
udito l’Avvocato NICOLA PALOMBI per delega;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
RICCARDO FUZIO che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Nel 2008 Officioso Marco conveniva in giudizio, innanzi al Giudice di
pace di Barra, Trenitalia S.p.a. chiedendo l’accertamento
dell’inadempimento contrattuale della convenuta e la condanna della
stessa al risarcimento dei danni.
Deduceva l’attore di aver acquistato, in data 11 gennaio 2008, un
biglietto comitiva per il treno espresso n. 1911 in partenza da Milano
alle ore 23,20 e diretto a Napoli, di non aver potuto usufruire di tale
biglietto in quanto i posti prenotati erano stati rivenduti ed occupati da
altre persone, di essere stato costretto a trascorrere la notte in stazione
per prendere un diverso treno la mattina seguente e di aver, pertanto,
subito un particolare stato di disagio e di stress, in quanto il fatto si era
verificato in un giorno di festa, nonché un danno per la spesa del
secondo biglietto ferroviario e per aver perso il giorno lavorativo
successivo, danni quantificati in t 1.032,00, oltre interessi e
rivalutazione monetaria.
Trenitalia S.p.a. si costituiva ed eccepiva, tra l’altro, l’incompetenza per
territorio del giudice adito e chiedeva il rigetto della domanda.
Ric. R.G.N. 22630/2011
-2-

depositata il 23/06/2010, R.G.N. 23493/2009;

99.

Il Giudice di pace di Barra, con sentenza del 26 marzo 2009, accoglieva
l’eccezione di incompetenza e rimetteva le parti dinanzi al Giudice di
Pace di Napoli, fissando il termine per la riassunzione.
Avverso tale decisione l’Officioso proponeva appello, cui resisteva
Trenitalia S.p.a..

accoglimento del gravame, dichiarava la nullità della sentenza
impugnata nella parte in cui il Giudice del primo grado aveva
dichiarato la propria incompetenza territoriale, rigettava la domanda e
compensava le spese del doppio grado di giudizio.
Avverso la sentenza del Tribunale Officioso Marco ha proposto
ricorso per cassazione, illustrato da memoria pervenuta a quest’Ufficio
in data 12 gennaio 2015, sulla base di due motivi.
Ha resistito con controricorso, illustrato da memoria, Trenitalia S.p.a..
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Va anzitutto dichiarata l’inammissibilità della memoria del ricorrente,
essendo la stessa pervenuta presso questa Corte il 12 ottobre 2015 e
presso la Cancelleria di questa Sezione il 13 gennaio 2015, quindi oltre
il termine di cinque giorni prima della data dell’udienza, previsto
dall’art. 378 c.p.c., senza che assuma rilievo in contrario la data di
spedizione dell’atto a mezzo del servizio postale (8 gennaio 2015),
poiché, secondo l’orientamento della giurisprudenza di questa Corte,
che il Collegio condivide, l’art. 134, quinto comma, disp. att. c.p.c., a
norma del quale il deposito del ricorso e del controricorso, nei casi in
cui siano spediti a mezzo posta, si ha per avvenuto nel giorno della
spedizione, non é applicabile per analogia alla memoria, in ragione del
fatto che il deposito di quest’ultima è esclusivamente diretto ad
assicurare al giudice ed alle altre parti la possibilità di prendere
cognizione dell’atto con il congruo anticipo – rispetto all’udienza di
Ric. R.G.N. 22630/2011
-3-

Il Tribunale di Napoli, con sentenza del 23 giugno 2010, in parziale

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discussione – ritenuto necessario dal legislatore e che l’applicazione del
citato art. 134 finirebbe con ridurre, se non con l’annullare, con lesione
del diritto di difesa delle controparti (Cass., ord. 4 gennaio 2011, n.
182; Cass. 4 agosto 2006, n. 17726; Cass. 5 dicembre 2001, n. 15352).
2. Con il primo motivo si lamenta “violazione e falsa applicazione degli

n. 1371/2007 e omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione in
relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 e 5 c.p.c.”.
Premesso che il Tribunale ha rigettato l’appello ritenendo non
dimostrati i danni patrimoniali conseguenti all’evento e non ricorrente,
in base alla prospetta.zione attorca, una lesione psicofisica degna di
ristoro, il ricorrente assume che, stante l’inadempimento di Trenitalia
S.p.a., evidenziato dallo stesso Tribunale, quest’ultimo avrebbe violato
“il principio di risarcibilità del danno patrimoniale e non conseguente
all’inadempimento delle obbligazioni con motivazione … incoerente e
contraddittoria”.
L’ Officioso sostiene che il risarcimento conseguente al non esatto
adempimento e al ritardo non può essere limitato al solo danno
patrimoniale e in tal senso va inteso anche l’art. 1223 c.c., non
potendosi escludere la risarcibilità del danno non patrimoniale
nell’illecito contrattuale, in base ad una interpretazione
costituzionalmente orientata dell’art. 2059 c.c.; richiama l’art. 1681 c.c.
che prevede espressamente, nel trasporto di persona, la responsabilità
per il ritardo e per l’inadempimento nell’esecuzione del trasporto;
lamenta che il Tribunale non abbia applicato la legislazione
comunitaria (regolamento CE n. 1371/2007), che, a suo avviso, abroga
la normativa nazionale, e ritiene non applicabile, nel caso di specie, il
r.d.l. n. 1948 del 1934, convertito con la legge n. 911 del 1935, in
quanto tale normativa disciplinerebbe il risarcimento dei danni da
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artt. 1174, 1218, 1223, 1681 e 2059 c.c., nonché del Regolamento CE

Ma.

ritardo mentre il ricorrente si sarebbe lamentato per essergli stato
impedito dal personale di Trenitalia di salire a bordo del treno
prenotato e regolarmente partito verso Napoli; si duole, infine, della
mancata ammissione dei mezzi di prova volti a dimostrare la mancanza
di assistenza da parte di Trenitalia di vitto e alloggio, nonché “i gravi

spesa per la prenotazione del treno e il successivo giorno di lavoro
perso”.
3. Il motivo è infondato.
Ai sensi dell’art. 1680 c.c. le disposizioni del capo VIII del titolo III del
libro IV si applicano anche ai trasporti ferroviari in quanto non
derogate da leggi speciali. Costituisce legislazione speciale al riguardo il
R.D.L. 11 ottobre 1934, n 1948, convertito nella legge 4 aprile 1935, n.
911, recante le Condizioni generali e Tariffe per il trasporto di persone
su Ferrovie dello Stato e sul punto questa Corte ha affermato il
principio secondo cui, in deroga Alia 1681 c.c. – e in forza dell’art.
1680 dello stesso codice – l’art 11, paragrafo quarto, del R.D.L. 11
ottobre 1934, n 1948, convertito nella legge 4 aprile 1935, n 911,
subordina la responsabilità dell’amministrazione ferroviaria per danno
alla persona del viaggiatore al verificarsi di una “anormalità nel
servizio”, e cioè ad un irregolare funzionamento o ad un’anomalia
strutturale del mezzo tecnico con cui venga effettuali la prestazione
del vettore, cui sia eziologicamente ricollegabile il danno stesso
secondo l’accertamento insindacabile del giudice del merito (v. Cass. 22
aprile 1980, n. 2608).
Proprio il predetto R.D.L., tuttora in vigore (v. legge 18 febbraio 2009,
n. 9, art. 3, comma 1 bis, lett. e), di conversione del d.l. n. 200 del 2008
nonché D.Lgs. n. 179 del 2009 allegato I), all’art. 11 rubricato
“Responsabilità c sue limitazioni”, in relazione alla “responsabilità per
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danni subiti ad attendere il treno successivo nonostante la somma
4rir

■•■■■

▪▪

ritardi o interruzioni” prevede che “il viaggiatore ha diritto al
risarcimento del danno derivatogli dal ritardo, dalla soppressione del
treno, da mancata coincidenza, da interruzioni, soltanto nei casi e nei
limiti previsti dagli articoli 9 e 10, qualunque sia la causa
dell’inconveniente che dà luogo all’indennizzo”. Pertanto il danno

tutela o nell’art. 9 del citato R.D.L. (diritto di valersi di un treno
successivo per l’effettuazione o la prosecuzione del viaggio) o nell’art.
10 del medesimo testo normativo (rimborsi), precisandosi che,
comunque,l’utente ha accettato le predette condizioni generali di
contratto nel momento in cui ha deciso di avvalersi del servizio.
Quanto al danno da mancata assistenza, vitto ed alloggio ed altro di cui
al regolamento CE n. 1371/2007, non risulta dalla sentenza impugnata
che la questione sia stata introdotta in fase di merito, per cui essa è
inammissibile in questa sede di legittimità, con la precisazione che
detto regolamento, ai sensi dell’art. 37 dello stesso, é entrato in vigore
il 3 dicembre 2009, sicché, comunque, non é inapplicabile nel caso di
specie, riferendosi la vicenda all’esame a fatti verificatisi il 12 e il 13
gennaio 2008.
Né rileva, alla luce di quanto precede, che il ricorrente lamenti che gli
sia stato impedito di salire a bordo del treno prenotato, atteso che,
comunque, in tal modo sostanzialmente non gli è stato consentito di

patrimoniale da ritardo ferroviario o da cancellazione del treno trova

proseguire il viaggio con conseguente ritardo.
Quanto al preteso danno esistenziale, esso non è ammissibile nel
nostro ordinamento come autonoma categoria, inteso quale
pregiudizio alle attività non remunerative della persona, atteso che, ove
in essa si ricomprendano i pregiudizi scaturenti dalla lesione di interessi
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della persona di rango costituzionale, ovvero derivanti da fatti-reato,

«a/

a

essi sono già risarcibili ai sensi dell’art. 2059 c.c., interpretato in modo
Pie. R.G.N. 22630/2011
-6-

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conforme a Costituzione, con la conseguenza che la liquidazione di
una ulteriore posta di danno comporterebbe una duplicazione
risarcitoria; ove nel “danno esistenziale” si intendesse includere
pregiudizi non lesivi di diritti inviolabili della persona, tale categoria
sarebbe del tutto illegittima, posto che simili pregiudizi sono

novembre 2008, n. 26972).
Non vi dubbio che, come pure affermato nella richiamata sentenza
delle Sezioni Unite, il danno non patrimoniale, quando ricorrano le
ipotesi espressamente previste dalla legge, o sia stato leso in modo
grave un diritto della persona tutelato dalla Costituzione, è risarcibile
sia quando derivi da un fatto illecito, sia quando scaturisca da un
inadempimento contrattuale.
Tuttavia, la stessa sentenza ha rilevato che esso non può consistere in
un mero disagio. Il danno non patrimoniale derivante dalla lesione di
diritti inviolabili della persona, come tali costituzionalmente garantiti, è
risarcibile – sulla base di una interpretazione costituzionalmente
orientata dell’art. 2059 c.c. – anche quando non sussiste un fatto-reato,
né ricorre alcuna delle altre ipotesi in cui la legge consente
espressamente il ristoro dei pregiudizi non patrimoniali, a tre
condizioni: (a) che l’interesse leso – e non il pregiudizio sofferto – abbia
rilevanza costituzionale (altrimenti si perverrebbe ad una abrogazione
per via interpretativa dell’art. 2059 c.c., giacché qualsiasi danno non
patrimoniale, per il fatto stesso di essere tale, e cioè di toccare interessi
della persona, sarebbe sempre risarcibile); (b) che la lesione
dell’interesse sia grave, nel senso che l’offesa superi una soglia minima
di tollerabilità (in quanto il dovere di solidarietà, di cui all’art. 2 Cost.,
impone a ciascuno di tollerare le minime intrusioni nella propria sfera
personale inevitabilmente scaturenti dalla convivenza); (c) che il danno
Ric. R.G.N. 22630/2011
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irrisarcibili, in virtù del divieto di cui all’art. 2059 c.c…(Cass., sez. un., 11

-r

non sia futile, vale a dire che non consista in meri disagi o fastidi,
ovvero nella lesione di diritti del tutto immaginari, come quello alla
qualità della vita od alla felicità.
Nella fattispecie, con valutazione di merito corretta e immune da vizi
logici, la sentenza impugnata non ha ritenuto sicuramente sussistente •

ha, anzi, ritenuto che la circostanza del differimento della partenza
allegato non risulta adeguatamente dimostrata, in difetto della
produzione del biglietto del convoglio effettivamente utilizzato; che,
del resto, in base alla stessa prospettazione attorea, la partenza sarebbe
stata ritardata per un breve lasso di tempo rispetto al previsto, senza
ulteriori costi per l’utilizzo di altro treno; che non sono stati dimostrati
ulteriori danni patrimoniali conseguenti al dedotto evento; che
l’allegazione si limita ad una doglianza relativa a meri disagi
conseguenti al preteso inadempimento di ‘frenitalia e che, in definitiva,
non ricorre, in base alla stessa prospettazione attorea una lesione
psicofisica degna di ristoro.
Va poi evidenziato che non sono stati specificamente riportati in
ricorso i mezzi di prova della cui mancata ammissione si duole il
ricorrente, sicché, sotto tale profilo, il motivo è inammissibile.
4. Con il secondo motivo, lamentando “omessa e insufficiente o
contraddittoria motivazione”, il ricorrente censura la sentenza
impugnata nella parte in cui ha ritenuto che, pur a voler ritenere
provati e risarcibili i pregiudizi lamentati, la responsabilità di Trenitalia
è esclusa dal factum principis, ovvero dall’ordine del Prefetto di Milano
all’appellata di predisporre un treno straordinario per il trasporto a
Napoli dei tifosi presenti nella stazione ferroviaria.
4.1. Il motivo è inammissibile.

Ric. R.G.N. 22630/2011
-8-

l’inadempimento d Trenitalia s.p.a – come sostiene il ricorrente – ma

••••

Va osservato, infatti che, in tema di ricorso per cassazione, qualora la
decisione impugnata si fondi su una pluralità di ragioni, tra loro distinte
ed autonome, e singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e
giuridico, la ritenuta infondatezza delle censure mosse ad una delle
rationes decidendi rende inammissibili, per sopravvenuto difetto di

oggetto di doglianza, in quanto queste ultime non potrebbero
comunque condurre, alla cassazione della decisione stessa, che
rimarrebbe pur sempre ferma sulla base della ratio ritenuta corretta
(Cass. 24 maggio 2006, n. 12372; Cass. 16 agosto 2006, n. 18170).
5. Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato.
6. Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo,
seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in
favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio di
legittimità, che liquida in complessivi euro 800,00, di cui curo 200,00
per esborsi, oltre spese generali e accessori, come per legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza
Civile della Corte Su

Cassazione, il 16 gennaio 015.

interesse, le censure relative alle altre ragioni esplicitamente fatte

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