Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 931 del 20/01/2021

Cassazione civile sez. I, 20/01/2021, (ud. 09/12/2020, dep. 20/01/2021), n.931

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – rel. Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 16941/2019 R.G. proposto da:

N.E., rappresentato e difeso giusta delega in atti dall’avv.

Laura Barberio, (PEC laura.barberio.ordineavvocatiroma.org) e con

domicilio eletto presso il ridetto difensore in Roma, alla via del

Casale Strozzi n. 31;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO in persona del Ministro pro tempore,

rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato con

domicilio in Roma, via Dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato (PEC ags.rm.mailcert.avvocaturastato.it);

– resistente –

avverso la sentenza della Corte di appello di Perugia n. 172/2019

depositata il 20/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del

09/12/2019 dal Consigliere Dott. Roberto Succio.

 

Fatto

RILEVATO

che:

– con il provvedimento di cui sopra la Corte Territoriale ha respinto l’appello del ricorrente;

– avverso tal sentenza si propone ricorso per cassazione con atto affidato a tre motivi e illustrato da memoria; il Ministero dell’Interno ha depositato atto di costituzione.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– il primo motivo denuncia error in iudicando in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, commi 3 e 5 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, relativi all’obbligo di cooperazione istruttoria incombenti sul giudice della protezione internazionale;

– il secondo motivo censura la sentenza impugnata nuovamente per error in iudicando in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, sotto il profilo della violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 261 del 2007, art. 2, lett. g), artt. 3, 4, 5, art. 6, comma 2 e art. 14, lett. c), relativamente alla situazione di grave violenza indiscriminata per conflitti etnici nell’Edo State, e per violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3;

– il terzo motivo si incentra ancora sulla sussistenza di error in iudicando in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, sotto il profilo ulteriore della violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, relativo ai presupposti per il riconoscimento di protezione umanitaria per integrazione sociale ed estrema vulnerabilità anche in considerazione del paese di transito (Libia);

– tutti i motivi sono inammissibili in quanto privi di collegamento con la ratio decidendi della sentenza impugnata;

– infatti, come si evince dalla lettura della stessa, la pronuncia della Corte d’appello si fonda sull’avvenuto accertamento delle ragioni di allontanamento dal paese di origine, derivanti da vicende che vanno inquadrate nell’ambito delle controversie tra privati, come sono le “ragioni dovute alle conseguenze di un incidente automobilistico, nel quale egli aveva danneggiato un’autovettura e ferito il conducente, appartenente a una famiglia ricca e influente della sua città d’origine, oltre che per il timore di minacce da parte dei parenti della vittima del sinistro” (pag. 3 primo periodo della sentenza impugnata);

inoltre, la Corte territoriale ha anche accertato in fatto come il richiedente “non ha dato prove in merito a un eventuale aiuto chiesto all’autorità statuale e ad un’eventuale tolleranza, tacita approvazione o incapacità da parte della stessa di prestargli protezione” (pag. 3 secondo capoverso della sentenza impugnata); le ulteriori considerazioni illustrate in sentenza, relativamente alla situazione generale del paese di origine, costituiscono invero meri obiter dicta, insuscettibili di influire sul dispositivo della decisione (ex multis, Cass. Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 30354 del 18/12/2017; Sez. 1, Ordinanza n. 22782 del 25/09/2018) in ordine ai quali non vi è quindi interesse della parte all’impugnazione;

– sono quindi vicende private quelle che hanno indotto il richiedente a lasciare il paese d’origine, secondo la Corte d’appello: poichè tal statuizione non risulta censurata dai motivi ridetti, di fronte ad essi la stessa resiste rimanendone immune;

– pertanto, il ricorso è inammissibile;

non vi è luogo a provvedere sulle spese stante la mancata costituzione del Ministero dell’Interno;

si dà atto della sussistenza, nei confronti del ricorrente principale, dei presupposti processuali di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, ove il versamento ivi previsto risulti dovuto.

PQM

dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 9 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 20 gennaio 2021

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