Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 931 del 17/01/2020

Cassazione civile sez. trib., 17/01/2020, (ud. 03/10/2019, dep. 17/01/2020), n.931

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON Enrico – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. LEUZZI Salvatore – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sul ricorso iscritto al n. 15630/2016 R.G. proposto da:

Cointra s.r.l., rappresentata e difesa dall’Avv. Antonio Ferrara

Fierro, elettivamente domiciliata presso lo studio del proprio

legale, in Roma, via Claudio Monteverdi, n. 16;

– ricorrente –

Contro

Agenzia delle dogane e dei monopoli, in persona del direttore p.t.,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato,

domiciliata ope legis in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

– controricorrente –

Equitalia Sud s.p.a., Agente di riscossione di (OMISSIS), in persona

del legale rappresentante p.t., con sede in Roma, via Tor Marancia,

n. 4;

– intimata –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio

n. 6713/2/2015, depositata il 15 dicembre 2015.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 3 ottobre

2019 dal Cons. Salvatore Leuzzi.

Fatto

RILEVATO

CHE:

– Nei mesi di luglio e agosto 2010, la Cointra s.r.l., già Cointra s.p.a., in qualità di spedizioniere doganale, presentava in nome proprio e per conto della ditta “Compagnia Costume”, che commercializzava prodotti tessili importandoli da paesi extra UE, due bollette di importazione rispetto alle quali i funzionari doganali rilevavano incongruità del valore di transazione della merce;

– L’ufficio procedeva alla rettifica delle bollette e notificava alla Cointra, quale obbligato in solido con l’importatrice, atti di contestazione di violazione di norme tributarie e avvisi di pagamento relativi alle operazioni de quibus.

– La Cointra proponeva ricorso, chiedendo l’annullamento degli avvisi;

– Quasi contemporaneamente, sia la Cointra che la “Compagnia Costume”, impugnavano congiuntamente la pedissequa cartella di pagamento di Euro 114.000,36, emessa dall’Agente della riscossione;

– La CTP, riuniti i ricorsi avverso gli avvisi e la cartella, li rigettava;

– La CTR respingeva il successivo appello della Cointra;

– Il ricorso di quest’ultima si articola su quattro motivi;

– Resiste con controricorso l’Agenzia delle dogane e dei monopoli.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

Con il primo mezzo di censura si lamenta la violazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, del D.P.R. n. 602 del 1973, artt. 14 e 15, e del D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 23, alla luce del D.Lgs. n. 193 del 2001, art. 2, della L. n. 212 del 2000, art. 7, e dell’art. 3 Cost.; nel contempo si denuncia come illogica, carente ed erronea la motivazione “su un punto decisivo della controversia ex art. 360 c.p.c., n. 5, in ordine alla non necessità dell’applicazione del sistema dei ruoli straordinari”; segnatamente, la contribuente si duole che la CTR abbia escluso l’applicabilità del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 15, nonchè ritenuto che l’utilizzo dell’iscrizione a ruolo straordinario non necessiti di motivazione;

Con il secondo mezzo di censura si lamenta la violazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, del D.L. n. 331 del 1993, art. 50-bis, del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 11, alla luce degli artt. 10 e 11 Cost., e del D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 23, del D.Lgs. n. 193 del 2001, art. 2, della L. n. 212 del 2000, art. 7, e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 70, comma 1; nella specie, la contribuente si duole che la CTR abbia ritenuto che lo spedizioniere sia responsabile, al pari della ditta importatrice, delle attività svolte nelle operazioni doganali, palesandosi, quindi, condebitore solidale rispetto ad essa;

Con il terzo mezzo di censura si lamenta la violazione e/o falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, nonchè il difetto di motivazione rispetto a tale norma e l’illogicità ed erroneità della motivazione sul punto decisivo della controversia rappresentato dall’inefficacia della L. n. 212 del 2000, e, in particolare, dell’art. 12, comma 7, anzidetto; la contribuente si duole, in particolare, che la CTR abbia negato la violazione del suo diritto di difesa;

Con il quarto motivo di ricorso si lamenta la violazione o falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, e, conseguentemente, degli artt. 29 e 30, e degli artt. 201 e 202 Codice doganale comunitario, nonchè, in parallelo, l’illogicità ed erroneità della motivazione su un punto decisivo della controversia, rappresentato dalla mancata e non corretta valutazione della responsabilità dello spedizioniere, per avere la CTR ritenuto la responsabilità della Cointra in ragione del solo fatto della presentazione della documentazione relativa all’operazione e per la compilazione e sottoscrizione della dichiarazione doganale;

Il primo motivo è infondato e va respinto;

Giova osservare che la estensione delle forme di riscossione a mezzo ruoli anche ai diritti doganali, trova limite nelle espresse deroghe stabilite dalla legge: nella specie la estensione alla materia doganale delle disposizioni contenute nel capo 2 del Titolo 1 e delle disposizioni contenute nel Titolo 2 del D.P.R. n. 602 del 1973, incontra le deroghe previste dal D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 19, che circoscrive l’applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 15, – evocato nella rubrica del mezzo di censura – esclusivamente alle imposte sui redditi, trovando invece applicazione anche alla materia doganale del medesimo D.P.R. del 1973, art. 11, che individua i differenti tipi di ruolo (nel caso di specie, in presenza di “un fondato pericolo per la riscossione”, l’Ufficio doganale ha ritenuto di formare un ruolo “straordinario”);

va in tal senso richiamato e confermato il principio di diritto già espresso da questa Corte, secondo cui: “In tema di diritti doganali, la disciplina delle modalità d’iscrizione a ruolo prevista per le imposte dirette non è applicabile in via generale, ma trova un limite nelle espresse deroghe stabilite dalla legge, sicchè il D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 15, (e, dunque, anche, l’art. 15 bis), non si estende ai tributi doganali in quanto il D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 19, ne circoscrive l’applicazione alle sole imposte sui redditi “00000000000000;

sul piano del denunciato deficit motivazionale è sufficiente evidenziare che, secondo la condivisa giurisprudenza di questa Corte (v. Cass. n. 19195 del 2006; Cass. n. 1574 del 2012) l’atto teso al recupero dei diritti doganali ai sensi del D.P.R. n. 43 del 1973, artt. 81 e 82, è congruamente motivato con la sola indicazione – nella specie presente – della causale e dell’ammontare della somma richiesta;

il secondo e il quarto motivo di ricorso, connessi intimamente, si offrono ad una trattazione unitaria, che, rivelandoli infondati, ne postula il rigetto;

nell’ordinamento comunitario è prevista dall’art. 5 C.D.C., la possibilità di farsi rappresentare presso l’autorità doganale, nelle forme della rappresentanza diretta ed indiretta (Cass. n. 7261 del 2019), una responsabilità per i dazi doganali inevasi può sorgere, in forza del combinato disposto dell’art. 201 C.D.C., e dell’art. 4 C.D.C., punto n. 18), anche in capo al rappresentante indiretto dell’importatore, il quale risponde in quanto dichiarante, a conferma che l’obbligazione doganale è legata al ruolo di dichiarante, ovvero di autore della dichiarazione doganale;

la centralità della figura del dichiarante è, poi, avvalorata dal Reg. (CEE) n. 2913 del 1992, art. 5, comma 4, secondo cui “la persona che non dichiari di agire a nome o per conto di un terzo o che dichiari di agire a nome o per conto di un terzo senza disporre del potere di rappresentanza è considerata agire a suo nome e per proprio conto”;

questa Corte è ferma nell’affermare il principio secondo cui lo spedizioniere che abbia presentato merci in dogana per conto terzi, ma in nome proprio risponde, ai sensi del Reg. CEE n. 2913 del 1992, artt. 201 e 202, in via solidale con il soggetto per conto del quale la merce medesima è stata presentata in dogana, di tutti i dazi, le imposte e gli accessori dovuti, a qualsiasi titolo, in relazione all’operazione commerciale, compresi gli interessi relativi, essendo tale figura di rappresentante indiretto, anche per la sua preparazione professionale, in grado di valutare la veridicità dei documenti trasmessigli, e dunque consapevole dell’irregolarità dell’introduzione delle merci nel territorio della Comunità (v. Cass. n. 9773 del 2010; Cass. n. 15207 del 2019);

in particolare, la dichiarazione resa dal rappresentante indiretto, in qualità di dichiarante, regge la responsabilità dello spedizioniere per effetto della mera dichiarazione a termini del Reg. n. 2913 del 1992, art. 201, commi 2 e 3, (v. Cass. n. 5560 del 2019);

in ogni caso, la responsabilità dello spedizioniere quale dichiarante in dogana fonda essa stessa la qualità di soggetto responsabile a norma del Reg CE n. 2013 del 1992, art. 201, par. 3, (Cass. n. 7720 del 2013), gravando sul rappresentante indiretto l’obbligo di vigilare – con la diligenza qualificata da ragguagliare, ex art. 1176 c.c., comma 2, alla natura dell’attività esercitata – sull’esattezza delle informazioni fornite dall’esportatore allo Stato di esportazione, al fine di evitare abusi, posto che l’Unione Europea non è tenuta a subire le conseguenze di comportamenti scorretti dei fornitori dei suoi cittadini, rientranti nel rischio dell’attività commerciale, e contro i quali gli operatori economici ben possono premunirsi nell’ambito dei loro rapporti negoziali (Cass. n. 3739 del 2019);

Va rimarcato il consolidato orientamento di questa Corte secondo il quale “In tema di tributi doganali, lo spedizioniere che presenta merci in dogana per conto terzi, ma in nome proprio, beneficiando dell’ammissione alla procedura semplificata di cui al D.Lgs. n. 374 del 1990, art. 12, risponde, ai sensi del Reg. CEE n. 2913 del 1992, artt. 201 e 202, (Codice doganale comunitario), solidalmente col soggetto per conto del quale ha presentato la merce, di tutti i dazi, le imposte e gli accessori dovuti, a qualsiasi titolo, in relazione all’operazione commerciale, compresi gli interessi relativi, essendo tale figura di rappresentante indiretto in grado di valutare, anche per la propria preparazione professionale, la veridicità dei documenti trasmessigli e, quindi, consapevole dell’irregolarità dell’introduzione delle merci nel territorio della Comunità” (Cass. n. 15207 del 2019; Cass. n. 9973 del 2010);

Come già evidenziato da questa stessa Corte, di recente e condivisibilmente, in presenza di sottofatturazione, conseguente alla introduzione di merci con dichiarazione doganale redatta su dati rivelatisi falsi la quale, per effetto di indicazione di falsi quantitativi e falsi valori di transazione, abbia comportato la mancata riscossione anche solo parziale dei dati dovuti per legge, resta ferma la responsabilità del dichiarante a termini dell’art. 201 CDC, commi 2 e 3, essendo il fatto generatore dell’obbligazione doganale costituito dalla dichiarazione doganale accettata, laddove si rende applicabile l’art. 202 CDC, nel solo caso in cui la merce importata non abbia alcuna relazione con quella oggetto della dichiarazione (v. Cass. n. 20589 del 2019);

Nel caso di specie la merce dichiarata era pacificamente proprio quella oggetto della dichiarazione, differendo, tuttavia, i valori di transazione; si versa, pertanto, nel caso dell’inserimento nella dichiarazione di dati relativi alla merce introdotta non rispondenti al vero, tali da comportare la erroneità della stessa in relazione ai valori di transazione applicabili, nel qual caso, l’inserimento nella dichiarazione doganale di dati non corrispondenti al vero, comporta la erroneità della dichiarazione doganale, per la quale non viene meno l’applicazione del regime di cui all’art. 201 CDC, ma al più si rende si rende applicabile l’art. 201 CDC, comma 3, che, ferma restando la responsabilità del dichiarante, estende la responsabilità tributaria anche alle persone che hanno fornito detti dati necessari alla stesura della dichiarazione e che erano o avrebbero dovuto ragionevolmente essere a conoscenza della loro erroneità (Corte Giust. 19 ottobre 2017, C-522/16, punto 46);

Il terzo motivo è infondato e va anch’esso respinto;

è sufficiente all’uopo richiamare il principio già espresso da questa Corte secondo cui “Agli avvisi di rettifica in materia doganale precedenti all’entrata in vigore del D.L. n. 1 del 2012, conv., con modif., in L. n. 27 del 2012, non si applica la L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, perchè, in tale ambito, opera lo “ius speciale” di cui al D.Lgs. n. 374 del 1990, art. 11, nel testo vigente “ratione temporis”, preordinato a garantire al contribuente un contraddittorio pieno in un momento anticipato – rispetto alla formazione dell’atto definitivo, che può essere impugnato in sede giurisdizionale, non sussistendo violazione nè dei principi unionali nè degli artt. 3 e 24 Cost., perchè il procedimento previsto dal D.Lgs. n. 374 del 1990, art. 11, tutela il diritto del contribuente al contraddittorio preventivo e, dunque, il suo diritto di difesa endoprocedimentale” (Cass. n. 2175 del 2019);

Il ricorso va, in definitiva, rigettato, dal che consegue la condanna alle spese della ricorrente, nella misura indicata in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento in favore dell’Agenzia delle entrate le spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5600,00 per compensi, oltre al rimborso delle spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 11 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto che sussistono i presupposti per il versamento da parte del contribuente ricorrente principale dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Tributaria della Suprema Corte di Cassazione, il 3 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 17 gennaio 2020

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