Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9307 del 24/04/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 9307 Anno 2014
Presidente: VIDIRI GUIDO
Relatore: DORONZO ADRIANA

SENTENZA
sul ricorso 5260-2008 proposto da:
CARELLA ETTORE C.F. CRLTTR38C221483F, ZAGNI ACHILLE,
elettivamente domiciliati in ROMA, VIA ANTONIO GRAMSCI
24, presso lo studio dell’avvocato MASINI MARIA
STEFANIA, che li rappresenta e difende unitamente
all’avvocato NESPOR STEFANO, giusta delega in atti;
– ricorrenti –

2914

contro

686

REGIONE

LOMBARDIA,

in

persona

del

legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata
in

ROMA,

P.LE

CLODIO

32,

presso

lo

studio

Data pubblicazione: 24/04/2014

dell’avvocato CIABATTINI LIDIA, rappresentata e difesa
dall’avvocato TOSI PAOLO, giusta delega in atti;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 494/2006 della CORTE D’APPELLO
di BRESCIA, depositata il 13/03/2007 R.G.N. 342/2006;

udienza del 26/02/2014 dal Consigliere Dott. ADRIANA
DORONZO;
udito l’Avvocato SGOTTO CIABATTINI LIDIA per delega
TOSI PAOLO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARCELLO MATERA che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

Udienza del 26 febbraio 2014
Aula A
R.G. n. 526012008

Svolgimento del processo
1. Ettore Carella e Achille Zagni, dipendenti della Regione Lombardia e cessati dal servizio per

collocamento a riposo a decorrere dal 2001, hanno agito in giudizio al fine di ottenere la condanna
della Regione alla corresponsione in loro favore del trattamento previdenziale (indennità di
anzianità) pari a un dodicesimo dell’80% dell’ultima retribuzione, previsto dalla legge della Regione
Lombardia del 7 luglio 1981, n. 38, artt. 16, 17 e 18, in favore dei suoi dipendenti, per ogni anno di
servizio.
1.1. Il Tribunale di Cremona accoglieva la domanda e condannava la convenuta al pagamento della
prestazione.
1.2. La sentenza, appellata dalla Regione Lombardia, era riformata dalla Corte d’appello di Brescia

che, con sentenza del 13 marzo 2007, rigettava la domanda.
La Corte dava atto che:
a) la prestazione prevista dalla Regione Lombardia con la legge 7 luglio 1981, n. 38 aveva lo
scopo di assicurare ai dipendenti della suddetta Regione un trattamento di previdenza
migliorativo rispetto al trattamento di fine servizio liquidato dall’ente previdenziale al quale
essi erano iscritti, al fine di omogeneizzarlo ai trattamenti di fine rapporto spettanti ai
dipendenti del settore privato e degli altri settori del pubblico impiego, ed in attesa della
modifica delle norme che avrebbero regolato in campo nazionale l’indennità di fine servizio
per il personale regionale (artt. 16 e 17);
b) l’intera legge regionale n. 38/1981 era stata abrogata dalla legge della Regione Lombardia
10 marzo 1995, n. 10, art. 32;
c) con successiva legge regionale del 23 luglio 1996, n. 16, gli effetti dell’abrogazione erano
stati differiti a partire “dalla data di modifica delle norme che regolano in campo nazionale
l’indennità di fine servizio” (art. 36, comma 5°);

d) la legge 8 agosto 1995, n. 335 (legge Dini), con l’art. 2 aveva disciplinato i trattamenti di
fine rapporto per il pubblico impiego, rinviando per il dipendenti già occupati al 31/12/1995

alla contrattazione collettiva;
e) la legge 27 dicembre 1997, n. 449, all’art. 59, comma 56, aveva introdotto la possibilità per
i dipendenti delle pubbliche amministrazioni di richiedere la trasformazione dell’indennità di
fine servizio in trattamento di fine rapporto, con possibilità di opzione per la previdenza
complementare;

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Aula A
R.G. n. 5260/2008

O con l’Accordo Quadro nazionale stipulato tra l’ARAN e le Confederazioni sindacali in data
29 luglio 1999 erano state previste modalità applicative e decorrenze della nuova disciplina
unitaria (1. n. 335/1995 e 449/1997) ed era Igìeo altresì disposto il mantenimento della
disciplina del trattamento di fine servizio in vigore per coloro che non avessero esercitato
l’opzione cui all’art. 59, comma 56, 1. n. 449/1997.
stata prevista in via transitoria, in attesa di una disciplina uniforme sul piano nazionale, che, una
volta intervenuta, per effetto dell’Accordo Quadro del 29 luglio 1999, e a partire dal 30 maggio
2000, aveva restituito vigore agli effetti abrogativi dell’art. 16 1. n. 38/1981, non potendo attribuirsi
alcun rilievo all’effettivo esercizio del diritto di opzione riconosciuto dall’art. 59 citato.
1.4. Questa interpretazione, sempre secondo la Corte, era confermata dalla legge Regione

Lombardia 3 agosto 2004, n. 19, che con l’art. 7, aveva interpretato autenticamente il disposto
dell’art. 36, comma 5°, legge regionale del 23 luglio 1996, n. 16, disponendo che il trattamento di
previdenza di cui alla legge suddetta doveva intendersi abrogato a partire dall’approvazione a livello
nazionale della nuova disciplina del trattamento di fine servizio, indipendentemente dalla istituzione
dei fondi pensione e dall’esercizio delle opzioni da parte dei dipendenti. L’abrogazione era quindi
da collocarsi al 30 maggio 2000, data di entrata in vigore del DPCM 20 dicembre 1999, pubblicato
sulla Gazzetta Ufficiale 15 maggio 2000, n. 111.
1.5. Alla luce di tali disposizioni, la domanda doveva essere rigettata, non potendo accogliersi la

tesi dei lavoratori – secondo cui l’abrogazione aveva l’effetto di far cessare l’accrescimento della
indennità per ogni anno di servizio maturato dopo la data del 30 maggio 2000, ma non poteva
incidere su quanto era maturato prima – in quanto il diritto all’indennità di fine rapporto nasce al
momento della cessazione del rapporto di lavoro, sicché è alle disposizioni a questa data vigente che
deve farsi riferimento per il conteggio delle competenze.
2. Contro la sentenza, i dipendenti propongono ricorso per cassazione, affidato a due motivi ed

illustrati da memoria ex art. 378 c.p.c. La Regione Lombardia resiste con controricorso.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo di ricorso i ricorrenti denunciano “violazione dell’art. 360, 1° comma, n. 3,
c.p.c.: violazione e falsa applicazione dell’art. 36,comma 5, l. R. n. 16/1996, dell’art. 7, comma 12,
del DPCM 20/12/1999, dell’art. 12 delle disposizioni sulla legge in generale. Violazione dell’art.
360, 1° comma, n. 5 c.p.c.: omessa motivazione su un punto decisivo della controversia”.

2

1.3. La Corte precisava che la finalità di “omogeneizzazione” della legge regionale n. 38/1981 era

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Aula A
RG. n. 5260/2008

Essi lamentano che la scelta della corte territoriale di fissare all’entrata in vigore del DPCM
20/12/1999 – e non invece al diverso momento in cui la omogeneizzazione dei trattamenti di fine
servizio si è resa effettiva per effetto della possibilità per i dipendenti di effettuare l’opzione, e
dunque in conseguenza della istituzione dei fondi pensione – il termine a partire dal quale scatta
l’effetto abrogativo della legge regionale n. 83/1981 è ingiustificata e non tiene conto del fatto che,
raggiungere il detto risultato.
1.2. Formulano pertanto il seguente quesito di diritto: ” Dica questa ill. ma Suprema Corte se l’art.
36, comma 5, della L.R. n. 16/1996 che ha differito gli effetti abrogativi delle disposizioni relative
alla omogeneizzazione del trattamento previdenziale del personale regionale alla data di modifica
delle norme che regolano in campo nazionale l’indennità di fine servizio, deve intendersi riferito
solo alla data di entrata in vigore del DPCM 20/12/1999 (30 maggio 2000), ovvero alla concreta
possibilità di esercitare il diritto di opzione introdotto con lo stesso DPCM e quindi alla reale e
operante omogeneizzazione dei trattamenti di fine servizio, comunque denominati, per tutti i
dipendenti pubblici, così come previsto dalla legge 8/8/1995, numero 335, c.d. Legge Dini”.

2. Con il secondo motivo, denunciano la sentenza, ai sensi dell’art. 360, 1° comma, n. 3 e 5, c.p.c.,
per “violazione dell’art. 7, comma 5°, 1. R. n. 19/2004. Omessa pronuncia su un punto decisivo della
controversia”.

Si addebita alla sentenza impugnata di non aver correttamente interpretato la norma indicata, la
quale, per contro, deve essere letta nel senso che i dipendenti regionali hanno diritto al trattamento
aggiuntivo di cui all’art. 16 della legge regionale n. 38/1981 maturato alla data del 30 maggio 2000,
senza ulteriore accrescimento per gli anni successivi di servizio.
3. I motivi di ricorso, per la loro evidente connessione, vanno esaminati congiuntamente.
3.1. È opportuno ricostruire il quadro normativo di riferimento.

La legge della Regione Lombardia del 7 luglio 1981, n. 38, recante “Disposizioni sull’ordinamento,
sullo stato giuridico e sul trattamento economico dei dipendenti regionali in attuazione
dell’accordo relativo al contratto nazionale 1979/81 per il personale delle regioni a statuto
ordinario”, ha previsto con l’art. 16, commi 1 e 2, (recante la rubrica la “Omogeneizzazione del
trattamento di previdenza del personale regionale”) quanto segue :
“In attesa della modifica delle norme che regolano in campo nazionale l’indennità di fine servizio
per il personale regionale, la Regione assicura ai propri dipendenti, per ogni anno di servizio, un
trattamento previdenziale (indennità di anzianità) pari a un dodicesimo dell’ottanta per cento
3

se così fosse, sarebbe bastata la legge Dini, indipendentemente dalla sua concreta applicazione, a far

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dell’ultima retribuzione annua lorda, quale allo stesso fine l’ordinamento dell’Inadel – Istituto
nazionale assistenza dipendenti enti locali – prende a base per il calcolo dell’indennità premio di
servizio.
La Regione pone a suo carico la eventuale differenza fra la somma lorda spettante secondo quanto
previsto dal comma precedente (assunta a minuendo) e quella lorda (assunta a sottraendo)

anzianità, o di altro analogo titolo, dalla stessa regione e dall’ente presso il quale è instaurato il
rapporto previdenziale”.
3.2. Successivamente è intervenuta la legge regionale Lombardia del 10 marzo 1995, n. 10 (recante
“Revisione dell’ordinamento del personale regionale”) che, all’art. 32, comma 1, ha abrogato l’intera

legge regionale 7 luglio 1981, n. 38.
L’abrogazione delle disposizioni sulla omogeneizzazione, però, è stata differita ad un momento
successivo, ovvero “dalla data di modifica delle norme che regolano in campo nazionale
l’indennità di fine servizio”, per effetto dell’intervento della successiva legge regionale del 23 luglio

1996, n. 16, (art. 36, comma 5).
3.3. Infine, la legge regionale 3 agosto 2004, n. 19, art. 7, comma 12, ha disposto che: “Il comma
cinque dell’articolo 36 della legge regionale 23 luglio 1996, n. 16 (Ordinamento della struttura
organizzativa e della dirigenza della Giunta regionale), che prevede che gli effetti abrogativi delle
disposizioni relative all’omogeneizzazione del trattamento previdenziale del personale decorrono
dalla data di modifica delle norme che regolano in campo nazionale l’indennità di fine servizio, si
interpreta nel senso che la modifica è riferita all’approvazione a livello nazionale della nuova
disciplina del trattamento di fine servizio indipendentemente dalla istituzione dei fondi pensione e
dall’esercizio delle opzioni da parte dei dipendenti regionali previsti dalla L. n. 449 del 1997. Il
trattamento di previdenza di cui agli artt. 16, 17 e 18 della legge regionale 7 luglio 1981, n. 38
(Disposizioni sull’ordinamento, sullo stato giuridico e sul trattamento economico dei dipendenti
regionali in attuazione dell’accordo relativo al contratto nazionale 1979/81 per il personale delle
Regioni a statuto ordinario) è abrogato quindi a far tempo dal 30 maggio 2000, data di entrata in
vigore del D.P.C.M 20 dicembre 1999 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 15 maggio 2000, n.
111”.
4. La questione posta dal ricorso consiste nello stabilire se tale abrogazione abbia effetto a partire

dalla data suddetta, oppure se l’effetto abrogativo debba essere collegato al momento in cui
concretamente i dipendenti hanno avuto la possibilità di esercitare il diritto di opzione introdotto dal
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corrisposta a titolo di indennità premio di servizio, di indennità di buonuscita, di indennità di

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DPCM 20 dicembre 1999, e quindi debba agganciarsi al momento in cui è divenuta reale e operante
la omogeneizzazione dei trattamenti di fine servizio, comunque denominati, per tutti i dipendenti
pubblici, come previsto dalla legge n. 335 del 1995.
4.1. Il secondo motivo di ricorso, invece, tende ad ottenere — in difformità della decisione espressa

dalla Corte di appello di Milano – il trattamento previsto dalla legge del 1981 quanto meno fino alla
successivamente a tale data conservano il diritto al trattamento già maturato senza tuttavia alcun
accrescimento dello stesso per il periodo successivo.
4.2. Le Sezioni Unite di questa Corte si sono già espresse sulla questione con la sentenza del 2

marzo 2010, n. 4906, ed hanno affermato, sulla base delle considerazioni che di seguito si
riassumono, il seguente principio di diritto: “Il trattamento di fine rapporto dei dipendenti pubblici,
di cui al D.P.C.M 20 dicembre 1999, ha sostituito, a decorrere dalla sua entrata in vigore (30
maggio 2000), l’indennità di anzianità prevista in favore dei dipendenti regionali dalla LA
Lombardia n. 38 del 1981, dall’art. 16 all’art. 18, avendo entrambi gli emolumenti natura
retributiva (sia pure con funzione previdenziale), mentre deve escludersi – sulla base, oltre che del
generale principio di irretroattività della legge, delle esigenze di omogeneizzazione del trattamento
di previdenza del personale regionale perseguite dalla legge reg. disciplinatrice dell’indennità di
anzianità, in attesa della modifica delle norme che regolano l’indennità di fine servizio, nonché
della coerenza con il criterio del pro-rata introdotto dalla nuova disciplina in relazione ai diversi
trattamenti – che l’abrogazione delle disposizioni relative all’indennità possa operare
retroattivamente”.

4.3. La premessa del ragionamento delle Sezioni Unite è data dall’art. 11 preleggi, secondo cui la
retroattività di una legge deve yornare oggetto di previsione specifica (v. Cass. 21 gennaio 1995,
n.680; Cass., 25 novembre 1996, n. 10400; Cass., 28 gennaio 2008, 1789; Cass., 4 marzo 2009,
5210), nel caso di specie del tutto assente. La tesi dell’effetto retroattivo dell’abrogazione contrasta
anzitutto con questo principio.
4.4. La legge della Regione Lombardia n. 19 del 2004 impone all’interprete di considerare che la
modifica delle norme regolatrici dell’indennità di servizio in campo nazionale richiamata nella
disposizione interpretata sia da intendere come riferita “all’approvazione della nuova disciplina del
trattamento di fine servizio indipendentemente dalla istituzione dei fondi pensione e dall’esercizio
delle opzioni previsti dalla L.n. 449 del 1997″.

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data del 30 maggio 2000, con la conseguenza che i dipendenti regionali cessati dal servizio

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4.5. La nuova disciplina del trattamento di fine servizio è individuata con precisione dallo stesso

legislatore regionale nel D.P.C.M. 20 dicembre 1999, che ha conseguentemente stabilito nella data
della sua entrata in vigore il momento a partire dal quale deve ritenersi operante l’effetto abrogativo
originariamente regolato dalla legge regionale n. 16 del 1996.
La norma è chiara ed inequivoca: ” In una situazione nella quale sarebbe stato possibile ipotizzare
un diverso riferimento temporale, la scelta della norma interpretativa è stata quindi netta nel senso
di collegare la cessazione degli effetti delle norme in materia di trattamento integrativo al momento
in cui, con l’entrata in vigore del DPCM, contemplato già nella L. 8 agosto 1995 n. 335, la riforma
del trattamento di fine rapporto è divenuta operante” (così testualmente, Cass., sez. un., n.

4906/2010, cit.).
In conclusione, la legge in esame non solo non contiene elementi che facciano chiaramente deporre
per la sua retroattività ma esibisce elementi di segno palesemente contrario.
4.6. L’irretroattività della norma comporta che, per il periodo successivo alla data dalla quale opera

l’effetto abrogativo delle disposizioni relative all’omogeneizzazione del trattamento previdenziale, i
dipendenti regionali non hanno più diritto al trattamento integrativo accordato dalla legge regionale
7 luglio 1981, n. 38, mentre mantengono il diritto al trattamento maturato nel periodo precedente.
Questa conclusione, raggiungibile in base alle chiare indicazioni del legislatore regionale, lette alla
luce del principio generale di irretroattività, è peraltro ulteriormente avvalorata da considerazioni di
natura sistematica.
4.7. Le Sezioni Unite hanno dunque ricostruito l’iter legislativo a partire dalla legge 8 agosto 1995,

n. 335 (“Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare”), che all’art. 2, (rubricato
“Armonizzazione”), ha così disposto nei commi 5, 6 e 7:
“5. Per i lavoratori assunti dal 1 gennaio 1996 alle dipendenze delle Amministrazioni pubbliche di
cui al D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, art. 1, i trattamenti di fine servizio, comunque denominati,
sono regolati in base a quanto previsto dall’art. 2120 c.c. in materia di trattamento di fine rapporto.
6. La contrattazione collettiva nazionale in conformità alle disposizioni del titolo 3″ del D.Lgs. 3
febbraio 1993, n. 29, e successive modifìcazioni ed integrazioni, definisce, nell’ambito dei singoli
comparti, entro il 30 novembre 1995, le modalità di attuazione di quanto previsto dal comma 5, con
riferimento ai conseguenti adeguamenti della struttura retributiva e contributiva del personale di
cui al medesimo comma, anche ai fini di cui al D.Lgs. 21 aprile 1993, n. 124, art. 8, comma 4, e
successive modifìcazioni ed integrazioni, disciplinante le forme pensionistiche complementari. Con
decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per la funzione pubblica,
6

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di concerto con il Ministro del tesoro e con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, entro
trenta giorni si provvede a dettare norme di esecuzione di quanto definito ai sensi del primo
periodo del presente comma.
7. La contrattazione collettiva nazionale, nell’ambito dei singoli comparti, definisce, altresì, ai sensi
del comma 6, le modalità per l’applicazione, nei confronti dei lavoratori già occupati alla data del
31 dicembre 1995, della disciplina in materia di trattamento di fine rapporto. Trova applicazione
quanto previsto dal secondo periodo del comma 6 in materia di disposizioni di esecuzione”.
4.8. Con la L. 27 dicembre 1997, n. 449, art. 59, comma 56, è stato poi stabilito che: “Fermo
restando quanto previsto dalla L. 8 agosto 1995, n. 335, e successive modificazioni, in materia di
applicazione delle disposizioni relative al trattamento di fine rapporto delle pubbliche
amministrazioni, al fine di favorire il processo di attuazione per i predetti delle disposizioni in
materia di previdenza complementare viene prevista la possibilità di richiedere la trasformazione
dell’indennità di fine servizio in trattamento di fine rapporto. Per coloro che optano in tal senso
una quota della vigente aliquota contributiva relativa all’indennità di fine servizio prevista dalle
gestioni previdenziali di appartenenza, pari all’1,5 per cento, verrà destinata a previdenza
complementare nei modi e con la gradualità da definirsi in sede di specifica trattativa con le
organizzazioni sindacali dei lavoratori”.
4.9. In questo quadro si inserisce il D.P.C.M. 20 dicembre 1999 (“Trattamento di fine rapporto e
istituzione dei fondi pensione dei pubblici dipendenti”), emanato in base alle previsioni della legge

n. 335 del 1995, sopra richiamata.
All’art. 1, comma 1, primo e secondo periodo, di questo decreto si legge che “L’esercizio
dell’opzione di cui alla L. n. 449 del 1997, art. 59, comma 56, avviene mediante sottoscrizione del
modulo di adesione al fondo pensione e comporta l’applicazione della disciplina prevista dalla L.
29 maggio 1982, n. 297, art. 1. Il computo dell’indennità di fine servizio maturata fino a tale data
sarà effettuato secondo le regole della previgente normativa”.
4.10. Come previsto dalle disposizioni della legge “Dini”, in materia è intervenuta anche

l’autonomia collettiva.
Infatti, con l’Accordo quadro nazionale in materia di trattamento di fine rapporto e di previdenza
complementare per i dipendenti pubblici 29 luglio 1999 – il cui campo di applicazione secondo l’art.
1 dello stesso accordo è costituito da “tutti i dipendenti delle amministrazioni pubbliche di cui al
D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, art. 1, comma 2 e successive modifìcazioni e integrazioni” e perciò

7

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anche dai dipendenti delle Regioni – è stato disposto nell’art. 2 (rubricato come “Modalità
applicative e decorrenze della disciplina del TFR”) che:
“1. Ai dipendenti assunti a far tempo dalla data di entrata in vigore del D.P.C.M previsto dalla L.
n. 335 del 1995, art. 2, commi 6 e 7, e richiamato dalla L. n. 448 del 1998, si applica quanto
previsto dall’art. 2120 c. c. in materia di trattamento di fine rapporto.

entrata in vigore del D.P.C.M. di cui al comma 1 si applica la disciplina prevista per i dipendenti
già in servizio alla data del 31 dicembre 1995.
3. I dipendenti già in servizio alla data del 31 dicembre 1995 e quelli di cui al comma 2 possono
esercitare l’opzione prevista dalla L. n. 449 del 1997, art. 59, comma 56 richiedendo la
trasformazione dell’indennità di fine servizio comunque denominata in TFR, con gli effetti di cui
all’art. 3. Il termine per l’opzione è fissato in coincidenza con la scadenza del quadriennio
contrattuale 1998-2001, salvo ulteriore proroga del termine stesso, che le parti potranno
concordare. Per i dipendenti che non eserciteranno l’opzione resterà fermo, con le regole attuali, il
vigente trattamento di fine servizio”.

Il successivo art. 3 dell’Accordo, rubricato come “Effetti sul TFR” e costituito da due commi, per ciò
che rileva, ha previsto che:
“l. In ottemperanza a quanto stabilito dalla L. n. 449 del 1997, art. 59, comma 56, l’esercizio
dell’opzione per l’iscrizione ai Fondi pensione di cui al successivo Capo 2^ presuppone
necessariamente – in quanto condizione imprescindibile per favorire nell’ottica della legge
richiamata il finanziamento della previdenza complementare – l’applicazione della disciplina
dell’art. 2120 c.c. in materia di TFR.
2. Dalla data di esercizio dell’opzione le quote del TFR saranno calcolate applicando le regole
previste dall’art. 2120 c.c.. Il computo dell’indennità di fine servizio già maturata dal dipendente
fino alla data di esercizio dell’opzione mediante sottoscrizione del modulo di adesione al Fondo
pensione sarà effettuato secondo le regole della previgente normativa”.
5. Affermano le Sezioni Unite che, dall’insieme delle disposizioni richiamate, si desume che per i

dipendenti assunti prima di una certa data è consentita, previa opzione, la trasformazione
dell’indennità di fine servizio in t.f r. e che, anche in presenza di tale trasformazione, l’indennità già
maturata resta assoggettata alle regole previgenti. In caso di mancato esercizio dell’opzione le dette
regole si applicano a tutto il trattamento di fine servizio.

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2. Ai dipendenti assunti a far tempo dal 1 gennaio 1996 e fino al giorno precedente alla data di

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5.1. Non vi è dubbio che quello contemplato dalla legge regionale 7 luglio 1981, n. 38, art. 16

costituisca un trattamento di fine servizio, come si desume dal suo stesso tenore letterale, teso ad
, assicurare al dipendente un trattamento definito previdenziale ma, al tempo stesso, qualificato
come indennità di anzianità, “in attesa della modifica delle norme che regolano in campo nazionale
l’indennità di fine servizio per il personale regionale”.
5.2. Coerentemente, pertanto, la legge regionale n. 19 del 2004, art. 7, comma 12, ha interpretato
autenticamente il disposto dell’art. 16, comma 5 0 , legge n. 38/1981, riaffermando il diritto del

lavoratore a conservare il trattamento in questione fino al vigore del D.P.C.M. 20 dicembre 1999,
indipendentemente dalla istituzione dei fondi pensione e dall’esercizio delle opzioni da parte dei
dipendenti.
5.3. Per converso, la diversa soluzione prospettata dalla Corte del merito, anticipando l’effetto

abrogativo ad un momento anteriore al 30 maggio 2000, quando cioè non era ancora stata realizzata
la modifica delle norme regolatrici in campo nazionale del trattamento di fine rapporto dei pubblici
dipendenti, mostra la sua inadeguatezza, perché finisce con il frustrare lo scopo di
omogeneizzazione del trattamento previdenziale del personale regionale, assicurato fino a tale
momento dall’integrazione prevista dalla L.R. 7 luglio 1981, n. 38 (Cass., 18501/2008), e si rivela
pertanto non conforme al dato normativo.
5.4. Alla luce di queste considerazioni, rimane assorbito anche l’esame della tesi dei ricorrenti che

vorrebbero ancorare ad un momento diverso e successivo — ovvero al momento in cui sarebbero
stati istituiti i fondi pensioni sì da rendere effettivo il diritto di opzione dei lavoratori – gli effetti
dell’abrogazione. Si tratta anche in tal caso di un’interpretazione non sorretta dal dato testuale, né
dalla ratio della norma, che è di carattere transitorio e con oneri a carico della sola Regione, la
quale, pertanto, ha ritenuto ragionevolmente di fissarne la scadenza alla data di entrata in vigore del
DPCM del 20 dicembre 1999, indipendentemente dal momento dell’effettiva istituzione dei fondi
pensione.
6. Non inducono un diverso convincimento le argomentazioni difensive svolte dalla Regione

Lombardia nel controricorso.
6.1. La regione esclude che lo scopo di omogeneizzazione possa realizzarsi prima del momento in

cui cessa il rapporto e sorge l’obbligo di corresponsione del trattamento, e sostiene che raggiunta
l’uniformità dei trattamenti di fine servizio cesserebbe la “ratio” dell’emolumento integrativo.
A tale obbiezione, le Sezioni Unite, richiamando il precedente di questa Corte n. 18505/2008, hanno
dato risposta negativa, affermando che, secondo il già richiamato principio per cui la parte di
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R.G. n. 5260/2008

rapporto svoltasi anteriormente al vigore del D.P.C.M. del 1999 viene regolata in base alle norme
previgenti, le prestazioni previdenziali riferite al detto periodo di lavoro, da integrare in conformità
, della L.R. n. 38 del 1981, mantengono le loro caratteristiche di disomogeneità e non fanno venir
• meno quindi l’esigenza di omogeneizzazione perseguita dalla legge citata.
6.2. Infine, contro la tesi della maturazione dell’indennità nel corso del rapporto, la Regione deduce

siffatta modalità di maturazione, l’indennità, non costituendo oggetto di diritti quesiti anteriormente
alla cessazione del rapporto, potrebbe fino a tale momento esser soppressa. Quindi, l’abrogazione
delle disposizioni della L. n. 38 del 1981 dal 30 maggio 2000 non implicherebbe la produzione di
effetti anche per il periodo anteriore.
La tesi non è condivisibile: “è, proprio, il dato strutturale della erogazione a carico del datore di
lavoro (quale, appunto, la regione Lombardia) e la inerenza al rapporto di lavoro – anziché la
erogazione, da parte di un ente previdenziale (o da un Fondo di previdenza integrativa o
complementare), in dipendenza di un rapporto parimenti previdenziale (del quale il rapporto di
lavoro costituisce soltanto presupposto) – a sorreggere la proposta qualificazione – come
retributivo – del trattamento in questione (vedi, con riferimento a casi analoghi rispetto a quello
dedotto nel presente giudizio, Cass. n. 7434/91, 8020/2004, cit.; vedi, altresì, Cass., sez. un., n.
11329/2005, 2386/2001, 7965/1997 della sezione lavoro, nonché Corte cost. n. 91/2004, 434/97, 99
e 243/93)” (così Cass., n. 18501/2008).
7. In conclusione, il ricorso deve essere accolto e rinviato al giudice del merito perche rivaluterà la

domanda dei ricorrenti alla stregua del seguente principio di diritto già enunciato dalla citata
sentenza n. 18051/2008:
“Il trattamento di fine rapporto dei dipendenti pubblici, di cui al D.P.C.M 20 dicembre 1999, ha
sostituito, a decorrere dalla sua entrata in vigore (30 maggio 2000), l’indennità di anzianità
prevista in favore dei dipendenti regionali dalla L.R. Lombardia n. 38 del 1981, da art. 16 all’art.
18, avendo entrambi gli emolumenti natura retributiva (sia pure con funzione previdenziale),
mentre deve escludersi – sulla base, oltre che del generale principio di irretroattività della legge,
delle esigenze di omogeneizzazione del trattamento di previdenza del personale regionale
perseguite dalla legge reg. disciplinatrice dell’indennità di anzianità, in attesa della modifica delle
norme che regolano l’indennità di fine servizio, nonché della coerenza con il criterio del pro-rata
introdotto dalla nuova disciplina in relazione ai diversi trattamenti – che l’abrogazione delle
disposizioni relative all’indennità possa operare retroattivamente”.
10

la mancanza dei corrispondenti accantonamenti periodici, ed afferma che, una volta esclusa una

Udienza del 26 febbraio 2014
Aula A
R.G. n. 5260/2008

Al giudice del rinvio va demandata anche la re golamentazione delle spese del giudizio di
legittimità.
P.Q.M
• La Corte acco glie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche la re golamentazione delle
spese, alla Corte di Appello di Milano.
Il Presidente

Così deciso in Roma, il 26 febbraio 2014

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