Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9302 del 08/05/2015


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 9302 Anno 2015
Presidente: RUSSO LIBERTINO ALBERTO
Relatore: D’AMICO PAOLO

SENTENZA

sul ricorso 21671-2011 proposto da:
SIGNORETTI ANTONIO SGNNTN42C25F319N, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA CALABRIA 56, presso lo
studio dell’avvocato GIOVANNI D’AMATO che lo
rappresenta e difende unitamente all’avvocato ANDREA
4
é

2015
76

MONTI giusta procura speciale del Dott. Notaio
CLAR-ISSA FONDA in CIVITAVECCHIA DEL 29/12/2014, rep.
n. 204;
– ricorrente contro

TRIPALDI

MARCO

TRPMRC61B06H501D,

elettivamente

Data pubblicazione: 08/05/2015

domiciliato in ROMA, LARGO LUCIO APULEIO 11, presso
Io studio dell’avvocato ANTONIO STRILLACCI, che lo
rappresenta e difende giusta procura speciale a
margine del controricorso;
– controricorrente-

D’APPELLO di ROMA, depositata il 02/02/2011, R.G.N.
997/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 13/01/2015 dal Consigliere Dott. PAOLO
D’AMICO;
udito l’Avvocato ANTONIO STRILLACCI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. PIERFELICE PRATIS che ha concluso per
raccoglimento del ricorso.

avverso la sentenza n. 5161/2010 della CORTE

Svolgimento del processo

In data 25 febbraio 2009 Antonio Signoretti depositò,
presso la cancelleria della Corte d’appello di Roma, ricorso
in appello nei confronti di Marco Tripaldi, avverso la
sentenza del Tribunale della medesima città, n. 10288/2008, in

Con decreto presidenziale del 22 aprile 2009 venne
fissata l’udienza di discussione per la data del 7 dicembre
2010, con concessione all’appellante del termine di cui al
secondo coma dell’art. 435 c.p.c., per la notifica del
ricorso e del decreto alla controparte.
Provvedutosi alla notificazione in data 7 maggio 2009, si
costituirono gli appellanti che chiesero il rigetto del
gravame.
All’udienza del 7 dicembre 2010 la Corte d’appello di
Roma, definitivamente pronunciando sull’appello proposto da
Antonio Signoretti nei confronti di Marco Tripaldi, avverso la
suddetta sentenza, ha dichiarato improcedibile l’appello, con
compensazione fra le parti delle spese di lite.
Antonio Signoretti propone ricorso per cassazione con un
unico motivo e presenta procura speciale di nomina di nuovo
difensore.
Resiste con controricorso Marco Tripaldi.
Motivi della decisione

3

materia di locazione, chiedendone la riforma.

Con l’unico motivo del ricorso parte ricorrente denuncia
«Violazione e, comunque, falsa applicazione delle norme di cui
all”art. 435, II comma, c.p.c. e di quella di cui agli artt.

24 e 111 Cost., in relazione all’art. 360, n. 3 C.p.c..»
Sostiene

parte

ricorrente

che

la

pronuncia

di

territoriale, è errata nel punto in cui afferma che il termine
per la notifica del ricorso e pedissequo decreto presidenziale
di fissazione dell’udienza sia un termine avente natura
perentoria.
I giudici di merito hanno motivato tale decisione
aderendo alla pronuncia delle Sezioni Unite del 30 luglio
2008, n. 20604 la quale fornisce una interpretazione
costituzionalmente orientata ed ispirata ai principi di
economia processuale e di ragionevole durata del processo
degli artt. 153 e 154 c.p.c. Secondo tale interpretazione, una
volta scaduto il termine ordinatorio senza che si sia avuta
una proroga, si determinano, per il venir meno del potere di
compiere l’atto, conseguenze analoghe a quelle ricollegabili
, al decorso del termine perentorio quali la rilevabilità
d’ufficio e la non sanabilità della violazione del termine
stesso.
Ad avviso del ricorrente la Corte d’appello estrapola
dalla richiamata sentenza delle Sezioni Unite un principio che

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improcedibilità dell’appello, da parte della Corte

si riferiva invece ad un caso in cui non era avvenuta la
notifica del ricorso.
In altri termini il ricorrente sostiene che la regola
espressa dalla sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte,
citata nel provvedimento impugnato, varrebbe per il caso in

avvenuta, non per il caso di specie in cui non è stato
rispettato il termine di 10 giorni di cui al secondo comma
dell’art. 435 c.p.c. ma è stato rispettato quello di cui al
terzo comma della stessa disposizione processuale.
Nel caso in esame la notifica del ricorso e pedissequo
decreto di fissazione dell’udienza di discussione sono
avvenuti con estremo anticipo rispetto alla data fissata per
l’udienza e precisamente appena quindici giorni dopo il
deposito in cancelleria del decreto presidenziale di
fissazione dell’udienza.
Il motivo è fondato.
Questa Corte ha già avuto modo di spiegare che, nel rito
del lavoro (applicabile alle controversie locatizie), la
violazione del termine di dieci giorni entro il quale
l’appellante, ai sensi dell’art. 435, secondo comma, c.p.c.,
deve notificare all’appellato il ricorso, tempestivamente
depositato in cancelleria nel termine previsto per
l’impugnazione

unitamente

al

decreto

di

fissazione

dell’udienza di discussione, non produce alcuna conseguenza

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cui la notifica del ricorso e del decreto non sia affatto

pregiudizievole per la parte, perché non incide su alcun
interesse di ordine pubblico processuale o su di un interesse
dell’appellato, sempre che sia rispettato il termine che, in
forza del medesimo art. 435, terzo e quarto coma, c.p.c.,
deve intercorrere tra il giorno della notifica

e

quello

Il citato precedente spiega, infatti, che il principio
sancito da Cass. S.U. n. 20604/2008 (alla quale fa riferimento
la sentenza impugnata) concerne il caso in cui l’appellante,
dopo avere depositato il ricorso nel termine, abbia del tutto
omesso di procedere alla notificazione del ricorso e del
decreto presidenziale, chiedendo poi all’udienza di
discussione l’assegnazione di altro termine per procedere alla
notificazione, ai sensi dell’art. 291 c.p.c.
Nel caso in esame, invece,

è

incontroverso che la

notificazione sia avvenuta nel rispetto del termine di cui al
terzo comma della citata disposizione processuale, con
conseguente ammissibilità del proposto appello.
A conforto occorre anche segnalare l’ordinanza n. 60 del
24 febbraio 2010, con la quale la Corte costituzionale ha
dichiarato la manifesta infondatezza della questione di
legittimità costituzionale del secondo coma dell’art. 435
c.p.c., rimarcando, appunto, che
dalle S.U.

“nella fattispecie esaminata

tale improcedibilità era

stata

affermata non già

per la sola violazione dell’art. 435, secondo comma, ma per la

6

dell’udienza di discussione (cfr. Cass. n. 23426/2013).

inosservanza dell’art. 435, terzo coma, per non essere mai
intervenuta la notifica ivi prevista”.
In conclusione, il motivo deve essere accolto con
conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio alla
COrte d’appello di Roma in diversa composizione, anche per le

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza
e rinvia alla Corte d’appello di Roma, in diversa
composizione, anche per le spese del giudizio di cassazione.
Roma, 13 gennaio 2015
Il Consigliere estensore

Il Preside

spese del giudizio di cassazione.

72/A….4…,-

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