Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9301 del 08/05/2015


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 9301 Anno 2015
Presidente: RUSSO LIBERTINO ALBERTO
Relatore: D’AMICO PAOLO

SENTENZA
sul ricorso 21283-2011 proposto da:
MONTEBELLO

MARIA

GRAZIA

MNTNGR49S64C773L,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA COSTANTINO 41,
presso lo studio dell’avvocato CLAUDIO BARGIACCHI,
rappresentata e difesa dall’avvocato SANDRO LUNGARINI
giusta procura speciale a margine del ricorso;
– ricorrente –

2015
75

contro

SANCHIRICO ANNA RI,DNVNTY67L67C5520;
– intimata –

avverso la sentenza n:

4759/2010 della CORTE

1

Data pubblicazione: 08/05/2015

D’APPELLO di ROMA, depositata il 02/03/2011, R.G.N.
2628/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 13/01/2015 dal Consigliere Dott. PAOLO
D’AMICO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. PIERFELICE PRATIS che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.

2

udito l’Avvocato ALFREDO BESI per delega;

Svolgimento del processo

Con ricorso ritualmente notificato Anna Rita Sanchirico,
premesso di condurre in locazione, in forza di contratto del 19
marzo 1989, un appartamento sito in Ladispoli, di proprietà di
Maria Grazia Montebello, chiese l’accertamento dell’equo canone

corrisposte in misura maggiore del dovuto.
Maria Grazia Montebello eccepì la prescrizione e/o la
decadenza ex art. 79 della legge n. 392/1978; chiese che nel
computo del canone si tenesse conto del garage contestualmente
affittato; propose domanda riconvenzionale per la
corresponsione degli oneri condominiali non pagati.
Con sentenza n. 390/2009, del 17 marzo 2009, il Tribunale
di Civitavecchia, in composizione monocratica, accolse la
domanda della Sanchirico e condannò la Montebello al
pagamento, in favore della ricorrente, della somma di

e

11.124,58, oltre interessi dal marzo 1998 ed oltre alle spese
del giudizio.
Con ricorso depositato il 18 maggio 2009 Maria Grazia
Montebello propose appello avverso la sentenza del Tribunale
assumendone la erroneità sotto diversi profili e chiedendone la
riforma.
Si costituì in appello Anna Rita Sanchirico che contestò
la fondatezza del gravame di cui chiese il rigetto.

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e la condanna della locatrice al rimborso delle somme

La Corte d’appello di Roma, definitivamente pronunciando
sull’appello proposto da Maria Grazia Montebello nei confronti
di Anna Rita Sanchirico, avverso la sentenza n. 390/2009 del
Tribunale di Civitavecchia in composizione monocratica, ha
dichiarato improcedibile l’appello ed ha compensato fra le

Propone ricorso per cassazione Maria Grazia Montebello con
sei motivi.
Parte intimata non svolge attività difensiva.
Motivi della decisione

Con il primo motivo del ricorso parte ricorrente denuncia
«nullità della sentenza e del procedimento (violazione e falsa
applicazione dell’art. 435 l ° comma oltre che in ragione degli
artt. 111 coma 2 0 e 24 della Costituzione, in relazione
all’art. 360 c. 1 n. 4 c.p.c.).»
Sostiene la ricorrente che la Corte d’appello ha violato
il termine di cui all’art. 435, l ° comma, c.p.c., prima con il
mancato rispetto dei 5 giorni per l’emanazione del decreto e
poi con il mancato rispetto del termine di 60 giorni per la
fissazione dell’udienza.
Con il secondo motivo si denuncia «nullità della sentenza
e del procedimento, conseguente omessa pronuncia nel merito
(art. 360 c. 1 n. 4 c.p.c.). Contraddittoria motivazione circa
un fatto decisivo e controverso, ricollegabile ad una
valutazione ed interpretazione degli atti del processo (art.

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parti le spese, diritti ed onorari del grado.

360 n. 5 c.p.c.). Violazione e falsa applicazione di norme di
diritto (art. 136 e segg. 170 c.p.c. art. 435 2 ° comma c.p.c. art. 360 n. 3 c.p.c.).»
Lamenta la ricorrente che l’avvenuta comunicazione del
deposito del decreto, in data 4 giugno 2009, dedotta dalla

assenza di detta comunicazione, nel rispetto dello

dellberandl,

spatium

ha notificato il ricorso e il decreto

all’appellato. Pertanto il termine ordinatorio dei dieci giorni
non è mai iniziato a decorrere, per la mancata comunicazione
del decreto stesso.
Con il terzo motivo si denuncia «nullità della sentenza e
del procedimento (art. 360 c. l n. 4 c.p.c.); violazione e
falsa applicazione degli artt. 156, 157, 159, 416 comma 2 ° ,
152, 160 c.p.c. (art. 360 c. l n. 4 c.p.c.) violazione
dell’art. 112 c.p.c., sia extrapetita, sia per omessa pronuncia
(art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c.), sia per omessa pronuncia (art. 360
c. l n. 4 c.p.c.).»
Ad avviso della ricorrente i giudici d’appello hanno
omesso di pronunciare nel merito della sua impugnazione ed
hanno invece pronunciato d’ufficio su una eccezione proponibile
solo dalla parte appellata.
Con il quarto motivo si denuncia «Violazione e falsa
applicazione della legge 27 luglio 1978 n. 392 in particolare
l’art. 46 nonché delle norme di cui agli artt. 112-152-156-157-

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Corte d’Appello, non gli è mai pervenuta e sostiene che, pur in

159-160-350 comma 2 – 416 comma 2 – 435 commi 2

e

3 c.p.c.

(art. 360 c. 1 n.3 c.p.c.). Extrapetita (art. 360 c. 1 n. 4
c.p.c.).»
Sostiene la ricorrente che il ricorso aveva raggiunto lo
scopo di portare a conoscenza della controparte, prima della

appello mediante ricorso, sia il decreto di fissazione
dell’udienza di discussione, il tutto con margini lunghissimi
del cosiddetto spatium deliberandi.
La parte interessata non eccepì nulla ed entrò solo nel
merito dei motivi d’appello. Pertanto l’atto ha raggiunto lo
scopo. Diverso sarebbe stato se parte appellata, costituendosi,
avesse eccepito la tardività della notificazione, così da
determinare la Corte di merito se il vizio era ininfluente o
meno.
Con il quinto motivo si denuncia «Insufficiente e
contraddittoria motivazione circa il punto decisivo della
controversia rilevato di ufficio, seppur non prospettato dalle
parti (art. 132 n. 4, 291, 435 2 ° comma c.p.c., art. 111 coma
2 ° Costit. Art. 112-156-157-159-350-416 c.p.c. in relazione
all’art. 360 c. 1 n. 5 c.p.c.»
Sostiene il ricorrente che all’udienza di comparizione e
discussione la Corte d’appello non diede nessun rilievo,
secondo le disposizioni di cui agli artt. 350, 2 ° Gomma e 421

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scadenza del termine per l’impugnazione, sia l’interposto

c.p.c., alla mancata osservanza degli adempimenti di rito,
segno evidente che il giudizio si era regolarmente costituito.
Contraddittoriamente però la Corte decise per
l’inesistenza dell’atto introduttivo del giudizio, entrando
d’ufficio in un argomento non prospettato dalle parti.

applicazione di norme di diritto (artt. 435 2 ° e 3 ° coma – 154
– 350 2 ° coma – 152- 156 – 157 – 159 -160 – 164 – 101 – 112 291 – 421 c.p.c. ed art. 111 2 ° comma e 24 Costituzione. In
relazione all’art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c.).»
Ad avviso del ricorrente la Corte d’appello ha violato e
falsamente applicato le norme di diritto che fanno salva la
notifica, seppure tardiva, del ricorso e del decreto ed ha
fatto inoltre falsa applicazione delle norme di cui agli artt.
291 e 421 c.p.c. e 111, comma secondo, della costituzione.
L’effetto sanante di cui all’art. 164 c.p.c., prosegue il
ricorrente, era applicabile al caso di specie, visto che
nessuna violazione del principio costituzionale di ragionevole
durata del processo vi è stata da parte appellante, così come è
stato rispettato l’altro dettato di cui all’art. 24 della
costituzione.
I motivi, che per la stretta connessione devono essere
congiuntamente esaminati, sono fondati.
Questa Corte ha già avuto modo di spiegare che, nel rito
del lavoro (applicabile alle controversie locatizie), la

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Con il sesto motivo si denuncia «violazione e falsa

violazione del termine di dieci giorni entro il quale
l’appellante, ai sensi dell’art. 435, secondo comma, c.p.c.,
deve notificare all’appellato il ricorso, tempestivamente
depositato in cancelleria nel termine previsto per
l’impugnazione unitamente al decreto di fissazione dell’udienza

per la parte, perché non incide su alcun interesse di ordine
pubblico processuale o su di un interesse dell’appellato,
sempre che sia rispettato il termine che, in forza del medesimo
art. 435, terzo e quarto comma, c.p.c., deve intercorrere tra
il giorno della notifica e quello dell’udienza di discussione
(cfr. Cass. n. 23426/2013).
Il citato precedente spiega, infatti, che il principio
sancito da Cass., Sez. Un., n. 20604/2008 (alla quale fa
riferimento la sentenza impugnata) concerne il caso in cui
l’appellante, dopo avere depositato il ricorso nel termine,
abbia del tutto omesso di procedere alla notificazione del
ricorso stesso e del decreto presidenziale, chiedendo poi,
all’udienza di discussione, l’assegnazione di altro termine per
procedere alla notificazione, ai sensi dell’art. 291 c.p.c.
Nel caso in esame, invece, è incontroverso che la
notificazione sia avvenuta nel rispetto del termine di cui al
terzo comma della citata disposizione processuale, con
conseguente ammissibilità del proposto appello.

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di discussione, non produce alcuna conseguenza pregiudizievole

A conforto occorre anche segnalare l’ordinanza n. 60 del
24 febbraio 2010, con la quale la Corte costituzionale ha
dichiarato la manifesta infondatezza della questione di
legittimità costituzionale del secondo comma dell’art. 435
c.p.c., rimarcando, appunto, che

“nella fattispecie

esaminata

la sola violazione

dell’art. 435,

secondo comma, ma

per

la

inosservanza dell’art. 435, terzo Gomma, per non essere mai
intervenuta la notifica ivi prevista”.

In conclusione, i motivi devono essere accolti con
conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio alla
Corte d’appello di Roma in diversa composizione, anche per le
spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e
rinvia alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione,
anche per le spese del giudizio di cassazione.
Roma, 13 gennaio 2015

dalle S.U. tale improcedibilità era stata affermata non già per

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