Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9300 del 17/04/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 9300 Anno 2013
Presidente: MERONE ANTONIO
Relatore: SAMBITO MARIA GIOVANNA C.

SENTENZA

sul ricorso 4056-2009 proposto da:
CURATELA FALL. COOP. RABBIT CENTER SRL in persona del
Curatore e legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso
la cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE,
rappresentato e difeso dall’Avvocato TODARO NICOLA con
studio in MESSINA VIA T. ARCODACI 66 (avviso postale),
giusta delega a margine;
– ricorrente contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DI ROMA in persona del Direttore
pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI

Data pubblicazione: 17/04/2013

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente nonchè contro

AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO DI MILAZZO, MINISTERO
DELL’ECONOMIA E FINANZE;

avverso la sentenza n. 120/2007 della
COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. di MESSINA, depositata il
12/12/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 20/03/2013 dal Consigliere Dott. MARIA
GIOVANNA C. SAMBITO;
udito per il ricorrente l’Avvocato VERDERICO, delega
Avvocato TODARO che ha chiesto l’accoglimento;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. FEDERICO SORRENTINO che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

– intimati –

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza n. 120/27/07 depositata il 12/12/07, la CTR
della Sicilia rigettava il ricorso proposto dal Fallimento della
Soc. Coop. Rabbit Center a r.l. avverso otto avvisi di

liquidazione coi quali erano state recuperate a tassazione le
ordinarie imposte di registro, ipotecarie e catastali, in relazione
all’acquisto di alcuni terreni, per la ritenuta insussistenza del
diritto alle agevolazioni, non previste da alcuna normativa. 1
giudici d’appello hanno affermato, per quanto ancora interessa,
che la contribuente non aveva indicato negli atti pubblici di
acquisto la norma agevolativa invocata, carenza che non era stata
colmata neppure nel corso del giudizio, così precludendo
all’Ufficio di esercitare il dovuto controllo.
Per la cassazione di tale sentenza, ha proposto ricorso la
Curatela fallimentare, con due motivi. L’Agenzia delle entrate ha
depositato controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Col proposto ricorso, deducendo “violazione e/o falsa
applicazione della disciplina agevolatrice implicitamente invocata”
la ricorrente sottopone alla Corte il seguente quesito di diritto:
“accerti l’Ecc.ma Corte se, in ipotesi di omessa indicazione della
noma agevolatrice di cui all’art. 65 RD 30 dicembre 1923 n. 3269
in sede negoziale ed in presenza della puntuale e dettagliata
dichiarazione, nella medesima sede, in ordine alla sussistenza di
tutti i requisiti e/o presupposti sostanziali dalla stessa posti, possa

i

legittimamente e ragionevolmente revocarsi al contribuente il
beneficio fruito in sede di registrazione fiscale dell’atto negoziale
dallo stesso concluso. Accerti invero codesta Ecc.ma Corte se esiste
nell’Ordinamento giuridico una norma che, applicabile al caso di

specie, espressamente disponga in tal senso”.
2. Col secondo motivo, si deduce il difetto di motivazione
“con riferimento al ritenuto difetto di prova in ordine alla
fondatezza e/o spettanza delle agevolazioni fiscali invocate”.
3. I motivi sono, entrambi, inammissibili, per violazione del
disposto di cui all’art. 366 bis cpc, applicabile ratione temporis. In
base a tale norma, la censura con cui si deduce un vizio ex art.
360, 1° co, numeri 1, 2, 3 e 4, cpc deve, all’esito della sua
illustrazione, tradursi in un quesito di diritto, la cui enunciazione
(e formalità espressiva) va funzionalizzata, come attestato
dall’art. 384 cpc, all’enunciazione del principio di diritto ovvero a
“dicta” giurisprudenziali su questioni di diritto di particolare
importanza, mentre, ove venga in rilievo il motivo di cui al n. 5
dell’art. 360 cpc, è richiesta l’esposizione chiara e sintetica del
fatto controverso, in relazione al quale la motivazione si assume
rispettivamente, omessa, contraddittoria, o inidonea a giustificare
la decisione (cfr. Cass. n. 4556 del 2009). 3. Questa Corte ha,
poi, precisato (Cass. n. 3530 del 2012) che il quesito di diritto
assolve alla funzione di integrare il punto di congiunzione tra la
risoluzione del caso specifico e l’enunciazione del principio
giuridico generale, e non può, pertanto, essere generico e teorico,

2

ma deve essere calato nella fattispecie concreta, onde far
comprendere dalla sua sola lettura, l’errore asseritamente
compiuto dal giudice di merito e la regola applicabile. 4. Ne

mero interpello della Corte in ordine alla fondatezza della
propugnata petizione di principio in assenza di qualsivoglia
elemento idoneo a farne cogliere la sua pertinenza in relazione
alle circostanze oggetto del giudizio (in ispecie, il tipo di beni
acquistati e l’oggetto sociale). 5. il quesito di fatto, in ordine al
denunciato vizio di motivazione, è stato del tutto pretermesso.
6. Ad abundantiam, va rilevato che il privilegio fiscale di

cui all’art. 65 del RD 30 dicembre 1923 n. 3269, richiamato dalla
ricorrente, è stato abrogato per effetto degli artt. 78 ed 80 del
dPR 634 del 1972, ed all’epoca della stipulazione dei contratti,
giugno-luglio 1990, era entrato in vigore il dPR n. 131 del 1986,
il cui art 80 fa salva (e con precisi limiti temporali) la
disposizione in tema di riunione tra usufrutto e proprietà.
7. Il ricorso va rigettato e le spese del presente giudizio di
legittimità vanno poste a carico del ricorrente e si liquidano
come da dispositivo.
PQM
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il fallimento
ricorrente a pagare le spese del presente giudizio di legittimità,
che si liquidano in € 5.000,00, oltre a spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, il 20 marzo 2013.

consegue che esso non può consistere, come nella specie, nel

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