Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9299 del 22/04/2011

Cassazione civile sez. lav., 22/04/2011, (ud. 08/03/2011, dep. 22/04/2011), n.9299

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FOGLIA Raffaele – Presidente –

Dott. DE RENZIS Alessandro – rel. Consigliere –

Dott. FILABOZZI Antonio – Consigliere –

Dott. MELIADO’ Giuseppe – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

ALCOA TRASFORMAZIONI S.p.A., in persona del Presidente del Consiglio

di Amministratore e legale rappresentante pro tempore Dott. T.

G., elettivamente domiciliata in Roma, Via Antonio Bissolati

n. 26, presso lo studio dell’Avv. Quattrocchi Paolo, che la

rappresenta e difende, unitamente e disgiuntamente, con gli Avv.ti

Toffoletto Franco, Aldo Bottini, Elio Cherubini e Luca Prati come da

procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

F.P.;

– intimato –

e sul ricorso n. 10631/2007 proposto da:

F.P., elettivamente domiciliato in Roma presso la

Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso

dall’Avv. Lanzinger Gianni del foro di Bolzano come da procura a

margine del controricorso;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

ALCOA TRASFORMAZIONI S.p.A., in persona del Presidente del Consiglio

di Amministratore e legale rappresentante pro tempore Dott. T.

G.;

– intimato –

e sul ricorso n. 13610/2007 proposto da:

ALCOA TRASFORMAZIONI S.p.A., in persona del Presidente del Consiglio

di Amministratore e legale rappresentante pro tempore Dott. T.

G., elettivamente domiciliata in Roma, Via Antonio Bissolati

n. 26, presso lo studio dell’Avv. Paolo Quattrocchi, che la

rappresentata e difende, unitamente e disgiuntamente, con gli Avv.ti

Franco Toffoletto, Aldo Bottini, Elio Cherubini e Luca Prati come da

procura a margine del ricorso;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

F.P.;

– intimato –

per la cassazione della sentenza n. 51/06 della Corte di Appello di

Trento – Sezione Distaccata di Bolzano del 6.12.2006 – 13.12.2006

nella causa iscritta al n. 33 R.G. dell’anno 2006;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza

dell’8.03.2011 dal Cons. Dott. Alessandro De Renzis;

udito l’Avv. Filippo Di Peio, per delega dell’Avv. Paolo Quattrocchi,

per la ricorrente principale Alcoa Trasformazioni e l’Avv. Gianni

Lanzinger per il ricorrente incidentale F.;

sentitoli P.M., in persona del Sost. Proc. Gen. Dott. Cesqui

Elisabetta, che ha concluso per il rigetto del ricorso principale e

con assorbimento dei ricorsi incidentali.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte di Appello di Trento – Sezione Distaccata di Bolzano con sentenza n. 51 del 2006, in parziale riforma della decisione di primo grado del Tribunale di Bolzano n. 174 del 2006, ha riconosciuto a favore dell’appellato F.P. la maggiorazione media di turno in percentuale pari al 50% (in riferimento alle assenze dominicali) ed in percentuale pari al 60% (in riferimento alle assenze festive) dal novembre 1999 e per il seguito, limitatamente alle assenze giustificate da malattia- infortunio e ferie; ha condannato la societa’ appellante ALCOA TRASFORMAZIONI S.p.A. al pagamento delle differenze rispetto alle maggiorazioni gia’ attribuite nella misura del 15%, previa identificazione delle singole causali dei giorni lavorativi di assenza tra quelli allegati dall’appellante sino alla data della decisione, oltre accessori.

In particolare la Corte ha osservato che non esiste alcuna espressa regola pattizia e di efficacia aziendale applicabile al rapporto di lavoro in controversia, giacche’ le maggiorazioni orarie di turno del personale turnista a ciclo continuo, di cui all’Allegato 2 dell’Accordo 25.10.1988, non sono riferite alle situazioni di assenza, ma soltanto alle prestazioni effettivamente rese.

La stessa Corte ha tuttavia ritenuto – richiamandosi ai principi desumibili dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione (in modo particolare in tema di lavoro notturno), dall’art. 14 del CCNL Metalmeccanica – Industria, dalla L. n. 41 del 1986, art. 31 e dalla L. n. 153 del 1969, art. 12 – che nella base di computo dei compensi per assenze feriali spettanti per la vicenda in esame vada compresa anche la maggiorazione effettivamente spettante in relazione alle giornate festive o dominicali durante 1 e quali 1 a prestazione sarebbe stata “naturalmente” da svolgersi.

L’accertamento della Corte, nel riformare la sentenza di primo grado, e’ stato limitato alle sole ipotesi di malattia/infortunio e dell’assenza per ferie. La S.p.A. Alcoa Trasformazione ricorre per cassazione con sei motivi.

Il lavoratore resiste con controricorso, contenente ricorso incidentale, contrastato dalla societa’ con proprio controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. In via preliminare va disposta la riunione dei ricorsi ex art. 335 c.p.c., trattandosi di impugnazioni riguardanti la stessa sentenza.

2. Con il primo motivo del ricorso principale la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., per essere stata emessa la sentenza di appello sulla base di diversi presupposti di fatto e di una diversa causa petendi rispetto a quelli posti a fondamento delle domande dell’originario ricorrente, ed, in particolare, per essere state richiamate disposizioni contrattuali e norme di legge, laddove le domande avanzate in giudizio si fondavano su disposizioni contenute in accordi aziendali. In tal senso e’ formulato il quesito di diritto (cfr pag. 8 del ricorso). Il motivo e’ infondato.

Non e’ ravvisabile il dedotto vizio di ultrapetizione, in quanto il giudice di appello non ha oltrepassato i limiti segnati dalla domanda del ricorrente, il quale ha fondato le proprie richieste non soltanto sugli accordi aziendali, ma ha anche argomentato sulla incidenza della maggiorazione di turno in questione sulla determinazione della paga base in relazione alle assenze retribuite.

3. Con il secondo motivo del ricorso principale la ricorrente, nel dedurre violazione della L. n. 41 del 1986, art. 31, comma 6 – e della L. n. 153 del 1969, art. 12 sostiene che la decisione del giudice di appello si fonda su disposizioni normative, che introducono il principio di omnicomprensivita’ della retribuzione per periodi di assenza per malattia e riguardano unicamente la determinazione della retribuzione ai fini fiscali e contributivi.

Il motivo e’ infondato, in quanto il giudice di appello, come gia’ detto, ha richiamato tali disposizioni deducendone principi di carattere generale al fine di verificare l’incidenza -nel caso di specie- dell’indennita’ di turno in questione nella ipotesi di assenze retribuite; il che non comporta una violazione delle norme di diritto richiamate.

4. Con il terzo motivo la ricorrente principale lamenta violazione dell’art. 112 c.p.c. per mancata integrazione del contraddittorio nei confronti dell’INPS. La censura e’ priva di pregio e va disattesa.

La domanda del lavoratore e’ volta ad ottenere, nel caso di specie, la condanna del datore di lavoro alla maggiorazione retributiva per “media turno” per le assenze retribuite, sicche’ l’INPS non puo’ essere considerato un litisconsorte necessario, non vertendosi in tema di pagamento di indennita’ di malattia.

5. Con il quarto motivo la ricorrente principale deduce violazione dell’art. 14 del CCNL industria metalmeccanica dell’8 giugno 1999.

La ricorrente osserva che il giudice di appello ha fatto malgoverno della richiamata disposizione collettiva relativa alle ferie, essendo insito nel concetto di ferie il fatto che il dipendente, in tale periodo, sia esonerato dal prestare la propria attivita’ lavorativa presso il datore di lavoro e che pertanto nemmeno in ipotesi possa dimostrare che nel periodo di ferie avrebbe dovuto lavorare, tanto piu’ in giornate domenicali o festive. Non si comprende, aggiunge la ricorrente, su che base la societa’ sarebbe tenuta a corrispondere al dipendente una maggiorazione di turno, se nemmeno in ipotesi lo stesso poteva essere chiamato a prestare attivita’ lavorativa per il proprio datore di lavoro. La conclusione sul punto e’ che la maggiorazione di turno non puo’ essere considerata un compenso abituale ovvero non accidentale e quindi tale da incidere sulla retribuzione di fatto per il periodo feriale.

La stessa ricorrente rileva anche di avere corrisposto, pur non essendo tenuta, una maggiorazione di turno per una percentuale del 15% quale trattamento di miglior favore.

Nella delineata situazione non avrebbe alcuna giustificazione, ad avviso della ricorrente, l’attribuzione della percentuale del 50% per le assenze dominicali e del 60% per le assenze festive, non menzionate dall’art. 14 del CCNL. Gli esposti rilievi non colgono nel segno e non meritano pertanto di essere condivisi.

Il giudice di’ appello con adeguata e logica motivazione, traendo lo spunto dalle norme richiamate nel secondo motivo del presente ricorso e dai principi affermati da questa Corte in relazione alla maggiorazione del lavoro notturno e alla sua rilevanza ai fini del calcolo degli istituti ed, indiretti, ha considerato la maggiorazione di turno in questione come compenso non avente carattere accidentale, ma come elemento normale e costante della retribuzione complessiva dovuta al lavoratore.

Lo stesso giudice ha dato ragionevole spiegazione circa l’attribuzione della maggiorazione di turno variamente articolata e (50% per le assenze domenicali, 60% per le assenze festive, 15% per malattia, infortuni e ferie), osservando che dette indennita’ vanno computate come sarebbero state percepite in ipotesi di effettiva erogazione della prestazione, dal che l’inammissibilita’ di trattamenti deteriori rapportati alla percentuale del 15%.

6. Con il quinto motivo la ricorrente principale lamenta violazione dell’art. 115 c.p.c. in relazione alla mancata prova del fatto che il dipendente sia stato in assenza retribuita per malattia e ferie in coincidenza con i giorni domenicali e festivi (in tal senso e’ formulato il relativo quesito di diritto a pag. 19 del ricorso).

Il motivo e’ infondato, in quanto nei giudizi di merito la societa’ datrice di lavoro ha contestato unicamente il quantum debeatur, ossia la misura della maggiorazione di turno, senza muovere rilievi in ordine alle singole giornate di assenza retribuite, per le quali il lavoratore aveva ottenuto indennita’ maggiorata del 15%.

7. Con il sesto motivo la ricorrente denuncia contraddittorieta’ nella motivazione della sentenza impugnata, per avere ritenuto, da un lato, l’inesistenza delle regole pattizie, dall’altro lato, per avere accolto le domande del lavoratore proprio con riferimento a tali regole.

Anche questo motivo e’ infondato e non merita di essere condiviso.

La decisione del giudice di appello, come in precedenza gia’ rilevato, non si fonda su un ragionamento contraddittorio, in quanto, constatata l’assenza di regole patrizie sul punto delle assenze retribuite, ha ritenuto, facendo ricorso a principi desumibili dalle della L. n. 41 del 1986, art. 31, comma 6 e della L. n. 153 del 1969, art. 12 e all’orientamento di questa Corte in tema modalita’ di determinazione degli istituti retributivi indiretti, che le maggiorazioni di cui e’ causa (variamente calcolate) costituissero una componente non accidentale della retribuzione, su cui calcolare l’indennita’ spettante in caso di assenza per malattia, infortunio o ferie.

8. Da parte sua il lavoratore con il ricorso incidentale censura la sentenza impugnata con due motivi.

Con il primo motivo il ricorrente, nel dedurre insufficiente motivazione in punto di inesistenza di regole patrizie e di efficacia aziendale sulla rivendicata indennita’ di turno, sostiene che il giudice di appello non ha correttamente interpretato l’Allegato 2 dell’Accordo 25.10.1988, che si riferisce alla disciplina delle nuove maggiorazioni orarie medie di turno dovute in caso di assenza retribuita, con elevazione, mediante assorbimento delle quote fisse, per i giorni feriali al 15%, per le domeniche al 50% e per le festivita’ al 60%.

Il motivo e’ privo di pregio e va disatteso, avendo il giudice di appello fornito adeguata e logica spiegazione circa la non riferibilita’ dell’anzidetto allegato al caso di specie ed avendo il ricorrente opposto alla valutazione ed interpretazione del giudice di merito un diverso e non consentito apprezzamento senza indicazione, peraltro, dei canoni legali interpretativi ritenuti violati.

Con il secondo motivo del ricorso incidentale viene lamentato il mancato riconoscimento delle spese di lite.

Anche questo motivo e’ infondato, giacche’ la sentenza impugnata da contezza della statuizione di compensazione delle spese di entrambi i gradi in ragione della complessita’ delle questioni trattate, e cio’ anche in considerazione dell’articolata redazione dei testi contrattuali e dell’antica origine della prassi accertata come non legittima, della quale l’appellante (subentrata nei rapporti di lavoro) non si era – inconsapevolmente- resa, conto tempestivamente.

9. In conclusione, disposta la riunione dei ricorsi, ne va riconosciuta l’infondatezza, con il conseguente rigetto.

Ricorrono giusti motivi per compensare le spese del giudizio di cassazione, in considerazione della reciproca soccombenza ed anche della complessita’ delle questioni esaminate e della loro non immediata e facile risoluzione, richiedente necessari approfondimenti di disposizioni normative e collettive.

P.Q.M.

LA CORTE riunisce i ricorsi e li rigetta. Compensa le spese.

Cosi’ deciso in Roma, il 8 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 22 aprile 2011

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