Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9298 del 24/04/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 9298 Anno 2014
Presidente: LAMORGESE ANTONIO
Relatore: TRIA LUCIA

SENTENZA

sul ricorso 25133-2008 proposto da:
POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. 97103880585, in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso lo
studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI, rappresentata e
difesa dall’avvocato TOSI PAOLO, giusta delega in
2014

atti;
– ricorrente –

203

contro

ZERASCHI

FABIO

zrsfba71r29g870j,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA FLAMINIA N. 195, presso lo

Data pubblicazione: 24/04/2014

studio

dell’avvocato

VACIRCA

SERGIO,

che

lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato LALLI
CLAUDIO, giusta delega in atti;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 1004/2007 della CORTE

1775/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 16/01/2014 dal Consigliere Dott. LUCIA
TRIA;
udito l’Avvocato BUTTAFOCO ANNA per delega TOSI
PAOLO;
udito l’Avvocato VACIRCA SERGIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ALBERTO CELESTE che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

D’APPELLO di TORINO, depositata il 17/10/2007 R.G.N.

Udienza del 16 gennaio 2014— Aula B
n.25 del ruolo — RG n.25133/08
Presidente: Lamorgese – Relatore: Tria

1.— Con ricorso al Tribunale di Massa, Fabio Zeraschi, premesso di essere stato dipendente
delle Poste Italiane s.p.a. dal 1° luglio 1998 al 30 settembre 1998 in forza di contratto a termine
stipulato per far fronte alle assenze di lavoratori in ferie, deduceva l’invalidità dell’apposizione del
termine al contratto de quo sotto vari profili e chiedeva pertanto che fosse dichiarata: 1) la nullità
della clausola appositiva del suddetto termine; 2) la sussistenza tra le parti di un rapporto di lavoro
subordinato a tempo indeterminato fin dal 1° luglio 1998; 3) il proprio diritto a essere riammesso in
servizio con condanna della società convenuta a corrispondergli le retribuzioni maturate dal 1°
ottobre 1998 fino alla data della sentenza.
Il Giudice adito accoglieva la domanda e la Corte d’Appello di Genova, con sentenza
depositata in data 10 settembre 2002, rigettava il gravame proposto dalla società, affermando che
nella specie si era in presenza di un’ipotesi di contratto a termine ulteriore rispetto a quelle previst
dalla legge n. 230 del 1962, ma sorretta dalle stesse regole, tra le quali vi era quella secondo cui era
onere del datore di lavoro dimostrare l’esistenza di una delle fattispecie che, in base alla legge, 4
giustificano il contratto a termine. In particolare, la Corte genovese rilevava che la società non •
aveva fornito la prova che lo Zeraschi aveva sostituito personale in ferie o che comunque,
nell’ufficio al quale era stato addetto, vi erano state assenze per ferie che avevano determinato la
necessità di provvedere con un contratto a termine.

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Su ricorso di Poste Italiane s.p.a. questa Corte di cassazione, con sentenza 1° gennaio 2006, n.
167, accoglieva l’impugnazione e, cassata la sentenza di merito, rinviava alla Corte d’appello di
Torino, la cui sentenza rescissoria (depositata il 17 ottobre 2007) ha confermato la sentenza di
primo grado.
2.— Per giungere alla suddetta conclusione, la Corte d’appello di Torino, per quel che qui
interessa, precisa che:
a) il primo giudice ha affermato che è emerso con assoluta pacificità — anzi per ammissione
stessa di Poste Italiane — che lo Zeraschi è stato adibito alla sostituzione di altro dipendente
temporaneamente in ferie soltanto per complessivi dieci-quindici giorni, su una durata complessiva
del rapporto pari a tre mesi, durante i quali il lavoratore ha sostituito, come addetto al recapito, una
lavoratrice temporaneamente adibita a mansioni di sportello;
b) poiché, da parte di Poste Italiane, tale affermazione non era stata specificamente contestata,
la Corte d’appello di Genova ha ritenuto di confermare la sentenza di primo grado;
1

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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

d) nella suindicata sentenza della Corte di cassazione non è contenuto alcun riferimento alla
specificità fattuale del caso di specie, rappresentata dalla pacifica ammissione da parte della stessa
società del fatto che il lavoratore — pur formalmente assunto per “necessità di esigenze del servizio
in concomitanza di assenze per ferie nel periodo giugno-settembre” — in realtà ha sostituito per
l’intero periodo un’altra dipendente, la quale solo per complessivi dieci-quindici giorni era rimasta
assente per ferie, mentre per tutto il restante periodo era stata assegnata a mansioni di sportello
diverse da quelle di appartenenza, di addetta al recapito, e in queste ultime era stata sostituita dallo
Zeraschi;
e) ne consegue che la società datrice di lavoro avrebbe dovuto fornire la prova della esistenza
della “necessità di esigenze del servizio” ricadenti nel periodo estivo e riferibili specificamente alla
posizione dello Zeraschi;
O ciò non è accaduto e, invece, la stessa datrice di lavoro ha fornito la prova positiva del fatto
che l’assunzione a termine non è avvenuta per le esigenze determinatesi in seguito alle assenze per
ferie del restante personale dipendente.
3.— Avverso questa sentenza Poste Italiane propone nuovamente ricorso per cassazione per
due motivi, cui resiste, con controricorso, Fabio Zeraschi.
Entrambe le parti depositano anche memorie ex art. 378 cod. proc. civ. e Italiane s.p.a., nella
propria memoria, fra l’altro, invoca infine l’applicazione dello jus superveniens rappresentato
dall’art. 32, commi 5-7, della legge 4 novembre 2010, n. , in vigore dal 24 novembre 2010.
MOTIVI DELLA DECISIONE
I

Sintesi dei motivi di ricorso

1. Il ricorso è articolato in due motivi, formulati in conformità con le prescrizioni di cui
all’art. art. 366-bis cod. proc. civ., applicabile ratione temporis.

1.2.— Con il primo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ.,
violazione e falsa applicazione degli artt. 3 della legge n. 230 del 1962 e 23 della legge n. 56 del
1987 nonché dei canoni di ermeneutica contrattuale (art. 1362 cod. civ. e segg.) in relazione
all’interpretazione accolta dal giudice di merito dell’art. 8, comma 2, del CCNL 26 novembre 1994
nonché carenza di motivazione.
Nel quesito di diritto posto a corredo del motivo si chiede a questa Corte di stabilire se la
sentenza impugnata sia in contrasto con le anzidette disposizioni per “aver interpretato la fattispecie
contrattuale [di cui all’art. 8, comma, CCNL 26 novembre 1994, n.d.r.] nel senso di collegamento
2

c) la Corte di cassazione ha cassato tale sentenza, stabilendo che, in sede di rinvio, la Corte
d’appello di Torino, uniformandosi ai principi di diritto enunciati nella stessa sentenza rescindente,
debba procedere “all’interpretazione della contrattazione collettiva e della domanda giudiziale, al
fine di stabilire quali circostanze di fatto avrebbero dovuto essere provate dal datore di lavoro al
fine di dimostrare la legittimità del termine apposto al contratto”;

specifico tra la singola assunzione a termine per cui è causa e l’esistenza delle specifiche esigenze
di servizio connesse al periodo feriale nello specifico ufficio di destinazione”.

Nei plurimi e articolati quesiti di diritto posti a corredo del motivo si sostiene, in sintesi, che —
diversamente da quanto affermato dalla Corte torinese — il verificatosi mutamento della causale
dell’assegnazione del ricorrente non esclude che il lavoratore abbia comunque svolto mansioni
attinenti con esigenze di servizio dell’ufficio di appartenenza o della zona territoriale nella l’ufficio
era inserito, legate alle assenze per ferie dei dipendenti.

Esame delle censure

2. — Il ricorso è inammissibile, per le ragioni di seguito esposte.
2.1.- Va, infatti, osservato che la Corte d’appello, dovendo procedere, in base alla sentenza
rescindente, “all’interpretazione della contrattazione collettiva e della domanda giudiziale, al fine di
stabilire quali circostanze di fatto avrebbero dovuto essere provate dal datore di lavoro al fine di
dimostrare la legittimità del termine apposto al contratto”, ha, in primo luogo, correttamente (vedi,
per tutte: Cass. 13 aprile 1995, n. 4228) effettuato una nuova valutazione dei fatti già acquisiti,
essendo tale preliminare operazione necessaria in relazione alle direttive espresse dalla anzidetta
sentenza di questa Corte di cassazione.
Conseguentemente la Corte torinese ha sottolineato la specificità fattuale del caso di specie,
rappresentata dalla pacifica ammissione da parte della stessa società del fatto che il lavoratore — pur
formalmente assunto per “necessità di esigenze del servizio in concomitanza di assenze per ferie nel
periodo giugno-settembre” — in realtà ha sostituito per l’intero periodo un’altra dipendente, la quale
solo per complessivi dieci-quindici giorni era rimasta assente per ferie, mentre per tutto il restante
periodo era stata assegnata a mansioni di sportello diverse da quelle di appartenenza, di addetta al
recapito, e in queste ultime era stata sostituita dallo Zeraschi.
La Corte ha, quindi, soggiunto che la società datrice di lavoro avrebbe dovuto fornire la prova
della esistenza della “necessità di esigenze del servizio” ricadenti nel periodo estivo e riferibili
specificamente alla posizione dello Zeraschi (come desumibile anche dalla sentenza rescindente).
Ma, nella specie, ciò non è accaduto e, invece, la stessa datrice di lavoro ha fornito la prova positiva
del fatto che l’assunzione a termine non è avvenuta per le esigenze determinatesi in seguito alle
assenze per ferie del restante personale dipendente.
2.2.- Ne deriva che la specifica ratio posta a base della sentenza impugnata è rappresentata
dalla rilevata mancanza di ottemperanza da parte di Poste Italiane all’onere probatorio posto
pacificamente a suo carico circa la sussistenza, in concreto, delle esigenze previste dall’art. 8,
comma 2, del CCNL del 1994 cit., unitamente con riscontrata pacifica fornitura, da parte della
3

1.2.— Con il secondo motivo si denunciano: a) in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ.,
violazione e falsa applicazione dell’art. 23 della legge n. 56 del 1987 e dell’art. 8 del CCNL 26
novembre 1994; b) in relazione all’art. 360, n. 5, cod. proc. civ., contraddittoria e insufficiente
motivazione circa un fatto controverso decisivo per il giudizio.

stessa società, della prova positiva del fatto che l’assunzione a termine non è avvenuta per le
esigenze determinatesi in seguito alle assenze per ferie del restante personale dipendente.
2.3.- In questa situazione, tutte le censure della ricorrente risultano non conferenti alla ratio
decidendi della sentenza impugnata, in quanto nel ricorso non è contenuto alcun rilievo

2.4.- Le precedenti osservazioni portano all’inammissibilità anche della richiesta di
applicazione dello jus superveniens, rappresentato dalla legge 4 novembre 2010, n. 183, art. 32,
commi 5, 6 e 7 in vigore dal 24 novembre 2010, che la società ricorrente ha effettuato nella
memoria depositata ai sensi dell’art. 378 cod. proc. civ.
2.5.- Infatti, in via di principio, costituisce condizione necessaria per poter applicare nel
giudizio di legittimità lo jus superveniens che abbia introdotto, con efficacia retroattiva, una nuova
disciplina del rapporto controverso, il fatto che quest’ultima sia in qualche modo pertinente rispetto
alle questioni oggetto di censura nel ricorso, in ragione della natura del controllo di legittimità, il cui
perimetro è limitato dagli specifici motivi di ricorso (vedi, per tutte: Cass. 4 gennaio 2011, n. 80 e
Cass. 8 maggio 2006 n. 10547). È altresì necessario che il motivo di ricorso che investe, anche
indirettamente, il tema coinvolto dalla disciplina sopravvenuta, oltre ad essere sussistente, sia altresì
ammissibile secondo la disciplina sua propria.
In particolare, con riferimento alla disciplina qui invocata, la necessaria sussistenza della
questione ad essa pertinente nel giudizio di cassazione presuppone che i motivi di ricorso investano
specificatamente le conseguenze patrimoniali dell’accertata nullità del termine, che essi non siano
tardivi o generici, etc. Inoltre, ove, come nel caso in esame, il ricorso sia stato presentato nel
periodo di vigenza del d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, tali motivi devono essere altresì corredati, a
pena di inammissibilità degli stessi, dalla formulazione di un adeguato quesito di diritto, ai sensi
dell’art. 366-bis cod. proc. civ., ratione temporis ad essi applicabile.
Nell’ipotesi di assenza o di inammissibilità di una censura in ordine alle conseguenze
economiche dell’accertata nullità del termine, il rigetto dei motivi inerenti tale aspetto pregiudiziale
produce infatti la stabilità delle statuizioni di merito relative a tali conseguenze.
2.6.- Nel presente ricorso nessuno dei motivi investe il tema coinvolto dalla indicata
disciplina sopravvenuta e comunque, anche a volere ritenere che vi sia un indiretto collegamento al
suddetto tema delle censure, mancano in ogni caso le altre condizioni necessarie per consentire
l’applicazione dello jus superveniens nel giudizio di legittimità, oltretutto disciplinato ratione

temporis dal d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40.
Come si è detto, infatti, i suindicati motivi sono tutti inammissibili, perché non toccano la
ratio decidendi della sentenza impugnata.
III — Conclusioni

4

specificamente diretto a censurare la anzidetta argomentazione che, anzi, risulta implicitamente
considerata fondata dalla formulazione del secondo motivo.

3.- In sintesi, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Le spese del presente giudizio di
cassazione — liquidate nella misura indicata in dispositivo — seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna la società ricorrente al pagamento delle
spese del presente giudizio di cassazione, liquidate in euro 100,00 (cento/00) per esborsi, euro
3500,00 (tremilacinquecento/00) per compensi professionali, oltre accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione lavoro, il 16 gennaio 2014.

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