Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9296 del 07/04/2021

Cassazione civile sez. VI, 07/04/2021, (ud. 09/02/2021, dep. 07/04/2021), n.9296

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – rel. Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22903-2019 proposto da:

C.Y.Y., elettivamente domiciliata in ROMA, LARGO MESSICO, 7,

presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO TOZZI, che la rappresenta

e difende;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE;

– intimata –

avverso la sentenza n. 2170/16/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE del LAZIO, depositata il 09/04/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 09/02/2021 dal Consigliere Relatore Dott. COSMO

CROLLA.

 

Fatto

CONSIDERATO IN FATTO

1. C.Y.Y. impugnava davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Roma l’iscrizione ipotecaria e le prodromiche cartelle di pagamento.

2.La Commissione Tributaria Provinciale riteneva inammissibile il ricorso e la Commissione Tributaria della Regione Lazio rigettava l’appello proposto dal ricorrente il quale adiva la Suprema Corte che annullava l’impugnata sentenza con rinvio alla CTR in diversa composizione, riassunto il processo il giudice di secondo grado accoglieva l’appello del contribuente e, per quanto di interesse in questa sede, condannava l’Agenzia delle Entrate al pagamento delle spese di giudizio di tutti i gradi liquidate in Euro 2.000, oltre accessori di legge.

Avverso la sentenza della CTR ha proposto ricorso per Cassazione il contribuente sulla scorta di un unico motivo; l’Ufficio non si costituiva.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

1. Con l’unico motivo di impugnazione la ricorrente denuncia la violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 15, nonchè degli artt. 2 e 4, e del D.M. 55 del 2014, per avere la CTR errato nella liquidazione delle spese in maniera del tutto generica e ben al di sotto dei limiti tariffari.

2. Il motivo è fondato.

2.1 Secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale “in tema di liquidazione delle spese processuali, il giudice, in presenza di una nota specifica prodotta dalla parte vittoriosa, non può limitarsi ad una globale determinazione dei diritti di procuratore e degli onorari di avvocato in misura inferiore a quelli esposti, ma ha l’onere di dare adeguata motivazione dell’eliminazione e della riduzione di voci da lui operata, allo scopo di consentire, attraverso il sindacato di legittimità, l’accertamento della conformità della liquidazione a quanto risulta dagli atti ed alle tariffe, in relazione all’inderogabilità dei relativi minimi, a norma della L. n. 794 del 1942, art. 24 (cfr. tra le tante Cass. n. 21791 del 2015, Cass. n. 12840 del 2019)”.

2.2 Si è inoltre precisato, nell’ipotesi di liquidazione che investe più gradi di giudizio, che “in tema di spese giudiziali, il giudice deve liquidare in modo distinto spese ed onorari in relazione a ciascun grado di giudizio, poichè solo tale specificazione consente alle parti di controllare i criteri di calcolo adottati e di conseguenza le ragioni per le quali sono state eventualmente ridotte le richieste presentate nelle note spese” (cfr. Cass. n. 20935 del 2017, Cass. n. 19623 del 2016)

2.3 Per quanto concerne il divieto da parte del giudice di liquidazione delle spese al di sotto dei limiti tariffari questo Collegio ha avuto modo di precisare che ” l’opinione secondo la quale il D.L. Giustizia 10 marzo 2014, n. 55, nella parte in cui determina un limite minimo ai compensi tabellarmente previsti (art. 4) non può considerarsi derogativo del Decreto n. 140, emesso dallo stesso Ministero il 20/7/2012, il quale, stabilendo in via generale i compensi di tutte le professioni vigilate dal Ministero della Giustizia, al suo art. 1, comma 7, dispone che “In nessun caso le soglie numeriche indicate, anche a mezzo di percentuale, sia nei minimi che nei massimi, per la liquidazione del compenso, nel presente decreto e nelle tabelle allegate, sono vincolanti per la liquidazione stessa”, non è condivisa dalla Corte, in quanto: come ricorda lo stesso controricorrente, il D.M. n. 140, risulta essere stato emanato (D.L. n. 1 del 2012, conv. nella L. n. 27 del 2012) allo scopo di favorire la liberalizzazione della concorrenza e del mercato, adempiendo alle indicazioni della UE, a tal fine rimuovendo i limiti massimi e minimi, così da lasciare le parti contraenti (nella specie, l’avvocato e il suo assistito) libere di pattuire il compenso per l’incarico professionale; per contro, il giudice resta tenuto ad effettuare la liquidazione giudiziale nel rispetto dei parametri previsti dal D.M. n. 55, il quale non prevale sul D.M. n. 140, per ragioni di mera successione temporale, bensì nel rispetto del principio di specialità, poichè, diversamente da quanto affermato dall’Amministrazione resistente, non è il D.M. n. 140 – evidentemente generalista e rivolto a regolare la materia dei compensi tra professionista e cliente (ed infatti, l’intervento del giudice ivi preso in considerazione riguarda il caso in cui fra le parti non fosse stato preventivamente stabilito il compenso o fosse successivamente insorto conflitto) – a prevalere, ma il D.M. n. 55, il quale detta i criteri ai quali il giudice si deve attenere nel regolare le spese di causa” (cfr. tra le tante Cass. n. 1018 del 2018).

2.4 Nella fattispecie in esame la CTR non si è uniformata ai suesposti principi in quanto a) ha liquidato la onnicomprensiva e forfettaria somma di Euro 2.000,00 relative quattro gradi; b) si è discostata drasticamente dalla nota spese presentata dalla parte vittoriosa senza fornire alcuna spiegazione; c) si è tenuta ben sotto dei limiti imposti dal D.M di riferimento in relazione ai numero dei giudizi e al valore della causa (da Euro 5.200,00 ad Euro 26.000,00) e pur applicata la riduzione massima, in ragione della speciale semplicità dell’affare (citato art. 4) omettendo qualsiasi riferimento al rimborso delle spese vive effettuate dalla contribuente.

4. Il ricorso va, quindi, accolto con cassazione della sentenza e rinvio alla CTR della Campania in diversa composizione anche per la regolamentazione delle spese del presente giudizio.

PQM

La Corte:

accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Campania, in diversa composizione, anche per la regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 9 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 7 aprile 2021

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