Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9295 del 20/05/2020

Cassazione civile sez. lav., 20/05/2020, (ud. 14/11/2019, dep. 20/05/2020), n.9295

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. RAIMONDO Guido – Consigliere –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. PICCONE Valeria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 16315-2017 proposto da:

P.C.A., G.E., M.N.,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA ATTILIO REGOLO 19, presso lo

studio dell’avvocato GIUSEPPE LIPERA, rappresentati e difesi

dall’avvocato NICOLETTA CERVIA;

– ricorrenti –

contro

NUOVO PIGNONE S.P.A. (GE ENERGY OIL & GAS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

OVIDIO 32, presso lo studio dell’avvocato DEBORA MILILLI,

rappresentata e difesa dagli avvocati LAPO GUADALUPI e ROBERTO

CALABRESI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 230/2016 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 08/06/2016, R. G. N. 56/2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/11/2019 dal Consigliere Dott. PICCONE VALERIA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELENTANO CARMELO, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza in data 8 giugno 2016, la Corte d’Appello di Genova ha confermato la decisione di primo grado che aveva respinto la domanda avanzata da G.E., M.N. e P.C.A., nei confronti della Nuovo Pignone S.p.A. volta ad ottenere il risarcimento dei danni biologico, morale ed esistenziale asseritamente subiti per essere stati esposti all’amianto nello svolgimento delle proprie mansioni di operai siderurgici.

1.1. La Corte ha ritenuto, in particolare, condivisibili le CTU medico legali, soltanto genericamente contestate, che, all’esito di accurata indagine, avevano escluso la sussistenza del nesso di causalità fra l’attività lavorativa svolta e le patologie respiratorie di tipo lieve da cui risultavano affetti i ricorrenti. Ha ritenuto, altresì, che lo “stress psicologico da timore” del conseguimento di una malattia, lamentato dai ricorrenti, non costituisse situazione giuridicamente tutelabile in difetto di prova circa l’esistenza di circostanze di fatto esterne, obiettivamente osservabili, atte a cagionare il dedotto turbamento psichico.

2. Per la cassazione della sentenza propongono ricorso, assistito da memoria, P.C.A., M.N. e G.E., affidandolo a due motivi.

2.1 Resiste con controricorso la Nuovo Pignone S.p.A..

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo di ricorso si prospetta la violazione degli artt. 2, 3 e 32 Cost., artt. 2043,2059, 2087 e 2727 c.c., D.P.R. n. 27 del 2009, art. 5, D.P.R. n. 181 del 2009, art. 1, per avere la Corte d’appello negato il diritto al risarcimento del danno non patrimoniale vantato dai ricorrenti, escludendo la sussistenza del danno morale e/o esistenziale, mentre con il secondo motivo si deduce la violazione degli artt. 2087, 2059 e 2697 c.c., per aver la corte omesso di considerare che la rilevanza dell’esposizione all’amianto era stata provata, nonchè la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e art. 112 c.p.c., per aver omesso la Corte di giudicare la rilevanza causale dell’esposizione all’amianto e ad analoghi fattori morbigeni.

1.1. I due articolati motivi possono essere esaminati congiuntamente per l’intima connessione e sono infondati.

1.1.1. Giova premettere, con riguardo alla lamentata lesione dell’art. 112 c.p.c., che, nel giudizio di legittimità deve essere tenuta distinta l’ipotesi in cui si lamenti l’omesso esame di una domanda da quella in cui si censuri l’interpretazione che ne abbia data il giudice di merito: nel primo caso, infatti, si verte in tema di violazione dell’art. 112 c.p.c. e si pone un problema di natura processuale per la soluzione del quale la Corte di Cassazione ha il potere-dovere di procedere all’esame diretto degli atti, onde acquisire gli elementi di giudizio necessari ai fini della pronuncia richiesta; nel secondo, invece, poichè l’interpretazione della domanda e la individuazione del suo contenuto integrano un tipico accertamento dei fatti riservato, come tale, al giudice di merito e, in sede di legittimità va solo effettuato il controllo della correttezza della motivazione che sorregge sul punto la decisione impugnata (Cass. 7.7.2006 n. 15603; Cass. 18.5.2012 n. 7932; Cass. 21.12.2017 n. 30684; Cass. 20.08.2019 n. 21460).

Nel caso di specie, l’interpretazione della originaria domanda sul punto è stata adeguatamente argomentata dalla Corte territoriale che, conseguentemente, sempre con idonea motivazione ha ritenuto insussistente la rilevanza causale dell’esposizione all’amianto, nulla omettendo con riguardo alla pronunzia richiesta.

1.1.2. Sempre in via preliminare, va rilevato che una questione di violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., non può porsi in sede di legittimità per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma, rispettivamente, solo allorchè si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte di ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti, invece, a valutazione (cfr. Cass. 27.12.2016 n. 27000; Cass. 19.6.2014 n. 13960; Cass. 20.08.2019 n. 21460).

Nel caso di specie, neanche in via di allegazione si deduce che il giudice abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti o disposte ex officio al di fuori dei limiti legali, mentre appare evidente che parte ricorrente mira ad ottenere una diversa valutazione delle prove, non ammissibile in sede di legittimità.

Le articolazioni delle censure, infatti, come formulate, si risolvono, nella sostanza, nella richiesta di riesame dell’accertamento operato dalla Corte territoriale in fatto, che non è deferibile al giudice di legittimità cui spetta solo la facoltà di controllo della correttezza giuridica e della coerenza logica e formale delle argomentazioni del giudice di merito, non equivalendo il sindacato di legittimità al giudizio di fatto a revisione del ragionamento decisorio (cfr. Cass. 16.12.2001 n. 27197; Cass. 19.3.2009 n. 6694; Cass. 20.08.2019 n. 21460).

1.2. Con riguardo, invece, alle dedotte violazioni di legge fondate sulla negazione del diritto al risarcimento del danno non patrimoniale vantato dai ricorrenti e sul dedotto omesso rilievo causale dell’esposizione all’amianto, occorre evidenziare quanto segue. Non può che ritenersi infondata la censura dei ricorrenti con cui, in sostanza, si chiede l’autonoma risarcibilità del danno morale di tipo soggettivo, anche in assenza del danno biologico o di altro evento produttivo del danno patrimoniale ex art. 2059 e 1226 c.c., in combinato disposto con l’art. 32 Cost., in quanto le argomentazioni della sentenza di secondo grado sono conformi alle statuizioni della pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte n. 26972 del 2008, recentemente confermate dalla Sezione Lavoro (Cass. 27.2.2019 n. 5747; Cass. 20.08.2019 n. 21460), che hanno escluso sia la tesi che identificava il danno non patrimoniale nella lesione stessa del diritto (danno – evento) sia quella costituita dalla affermazione che, nel caso di lesione di valori della persona il danno sarebbe in re ipsa, in quanto si è osservato che entrambe le posizioni avrebbero snaturato la funzione del risarcimento in quella di una pena privata per un comportamento lesivo.

1.2.1. A conclusioni non dissimili si perviene con riguardo al cd. “danno esistenziale”. Va premesso, al riguardo, che, secondo questa Corte (cfr., ex multis, Cass. 09/11/2018 n. 27482) il danno non patrimoniale, con particolare riferimento a quello cd. esistenziale, non può essere considerato “in re ipsa”, ma deve essere provato secondo la regola generale dell’art. 2697 c.c., dovendo consistere nel radicale cambiamento di vita, nell’alterazione della personalità e nello sconvolgimento dell’esistenza del soggetto.

Ne consegue che la relativa allegazione deve essere circostanziata e riferirsi a fatti specifici e precisi, non potendo risolversi in mere enunciazioni di carattere generico, astratto, eventuale ed ipotetico.

La Corte territoriale ha ben inquadrato la fattispecie secondo la impostazione che di esso ha dato la citata sentenza delle Sezioni Unite la quale, sotto il profilo probatorio, ha ammesso al riguardo la prova presuntiva previa, però, allegazione da parte del danneggiato di tutti gli elementi che, nella concreta fattispecie, siano idonei a fornire la serie concatenata di fatti noti che consentano di risalire al fatto ignoto.

Nel caso in esame la Corte d’appello, con riferimento al danno biologico, ha escluso, come detto, il nesso di causalità mentre, con riguardo al danno non biologico, ha affermato che non erano stati allegati elementi obiettivi sulla base dei quali risalire alla sofferenza e al cambiamento delle abitudini di vita derivati dalla consapevolezza della esposizione lavorativa ad agenti nocivi.

In punto di diritto la decisione impugnata risulta, pertanto, corretta.

2. Sono inammissibili, poi, tutte le doglianze riguardanti il giudizio di fatto relativamente alla genericità delle allegazioni, impugnabili in questa sede con la denuncia di un vizio di motivazione ovvero di un fatto specifico non esaminato dai giudici di seconde cure: ipotesi, queste, non avvenute nel caso in esame.

3. Alla luce delle suesposte argomentazioni, il ricorso va respinto.

3.1. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo. Sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater e art. 1 -bis se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese processuali in favore della controricorrente, che liquida in complessivi Euro 4000,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% e accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, da atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 14 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 20 maggio 2020

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