Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9295 del 17/04/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 9295 Anno 2013
Presidente: MERONE ANTONIO
Relatore: CHINDEMI DOMENICO

SENTENZA

sul ricorso 1306-2008 proposto da:
BNP PARIBAS SA (nq di incorporante della B.N.L. SPA)
in persona dei legali rappresentanti pro tempore, BNL
SPA in persona del Presidente e legale rappresentante
pro tempore, elettivamente domiciliati in ROMA VIALE
G. MAZZINI 9-11, presso lo studio dell’avvocato
2013
990

SALVINI LIVIA, che li rappresenta e difende unitamente
all’avvocato CIPOLLA GIUSEPPE MARIA con procura
notarile per la BNL SPA il Not. MARIO LIGUORI in ROMA
rep. n. 151950 del 14/12/2007, per la BNP PARIBAS SPA
il Not. MARIA NIVES IANNACCONE in SEREGNO rep. n.
60351 del 13/12/2007;

Data pubblicazione: 17/04/2013

- ricorrenti contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E FINANZE in persona del
Ministro pro tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE in persona
del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliati

GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope
legis;

controri correnti

avverso la sentenza n. 130/2006 della COMM.TRIB.REG.
di TRIESTE, depositata il 23/11/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 20/03/2013 dal Consigliere Dott. DOMENICO
CHINDEMI;
udito per il ricorrente l’Avvocato ESCALAR delega
Avvocato SALVINI che ha chiesto l’accoglimento e
deposita brevi note di replica;
udito per il controricorrente l’Avvocato ZERMAN che ha
chiesto il rigetto;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. FEDERICO SORRENTINO che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA

R.G. 1306/2008
Fatto
La Commissione tributaria regionale del Friuli, con sentenza n. 130/10/2006, depositata il
23.11.2006, dichiarava inammissibile, dichiarandolo anche infondato nel merito, l’appello della
Banca Nazionale del Lavoro s.p.a. (ora BNP Paribas S.A.) per difetto dei requisiti di cui all’articolo
53 D.Igs 546/1992 confermando la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Gorizia
93/01/2002 che accoglieva parzialmente il ricorso della banca avverso il silenzio rifiuto avente ad

3.4. 1998 dal pretore di Gorizia nei riguardi del debitore principale e di due fideiussori, statuendo
che la condanna in solido dei fideiussori della impresa Luigi Tacchino s.p.a , contenuta nel decreto
ingiuntivo, deve essere sottoposta a registrazione in misura fissa, respingendo l’ulteriore domanda
di limitare la tassazione delle fideiussioni sulle sole somme ingiunte nel decreto, ritenendo corretta
la tassazione sulla base delle somme garantite, anziché sulle somme il cui pagamento sia ingiunto
nel decreto.
Veniva, al riguardo, anche confermata, sia pure con motivazione alternativa, la valutazione del
primo giudice che assoggettabile a imposta proporzionale l’intero ammontare della prestazione
garantita, ai sensi dell’articolo 22, comma uno, d.p.r. 131/ 1986, escludendo trattarsi, nella
fattispecie di atto enunciato ( e come tale imponibile nei soli limiti dell’importo fatto valere in
giudizio), rimanendo inalterato il rapporto fideiussorio anche dopo eventuali pagamenti da parte dei
garanti.
Proponeva ricorso per cassazione la BNP Paribas S.A. deducendo i seguenti motivi:
a) contraddittorietà della motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in
relazione all’articolo 360, numero cinque, c.p.c. e 62 D.Igs 546/1992 avendo i giudici di appello
travisato il contenuto dell’atto di impugnazione;
b) violazione e falsa applicazione dell’articolo 53, comma uno, D.Igs 546/1992, dell’articolo 342
c.p.c. in relazione agli articoli 360, numero tre, c.p.c. e 62, comma uno, D.Igs 546/1992 . nullità
della sentenza in relazione agli articoli 360, numero quattro c.p.c. e 62, comma uno, D.Igs 546/1992
rilevando come le argomentazioni di cui all’atto di appello fossero idonee a contrastare i
presupposti logico giuridici su cui si poggia la sentenza impugnata;
c) violazione e falsa applicazione degli articoli 6,22, commi uno e due, d.p.r. 131/ 1986, articolo sei,
parte prima, tariffa E 1, comma uno, lettera a) della parte seconda della tariffa, nonché degli articoli
1844, 1936, 1938, 1944 c.c. in relazione agli articoli 360, numero quattro, c.p.c. e 62, comma uno,
D.Igs 546/1992, ritenendo la erroneità della sentenza in quanto, e sensi del comma tre dell’articolo
22 d.p.r. 131/ 1986, la lettera di fideiussione a garanzia di un conto corrente bancario enunciata in
1

oggetto l’istanza di rimborso parziale dell’imposta di registro sul decreto ingiuntivo emesso in data

un decreto ingiuntivo esecutivo recante condanna in solido dei fideiussori del debitore principale
avrebbe dovuto essere assoggettata all’imposta di registro limitatamente alla somma corrispondente
a tale condanna e non sull’intero importo della garanzia prestata
La Agenzia delle Entrate si è costituita con controricorso nel giudizio di legittimità.
La Banca presentava memoria
Il ricorso è stato discusso alla pubblica udienza del 20.3. 2013, in cui il PG ha concluso come in
epigrafe.

Il primo motivo di ricorso è infondato apparendo un mero errore materiale avere fatto riferimento
nella motivazione, nel dichiarare inammissibile l’appello, alle medesime ragioni poste a
fondamento dell’ “accertamento” invece che dell’ “istanza di rimborso” , lapsus calami, inidoneo
inficiare la motivazione della sentenza.
..

3. Il secondo motivo di ricorso difetta di autosufficienza, non essendo stata né allegata né riprodotta
la motivazione della sentenza della commissione tributaria provinciale al fine di poter verificare

_ l’assunto della banca con riferimento alla specificità dei motivi di appello, non essendo sufficiente
la trascrizione di alcuni stralci della sentenza, riportati nella parte introduttiva del ricorso, a
consentire a questa Corte la valuta7ione delle censure ivi enunciate.
L’indicazione di specifici motivi d’impugnazione costituisce un requisito essenziale dell’atto di
appello, posto che la relativa funzione è proprio quella di indicare esattamente i limiti della
devoluzione, consentendo non solo di individuare le questioni costituenti l’oggetto e l’ambito del
riesame richiesti al giudice di secondo grado ma, altresì, di evidenziare gli errori commessi dal
_ primo giudice e la relativa connessione causale con il provvedimento impugnato e, quindi,
identificare le concrete ragioni per cui se ne invoca la riforma (Cass. 8/2/2008 n. 3050; Cass. n.
12589/2004)
L’art. 342 cod. proc. civ., nel prescrivere che l’atto d’appello contenga l’esposizione sommaria dei
fatti ed i motivi specifici dell’impugnazione, è rivolto ad assicurare l’esigenza che l’atto medesimo
sia di per sè idoneo all’individuazione dei termini della controversia e delle questioni portate al
riesame del giudice di secondo grado
Per altro deve essere ritenuto inammissibile il ricorso in appello qualora, come nel caso di specie,
la parte si limiti a riproporre le medesime doglianze già articolate in sede di ricorso in primo grado,
senza alcuna censura alla sentenza impugnata, peraltro neanche allagata o riprodotta, limitando le
censure al comportamento dell’ufficio anziché alla motivazione della pronuncia della CTR in
quanto la specificità dei motivi esige che, alle argomentazioni svolte nella sentenza impugnata,
vengano contrapposte quelle dell’appellante, volte ad incrinare il fondamento logico-giuridico delle
2

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Motivi della decisione

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prime, non essendo le statuizioni di una sentenza separabili dalle argomentazioni che le sorreggono;
alla parte volitiva dell’appello, deve sempre accompagnarsi una parte argomentativa che confuti e
contrasti le ragioni addotte dal primo giudice.
Non è, infatti, sufficiente il fatto che l’atto di appello consenta di individuare le statuizioni
concretamente impugnate, ma è altresì necessario, pur quando la sentenza di primo grado sia stata
censurata nella sua interezza, che le ragioni sulle quali si fonda il gravame siano esposte con
sufficiente grado di specificità, da correlare, peraltro, con la motivazione della sentenza impugnata,
generale e assoluta, dall’altro lato esige pur sempre che alle argomentazioni svolte nella sentenza
impugnata vengano contrapposte quelle dell’appellante volte ad incrinare il fondamento logicogiuridico delle prime” (Cass. 8/2/2008 n. 3050)
L’ultimo motivo rimane assorbito.
Va, conseguentemente, rigettato il ricorso con condanna della ricorrente al pagamento delle spese
del giudizio di legittimità.
PQM
Rigetta il ricorso, condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che
liquida in E.1.000 per compensi professionali, oltre alle spese prenotate a debito
Così deciso in Roma, il 20.3.2013

con la conseguenza che se da un lato, il grado di specificità dei motivi non può essere stabilito in via

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