Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9294 del 19/04/2010

Cassazione civile sez. I, 19/04/2010, (ud. 16/02/2010, dep. 19/04/2010), n.9294

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PROTO Vincenzo – Presidente –

Dott. RORDORF Renato – Consigliere –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 31745-2005 proposto da:

AREA MARKET S.R.L. (c.f. (OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

DEGLI SCIPIONI 94, presso l’avvocato FIORE GIOVANNA, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato MOLLICA AMILCARE,

giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

BANCA POPOLARE DI MILANO SOC.COOP. A R.L.;

– intimata –

sul ricorso 3630-2006 proposto da:

BANCA POPOLARE DI MILANO SOC. COOP. A R.L. (C.F. (OMISSIS)), in

persona del Direttore Legale pro tempore, elettivamente domiciliata

in ROMA, PIAZZA DELLA MARINA 1, presso l’avvocato LONGO LUCIO

FILIPPO, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato LORIA

FABIO, giusta procura a margine del controricorso e ricorso

incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

AREA MARKET S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 94, presso

l’avvocato FIORE GIOVANNA, che la rappresenta e difende unitamente

all’avvocato MOLLICA AMILCARE, giusta procura in calce al ricorso

principale;

– controricorrente al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 1634/2004 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 23/06/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/02/2010 dal Consigliere Dott. MARIA CRISTINA GIANCOLA;

la Corte dispone la riunione del ricorso R.G. 31745/05 a quello R.G.

3630/06;

udito, per la ricorrente, l’Avvocato; A. MOLLICA che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso principale e rigetto del ricorso

incidentale;

udito, per la controricorrente e ricorrente incidentale, l’Avvocato

L.F. LONGO che ha chiesto l’accoglimento del ricorso incidentale e

rigetto del ricorso principale;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

APICE Umberto che ha concluso per il rigetto del ricorso principale

assorbito il ricorso incidentale condizionato.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con contratto del 25.11.1992, la Banca Popolare di Milano Soc. Coop. a r.l concedeva alla società Area Market S.r.l. un’apertura di credito in conto corrente, sino alla concorrenza di L. 500.000.000, con garanzia ipotecaria e con previsione di restituzione della somma mediante rimesse semestrali di L. 50.000.000 ciascuna, a partire dal sesto mese successivo all’iscrizione ipotecaria (avvenuta il (OMISSIS)) e, comunque, sino al (OMISSIS).

Con precetto notificato il (OMISSIS), la Banca Popolare di Milano intimava all’Area Market di pagare la somma complessiva di L. 188.606.443 per residuo mutuo ipotecario al (OMISSIS) e poi procedeva a pignoramento immobiliare con atto notificato il (OMISSIS).

Con ricorso depositato il 25.02.1999, la società Area Market proponeva opposizione all’esecuzione, assumendo di nulla dovere alla Banca Popolare di Milano e che il mancato puntuale adempimento della sua obbligazione restitutoria era dipeso unicamente dall’illegittimo comportamento della stessa Banca, la quale aveva arbitrariamente distratto a ripianamento di situazioni debitorie di terzi, somme che, invece, erano destinate al rientro della propria posizione debitoria.

L’opponente chiedeva anche la condanna della Banca al risarcimento dei danni da lei subiti, indicativamente quantificati in un miliardo, nonchè alla restituzione della somma di L. 158.277.757, arbitrariamente distratta.

Con sentenza del 10.12.2002 – 24.01.2003, l’adito Tribunale di Milano riteneva illegittimo e non autorizzato dalla società Area Market il comportamento tenuto dalla Banca Popolare di Milano, la quale alla fine del 1995, aveva venduto tutti i titoli di Stato (costituiti da BOT per il valore nominale complessivo di L. 200.000.000) acquistati dalla cliente con il riscosso finanziamento e presso di lei depositati in custodia, e poi utilizzato buona parte del ricavato (L. 158.277.757) per estinguere il debito assunto nei suoi confronti da diversa società, la Oftalmica Eidos s.r.l., sul presupposto di una garanzia pignoratizia che l’opponente non aveva mai concesso.

Pertanto accoglieva l’opposizione, dichiarando l’inefficacia del precetto e degli atti esecutivi compiuti dalla Banca Popolare di Milano. Condannava, inoltre, la medesima Banca a restituire alla società Area Market la somma di Euro 10.981,51 con accessori, che dalla CTU contabile era risultata a credito dell’opponente dopo l’imputazione parziale del ricavato della vendita dei titoli al risanamento della posizione debitoria inerente all’apertura di credito; respingeva, invece, la domanda introduttiva di risarcimento, negando l’esistenza di danni risarcibili.

Con sentenza del 23.11.2004 – 24.06.2005, la Corte di appello di Milano, nel contraddittorio delle parti, respingeva il gravame proposto dalla società Area Market, inerente al rigetto della sua pretesa risarcitoria, confermando l’impugnata sentenza e condannando la società appellante a rifondere alla controparte le spese del grado. La Corte territoriale osservava e riteneva tra l’altro ed in sintesi, che la domanda di risarcimento dell’Area Market, pur ammissibile, non era meritevole di accoglimento, come già ritenuto dal primo giudice, con riguardo a tutti i pregiudizi dalla stessa lamentati, e cioè sia al danno connesso all’impossibilità di completare, per mancanza di fondi, la costruzione del nuovo impianto industriale, per la cui realizzazione, oggetto anche di accordo con la Vacuum Internationals Products s.r.l., aveva fatto ricorso al credito bancario, danno secondo la prospettazione quanto meno consistito nell’inutile impiego di risorse economiche per l’attuazione del progetto, sia a quello consistito nelle perdite economiche subite per il fallimento delle trattative in corso inerenti alla vendita alla società locataria dell’ipotecato immobile, che era stato pignorato, segnatamente ricondotte alla mancata riscossione degli interessi bancari sul non conseguito prezzo dell’alienazione, pari ad L. un miliardo, e sia al danno inerente alla lesione della sua reputazione in campo economico – commerciale.

Avverso questa sentenza, notificatale il 7.11.2005, l’Area Market S.r.l. ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi e notificato il 13.12.2005. La Banca Popolare di Milano Soc. Coop. a r.l. ha resistito con controricorso notificato il 20.01.2006 e proposto ricorso incidentale in base ad un unico motivo, espressamente subordinato all’eventuale accoglimento totale o parziale del ricorso principale, nonchè depositato memoria. La società Area Market ha resistito al ricorso incidentale con controricorso notificato il 9.02.2006.

All’odierna udienza pubblica il ricorso principale e quello incidentale, proposti avverso la medesima sentenza, sono stati riuniti ai sensi dell’art. 335 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

A sostegno del ricorso principale l’Area Market S.r.l. denunzia:

1. “Violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5”. La ricorrente censura la conferma del rigetto della sua domanda di risarcimento del danno derivatole dal non completamento dell’impianto industriale e consistito nella perdita delle somme investite per l’attuazione del relativo progetto e nel mancato guadagno, sostenendo in sintesi che la Corte di merito ha escluso il nesso di causalità tra l’illecito della Banca e tale pregiudizio, erroneamente ritenendo che con l’atto di opposizione lei avesse chiesto che il corrispettivo dei titoli illegittimamente venduti, una volta riacquisito, fosse destinato al ripianamento del suo debito bancario, affermazione che non era dato comprendere da dove potesse essere stata tratta e che costituiva travisamento della sua domanda.

La censura non merita favorevole apprezzamento, sostanziandosi in critica generica ed apodittica, dal momento che, in violazione del principio di autosufficienza del ricorso, l’asserito travisamento da parte dei giudici di merito della domanda svolta con l’opposizione risulta meramente affermato ma non anche confortato dalla trascrizione del contenuto dell’atto introduttivo dell’opposizione, laddove, invece, l’avversata conclusione appare logicamente desunta dal tenore delle richieste giudiziali inerenti alla destinazione da dare alle somme rinvenienti dal disinvestimento dei titoli di Stato, nell’acquisto dei quali e non dunque, nella realizzazione del progettato impianto, la ricorrente aveva già impiegato il finanziamento.

2. “Violazione dell’art. 96 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. Violazione dell’art. 115 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5”.

La ricorrente censura la conferma del rigetto della sua domanda di risarcimento del danno derivato dal fallimento delle trattative per la vendita dell’immobile pignorato alla società EOS S.r.l, che ne era locataria. Contesta, in particolare, che le deposizioni dei testi A. e V. fossero generiche ed insufficienti a dimostrare che tali trattative sarebbero andate a buon fine per il prezzo di L. un miliardo e che, conseguentemente, non potesse ritenersi dimostrato il pregiudizio da lei subito, costituito dalla mancata riscossione degli interessi legali sul suddetto prezzo, data anche l’assenza di fatti compensativi di tale perdita, per essersi il pignoramento esteso anche ai canoni di locazione, dei quali, travisando i fatti, la Corte di merito aveva pure dato per certa la dazione, e considerato in ogni caso che il danno differenziale cui secondo la Corte avrebbe potuto semmai farsi riferimento ma che non era stato allegato e dimostrato, ben poteva, invece, essere agevolmente desunto dal contratto di locazione prodotto e dal noto tasso degli interessi, all’epoca pari al 5% annuo, nulla impedendo alla medesima Corte di pronunciarsi d’ufficio ai sensi dell’art. 96 c.p.c..

La censura non ha pregio.

L’art. 96 c.p.c., quand’anche ad esso fosse stata ricondotta la domanda di risarcimento, non esonera la parte dall’onere di allegare e provare l’esistenza del danno di cui chiede il ristoro, salvo il ricorso a criteri equitativi per la relativa liquidazione, quando, ancorchè provato in concreto, il danno non possa essere determinato nel suo preciso ammontare (in tema cfr. Cass. 196201687; 196302166;

198206970; 199708857).

Sulla società ricorrente, pertanto, gravava l’onere non solo di dimostrare quanto asserito e cioè che l’eseguito pignoramento immobiliare aveva pregiudicato la conclusione del contratto di vendita dell’immobile staggito, e segnatamente che la società conduttrice del bene, appresa la notizia del pignoramento, aveva desistito dalle trattative in corso per l’acquisto del bene al prezzo di L. un miliardo, ma anche di allegare e dimostrare il danno differenziale, come ineccepibilmente ritenuto nella sentenza impugnata.

Quanto al primo profilo, l’affermazione dei giudici di merito circa l’insufficienza delle deposizioni dei testi A. e V. a fornire la dimostrazione dell’assunto appare non censurabile, considerando il trascritto contenuto delle dichiarazioni rese da detti testi in rapporto anche alla rilevanza economica dell’operazione ed allo specifico pregiudizio lamentato dalla ricorrente (perdita degli interessi sul non conseguito prezzo). In effetti dette deposizioni, anche globalmente valutate, giustificavano l’apprezzamento di pertinenza del giudice di merito, secondo cui in esse non poteva trovare riscontro probatorio l’asserzione dell’esistenza di trattative per serietà e concludenza tali da avere raggiunto uno stadio prossimo alla stipula del contratto di compravendita al cennato prezzo, pregiudicata solo dall’iniziativa della banca. L’esposta conclusione con evidenza assorbe gli ulteriori profili di doglianza.

3. “Violazione dell’art. 96 c.p.c. e art. 2043 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 nonchè violazione dell’art. 112 c.p.c., art. 1226 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5”.

La ricorrente censura il diniego di ristoro sia del danno da perdita dell’introito rinveniente dal funzionamento dell’impianto non realizzato, danno da liquidarsi equitativamente in misura percentuale calcolata sul capitale da investire per l’attuazione del progetto, e sia del danno da discredito commerciale. Il rigetto del primo motivo di ricorso implica logicamente prima che giuridicamente il rigetto del primo profilo di censura.

Quanto al danno da discredito commerciale, la ricorrente sostiene che si verte in ipotesi di pregiudizio in re ipsa, e conseguentemente si duole che la Corte di merito l’abbia ritenuta onerata di dimostrarne l’esistenza e non abbia, invece, proceduto alla quantificazione in via equitativa del relativo ristoro.

La censura non ha pregio essendosi i giudici di merito ineccepibilmente attenuti al noto principio di diritto secondo cui ove l’illecito, nella specie consistito nell’illegittimo ricorso all’esecuzione forzata, sia in astratto suscettibile di ledere la reputazione commerciale spetta a colui che invoca il risarcimento di tale specifica lesione l’onere di provarne l’esistenza nonchè di allegare e provare le sfavorevoli conseguenze patrimoniali che in concreto ne sono derivate e solo se fornisca tale dimostrazione può invocare in proprio favore l’uso da parte del giudice del potere di liquidazione equitativa del danno subito (in tema cfr. Cass. 200920120; 199811103; 199702679).

4. “Sulle spese legali. Violazione dell’art. 92 c.p.c., comma 2. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”.

Sostiene che le spese del giudizio d’appello avrebbero potuto essere quanto meno compensate in tutto o in parte per reciproca soccombenza “argomentando sulla difficoltà, implicita nel danno richiesto, riferita all’effettiva quantificazione”.

Il motivo non ha pregio, dal momento che con riferimento al regolamento delle spese, il sindacato della Corte di cassazione è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte vittoriosa, con la conseguenza che esula da tale sindacato e rientra nel potere discrezionale del giudice di merito la valutazione dell’opportunità di compensare in tutto o in parte le spese di lite, e ciò sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca, sia nell’ipotesi di concorso con altri giusti motivi (cfr., ex plurimis, cass. 200417763;

199609840).

Con il ricorso incidentale condizionato la Banca Popolare di Milano Soc. Coop. a r.l. deduce “Violazione dell’art. 183 c.p.c., comma 5, dell’art. 99 c.p.c. e dell’art. 101 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”.

Il ricorso principale non è fondato ed al relativo rigetto consegue anche l’assorbimento del ricorso incidentale, la cui delibazione è stata espressamente subordinata dalla Banca Popolare di Milano all’esito favorevole del primo, eventualità non avveratasi.

Conclusivamente il ricorso principale deve essere respinto, con assorbimento del ricorso incidentale, al primo riunito e con condanna della soccombente società Area Market al pagamento in favore della Banca Popolare di Milano Soc. Coop. a r.l. delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito il ricorso incidentale.

Condanna l’Area Market S.r.l. a rimborsare alla parte resistente le spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 10.200,00, di cui Euro 10.000,00 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 16 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 19 aprile 2010

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