Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 929 del 20/01/2010

Cassazione civile sez. II, 20/01/2010, (ud. 24/11/2009, dep. 20/01/2010), n.929

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHETTINO Olindo – Presidente –

Dott. ODDO Massimo – Consigliere –

Dott. PICCIALLI Luigi – Consigliere –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – rel. Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

G.C. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato

in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 9, presso lo studio dell’avvocato

MATTINA GIUSEPPE, rappresentato e difeso dagli avvocati GRECO

SALVATORE, GALATA’ DOMENICO;

– ricorrente –

contro

COMUNE SAN GIOVANNI GEMINI C.F. (OMISSIS) in persona del Sindaco

pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA DELLA MARINA

1, presso lo studio dell’avvocato PITRUZZELLA GIOVANNI, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 620/2004 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 24/05/2004;

udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del

24/11/2009 dal Consigliere Dott. BURSESE Gaetano Antonio;

udito l’Avvocato CONTE’ FRANCO con delega dell’Avv. PETRUZZELLA

GIOVANNI difensore del resistente che ha chiesto il rigetto del

ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

LECCISI Giampaolo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

G.C. proponeva reclamo avverso la sentenza del 21.6.89 del Commissario per la liquidazione degli usi civici della Sicilia, che in accoglimento dell’istanza del comune di San Giovanni Gemini, aveva dichiarato – per quanto qui interessa – che il fondo accatastato alla particella n. (OMISSIS) posseduto dal medesimo G.C. faceva parte del demanio civico del comune e di conseguenza ordinava la reintegrazione di quest’ultimo nel possesso della detta area. Lente locale si costituiva chiedendo il rigetto del reclamo. L’adita Corte d’Appello di Palermo, con sentenza del 26.9.1996 confermava la decisione, osservando che il terreno detenuto dal G. appartava al demanio comunale d’uso civico, essendo risultato dalla relazione del perito agrimensore, che esso era compreso in un perimetro di terreni di tale natura.

Avverso la decisione il G. proponeva ricorso per Cassazione;

la S.C. con sentenza n. 1870/2001, accoglieva il secondo motivo del ricorso, con il quale era stata denunziata la violazione della L. n. 1766 del 1927, art. 3 e art. 112 c.p.c. per avere la Corte d’Appello palermitana confermato la pronuncia di 1^ grado senza valutare che il Comune di S. Giovanni Gemini aveva riconosciuto espressamente, tramite i proprio legale, l’inesistenza di diritti d’uso civico sul fondo posseduto da ricorrente. Dichiarava assorbito il 3 motivo e rigettava il primo, rinviando la causa alla sezione usi civici della stessa Corte d’Appello di Palermo, compensando le spese del giudizio di legittimita’. La causa veniva quindi riassunta presso detta Corte a cura del G. che chiedeva dichiararsi che il suo terreno non faceva parte del demanio comunale. Radicatosi il contraddittorio, il Comune di S. Giovanni Gemini, si opponeva all’accoglimento del reclamo.

L’adita Corte siciliana, con la sentenza n. 620/04 depos. in data 24.5.2004, rigettava il reclamo de quo, confermando la decisione impugnata, compensando tra le parti le spese del doppio grado del giudizio. Secondo il giudicante non potevano ritenersi adesioni alla linea difensiva del G., – le affermazioni svolte negli atti processuali e nella comparsa conclusionale dal legale de Comune, che in ogni caso non potevano avere valore confessorio, trattandosi di semplici elementi indiziari, che pero’ non avevano, nella specie, valore determinante. Avverso la suddetta pronuncia il G. propone ricorso per Cassazione sulla base di 2 mezzi; il comune intimato resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il 1^ motivo l’esponente denunzia la violazione e falsa applicazione degli artt. 394, 372 c.p.c., art. 360 c.p.c., n. 3, circa la valutazione del comportamento tenuto nel corso del giudizio dall’ente pubblico, atteso che nella comparsa conclusionale del comune di S. Gemini, si riconosceva testualmente che “l’appello risulta(va) fondato in relazione all’affermazione dell’appellante”.

In realta’ siffatta adesione alla domanda del G. aveva fatto venir meno la materia del contendere e di cio’ avrebbe dovuto prendere atto il giudice, anziche’ procedere all’esame dei contrastanti risultati della consulenza tecnica d’ufficio, per ribadire la persistenza dell’uso civico sull’area in questione.

Peraltro – prosegue il ricorrente – in ipotesi subordinata, anche a seguire l’impostazione della sentenza impugnata, secondo cui le affermazioni contenute negli atti processuali provenienti dal legale della parte erano semplici elementi indiziari, questo imponeva alla Corte di estendere l’esame alla copiosa documentazione prodotta, al fine di stabilire se questa dava ulteriore conferma a quegli elementi ritenuti indiziari. La doglianza e’ infondata.

Si rileva in premessa, che questa Corte di Cassazione con la menzionata sentenza n. 1870/2001, ha ritenuto di accogliere il 2 motivo del precedente ricorso in quanto la Corte d’Appello di Palermo non aveva “nella sua pronuncia…in alcun modo considerata l’adesione che, nella fase di gravame, il Comune avrebbe dato alla linea difensiva del G., secondo cui il fondo era di natura privata, pur potendo dalla valutazione di tale comportamento dell’ente pubblico, risultare incontroversa l’esclusione del bene dal demanio comunale di uso civico”. Ora non v’e’ dubbio che il giudice del rinvio ha compiutamente proceduto alla valutazione del comportamento processuale del Comune di S. Giovanni Gemini, ritenendo che lo stesso non poteva essere considerato quale adesione alla linea difensiva del G., in quanto alle affermazioni contenute negli atti processuali provenienti dal legale dello stesso comune, non poteva attribuirsi valore confessorio, ma solo indiziario; peraltro tali indizi erano irrilevanti in quanto, nella fattispecie, non avevano valore determinante, tenuto conto, evidentemente, anche della particolare natura del vincolo (uso civico) di cui era gravato il terreno. D’altra parte, correttamente la Corte di merito non ha preso in esame la documentazione prodotta dal G. (volta a provare che il terreno era di proprieta’ privata senz’alcun vincolo di uso civico) in quanto ritualmente prodotta, rilevando peraltro che attraverso di essa il G. finiva per ampliare il thema decidendum della causa, necessariamente limitato, per effetto dei rinvio della S.C. alla valutazione del solo comportamento processuale dell’ente pubblico.

D’altronde le denunciate violazioni di legge contenute nella censura, si risolvono in questioni di fatto dirette a sollecitare un nuovo giudizio di merito inammissibile in sede di legittimita’, attesa la congrua motivazione della sentenza, priva di vizi logici e giuridici.

Passando all’esame del restante motivo, con esso il ricorrente denunzia la violazione dell’art. 2929 c.c. deducendo che il proprio terreno era stato oggetto di un’esecuzione immobiliare a seguito della quale era stato acquistato dal suo dante causa (il padre dello stesso G.), con riguardo a quanto previsto dall’art. 2929 c.c. secondo cui l’eventuale nullita’ degli atti esecutivi non avrebbe effetto nei confronti dell’acquirente o dell’aggiudicatario. Invero l’indicata procedura di esecuzione immobiliare e l’aggiudicazione del fondo a conclusione di essa, confermerebbero che il terreno era di proprieta’ privata e non gravato da usi civici.

I motivo e’ infondato. Correttamente invero la Corte siciliana ha ritenuto inammissibile la doglianza in quanto nuova, atteso che tale questione, in sede di reclamo avverso la decisione del commissario per la liquidazione degli usi civici, non era stata oggetto di alcuna specifica censura.

Conclusivamente il ricorso dev’essere rigettato; le spese di lite seguono la soccombenza.

P.Q.M.

LA CORTE Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in complessivi Euro 3.200,00, di cui Euro 2000,00 per onorario, oltre spese generali ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 24 novembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 20 gennaio 2010

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