Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9288 del 22/04/2011

Cassazione civile sez. lav., 22/04/2011, (ud. 15/12/2010, dep. 22/04/2011), n.9288

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico – Presidente –

Dott. AMOROSO Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. ZAPPIA Pietro – Consigliere –

Dott. FILABOZZI Antonio – Consigliere –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

P.M., P.G., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA GIUSEPPE FERRARI 2, presso lo studio dell’avvocato ANTONINI

GIORGIO, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato DEL

DUCA VINCENZO, giusta delega in atti;

– ricorrenti –

contro

ENAV S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CATALANI 31, presso lo studio

dell’avvocato VERDACCHI UMBERTO, che la rappresenta e difende, giusta

delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 192/2006 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 28/03/2006 R.G.N. 7215/01;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/12/2010 dal Consigliere Dott. GIOVANNI AMOROSO;

udito l’Avvocato DEL DUCA VINCENZO;

udito l’Avvocato VERDACCHI UMBERTO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con ricorso al giudice del lavoro di Roma P.M. e P.G. chiedevano dichiarare nulli e/o inefficaci e, comunque, disapplicare nei loro confronti i provvedimenti relativi ad alcune nomine dirigenziali fatte dall’ENAV con conseguente condanna al rinnovo del procedimento, anche con riferimento al conferimento di funzioni dirigenziali a livello di Direttore; in subordine chiedevano condannarsi l’ENAV al risarcimento dei danni per la mancata valutazione dei ricorrenti, da determinarsi in base alla differenza retribuiva tra quanto percepito e quanto spettante quale dirigente oltre che alla pensionabilità di detta differenza, da determinarsi a mezzo di CTU contabile.

Esponevano i ricorrenti che essi transitarono presso l’Azienda Autonoma Assistenza al Volo per il Traffico Aereo Generale (A.A.A.V.T.A.G.) dall’Aeronautica Militare, ai sensi della L. n. 145 del 1981. Nel prosieguo, la suddetta Azienda venne trasformata in Ente pubblico economico con denominazione Ente Nazionale Assistenza al Volo A seguito di detta trasformazione, il rapporto di lavoro del personale dipendente venne ad essere disciplinato dalle norme di diritto privato e dalla contrattazione collettiva (L. n. 665 del 1996, art. 8, commi 3 e 4). Le relative controversie furono devolute alla cognizione del giudice ordinario. Però la stessa legge disponeva, all’art. 14, comma 2, che “nelle more dell’adeguamento delle normative e delle procedure, nei settori operativo, tecnico ed amministrativo, rimangono in vigore le normative e le procedure vigenti”. Ai sensi di tale disposizione, in assenza di una specifica regolamentazione nel nuovo contratto collettivo di lavoro, anche dopo la privatizzazione del rapporto di lavoro – hanno sostenuto i ricorrenti – ha continuato a trovare applicazione, nei rapporti con il personale, il Regolamento del Personale AAAVTAG, approvato con D.P.R. 7 aprile 1983, n. 279. Segnatamente, per quanto concerne le promozioni a dirigente, l’art. 107 di tale Regolamento così disponeva: “La nomina a dirigente viene attribuita dal Consiglio d’Amministrazione in conformità dell’art. 5, alinea 12 dello Statuto dell’Azienda. I tre quarti dei posti disponibili nella qualifica di dirigente sono comunque riservati al personale della qualifica funzionale più elevata. L’accesso a tali posti avviene a scelta con delibera del Consiglio d’Amministrazione sulla base di criteri predeterminati che devono tenere conto di requisiti di professionalità, cultura e moralità richiesti per il tipo di incarico da conferire. Alla copertura dei rimanenti posti nella qualifica di dirigente si procede per pubblico concorso aperto anche ad esterni all’Azienda e in possesso di idonei requisiti di competenza ed esperienza. Le modalità di effettuazione del concorso sono stabilite dal Consiglio d’Amministrazione. La nomina dei direttori dei dipartimenti e dei direttori centrali viene attribuita dal Consiglio d’Amministrazione in conformità all’art. 5, alinea 12 dello Statuto dell’Azienda.

Sotto il profilo organizzativo, il personale era originariamente classificato, secondo le previsioni dell’art. 1 del Regolamento del Personale, in otto qualifiche funzionali, dall’8^, la meno elevata, alla 1^, la più elevata, identificate in base ai profili professionale ed alle mansioni, a ciascuna delle quali corrispondeva un livello retribuivo stabilito dagli accordi sindacali.

Successivamente, con il CCNL 1988/1990 (art 64), in attuazione della L. n. 190 del 1985, art. 2 veniva istituita la più elevata funzione di quadro, da attribuire a quei lavoratori che svolgevano rilevanti funzioni direttive con adeguato grado di responsabilità.

Con il successivo CCNL 1991/1993, in luogo ed in sostituzione della funzione di quadro, venne istituita la qualifica di “funzionario aziendale” (D.P.R. n. 357 del 1992, artt. 13 e 69). L’accesso alla suddetta qualifica è avvenuto in base ad una selezione per titoli culturali, professionale e di servizio (Delib. n. 185 del 1995).

I ricorrenti sono stati inquadrati nella qualifica funzionale più elevata, progressivamente identificata, in relazione alle modifiche organizzative dell’Ente sopra descritte, nella 1^ qualifica funzionale, nella qualifica di “quadro” e, successivamente, in quella di “funzionario”.

In base al quadro normativo esposto e, segnatamente, all’art. 107, comma 2, del Regolamento del Personale (D.P.R. n. 279 del 1983), quindi, avevano diritto di essere valutati in occasione di procedure di nomina di dirigenti dell’Ente.

L’Ente, invece, ha proceduto ad una serie di nomine dirigenziali con Delib. Consiglio d’Amministrazione assunte nelle adunanze del 25.3.1998 (dalla n. 31 alla n. 38) e del 29.6.1998 (dalla n. 62 alla n. 82), in palese contrasto con la normativa di riferimento (art. 107 del cit. Regolamento del personale) e con ingiusta esclusione dei ricorrenti dalle procedure selettive, i quali non erano stati neanche valutati.

Nell’instaurato contraddittorio con la parte intimata, il Giudice di primo grado, con sentenza n. 6006/2001, rigettava il ricorso.

2. Proponevano appello gli originari ricorrenti al quale resisteva l’ENPAV s.p.a.. La Corte d’Appello di Roma con sentenza del 28 marzo 2006 rigettava l’appello ritenendo essenzialmente non invocabile, come disciplina transitoria, l’art. 107, comma 2, del Regolamento del Personale (D.P.R. n. 279 del 1983), sul quale gli appellanti fondavano il loro diritto di essere valutati in occasione delle procedure di nomina di dirigenti dell’Ente.

3. Avverso questa pronuncia ricorrono per cassazione gli originari ricorrenti con cinque motivi.

Resiste con controricorso la parte intimata. Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso è articolato in cinque motivi.

Con il primo motivo di ricorso dei ricorrenti denunciano la violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4 ed insufficiente contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia con riferimento al rilievo di genericità dei motivi dell’appello.

Nella sentenza impugnata non vi è alcuna specificazione di quali siano quelle omesse valutazioni della documentazione acquisita agli atti, nè quali siano gli stessi documenti non sufficientemente valutati.

Con il secondo motivo di ricorso dei ricorrenti denunciano violazione e falsa applicazione di norme di diritto e segnatamente del D.P.R. n. 279 del 1983, art. 107 recante il regolamento del personale dell’ente, in relazione alla L. n. 665 del 1996, art. 14. Ad avviso dei ricorrenti è errata l’affermazione secondo cui per le nomine dirigenziali non vi sarebbe spazio per l’ultrattività della disciplina di cui all’art. 107 del regolamento del personale.

Sostengono che siffatta incompatibilità sia del tutto insussistente poichè la metodologia definita per l’accesso alla dirigenza dall’art. 107 della regolamento del personale non può definirsi in assoluto contrastante con la mutata natura del rapporto di lavoro.

Con il terzo motivo i ricorrenti denunciano contraddittoria e insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia con riferimento alla asserita novità della domanda.

Con il quarto motivo i ricorrenti denunciano contraddittoria e insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia con riferimento al mancato rispetto degli obblighi autoimpostisi dall’ente di improntare le nomine all’osservanza di regole predefinite nell’osservanza degli artt. 1175 e 1375 c.c..

Con il quinto motivo e ricorrenti lamentano l’omesso esame della domanda concernente procedimenti di nomina di dirigenti con funzioni di direttore di cui alla seduta del 25 marzo 1998 da effettuare nel rispetto del D.P.R. 279 del 1983, art. 107, comma 4, e dell’art. 5, alinea 12, dello statuto dell’ente.

2. Il ricorso, che contiene sia la denuncia di plurime asserite violazione di legge, sia la doglianza di vizio dì motivazione, è da considerarsi inammissibile – come puntualmente eccepito dalla difesa della parte resistente – sotto il primo profilo perchè i motivi di ricorso in tale parte non contengono, nessuno di essi, il relativo quesito di diritto ex art. 366 bis c.p.c.. La sentenza impugnata è stata depositata il 28 marzo 2006 e quindi si applica l’art. 366 bis c.p.c.; disposizione inserita dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 6 che, per espressa previsione dell’art. 27, comma 2, D.Lgs. cit., si applica – anzi si applicava stante la successiva abrogazione ad opera della L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 471, lett. d), – ai ricorsi per cassazione proposti avverso le sentenze e gli altri provvedimenti pubblicati a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto medesimo (avvenuta il 2 marzo 2006).

3. Il ricorso poi muove anche censure riferibili al vizio di motivazione per il quale è sufficiente che la formulazione delle censure ex art. 360 c.p.c., n. 5, contenga la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione (Cass., sez. lav., 21 aprile 2009, n. 9477); ciò che nella specie può predicarsi per il ricorso in esame.

4. Nel merito comunque il ricorso è in questa parte infondato.

Con motivazione ampiamente sufficiente e nient’affatto contraddittoria la Corte d’appello ha osservato che non sussiste la invocata ultrattività della disciplina regolamentare (art. 107 del cit. Regolamento del personale) sulla quale essenzialmente i ricorrenti fondano le loro pretese, perchè la disciplina del rapporto di lavoro dei dipendenti dell’ex Azienda autonoma è stata espressamente demandata alla normativa dì diritto privato e alla contrattazione collettiva dalla L. n. 665 del 1996, art. 8 e dallo statuto dell’Enav approvato con D.M. 27 maggio 1997, mentre l’art. 14 della stessa legge taceva e riferimento non a tale disciplina, ma al regolamento amministrativo-contabile.

In questo mutato contesto normativo – ha osservato la Corte distrettuale – non operava alcuna limitazione della possibilità di nomine di dirigenti ai soli interni; l’obbligo di motivazione, limitato alla scelta effettuata nell’ambito delle professionalità interne in relazione all’incarico da ricoprire, risultava adempiuto dall’ente in maniera esaustiva:, la qualifica apicale non era prevista tra i criteri selettivi per la nomina.

In particolare non sussisteva alcun obbligo per l’ente di porre in essere una procedura selettiva per il conferimento di posizioni dirigenziali e in tal senso le citate delibere dell’ente in materia erano legittime e coerenti con la struttura del rapporto di lavoro di diritto privato nell’ambito del quale il dirigente è legato al datore di lavoro da un vincolo fiduciario che esclude la necessità di una procedura di tal fatta e l’obbligo di privilegiare con una riserva di posti il personale interno.

5. Questa ratio decidendi espressa dalla Corte d’appello è peraltro conforme all’orientamento di questa Corte.

Ed infatti già Cass., sez. lav., 12 settembre 2007, n. 19108, ha precisato la non richiamabilità all’art. 14, comma 2, cit. – che prevede che nelle more dell’adeguamento delle normative e procedure nei settori operativo, tecnico ed amministrativo rimangono in vigore le normative e le procedure vigenti – perchè concernente esclusivamente i profili organizzativi e gestionali del servizio pubblico affidato all’ENAV e non già la disciplina dei rapporti di lavoro, sicchè per questi ultimi la normativa privatistica è immediatamente operativa, in assenza dì una norma transitoria specifica (quale quella, ad esempio, prevista per i personale dell’Ente Poste Italiane in virtù del D.L. n. 487 del 1993, art. 6, comma 6, conv. con L. n. 71 del 1994).

In senso conforme anche successivamente si è espressa questa Corte (Cass., sez. lav., 24 marzo 2009, n. 7053) ribadendo che a seguito della trasformazione dell’azienda autonoma di assistenza al volo per il traffico aereo generale (Aaavtag) in ente pubblico economico, denominato ente nazionale di assistenza al volo (Enav), a decorrere dal 1 gennaio 1996 (L. 21 dicembre 1996 n. 665), con previsione di successiva trasformazione in spa, i rapporti di lavoro hanno assunto natura privatistica, alle dipendenze di soggetto estraneo al complesso organizzazione della p.a. e, ai sensi della L. n. 665 del 1996, art. 8, comma 3, sono disciplinati – con efficacia immediatamente operativa in assenza di una specifica norma transitoria (come, invece, avvenuto per il personale dell’ente poste italiane in forza del D.L. 1 dicembre 1993, n. 487, art. 6, comma 6) – dalle norme di diritto privato e dalla contrattazione collettiva di lavoro, dovendosi ritenere, ai fini dell’ultrattività della precedente regolamentazione pubblicistica, privo di ogni rilievo il disposto di cui all’art. 14, 2 comma, medesima L., che riguarda esclusivamente i profili organizzativi e gestionali del servizio pubblico affidato all’Enav e non la disciplina dei rapporti di lavoro.

3. Il ricorso va quindi nel suo complesso rigettato.

Alla soccombenza consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali di questo giudizio di cassazione nella misura liquidata in dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso; condanna i ricorrenti al pagamento delle spese di questo giudizio di cassazione liquidate in Euro 35,00 (trentacinque/00) oltre Euro 3.000,00 (tremila/00) per onorario d’avvocato ed oltre IVA, CPA e spese generali.

Così deciso in Roma, il 15 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 22 aprile 2011

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