Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9287 del 11/04/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 11/04/2017, (ud. 07/12/2016, dep.11/04/2017),  n. 9287

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. NEGRI DELLE TORRE Paolo – rel. Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 26619-2010 proposto da:

D.R. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA V. VENETO 96, presso lo studio dell’avvocato SUSANNA BELTRAMO,

che la rappresenta e difende giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

L.G. FARAVELLI 22, presso lo studio dell’avvocato ARTURO MARESCA,

che la rappresenta e difende giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 492/2010 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 29/06/2010 r.g.n. 572/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/12/2016 dal Consigliere Dott. NEGRI DELLA TORRE PAOLO;

udito l’Avvocato SUSANNA BELTRAMO;

udito l’Avvocato GAETANO GIANNI’ per delega verbale ARTURO MARESCA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CERONI FRANCESCA, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza n. 492/2010, depositata il 29 giugno 2010, la Corte di appello di Genova respingeva il gravame di D.R. nei confronti della sentenza del Tribunale di Genova, che ne aveva rigettato il ricorso diretto ad ottenere la dichiarazione di nullità del termine apposto a cinque contratti stipulati con la società Poste Italiane S.p.A. tra l’ottobre 2005 e l’aprile 2007, di cui il primo ai sensi del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, e i successivi quattro ai sensi dell’art. 2, comma 1 bis, del medesimo decreto legislativo, come modificato dalla L. 23 dicembre 2005, n. 266.

La Corte rilevava, in primo luogo, che le ragioni, che avevano determinato il Tribunale a respingere il ricorso con riferimento al primo contratto, non avevano formato oggetto di specifico motivo di gravame; osservava, poi, quanto ai contratti successivi, come la disciplina di cui al D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 2, comma 1 bis, dovesse ritenersi esclusiva per le imprese operanti nei settori delle poste e alternativa (anzichè aggiuntiva) rispetto alla disciplina stabilita in via generale dall’art. 1, con conseguente infondatezza della censura di violazione delle prescrizioni poste da tale ultima norma, esclusa l’esistenza di ragioni di contrasto tra l’interpretazione così adottata e l’ordinamento comunitario.

Ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza la D. con unico motivo; la società ha resistito con controricorso, illustrato da memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il Collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della motivazione in forma semplificata.

Con unico motivo, deducendo violazione e falsa applicazione di norme di diritto e vizio di motivazione, la ricorrente censura la sentenza impugnata (a) per avere, riguardo ai contratti stipulati ai sensi del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 2, comma 1 bis, ritenuto legittima l’apposizione del termine sul rilievo che la disciplina introdotta con tale norma fosse alternativa a quella di cui al precedente art. 1, senza avvedersi della sua contrarietà alla Direttiva 1999/70/CE; e (b) per avere, relativamente al primo contratto, trascurato di considerare quanto era stato allegato nel ricorso di primo grado (sull’impugnazione della transazione intervenuta fra le parti in data 1/6/2006) nonchè il comportamento tenuto successivamente dalla società.

Il motivo è infondato per ciò che attiene al profilo sub (a), proponendosi con lo stesso questioni già esaminate dalla sentenza di questa Corte a Sezioni Unite n. 11374/2016, la quale ha precisato che “le assunzioni a tempo determinato, effettuate da imprese concessionarie di servizi nel settore delle poste, che presentino i requisiti specificati dal D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 2, comma 1 bis, non necessitano anche dell’indicazione delle ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo ai sensi del medesimo D.Lgs., art. 1, comma 1, trattandosi di ambito nel quale la valutazione sulla sussistenza della giustificazione è stata operata ex ante direttamente dal legislatore”; e altresì precisato che “in tema di rapporti di lavoro nel settore delle poste, la stipula in successione tra loro di contratti a tempo determinato nel rispetto della disciplina di cui al D.Lgs. n. 368 del 2001, e successive integrazioni, applicabile ratione temporis, è legittima, dovendosi ritenere la normativa nazionale interna non in contrasto con la clausola n. 5 dell’Accordo Quadro, recepito nella Direttiva n. 1999/70/CE, atteso che l’ordinamento italiano e, in ispecie, D.Lgs. n. 368 cit., art. 5, come integrato dalla L. n. 247 del 2007, art. 1, commi 40 e 43, impone di considerare tutti i contratti a termine stipulati tra le parti, a prescindere dai periodi di interruzione tra essi intercorrenti, inglobandoli nel calcolo della durata massima (36 mesi), la cui violazione comporta la trasformazione a tempo indeterminato del rapporto”.

Quanto al profilo sub (b), si deve rilevare l’improcedibilità del ricorso, posto che, nella inosservanza dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, la ricorrente non ha depositato copia del documento (atto di transazione), su cui l’impugnazione si fonda, nè indicato il luogo preciso in cui esso fu depositato nei gradi di merito; e comunque la sua inammissibilità, essendosi la ricorrente limitata ad un generico e indistinto richiamo agli argomenti (sull’impugnazione della transazione) esposti nel ricorso introduttivo di primo grado e al “comportamento” di Poste Italiane S.p.A., senza alcuna, e pur necessaria, censura alle statuizioni rese sul punto dalla Corte territoriale.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in Euro 100,00 per esborsi e in Euro 3.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso spese generali al 15% e accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 7 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 11 aprile 2017

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