Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9286 del 20/05/2020

Cassazione civile sez. lav., 20/05/2020, (ud. 07/05/2019, dep. 20/05/2020), n.9286

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – rel. Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5519-2018 proposto da:

MONTEL S.N.C. DI D.L.G. & C., in persona del legale

rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE,

rappresentata e difesa dall’avvocato LORENZO GIULIANI;

– ricorrente-

contro

R.A.P., domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e

difesa dall’avvocato CARLO SCARPANTONI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 896/2017 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 09/11/201 r.g.n. 151/2017.

LA CORTE, visti gli atti e sentito il consigliere relatore:

Fatto

RILEVA

che:

con ricorso depositato l’otto luglio 2013 R.A.P. conveniva in giudizio davanti al giudice del lavoro di Teramo la MONTEL s.n.c. di D.L.G. & C., assumendo di aver prestato attività lavorativa alle dipendenze di tale società, pressochè ininterrottamente dal 14 marzo del 2005 sino al 30 novembre del 2012, inizialmente in forza di contratto a tempo determinato per la durata di tre mesi, quindi prorogato sino a 14 settembre 2005, con la qualifica di operaia generica di quinto livello. In seguito, la R. era stata nuovamente assunta dalla medesima convenuta il 24 ottobre 2005 mediante contratto di apprendistato professionalizzante volto al conseguimento della qualifica di elettricista, quinto livello c.c.n.l. imprese artigiane del settore metalmeccanico, per la durata di 60 mesi, risolto il 15 ottobre 2010 per decorrenza del periodo e con il conseguimento della qualifica di elettricista; in seguito, era stato stipulato un nuovo contratto di lavoro subordinato a tempo determinato, con decorrenza dal 30 novembre 2010 sino alla 30 novembre 2011, quindi prorogato fino al 30 novembre 2012, data di cessazione definitiva del rapporto. L’attrice aveva, quindi, lamentato la nullità del contratto di apprendistato per assenza degli elementi costitutivi del rapporto negoziale, nonchè per la violazione del diritto di precedenza e del superamento dei limiti quantitativi;

con successivo ricorso del 24 gennaio 2014 la medesima R., premesso quanto già richiesto con il ricorso di luglio 2013, aveva reiterato l’istanza d’invalidazione del contratto di apprendistato, con richiesta, inoltre, di condanna della società convenuta, datrice di lavoro, al pagamento delle differenze retributive in relazione al trattamento economico previsto a regime per i lavoratori a tempo indeterminato titolari della qualifica assegnata dalla stessa convenuta, ovvero in via subordinata con riferimento alle differenze retributive correnti tra il trattamento economico previsto per gli apprendisti dal contratto collettivo e quello corrisposto dalla società datrice di lavoro;

disposta la riunione delle due cause, con sentenza n. 790 pubblicata il 20 dicembre 2016 e notificata il successivo 10 febbraio 2017, il Tribunale di Teramo accertava che tra le parti era intercorso un ordinario rapporto di lavoro a tempo indeterminato dal 24 ottobre 2005 al 15 ottobre 2010. Condannava la società convenuta al pagamento in favore della ricorrente della somma di Euro 22.569,26, oltre accessori di legge. Dichiarava la nullità del termine apposto al contratto stipulato tra la ricorrente e la società convenuta il 30 novembre 2010, accertando per l’effetto l’esistenza tra le stesse parti di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, con la medesima decorrenza, e con il diritto dell’attrice alla riammissione in servizio, per l’effetto condannando la società a ripristinare il rapporto di lavoro nonchè a corrispondere all’attrice un’indennità risarcitoria pari a sei mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, quantificata in complessivi Euro 7788,72 oltre accessori, nonchè infine al rimborso delle spese processuali all’uopo liquidate;

la parte rimasta soccombente appellava l’anzidetta sentenza, deducendo erroneo e/o illegittimo rigetto della sollevate eccezioni di inammissibilità del ricorso depositato il 24 gennaio 2014, stante la violazione del principio generale del divieto di frazionamento del credito, nonchè del conseguente abuso della tutela giurisdizionale, la erronea e/o illegittima applicazione del D.Lgs. n. 276 del 2003 e la conseguente erronea e/o illegittima ritenuta trasformazione del contratto di apprendistato a termine in contratto di lavoro a tempo indeterminato, con la conseguente condanna alla riammissione nel posto di lavoro, l’erroneo riconoscimento dei conteggi esposti ed infine l’illegittima condanna di essa appellante alla riammissione in servizio nel posto di lavoro, avendo la società cessato la propria attività il 31 gennaio 2014, concedendo in affitto l’azienda alla S.r.l. MONTEL Elettronica, donde comunque l’assoluta impossibilità materiale e giuridica della riammissione in servizio;

la Corte d’Appello di L’Aquila con sentenza n. 826 in data 9 novembre 2017 rigettava l’interposto gravame, con la condanna inoltre dell’appellante al pagamento delle ulteriori spese di lite. Disattesa la preliminare l’eccezione d’inammissibilità del ricorso depositato nel corso dell’anno 2014, la Corte aquilana riteneva in parte inammissibile ed in parte infondato il secondo motivo di gravame: inammissibile laddove era stato sostenuto che la mancata forma scritta del contratto di apprendistato non comportava alcuna sanzione, ovvero che nello specifico non vi sarebbe stata alcuna violazione del principio di precedenza, o che il contratto collettivo metalmeccanico del 1997 non prevedeva alcun numero minimo di apprendisti, trattandosi ad ogni modo di argomentazioni non sviluppate dal giudice di primo grado, che aveva fondato l’illegittimità del contratto di apprendistato in base alla rilevata mancata formazione professionale, donde l’inconferenza di tali motivi a sostegno dell’impugnazione. Parimenti inammissibile risultava la commistione tra contratto di apprendistato e contratti a termine, laddove la lettera di assunzione richiamava le esigenze tecnico-produttive derivate da incremento di commesse, “per inferirne la legittimità del contratto a termine e la erroneità della decisione nella parte in cui afferma la nullità del contratto di apprendistato”. Per il resto la doglianza risultava infondata laddove aveva sostenuto l’inapplicabilità del D.Lgs. n. 276 del 2003, in luogo del contratto collettivo metalmeccanico del 1997, che rimandava in pratica alla L. n. 25 del 1955. Infatti, essendo stato il contratto di apprendistato stipulato dalle parti in epoca successiva all’entrata in vigore del suddetto decreto n. 276/03, il rapporto restava soggetto alla disciplina dettata da quest’ultima fonte normativa, secondo cui il contratto scritto di apprendistato deve contenere il piano formativo individuale con l’indicazione di un monte ore di formazione, formazione costituente l’elemento caratterizzante la tipologia contrattuale distinta dall’ordinario rapporto di lavoro. L’assenza del piano formativo e, comunque, la provata mancata formazione consentivano di qualificare il rapporto come ordinario e di ritenere simulato quello indicato come apprendistato. Non solo i testi escussi avevano chiaramente riferito di una mancanza di formazione, ma le stesse deposizioni riportate nell’atto di appello per dimostrarla confermavano l’assunto, dove in particolare le parole della teste C.T. stavano ad identificare una normale attività di controllo e di coordinamento, piuttosto che d’insegnamento dell’attività da intraprendere. Il terzo motivo poi risultava del tutto defatigatorio, avendo il giudice adito già escluso dalla complessiva somma, richiesta dalla lavoratrice, lo straordinario, l’indennità sostitutiva per ferie, la 13a mensilità e la quota di t.f.r. eccedente l’importo versato al termine del rapporto. Circa, infine, il quarto motivo di appello, la Corte territoriale non poteva che rilevare come il trasferimento di azienda non costituisse una ipotesi di preclusione alla riammissione in servizio del dipendente illegittimamente estromesso e del soddisfacimento dei crediti dal medesimo vantati, attese le tutele di cui all’art. 2112 c.c. godute dal lavoratore nell’ipotesi di cessioni; avverso la sentenza di appello ha proposto tempestivo ricorso per cassazione MONTEL s.n.c. di D.L.G. & C., in persona del l.r.p.t. D.L.G., affidato ad un solo articolato motivo, cui ha resistito la sig.ra R.A.P. mediante controricorso notificato a mezzo p.e.c. il 23-03-2018.

Diritto

CONSIDERATO

che:

parte ricorrente ha denunciato violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276, art. 49, comma 5 bis aggiunto dal D.L. 14 marzo 2005, n. 35, art. 13 convertito con modificazioni dalla L. 14 maggio 2005, n. 80, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, nonchè del contratto collettivo nazionale di lavoro del 27 novembre 1997 per le aziende artigiane metalmeccaniche. In proposito la ricorrente ha sostenuto l’erronea applicazione nella specie del D.Lgs. n. 276 del 2003, nei sensi ritenuti dalla Corte territoriale, che aveva però del tutto ignorato le modifiche introdotte al Decreto 276, art. 49, comma 5 bis dalla L. n. 80 del 2005, art. 13, comma 13 bis, per cui era stato inserito il comma 5 bis, secondo cui fino all’approvazione della legge regionale prevista dal comma 5, la disciplina dell’apprendistato professionalizzante era rimessa ai contratti collettivi nazionali di categoria stipulati da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. Di conseguenza, la succitata norma aveva riconosciuto alla contrattazione collettiva un ruolo di supplenza temporanea e transitoria nella determinazione dei profili formativi dell’apprendistato fino all’emanazione delle apposite leggi regionali, però non ancora intervenute nel caso di specie, rientrando quindi nella disciplina del vecchio apprendistato di apprendisti appartenenti a settori che come quello in esame al momento della stipula del contratto individuale non avevano disciplinato contrattualmente l’apprendistato ai sensi del Decreto n. 276 del 2003. La Regione Abruzzo, poi, soltanto con L. 24 dicembre 2009 aveva regolamentato l’apprendistato professionalizzante, stabilendo in particolare con l’art. 34 che nelle more dell’adozione delle norme attuative il contratto di apprendistato era disciplinato ai sensi del D.Lgs. n. 276, art. 16 e dalla L. 24 giugno 1997, n. 196, con il conseguente richiamo all’applicabilità del contratto collettivo di riferimento, risalente al 27 novembre 1997. Invece, il piano formativo individuale era stato previsto soltanto della L. n. 167 del 2011, che aveva disciplinato il contratto di apprendistato professionalizzante, applicabile per il settore metalmeccanico artigiani a far tempo dal 16 giugno 2011. Era stato, inoltre, dimostrato con le deposizioni testimoniali e le dichiarazioni dello stesso D.L. che la formazione era stata svolta dalle dipendenti C. e dal medesimo datore di lavoro, mentre non derivava alcuna nullità del contratto dalla mancanza della forma scritta, per la quale era prevista semmai la mera sanzione amministrativa;

tanto premesso, le doglianze di parte ricorrente vanno comunque disattese in forza delle seguenti ragioni;

in primo luogo, parte ricorrente non ha depositato il testo integrale del c.c.n.l. 27-11-1997 (mancante nella relativa produzione – cfr. altresì l’estrema genericità dell’indice della documentazione in calce al ricorso per cassazione, segnatamente per quanto concerne i “fascicoli di parte dei precedenti gradi”), del quale la società istante però assume la violazione e/o falsa applicazione, con conseguente IMPROCEDIBILITA’ dell’impugnazione, a norma di quanto previsto sul punto dall’art. 369 codice di rito (invero, nel giudizio di cassazione l’onere di depositare i contratti e gli accordi collettivi – imposto, a pena di improcedibilità del ricorso, dall’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, nella formulazione di cui al D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 – può dirsi soddisfatto solo con la produzione del testo integrale del contratto collettivo, adempimento rispondente alla funzione nomofilattica di questa S.C. e necessario per l’applicazione del canone ermeneutico previsto dall’art. 1363 c.c.. Nè, a tal fine, può considerarsi sufficiente il mero richiamo, in calce al ricorso, all’intero fascicolo di parte del giudizio di merito, ove manchi una puntuale indicazione del documento nell’elenco degli atti – Cass. lav. n. 4350 del 04/03/2015. V. in senso analogo pure Cass. I civ. ordinanza n. 15580 del 15/03 – 14/06/2018 – Rv. 649273 – 01. Cfr. altresì Cass. lav. n. 15495 del 02/07/2009, secondo cui l’onere di depositare i contratti e gli accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda – imposto, a pena di improcedibilità, dall’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, nella nuova formulazione di cui al D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 – non può dirsi soddisfatto con la trascrizione nel ricorso delle sole disposizioni della cui violazione il ricorrente si duole attraverso le censure alla sentenza impugnata, dovendosi ritenere che la produzione parziale di un documento sia non solamente incompatibile con i principi generali dell’ordinamento e con i criteri di fondo dell’intervento legislativo di cui al citato D.Lgs. n. 40 del 2006, intesi a potenziare la funzione nomofilattica della Corte di cassazione, ma contrasti con i canoni di ermeneutica contrattuale dettati dagli artt. 1362 c.c. e ss. e, in ispecie, con 2006, intesi a potenziare la funzione nomofilattica della Corte di cassazione, ma contrasti con i canoni di ermeneutica contrattuale dettati dagli artt. 1362 c.c. e ss. e, in ispecie, con la regola prevista dall’art. 1363 c.c., atteso che la mancanza del testo integrale del contratto collettivo non consente di escludere che in altre parti dello stesso vi siano disposizioni indirettamente rilevanti per l’interpretazione esaustiva della questione che interessa. Conformi Cass. n. 28306 del 31/12/2009, n. 3894 del 18/02/2010, n. 6732 del 19/03/2010, nonchè n. 7891 del 06/04/2011.

V. ancora Cass. lav. n. 27876 del 30/12/2009: l’onere di depositare il testo integrale dei contratti collettivi di diritto privato, previsto a pena di improcedibilità del ricorso per cassazione dall’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, non è limitato al procedimento di accertamento pregiudiziale sull’efficacia, validità ed interpretazione dei contratti e accordi collettivi nazionali i cui all’art. 420-bis c.p.c., ma si estende al ricorso ordinario ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, avuto riguardo alla necessità che la S.C. sia messa in condizione di valutare la portata delle singole clausole contrattuali alla luce della complessiva pattuizione, e dovendosi ritenere pregiudicata la funzione nomofilattica della S.C. ove l’interpretazione delle norme collettive dovesse essere limitata alle sole clausole contrattuali esaminate nei gradi di merito. Conformi id. n. 2742 – 08/02/2010, n. 3459 del 15/02/2010. Cass. lav. n. 4373 del 23/02/2010: l’onere di depositare i contratti e gli accordi collettivi imposto, a pena di improcedibilità del ricorso per cassazione, dall’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, nella formulazione di cui al D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 – è soddisfatto solo con il deposito da parte del ricorrente dei contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda, senza che possa essere considerata sufficiente la mera allegazione dell’intero fascicolo di parte del giudizio di merito in cui sia stato già effettuato il deposito di detti atti. In senso analogo v. ancora Cass. lav. ordinanza n. 11614 del 13/05/2010, secondo cui, in particolare, non può essere considerata sufficiente la mera allegazione dell’intero fascicolo di parte del giudizio di merito in cui sia stato effettuato il deposito di detti atti o siano state allegate per estratto le norme dei contratti collettivi. In tal caso, ove pure la S.C. rilevasse la presenza dei contratti e accordi collettivi nei fascicoli del giudizio di merito, in ogni caso non potrebbe procedere al loro esame, non essendo stati ritualmente depositati secondo la norma richiamata.

Parimenti, v. Cass. VI sez. – L, ordinanza n. 21366 del 15/10/2010, con principio affermato ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c., comma 1, ed analogamente come da ordinanza n. 21358 del 15/10/2010, secondo la quale l’anzidetto deposito deve avere ad oggetto non solo l’estratto recante le singole disposizioni collettive invocate nel ricorso, ma l’integrale testo del contratto o accordo collettivo di livello nazionale contenente tali disposizioni, rispondendo tale adempimento alla funzione nomofilattica assegnata alla Corte di Cassazione nell’esercizio del sindacato di legittimità sull’interpretazione della contrattazione collettiva di livello nazionale);

risulta, altresì, preclusa nel caso di specie la possibilità di poter denunciare il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, operando ad ogni modo lo sbarramento di cui all’art. 348-ter c.p.c., u.c. per effetto della doppia conforme, visto che la sentenza di primo grado, risalente al 20 dicembre 2016 ed impugnata nell’anno 2017, risulta integralmente confermata mediante il rigetto dell’interposto gravame e senza, peraltro, che la ricorrente abbia in qualche modo precisato diversità di valutazioni in punto di fatto tra la decisione di primo e quella di secondo grado del giudizio di merito;

nè sono, evidentemente, ammissibili in questa sede di legittimità sindacati di sorta sulle valutazioni e sugli apprezzamenti in ordine alle circostanze fattuali operati dalla Corte di merito, esclusivamente competente al riguardo;

ad ogni modo ed indipendentemente dalla questione della forma scritta circa il piano formativo individuale, la Corte distrettuale ha comunque rilevato che nel caso di specie era da ritenersi accertata la mancata formazione professionale, quale elemento caratterizzante l’impugnato rapporto di apprendistato, il cui difetto consentiva di qualificarlo quindi come ordinario rapporto di lavoro, ritenendo per contro simulato quello indicato come di apprendistato;

tale ratio decidendi, pertanto, si appalesa del tutto corretta alla luce del conforme orientamento della giurisprudenza di questa Corte in materia (cfr., infatti, Cass. lav. n. 14754 del 30/06/2014, secondo cui nel contratto di apprendistato il dato essenziale è rappresentato dall’obbligo del datore di lavoro di garantire un effettivo addestramento professionale finalizzato all’acquisizione, da parte del tirocinante, di una qualificazione professionale, sicchè il ruolo preminente che la formazione assume rispetto all’attività lavorativa esclude che possa ritenersi conforme a tale speciale figura contrattuale un rapporto avente ad oggetto lo svolgimento di attività assolutamente elementari o routinarie, non integrate da un effettivo apporto didattico e formativo di natura teorica e pratica, con accertamento rimesso al giudice di merito ed incensurabile in cassazione, se congruamente motivato. Analogamente, secondo Cass. lav. n. 6787/11.5.2002, nel contratto di tirocinio il dato essenziale è rappresentato dall’obbligo del datore di lavoro di garantire un effettivo addestramento professionale finalizzato all’acquisizione, da parte del tirocinante, di una qualificazione professionale. Il ruolo preminente che la formazione assume rispetto all’attività lavorativa – che non solo spiega una serie di interventi del legislatore nazionale diretti a renderne effettiva la realizzazione – v. L. n. 25 del 1955, art. 2, comma 2, introdotto dalla L. n. 424 del 1968, art. 16, comma 1, L. n. 196 del 1997, art. 2, lett. a e b, del D.L. n. 214 del 1999, convertito nella L. n. 263 del 1999, di modifica di alcune disposizioni della L. n. 25 del 1955 – ma che è particolarmente sentito anche nel diritto comunitario, come si desume dall’art. 127 del trattato istitutivo della Comunità Europea dal Regolamento del Consiglio n. 2081/93 del 20 luglio 1993, esclude che possa ritenersi conforme alla speciale figura contrattuale voluta dal legislatore un rapporto avente ad oggetto lo svolgimento di attività assolutamente elementari o routinarie, non integrate da un effettivo apporto didattico e formativo di natura teorica e pratica. Conforme Cass. lav. n. 13013 del 5/9/2003. Cfr. altresì Cass. lav. n. 11265 del 10/05/2013: l’apprendistato è un rapporto di lavoro speciale, in forza del quale l’imprenditore è obbligato ad impartire nella sua impresa all’apprendista l’insegnamento necessario perchè questi possa conseguire la capacità tecnica per diventare lavoratore qualificato, occorrendo a tal fine lo svolgimento effettivo, e non meramente figurativo, sia delle prestazioni lavorative da parte del dipendente sia della corrispondente attività di insegnamento da parte del datore di lavoro, la quale costituisce elemento essenziale e indefettibile del contratto di apprendistato, entrando a far parte della causa negoziale. Spetta al giudice di merito verificare, con valutazione non censurabile in sede di legittimità se congruamente motivata, la ricorrenza di una attività formativa, pur modulabile in relazione alla natura e alle caratteristiche delle mansioni che il lavoratore è chiamato a svolgere, purchè adeguata ed effettivamente idonea a raggiungere lo scopo di attuare una sorta di ingresso guidato del giovane nel mondo del lavoro. In senso analogo anche Cass. nn. 11482/2002 e n. 2015/12);

il ricorso, pertanto, deve ritenersi inammissibile, con conseguente condanna della parte rimasta soccombente al pagamento delle relative spese, dovendosi, per altro verso, anche rilevare la sussistenza dei presupposti processuali inerenti al versamento dell’ulteriore contributo unificato, stante l’esito del tutto negativo della proposta impugnazione.

PQM

la Corte dichiara INAMMISSIBILE il ricorso. Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese, che liquida, a favore della controricorrente, in Euro 4500,00 (quattromilacinquecento/00) per compensi professionali ed in Euro 200,00 (duecento/00) per esborsi, oltre spese generali al 15%, i.v.a. e c.p.a. come per legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 7 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 20 maggio 2020

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