Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9285 del 22/04/2011

Cassazione civile sez. lav., 22/04/2011, (ud. 17/11/2010, dep. 22/04/2011), n.9285

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere –

Dott. COLETTI DE CESARE Gabriella – Consigliere –

Dott. AMOROSO Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. MORCAVALLO Ulpiano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FREZZA N. 17, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati MERCANTI

VALERIO, ELISABETTA LANZETTA, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

C.M.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 994/2007 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 25/09/2007 R.G.N. 36/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

17/11/2010 dal Consigliere Dott. GIOVANNI AMOROSO;

udito l’Avvocato LANZETTA ELISABETTA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SEPE Ennio Attilio che ha concluso per accoglimento per quanto di

ragione.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. C.M., esponendo di aver lavorato alle dipendenze dell’INPS fino alla data di pensionamento e di aver percepito ininterrottamente in relazione alle funzioni svolte l’indennità mensile per ispettori di vigilanza ed il salario di professionalità, adiva il Tribunale di Torino chiedendo la condanna dell’Istituto alla riliquidazione del trattamento di quiescenza (indennità di buonuscita) e del trattamento pensionistico integrativo, mediante computo nella base dì calcolo degli emolumenti sopra detti.

Nella resistenza dell’Inps, il giudice adito accoglieva la domanda.

L’appello dell’Istituto veniva respinto dalla Corte d’appello di Torino con sentenza n. 994 del 25 settembre 2007.

2. L’Inps propone ricorso per cassazione con due motivi. L’intimato non ha svolto difese.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso è articolato in due motivi.

Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione della L. 20 marzo 1975, n. 70, art. 14 e degli artt. 5, 27 e 38 del Regolamento per il trattamento di previdenza integrativa del personale a rapporto di impiego dell’Inps. Afferma l’INPS, con riferimento all’indennità per ispettore di vigilanza ed al salario di professionalità, che nessuna disposizione di legge, contrattuale o regolamentare, consente di considerare tali emolumenti come utili ai fini della previdenza integrativa non essendo stati sottoposti a contribuzione nel Fondo.

Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione della L. 20 marzo 1975, n. 70, art. 13 e degli artt. 5 e 34 del Regolamento suddetto. Con riferimento al salario di professionalità, l’INPS deduce che tale indennità non avrebbe potuto essere presa in considerazione ai fini del trattamento di buonuscita.

2. Entrambe le questioni poste nei due motivi di ricorso sono già state esaminate dalle Sezioni Unite di questa Corte, a composizione di un contrasto di giurisprudenza, con l’affermazione di principi che qui possono essere ribaditi non essendo stati prospettati decisivi argomenti per un revirement in materia.

4. Pertanto il primo motivo di ricorso è infondato, avendo questa Corte (Cass., sez. un., 25 marzo 2010, n. 7154) già affermato che, con riferimento al criterio di calcolo della pensione integrativa dei dipendenti dell’INPS, ai sensi dell’art. 5 del Regolamento per il trattamento di previdenza e quiescenza dell’ente, adottato con delibera del 12 giugno 1970 e successivamente modificato con deliberazione del 30 aprile 1982, ai fini della computabilità nella pensione integrativa già erogata dal fondo istituito dall’ente (e ancora transitoriamente prevista a favore dei soggetti già iscritti al fondo, nei limiti dettati dalla L. 17 maggio 1999, n. 144, art. 64) è sufficiente che le voci retributive siano fisse e continuative, dovendosi escludere la necessità di una apposita deliberazione che ne disponga l’espressa inclusione. Non osta che l’elemento retributivo sia attribuito in relazione allo svolgimento di determinate funzioni o mansioni, anche se queste, e la relativa indennità, possano in futuro venire meno, mentre non può ritenersi fisso e continuativo un compenso la cui erogazione sia collegata ad eventi specifici di durata predeterminata oppure sia condizionata al raggiungimento di taluni risultati e quindi sia intrinsecamente incerto.

5. Fondato è invece il secondo motivo di ricorso, che riguarda solo il salario di professionalità e non anche l’indennità per gli ispettori di vigilanza.

Con la stessa citata pronuncia (Cass. n. 7154 del 2010) questa Corte ha affermato, in riferimento alla base di calcolo del trattamento di quiescenza o di fine rapporto spettante ai dipendenti degli enti pubblici del c.d. parastato, la L. 20 marzo 1975, n. 70, art. 13 di riordinamento di tali enti e del rapporto di lavoro del relativo personale, detta una disciplina del trattamento di quiescenza o di fine rapporto (rimasta in vigore, pur dopo la contrattualizzazione dei rapporti di pubblico impiego, per i dipendenti in servizio alla data del 31 dicembre 1995 che non abbiano optato per il trattamento di fine rapporto di cui all’art. 2120 cod. civ.), non derogabile neanche in senso più favorevole ai dipendenti, costituita dalla previsione di un’indennità di anzianità pari a tanti dodicesimi dello stipendio annuo in godimento quanti sono gli anni di servizio prestato, lasciando all’autonomia regolamentare dei singoli enti solo l’eventuale disciplina della facoltà per il dipendente di riscattare, a totale suo carico, periodi diversi da quelli di effettivo servizio. Il riferimento quale base di calcolo allo stipendio complessivo annuo ha valenza tecnico – giuridica, sicchè deve ritenersi esclusa la computabilità di voci retributive diverse dallo stipendio tabellare e dalla sua integrazione mediante scatti di anzianità o componenti retributive similari (nella specie, l’indennità di funzione L. n. 88 del 1989, ex art. 15, comma 2, il salario di professionalità o assegno di garanzia retribuzione e l’indennità particolari compiti di vigilanza per i dipendenti dell’INPS) e devono ritenersi abrogate o illegittime, e comunque non applicabili, le disposizioni di regolamenti come quello dell’Inps, prevedenti, ai fini del trattamento di fine rapporto o di quiescenza comunque denominato, il computo in genere delle competenze a carattere fisso e continuativo.

6. Pertanto il ricorso dell’Inps va rigettato quanto al primo motivo ed invece va accolto quanto al secondo motivo; sicchè la sentenza impugnata deve conseguentemente essere cassata in tale parte.

Non essendovi necessità di ulteriori accertamenti, la causa va decisa nel merito con il rigetto della domanda con riferimento alla computabilità del salario di professionalità ai fini del trattamento di fine rapporto (indennità di buonuscita).

Si ritiene giustificato compensare le spese dell’intero giudizio, in relazione sia al suo esito complessivo, sia alla trattazione di una questione su cui si è criticato un contrasto di giurisprudenza.

P.Q.M.

LA CORTE accoglie il secondo motivo di ricorso, rigettato il primo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, rigetta la domanda relativa alla computabilità del salario di professionalità ai fini dell’indennità di buonuscita. Compensa tra le parti le spese dell’intero processo.

Così deciso in Roma, il 17 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 22 aprile 2011

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