Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9284 del 24/04/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 9284 Anno 2014
Presidente: PICCIALLI LUIGI
Relatore: ABETE LUIGI

SENTENZA
sul ricorso 14733 — 2008 R.G. proposto da:
EIFFEL IMMOBILIARE s.r.l. — c.f. 01565210026 — in persona dell’amministratore unico e
legale rappresentate pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, alla via Asiago, n. 8,
presso lo studio degli avvocati Stanislao Aureli e Michele Aureli che, congiuntamente e
disgiuntamente, la rappresentano e difendono in virtù di procura speciale a margine del
ricorso.
RICORRENTE
contro
BARONE ALESSANDRA — c.f. BRNLSN53P60B041B – elettivamente domiciliata in Roma,
alla via B. Buozzi, n. 5, presso lo studio dell’avvocato Leopoldo Lambardi di San Miniato
che, congiuntamente e disgiuntamente all’avvocato Vittorio Bausano, la rappresenta e difende
in virtù di procura speciale a margine del controricorso.
CONTRORICORRENTE
Avverso la sentenza n. 1584 dei 22.2/15.10.2007 della corte d’appello di Torino,
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Data pubblicazione: 24/04/2014

Udita la relazione della causa svolta all’udienza pubblica del 13 febbraio 2014 dal consigliere
dott. Luigi Abete,
Udito l’avvocato Michele Aureli per la ricorrente s.r.1.,
Udito l’avvocato Vittorio Bausano per la controricorrente,
Udito il Pubblico Ministero, in persona del sostituto procuratore generale dott. Antonietta

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto notificato in data 22.3.1994 la “Eiffel Immobiliare” s.r.l. citava a comparire
innanzi al tribunale di Vercelli Alessandra Barone.
La s.r.l. attrice esponeva che la convenuta le aveva affidato in appalto, in sostituzione di
altra impresa, i lavori afferenti alla costruzione di una villa in Borgosesia; che nel periodo
compreso tra agosto 1990 e giugno 1991 aveva dato corso all’esecuzione dei lavori; che aveva
maturato il corrispettivo complessivo di lire 232.000.000; che, nondimeno, Alessandra Barone
ne aveva corrisposto solo una parte, all’incirca lire 150.000.000, ed aveva rifiutato il
versamento della porzione residua, adducendo asseriti difetti e vizi delle opere realizzate; che,
sospesi i lavori, con ricorso ex art. 696 c.p.c. al pretore di Vercelli aveva sollecitato il
riscontro delle opere compiute; che in data 15.10.1992 il consulente nominato in sede di a.t.p.
aveva atteso al deposito della propria relazione scritta.
Chiedeva, pertanto, che si dichiarasse tenuta e si condannasse la convenuta al pagarle la
somma di lire 82.542.576, oltre interessi e maggior danno ex art. 1224, 2° co., c.c..
Costituitasi, Alessandra Barone instava per il rigetto delle avverse domande; altresì, in via
riconvenzionale, “chiedeva – previo accertamento della responsabilità per la mancata
ultimazione dei lavori e per la difettosa realizzazione delle opere eseguite, verificato il
maggior costo sopportato per la ultimazione dei lavori – la condanna della stessa Eiffel al
rimborso delle somme anticipate dalla convenuta per il completamento dell’edificio, oltre al
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Carestia, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso,

pagamento dei danni da questa subiti a causa dell’illegittimo abbandono del cantiere, nonché
al rimborso delle maggiori somme che fossero risultate indebitamente versate” (così ricorso,
pag. 4).
Acquisita agli atti la relazione redatta dal consulente officiato in sede di a.t.p., veniva
disposta ed espletata consulenza tecnica d’ufficio; indi, ordinata la rinnovazione della

conclusioni la s.r.l. “Eiffel Immobiliare” invocava la condanna della convenuta al pagamento
dell’importo di lire 70.542.576, pari ad euro 36.432,20, quale risultante dalla detrazione dal
saldo – lire 82.542.576 – ad essa dovuto della somma di lire 12.000.000, corrispondente
all’ammontare pecuniario necessario per l’eliminazione dei vizi pur contestati che il
consulente d’ufficio aveva acclarato siccome ascrivibili ad essa attrice.
Con sentenza n. 30/2004 il tribunale di Vercelli, operata la parziale compensazione tra il
credito della società attrice al saldo ed il credito della convenuta al quantum necessario ai fini
dell’eliminazione dei vizi, condannava la medesima Alessandra Barone a pagare alla “Eiffel
Immobiliare” la somma di euro 36.432,20, con interessi dal dì della notifica dell’atto
introduttivo al soddisfo ed oltre i.v.a.; rigettava la domanda volta a conseguire il ristoro del
maggior danno ex art. 1224, 2° co., c.c..
Interponeva appello Alessandra Barone; instava, in riforma della gravata sentenza, per
l’integrale rigetto della domanda spiegata in prime cure dalla “Eiffel Immobiliare” e perché
controparte fosse dichiarata responsabile dei vizi denunciati ed accertati e, quindi, condannata
“al rimborso dei costi che saranno sopportati per la loro eliminazione nonché per i danni subiti
in conseguenza del grave deprezzamento economico dell’immobile” (così sentenza d’appello,
pag. 4); chiedeva, altresì, “accertato… che il perito Geom. Bondonno ha dichiarato riscontrati, dichiarare la nullità della relazione da questi depositata… e nominare altro
C.T.U….” (così sentenza d’appello, pag. 4).
Si costituiva la s.r.l. “Eiffel Immobiliare”; chiedeva il rigetto dell’avverso gravame ed in
via incidentale, in parziale riforma della statuizione di prime cure, la condanna di Alessandra
Barone al risarcimento del maggior danno ex art. 1224, 2° co., c.c..

parziale riforma dell’impugnata sentenza respinge la domanda di Eiffel s.r.l. di saldo lavori;
condanna Eiffel s.r.1., a titolo di risarcimento del danno per l’eliminazione dei vizi e difetti
delle opere, al pagamento, in favore di Barone Alessandra, della somma di e 6.197,48 (£
12.000.000), oltre agli interessi legali, dalla domanda al saldo; dichiara compensata la quota
del 50% delle spese di lite per i due gradi; condanna Eiffel s.r.l. al pagamento delle spese
legali dei due gradi in favore di Barone Alessandra, nella restante misura del 50%,
liquidata…” (così sentenza d’appello, pag. 18).
In particolare, e contrariamente a quanto ritenuto dal primo giudice, evidenziava che era
senz’altro onere della s.r.l. attrice, onde consentire la determinazione del saldo dovutole,
dimostrare l’ammontare globale e finale dei lavori; che “viceversa…, tale ammontare finale
dei lavori non è stato dimostrato, non essendo stata redatta la contabilità finale in
contraddittorio, né essendo stati offerti, in questa sede, sufficienti elementi, atti a consentire
detta ricostruzione da parte dei c.t.u. nominati in causa” (così sentenza d’appello, pagg. 12 –

13); che “inoltre la Barone, diversamente da quanto opinato dal primo giudice, ha, sin
dall’inizio, contestato… la richiesta di saldo… né… potrebbe esservi stata accettazione delle
opere, che, oltre che non verificate, non erano state neppure completate da Eiffel, che ha
ammesso di aver lasciato il cantiere dopo la rottura dei rapporti con la committente” (così

sentenza d’appello, pag. 13); che “né… potrebbe essere rilevante che i prezzi unitari del
contratto originario siano rimasti invariati, nulla ciò togliendo alla necessità di una verifica e
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Con sentenza n. 1584 dei 22.2/15.10.2007 la corte d’appello di Torino così statuiva: “in

contabilizzazione finali in specie non effettuate, né… ricostruibili dai plurimi C.T.U.
succedutisi” (così sentenza d’appello, pag. 13); che, “pertanto, se la consistenza delle opere
eseguite da Eiffel deve sostanzialmente ritenersi dimostrata in causa…, diversamente è da
ritenere per l’ammontare dei lavori, che, in ragione delle evidenziate carenze contabili, e delle
obiettive difficoltà di ricostruzione di gran parte dei lavori eseguiti in economia e delle cui

Rello, incaricato dell’ A.T.P., hanno dichiarato di non essere in grado di quantificare” (così
sentenza d’appello, pag. 14); che, di contro, la “ricostruzione dell’A.T.P…. evidenzia
l’esistenza dei vizi delle opere, che, secondo le stesse ammissioni delle parti in atti, sono
riconducibili ad Eiffel…” (così sentenza d’appello, pag. 15).
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso la “Eiffel Immobiliare” s.r.1.; chiede, sulla
scorta di tre motivi, la cassazione della sentenza impugnata ovvero la decisione della causa
nel merito con condanna di Alessandra Barone al pagamento della somma di euro 36.432,20,
con interessi e maggior danno ex art. 1224, 2° co., c.c., siccome nei pregressi gradi di merito
invocata; con ogni conseguente statuizione in ordine alle spese di tutti i gradi di lite.
Alessandra Barone ha depositato controricorso; conclude perché l’avverso ricorso sia
rigettato; con il favore delle spese del giudizio di legittimità.
La “Eiffel Immobiliare” s.r.l. ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la ricorrente deduce ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3), c.p.c. la
violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1665, 1667 e 1668 c.c..
All’uopo adduce che nella specie “la sig.ra Barone non ha contestato la consistenza delle
opere realizzate da Eiffel, non ha chiesto che i vizi riscontrati fossero eliminati dalla stessa
Eiffel, bensì ha lamentato, esclusivamente, l’inesatto adempimento ed ha domandato il
rimborso dei costi necessari per la loro eliminazione ed il risarcimento del danno” (così
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quantità non si ha riscontro, il c.t.u., geom. Bondonno, nonché in precedenza l’ing. Mello

ricorso, pag. 13); che, conseguentemente, in aderenza alla giurisprudenza di questa Corte di
legittimità, il secondo giudice avrebbe dovuto opinare nel senso che il credito dell’appaltatore
per il corrispettivo fosse fuor di contestazione.
Il motivo è destituito di fondamento.
E’ sufficiente al riguardo porre in risalto che la medesima “Eiffel Immobiliare” ha riferito

somme asseritamente versate in eccedenza (cfr. ricorso, pag. 4).
In tal guisa non vi era e non vi è margine alcuno perché si potesse considerare fuor di
contestazione l’ammontare del corrispettivo e, quindi, il preteso credito al saldo.
Al contempo a nulla rileva la circostanza che la controricorrente, siccome evincesi dalla
sentenza d’appello (cfr. pag. 17), abbia abbandonato di già alla stregua delle conclusioni
rassegnate in prime cure la domanda riconvenzionale volta a conseguire il rimborso delle
somme che aveva supposto versate in eccesso.
La tacita rinuncia a siffatta istanza riconvenzionale non vale in alcun modo a pregiudicare
ovvero a menomare la contestazione del

quantum del credito preteso dalla “Eiffel

Immobiliare”.
Con il secondo motivo la ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 5), c.p.c., il
vizio di omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e
decisivo del giudizio.
All’uopo adduce che il secondo giudice per nulla ha dato ragione dell’affermata
esaustività degli acconti corrisposti da Alessandra Barone; che la decisione censurata “risulta,
quindi, assolutamente apodittica ed immotivata” (così ricorso, pag. 15).
Tale motivo è inammissibile.

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nel ricorso a questo giudice del diritto che Alessandra Barone ebbe ad invocare il rimborso di

Invero, la corte distrettuale ha correlato l’esaustività degli acconti, oltre che al carattere
“in economia” dei lavori, alle incertezze riscontrate sul piano probatorio, incertezze che hanno
impedito l’esatta e puntuale determinazione del valore pecuniario delle opere eseguite.
In questi termini il motivo de quo agitur difetta di specificità ed, in pari tempo, non si
correla in modo precipuo alla ratio decidendi (cfr. Cass. 17.7.2007, n. 15952, secondo cui i

conformità ai requisiti della specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata).
Con il terzo motivo la s.r.l. ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 5), c.p.c., il
vizio di omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e
decisivo del giudizio.
All’uopo adduce che, ai fini delle determinazione del valore monetario delle opere, la
corte territoriale “ha omesso l’esame dell’intera documentazione versata in atti da Eiffel e che
siffatta documentazione, ove esaminata, avrebbe senz’altro dato luogo ad una decisione
diversa da quella in effetti resa” (così ricorso, pag. 17).
Il terzo motivo analogamente non merita seguito.
Si rimarca che la deduzione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata
conferisce al giudice di legittimità non il potere di riesaminare il merito della intera vicenda
processuale sottoposta al suo vaglio, bensì la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della
correttezza giuridica e della coerenza logico – formale, delle argomentazioni svolte dal giudice
del merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio
convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la
concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute
maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando, così,
liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi
tassativamente previsti dalla legge. Ne consegue che il preteso vizio di motivazione, sotto il
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motivi fondanti il ricorso per cassazione devono connotarsi, a pena di inammissibilità, in

profilo della omissione, insufficienza, contraddittorietà della medesima, può legittimamente
dirsi sussistente solo quando, nel ragionamento del giudice di merito, sia rinvenibile traccia
evidente del mancato (o insufficiente) esame di punti decisivi della controversia, prospettato
dalle parti o rilevabile di ufficio, ovvero quando esista insanabile contrasto tra le
argomentazioni complessivamente adottate, tale da non consentire l’identificazione del

Cass. 7.6.2005, n. 11789).
Si rimarca, inoltre, che, ai fini di una corretta decisione, il giudice del merito non è tenuto
a valutare analiticamente tutte le risultanze processuali, né a confutare singolarmente le
argomentazioni prospettate dalle parti, essendo invece sufficiente che egli, dopo averle
vagliate nel loro complesso, indichi gli elementi sui quali intende fondare il suo
convincimento e 1′ iter seguito nella valutazione degli stessi e per le proprie conclusioni,
implicitamente disattendendo quelli logicamente incompatibili con la decisione adottata (cfr.

Cass. 10.5.2000, n. 6023).
Alla luce delle riferite enunciazioni giurisprudenziali – appieno da condividere – si
evidenzia nella fattispecie che, allorquando ha opinato nel senso che, “se la consistenza delle
opere eseguite da Eiffel deve sostanzialmente ritenersi dimostrata in causa… diversamente è
da ritenere per l’ammontare dei lavori” (così sentenza d’appello, pag. 14), la corte distrettuale
ha senza dubbio ancorato tale suo dictum a motivazione ampia, articolata, congrua e coerente.
Invero la corte ha sottolineato che sia il consulente officiato in sede di accertamento
tecnico preventivo sia il consulente officiato nel corso del giudizio di prime cure avevano
dichiarato e dato atto dell’impossibilità di provvedere alla quantificazione delle opere (cfr.

sentenza d’appello, pag. 14) e, su tale scorta, ha debitamente soggiunto che “anche il rinnovo
della C.T.U., specificamente richiesto, sarebbe del tutto superfluo in ragione delle rilevate

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procedimento logico – giuridico posto a base della decisione (cfr. Cass. 9.8.2007, n. 17477;

carenze contabili, essendo disponibili sempre gli stessi dati già ampiamente analizzati in sede
tecnica” (così sentenza d’appello, pag. 14)
D’altro canto, i rilievi della corte torinese si giustificano tanto più se si considera quanto
riferisce in ricorso la stessa “Eiffel”, ovvero che “nella fattispecie non esisteva fra le parti
odierne contendenti un formale contratto di appalto… con relativo capitolato, contabilità dei

verbali…” (così ricorso, pag. 23).
Il rigetto del ricorso giustifica la condanna della s.r.l. ricorrente al pagamento delle spese
del giudizio di legittimità. La liquidazione segue come da dispositivo.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte rigetta il ricorso; condanna la s.r.l. ricorrente a rimborsare alla controricorrente
le spese del presente giudizio che liquida in euro 3.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della II sez. civ. della Corte Suprema di

lavori a cura della direzione lavori…, il rapporto con la committente si svolgeva tramite intese

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