Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9283 del 24/04/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 9283 Anno 2014
Presidente: PICCIALLI LUIGI
Relatore: NUZZO LAURENZA

SENTENZA

sul ricorso 22534-2008 proposto da:
CORVA

ORAZIO,

CANAZZA

CARLA

CNZCRL38R48E522C,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA AQUILEIA 12,
presso lo studio dell’avvocato MORSILLO ANDREA, che
li rappresenta e difende unitamente agli avvocati
JAZZETTA FRANCO, ERCOLI GIOVANNI;
– ricorrenti contro

ARMANI

EVA,

GARBUJO

GIORGIO,

elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA TACITO 23, presso lo studio
dell’avvocato MACIOCI CLAUDIO, che li rappresenta e

Data pubblicazione: 24/04/2014

difende

unitamente

all’avvocato

DI

FIORE

MASSIMILIANO;
– controricorrenti –

avverso il provvedimento n.

7838/2007

del TRIBUNALE

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 13/02/2014 dal Consigliere Dott. LAURENZA
NUZZO;
udito l’Avvocato MORSILLO Andrea. difensore dei
ricorrenti che si riporta;
udito l’Avvocato MACIOCI Claudio, difensore dei
resistenti che si riporta;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ANTONIETTA CARESTIA che ha concluso
per il rigetto del ricorso principale,
inammissibilità del ricorso incidentale.

di MILANO, depositate il 23/06/2007;

Svolgimento del processo
Con sentenza 22.12.04 il Giudice di Pace di Milano
confermava “l’ordinanza 3.9.1997 del Tribunale di Mila-

bujo Giorgio ed Armani Eva,ordinava ai convenuti Carla
Canazza e Corva Orazio, quali eredi di Corva Benito,
deceduto nelle more del giudiziOdi primo grado, “di insonorizzare i locali adibiti all’uso degli strumenti musicali”; rigettava le domande risarcitorie per le immissioni
sonore derivanti dal suono del violino, provenienti
dall’immobile di Corva Benito nell’appartamento sottostante.
Avverso tale sentenza il Garbujo e l’Armani proponevano
appello cui resistevano la Canazza ed il Corva.
Con sentenza depositata il 23.6.2007 il Tribunale adito,
in riforma parziale della sentenza di primo grado, condannava Corva Orazio e Carla Canizza al pagamento, in
favore di ciascuno degli appellanti, di E 10.000 “al valore attuale”, a titolo di danno non patrimoniale( esistenziale), liquidato in via equitativa; rigettava l’appello incidentale degli appellati e li condannava al pagamento
delle spese processuali del grado e di quelle relative al
procedimento ex art. 700 c.p.c. ed al reclamo, per le quali il giudice di Pace aveva omesso la pronuncia.
Osservava il giudice di appello che il limite della norma-

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no” ed , in accoglimento della domanda degli attori, Gar-

le tollerabilità delle immissioni sonore doveva ritenersi
superato, avuto riguardo al fatto che esse, come accertato mediante due C.T.U., superavano il rumore di fondo

le emittente chiuse e finestre dei locali riceventi aperte( anche di poco)”.
Per la cassazione di tale decisione propongono ricorso
Orazio Corva e Carla Canizza formulando due motivi.
Resistono con controricorso e ricorso incidentale, affidato a due motivi, Garbujo Giorgio ed Armani Eva.
Motivi della decisione
I ricorrenti deducono:
1)contraddittorietà della motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, laddove il giudice di
appello aveva fondato la decisione sulle dichiarazioni e
sulla chztt C.T.U., attribuendovi una valenza erronea, posto che il C.T.U. si era limitato ad affermare che solo
in determinate situazioni si verificava un’ immissione
eccessiva, ” immissione che, in una diversa situazione,
non si verificava”; peraltro, la sentenza impugnata non
aveva tenuto conto delle deposizioni testimoniali assunte
innanzi al giudice di Pace;
2)falsa applicazione dell’art.2 della Cost.e dell’art. 2059
c.c.; contrariamente a quanto affermato dal Tribunale,
nella specie non era configurabile un danno esistenziale,

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di 3 db “sicuramente nel soggiorno con finestre del loca-

in quanto, secondo la sentenza di questa Corte (Cass.n.
3284/08)”la serenità e la sicurezza,di per sé considerate,
non costituiscono diritti fondamentali di rango costitu-

danno non patrimoniale”.
La censura si conclude con il quesito: … ” se immissioni
sonore non tollerabili dalle quali non sia derivato un
danno biologico o un danno c.d. esistenziale possano
produrre la lesioni di un diritto alla serenità costituzionalmente garantito, con la conseguenza che tale lesione
giustifichi il ricorso alla tutela risarcitoria del danno non
patrimoniale, ai sensi del combinato disposto dell’art. 2
della Costituzione e dell’art. 2059 c.c.”.
I ricorrenti incidentali lamentano:
a)omessa motivazione sul fatto decisivo concernente la
valutazione del danno da risarcire,determinato in via
equitativa, non tenendo conto dei parametri patrimoniali in materia di invalidità temporanea relativa;
b)violazione del principio della soccombenza in ordine
alla statuizione sulle spese di giudizio ed omessa motivazione, per avere il giudice di appello omesso di liquidare le spese giudiziali relative al procedimento per il
quale il Giudice di Pace si era dichiarato incompetente
per valore. Sul punto viene formulato il seguente quesito
di diritto: “se la parte soccombente sia tenuta a rifondere

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zionale la cui lesione consente il ricorso alla tutela del

tutte le spese di giudizio per gli effetti del principio di
causalità, soccombenza ed in attuazione dell’art. 24 Cost.
derivate dall’azione a tutela del diritto leso”.

Il primo motivo si risolve in una inammissibile valutazione alternativa delle risultanze processuali, compresa
la C.T.U., in base alla quale il giudice di appello ha ribadito l’intollerabilità delle immissioni sonore in quanto
eccedenti il limite dei 3 db della rumorosità di fondo
della zona di ubicazione dell’immobile. In ogni caso la
sentenza impugnata ha pure dato atto del passaggio in
giudicato della sentenza di primo grado quanto
all’intollerabilità delle immissioni provenienti
dall’immobile del Corva, statuizione che non risulta in
alcun modo censurata.
Priva di fondamento è la seconda doglianza.
Il Tribunale ha evidenziato (pag. 18 e 19 sent. imp.)
che il danno, denominato dalle parti attrici come danno
c.d.”esistenziale”, era in realtà riconducibile “alla lesione del diritto alla libera estrinsecazione della personalità garantito dall’art. 2 della Costituzione”, comprensivo, in tema di immissioni acustiche, del diritto
all’attività di riposo, svago, intrattenimento, nonché del
diritto di usufruire di ogni utilità della propria abitazione, quale il diritto alla serenità domestica ed alla vita di

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Il ricorso principale è infondato.

relazione. 1-1a,quindi, quantificato equitativamente tali
voci di danno, qualificate unitariamente come “danno non
patrimoniale”, tenuto conto della durata delle immissio-

lo nel vano soggiorno e della mancata esecuzione dei lavori di cui all’ordinanza pronunciata in sede di reclamo.
Come questa Corte ha già avuto modo di rilevare ( Cass.
n. 10527/2011; n. 7844/2011), la categoria del danno non
patrimoniale attiene ad ipotesi di lesione di interessi inerenti alla persona, non connotati da rilevanza economica o da valore scambio ed aventi natura composita, articolandosi in una serie di aspetti ( o voci) con funzione
meramente descrittiva( danno alla vita di relazione, danno•esistenziale, danno biologico,ecc.); ove essi ricorrano cumulativamente occorre, quindi, tenerne conto j in sede di liquidazione del danno ) inmodo unitario, al fine di
evitare duplicazioni risarcitorie, fermo restando,
l’obbligo del giudice di considerare tutte le peculiari
modalità di atteggiarsi del danno non patrimoniale nel
singolo caso, mediante la personalizzazione della liquidazione( Cass. n. 21716/2013; n. 1361/2014; S.U. n.
26972/2008). Non è, pertanto, ammissibile nel nostro
ordinamento l’autonoma categoria del “danno esistenziale” in quanto tutti i pregiudizi di carattere non economico, concretamente patiti dalla vittima, rientrano

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ni, del superamento del limite di normale tollerabilità so-

nell’unica fattispecie del “danno non patrimoniale” di
cui all’art. 2059 c.c., Tale danno, infatti, in base ad una
interpretazione costituzionalmente orientata dell’art.

non solo del c.d. danno morale soggettivo, ma anche di
ogni ipotesi in cui si verifichi un’ingiusta lesione di un
valore inerente alla persona,dalla quale consegua un pregiudizio non suscettibile di valutazione economica, purché la lesione dell’interesse superi una soglia minima
di tollerabilità( imponendo il dovere di solidarietà di cui
all’art. 2 Cost., di tollerare le intrusioni minime nella
propria sfera personale, derivanti dalla convivenza) e
purché il danno non sia futile e, cioè, non consista in
meri disagi o fastidi( Cass. n. 26972/2008; n.
4053/2009). Orbene, il giudice di appello si è attenuto a
tali principi, conglobando nella categoria del danno non
patrimoniale, contrapposto a quello patrimoniale, le voci ritenute parte integrante di esso, nell’ambito della bipolarità tra danno patrimoniale ( art. (2043 c.c.) e danno non patrimoniale( art. 2059 c.c.) e dovendo
quest’ultimo essere risarcito non solo nei casi previsti
dalla legge ordinaria, ma anche ove ricorra la lesione
di valori della persona costituzionalmente protetti cui va
riconosciuta la tutela minima risarcitoria( Cass. n.
15022/2005).

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2059 c.c., costituisce una categoria ampia, comprensiva

Il quesito di diritto, correlato alla censura in esame, esula dai principi esposti in quanto rapportato alla categoria astratta del “danno esistenziale” che , sulla base di

immissioni intollerabili accertate.
Passando all’esame del ricorso incidentale, il primo motivo è inammissibile, risolvendosi in una censura in fatto
relativa al parametro da utilizzare per la quantificazione del danno, questione superata dalla motivazione della
sentenza impugnata, laddove è stato ritenuto non provato
un danno biologico in senso stretto.
La seconda censura è correlata ad un quesito di diritto
astratto e contrasta, comunque, con il tenore della decisione da cui risulta( V. pag. 23 sent.) che il Tribunale
ha liquidato anche le spese processuali relative al giudizio( definito con sentenza n. 14056/2002) in cui il
Giudice di Pace si era dichiarato incompetente.
Alla stregua di quanto osservato va rigettato sia il ricorso principale che quello incidentale.
Ricorrono giusti motivi, avuto riguardo alla reciproca
soccombenza delle parti, per compensare integralmente
fra le stesse le spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale e quello incidentale; dichiara integralmente compensate fra le parti le spe-

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una petizione di principio, non sarebbe derivato dalle

se del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma il 13 febbraio 2014.

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