Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 928 del 17/01/2011

Cassazione civile sez. lav., 17/01/2011, (ud. 30/11/2010, dep. 17/01/2011), n.928

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FOGLIA Raffaele – Presidente –

Dott. DE RENZIS Alessandro – rel. Consigliere –

Dott. MORCAVALLO Ulpiano – Consigliere –

Dott. FILABOZZI Antonio – Consigliere –

Dott. MELIADO’ Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

B.P., elettivamente domiciliata in Roma. Via

Flaminia n. 109, presso lo studio dell’Avv. Biagio Bertolone

rappresentata e difesa dall’Avv. Biancarosa Salvatore del foro di

Catania per procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

CASSA REGIONALE PER IL CREDITO ALLE IMPRESE ARTIGIANE SICILIANE

(CRIAS), in persona del Commissario straordinario Avv. C.

G. elettivamente domiciliata presso la Cancelleria della Corte

di Cassazione, rappresentata e difesa dall’Avv. Muscarà Salvo del

foro di Catania per procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza n. 821/06 della Corte di Appello di

Catania del 16.11.2 006/30.11.2006 nella causa iscritta al n. 1633

R.G. dell’anno 2004.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

30.11.2010 dal Cons. Dott. Alessandro De Renzis:

udito l’Avv. Salvatore Muscarà per la controricorrente;

sentito il P.M., in persona del Dott. IANNELLI Domenico che ha

concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 16.1 1.2004 il Tribunale di Catania rigettava la domanda proposta da P.B., assunta dalla CRIAS (Cassa Regionale per il Credito alle Imprese Artigiane) con contratto di formazione e lavoro ai sensi della L. n. 863 del 1984 trasformato in contratto a tempo indeterminato intesa ad ottenere la costituzione – da parte della convenuta datrice di lavoro – di una tutela previdenziale complementare ex L. n. 335 del 1995 dopo che la stessa Cassa con Delib. C.D.A. maggio 1997 aveva soppresso il fondo Pensioni CRIAS. nonchè volta ad ottenere condanna della convenuta al risarcimenti dei danni, corrispondenti all’omissione dei versamenti sul fondo pensione e/o alla perdita di iscrizione al fondo con decorrenza dalla data di assunzione e fino all’effettiva attuazione della tutela previdenziale complementare.

Tale decisione, appellata dalla B. è stata confermata dalla Corte di Appello di Catania con sentenza n. 821 del 2006, che ha ribadito l’inesistenza a carico della Cassa dell’obbligo di costituire un Fondo Pensione complementare, costituzione rimessa invece alla valutazione discrezionale della stessa Cassa.

La Corte ha osservato che tale asserito obbligo non poteva rinvenirsi nel Regolamento Organico, che come fonte di previdenza integrativa operava salvo che i rapporti di lavoro non fossero disciplinati da contratti o accordi collettivi anche aziendali, come nel caso di specie, nè nella richiamata Delib. C.d.A. CRIAS maggio 1997, contenente una mera dichiarazione di intenti.

Contro la sentenza di appello la lavoratrice ricorre per cassazione con quattro motivi.

La CRIAS resiste con controricorso, illustrato con memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo la ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un l’atto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., n. 5).

la ricorrente richiama l’art. 4 del contratto di lavoro a tempo indeterminato e l’art. 35 del Regolamento Organico del Personale CRIAS, sostenendo che da essi si desumeva la chiara volontà de datore di lavoro di assicurare un trattamento pensionistico integrativo rispetto a quello ordinario erogato dall’INPS, dal che il palese vizio di motivazione dell’impugnata sentenza.

La stessa ricorrente aggiunge che del tutto immotivata era anche l’altra affermazione, contenuta nella stessa sentenza, secondo cui gli stessi dipendenti avevano prestato consenso alla cancellazione del Fondo, non potendo la riscossione delle componenti retributive contenute in busta paga, tra i quali erano compresi contributi accumulati in favore di ciascuno presso il Fondo Pensioni cancellato e restituiti, comportare espressa volontà di rinuncia alla tutela complementare.

Preliminarmente va osservato che il ricorso risulta proposto contro sentenza depositata il 30 novembre 2006 e quindi soggetto alle modifiche al processo per cassazione, introdotte con il D.Lgs. n. 40 del 2006 (art. 27, comma 2) a far tempo dal 2 marzo 2006.

Orbene, stante la mancata formulazione del quesito di diritto e soprattutto la chiara indicazione del fatto controverso, il motivo va dichiarato inammissibile in relazione a quanto prescrive l’art. 366 bis c.p.c..

Sul punto si richiama l’indirizzo di questa Corte (in particolare Sezioni Unite sentenza n. 7258 del 26 marzo 2007, seguita da successiva giurisprudenza), secondo cui l’art. 366 bis c.p.c. non può essere interpretato nel senso che il quesito dei diritto (e simmetricamente la “chiara indicazione del fatto controverso” nei caso previsto dall’art. 360 c.p.c., n. 5) possa desumersi implicitamente dalla formulazione del motivo del ricorso, perchè tale interpretazione si risolverebbe nell’abrogazione tacita della norma, che. come già evidenziato, ha introdotto, a pena di inammissibilità il rispetto di un requisito formale, da formularsi in maniera esplicita.

2. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione di quanto disposto dall’art. 35 del Regolamento Organico della CRIAS, nonchè vizio di motivazione circa un punto decisivi) della controversia (art. 360 c.p.c., n. 3 e n. 5).

Rileva che da tale norma regolamentare discendeva l’obbligo di assicurare a tutto il personale il trattamento previdenziale complementare non potendosi accedere ad una “lettura meramente testuale ili tale disposizione” che ne circoscriveva l’obbligo a quello già costituito e che comunque, il regolamento, in quanto accordo di lavoro integrativo aziendale, doveva inserirsi fra le fonti istitutive dei fondi complementari ili cui al D.Lgs. n. 124 del 1993 per costituire il contratto collettivo di settore mero parametro di riferimento per la determinazione del solo trattamento retributivo.

Il motivo è privo di pregio e va disatteso.

Va osservato che nell’esposto motivo non vengono specificati i criteri di ermeneutica contrattuale che sarebbero stati violati dalla Corte territoriale accedendo ad una interpretazione meramente letterale de testo del regolamento, correttamente interpretato come riferibile solo al fondo esistente presso la CRIAS ed istituito con Delib. 20 giugno 1959, n. 106. In ogni caso il motivo appare privo di decisività in quanto non considera che il giudice di appello ha puntualizzato: a) che la clausola contenuta nel contratto individuale a tempo indeterminato “di iscrizione al Fondo pensione CRIAS” era incompatibile con i principi ispiratori della nuova disciplina del fondo pensioni D.Lgs n. 124 del 1993, art. 18, comma 8 b) che i lavoratori stessi con comportamento concludente avevano accettato la cancellazione del fondo e la restituzione dei contributi versati.

Trattasi di autonome “rationes decidendi” non fatte oggetto di specifica censura (in particolare quella sub b).

3. Con il terzo motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione di quanto disposto dal D.Lgs. n. 124 del 1993, art. 18 nonchè vizio di motivazione circa un punto decisivi) della controversia (art. 360 c.p.p., n. 3 e n. 5).

Osserva al riguardo che la norma richiamata risultava perfettamente compatibile con il riconoscimento del diritto dei dipendenti CRIAS. assunti con contratto di l’orinazione, al trattamento previdenziale complementare.

Il motivo è generico, non specificando in alcun modo, sotto quale aspetto, alla luce del D.Lgs. n. 124 del 1993, fosse errata l’interpretazione adottata dalla Corte territoriale e quale fosse quella corretta alla luce della stessa disposizione.

4. Con il quarto motivo la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1324, 1363 e 1453 c.c., nonchè vizio di motivazione circa un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., n. 3 e n. 5).

Sul punto, richiamata la Delib. del Consiglio di Amministrazione della CRIAS 12 maggio 1997, n. 975/14, sostiene che tale Delibera, erroneamente interpretata come mera dichiarazione di intenti, aveva assunto preciso rilievo quale fonte di obbligo per la stessa CRIAS in relazione a quanto in essa stabilito e la mancata attuazione delle intese costituiva inadempimento nei confronti della ricorrente.

Anche questo ultimo motivo è da dichiarare inammissibile, in quanto le censure, oltre che essere generiche, contengono un diverso apprezzamento, non consentito in sede di legittimità, rispetto alla valutazione della Corte di merito, congruamente motivata, la quale ha rilevato che in base alla disciplina innovativa introdotta dal citato D.Lgs. n. 124 del 1993 le fonti istitutive delle forme di previdenza integrativa erano soltanto i contratti collettivi e i regolamenti aziendali, con conseguente impossibilità per il Presidente dell’Ente di manifestare, in relazione alla Delib. C.D.A. CRIAS maggio 1997, una volontà volta alla costituzione di un fondo pensione per i dipendenti della CRIAS (in questo senso cfr. Cass. n. 5542 dell’8 marzo 2010 in analoga controversia nei confronti della CRIAS).

5. In conclusione il ricorso, sulla base delle esposte considerazioni ed argomentazioni, va respinto. Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte respinge ti ricorso e condanna la ricorrente alle spese.

che liquida in Euro 44,00, oltre Euro 2000,00 per onorario ed oltre IVA, CPA e spese generali.

Così deciso in Roma, il 30 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 17 gennaio 2011

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