Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9278 del 17/04/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 9278 Anno 2013
Presidente: PIVETTI MARCO
Relatore: VALITUTTI ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso 29510-2007 proposto da:
AGENZIA DELLE DOGANE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente contro

DAMA SPA in persona del Presidente pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA VIA NOMENTANA 76,
presso lo studio dell’avvocato SELVAGGI MARCO, che lo
rappresenta e difende unitamente all’avvocato RESTI
MARIA ANTONIETTA giusta delega in calce;

Data pubblicazione: 17/04/2013

- controrícorrente

avverso la sentenza n.

60/2007

della COMM.TRIB.REG.

di MILANO, depositata il 19/07/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 26/02/2013 dal Consigliere Dott. ANTONIO

udito per il ricorrente l’Avvocato CAPUTI IAMBRENGHI
che ha chiesto l’accoglimento;
udito per il controricorrente l’Avvocato RESTI che ha
chiesto il rigetto;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. PASQUALE FIMIANI che ha concluso per
l’accoglimento dei primi due motivi di ricorso.

VALITUTTI;

PREMESSO IN FATTO.
1. Con sentenza n. 60/43/07, depositata il 19.7.07, la
Commissione Tributaria Regionale della Lombardia rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle Dogane di Milano
avverso la decisione di primo grado con la quale era stato accolto il ricorso proposto dalla DAMA s.p.a. nei confronti della cartella di pagamento, relativo all’accisa
sulle spedizioni di prodotti di cui al codice NC 3811
della Tariffa doganale d’uso.
2. La CTR – confermando la decisione di prime cure – riteneva, invero, anzitutto non adeguatamente motivata la
cartella di pagamento notificata alla contribuente, e nel merito – non dimostrata l’utilizzazione di detti prodotti come olii combustibili, come tali soggetti ad accisa, ai sensi del d.lgs. n. 504/95.
3. Per la cassazione della sentenza n. 60/43/07 ha proposto ricorso l’Agenzia delle Dogane affidato a quattro motivi, ai quali la contribuente ha replicato con controricorso. Le parti hanno depositato memorie ex art. 378
c.p.c.
OSSERVA IN DIRITTO.
l. La vicenda processuale trae origine da una verifica
effettuata dall’Agenzia delle Dogane, nell’anno 1998,
presso la società DAMA s.p.a., svolgente attività di commercio e deposito, per conto proprio e di terzi, di prodotti petroliferi e petrolchimici, nonché attività di
confezionamento e trasporto degli stessi. All’esito della
verifica si acclarava, da parte dell’Ufficio, che la contribuente non aveva assolto l’accisa sulle spedizioni di
prodotti di cui al codice NC 3811 della Tariffa doganale
d’uso, per il periodo dall’1.1.93 al 31.12.98.
1.1. L’Amministrazione provvedeva, pertanto, a notificare
alla DAMA s.p.a., in data 4.10.00, un avviso di pagamento, con il quale vaniva ingiunto alla medesima il versamento dell’imposta dovuta per gli anni in contestazione.
La contribuente presentava, pertanto, avverso tale atto,
ricorso alla Direzione Compartimentale delle Dogane per
la Regione Lombardia, la quale non emetteva decisione alcuna sull’istanza della contribuente. Quest’ultima, nondimeno, non provvedeva al pagamento dell’imposta oggetto
dell’avviso contestatole.
Seguiva, pertanto, l’iscrizione a ruolo del credito erariale e la conseguente emissione di cartella esattoriale,
notificata alla DAMA s.p.a. in data 19.4.04, per il pagamento dell’imposta non riscossa, nonché dell’indennità di
mora e dei relativi interessi, per un totale di
971.637, 58.
1.2. La cartella esattoriale, e non il precedente avviso
di accertamento, veniva impugnata dalla contribuente dinanzi alla CTP di Milano, che accoglieva il ricorso.
L’appello proposto dall’Agenzia delle Dogane veniva, dipoi, rigettato dalla CTR della Lombardia con la sentenza
n. 60/43/07, gravata dall’Amministrazione con ricorso per
cassazione, affidato a quattro motivi.
2. Con il primo e secondo motivo di ricorso – che, per la
loro evidente connessione, vanno esaminati congiuntamente
– l’Agenzia delle Dogane denuncia la violazione e falsa

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applicazione degli artt. 19 d.lgs. n. 546/92, 6 d.P.R.
1199/71 52 1. n. 762/40, e 7 l. 212/00, in relazione
all’art. 360 n. 3 c.p.c.
2.1. Osserva, invero, l’Amministrazione che la cartella
esattoriale, notificata alla contribuente, avrebbe potuto
da quest’ultima essere impugnata solo per vizi propri, e
non già per vizi suscettibili di rendere invalido
l’avviso di pagamento a monte della cartella, non impugnato dalla DAMA s.p.a. nei termini di legge e divenuto,
pertanto, incontestabile in sede giurisdizionale. Avrebbe, di conseguenza, errato il giudice di appello nel pronunciarsi in ordine al merito della pretesa erariale,
escludendone la fondatezza per ragioni non inerenti
l’atto a valle, bensì quello presupposto, divenuto – ormai – inoppugnabile.
2.2. Inoltre – contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di appello – la cartella di pagamento sarebbe stata
adeguatamente e congruamente motivata, mediante il richiamo degli estremi essenziali dell’avviso di pagamento,
notificato alla contribuente e, pertanto, dalla medesima
pienamente conosciuto.
3. Con il terzo è quarto motivo di ricorso – concernenti
il merito della pretesa fiscale – l’Agenzia delle Dogane
denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt.
2, 6, 7, 15, 17, 18 e 20 d.l. 331/93, in relazione
all’art. 360 n. 3 c.p.c., nonché l’omessa, contraddittoria e insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c.
3.1. Avrebbe errato, invero, la CTR nel non valutare le
deduzioni dell’Amministrazione circa l’assoggettabilità
ad accisa dei prodotti di cui alla NC 3811, ai sensi delle disposizioni succitate, qualora l’operatore non ne
provi l’uscita dal territorio nazionale e la destinazione
ad usi esenti, mediante le prescrizioni dettate dal D.M.
210/96, ovvero con qualunque altro mezzo, ai sensi
dell’art. 7 del d.lgs. n. 504/95.
4. Il primo e secondo motivo di ricorso sono fondati e
vanno accolti, rimanendo assorbiti il terzo e quarto motivo.
4.1. Va osservato, infatti, che – in via di principio anche l’invito o avviso di pagamento, previsto da diverse
disposizioni tributarie, sebbene non ricompreso espressamente nel novero degli atti impugnabili di cui all’art.
sia prodromico
n.
546/92,
allorquando
d.lgs.
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all’iscrizione a ruolo del tributo, ed idoneo a portare a
conoscenza del contribuente stesso la pretesa dell’amministrazione e a rendere possibile l’esercizio del diritto
di difesa, costituisce senz’altro un atto autonomamente
impugnabile. Va considerato – per vero – tale qualsiasi
atto che, al di là del criterio nominalistico, abbia natura sostanzialmente impositiva (cfr. Cass. 22869/04).
Con specifico riferimento alla materia dei tributi doganali e delle accise, va rilevato, poi, che l’invito al
pagamento rappresenta l’atto attraverso il quale l’amministrazione mette in mora il contribuente, manifestando
il diritto al recupero della maggiore pretesa a titolo di
imposta, come si evince dall’art. 67, co. 2, del d.P.R.

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n. 43/88, secondo il quale, se sono infruttuosamente scaduti i termini di pagamento delle somme indicate in tale
avviso, si procede alla formazione del ruolo.
Ne discende che, in presenza di invito al pagamento dei
tributi in questione, sussiste l’interesse del contribuente a proporre dinanzi alle Commissioni tributarie
competenti (in precedenza dinanzi al giudice ordinario ex
art. 9 c.p.c.) l’azione di accertamento negativo sulla
debenza del tributo, trovando essa ragione nello stato di
incertezza sull’esistenza e la portata dei presupposti
impositivi indotta da tale atto di intimazione, suscettibile di arrecare concreto ed attuale pregiudizio, atteso
che, ove quello stato di incertezza oggettiva non fosse
rimosso, resterebbe legittimata l’azione esecutiva erariale, con lesione dei diritti soggettivi del contribuente (cfr. Cass. 22015/06).
4.2. Ne discende che
– come correttamente evidenziato
dall’Amministrazione ricorrente – la cartella esattoriale
recante intimazione di pagamento di credito tributario
avente il titolo, come nel caso di specie, in un precedente avviso di accertamento notificato e, a suo tempo,
non impugnato, può essere contestata innanzi agli organi
del contenzioso tributario, e può da tali organi essere
invalidata solo per vizi propri, e non già per vizi suscettibili di rendere nullo o annullabile l’avviso di accertamento presupposto (cfr. Cass. 15207/00); fatta salva
l’ipotesi, non ricorrente nel caso concreto, in cui solo
attraverso la cartella il contribuente venga a conoscenza
della pretesa impositiva e dell’atto con cui è stata accertata (Cass. 21477/04, 16641/11).
4.3. Né rileva il fatto che l’avviso di pagamento, a monte della cartella esattoriale, sia stato impugnato dalla
DAMA s.p.a. in sede amministrativa, ai sensi del d.P.R.
1199/71, e che su tale impugnativa vi sia stato un comportamento inattivo dell’Amministrazione, che non ha
emesso pronuncia alcuna sull’istanza della contribuente.
Ed invero, l’inutile decorso del termine di novanta giorni per la decisione sul ricorso gerarchico, assegnato
all’Amministrazione dall’art. 6 del d.P.R. n. 1199/71,
non concretizza un finto provvedimento di rigetto e non
ha alcun effetto sostanziale, ma produce effetti di natura meramente processuale, nel senso che rimuove un ostacolo alla proposizione del ricorso giurisdizionale avverso il provvedimento originario (Cass. 12263/07,
24256/11). Con la conseguenza che il ricorso giurisdizionale nei confronti dell’avviso di pagamento avrebbe dovuto comunque essere proposto dalla DAMA s.p.a., nei termini di legge, non potendo ascriversi al mero silenzio
dell’Amministrazione alcuna valenza significativa in orine alla fondatezza delle ragioni della contribuente. Sicchè l’omessa impugnativa dell’atto impositivo ha determinato, inevitabilmente, l’inoppugnabilità del medesimo, e
la conseguente incontestabilità delle ragioni poste
dall’Agenzia delle Dogane a sostegno della pretesa tributaria azionata.
4.4. Per tali ragioni, dunque, il primo motivo di ricorso
si palesa pienamente fondato e va accolto.

5. Ma, del pari, è da ritenersi fondata, a giudizio della
Corte, la censura concernente la motivazione della cartella esattoriale impugnata dalla DAMA s.p.a.
5.1. Ed invero, va osservato – al riguardo – che solo la
cartella esattoriale che non segua uno specifico atto impositivo, già notificato al contribuente, ma costituisca
il primo ed unico atto con il quale l’ente impositore
esercita la pretesa tributaria, deve essere motivata alla
stregua di un atto propriamente impositivo, e contenere,
quindi, gli elementi indispensabili per consentire al
contribuente di effettuare il necessario controllo sulla
correttezza dell’imposizione. Di contro, tale motivazione
può essere assolta “per relationem” ad altro atto che costituisca il presupposto dell’imposizione, qualora esso
sia stato emesso e regolarmente notificato al contribuente; purché di tale atto siano comunque specificamente indicati gli estremi, affinché il contribuente medesimo ne
abbia conoscenza o conoscibilità.
L’atto richiamato, poi, quando di esso il contribuente
abbia già integrale e legale conoscenza per effetto di
precedente notificazione o pubblicazione, non deve essere
necessariamente allegato alla cartella – secondo una interpretazione non puramente formalistica dell’art.7, comma l, della l. n. 212/00 (c.d. Statuto del contribuente)
– sempre che in essa siano indicati i relativi estremi di
notificazione o di pubblicazione (Cass.S.U. 11722/10).
5.2. Ebbene, nel caso concreto, la cartella di pagamento
notificata alla DAMA s.p.a., trascritta dall’ Amministrazione, nelle parti rilevanti, nel ricorso per cassazione,
richiama chiaramente gli estremi essenziali dell’avviso
di pagamento – notificato alla contribuente e, quindi,
dalla medesima integralmente noto – con l’indicazione dei
dati identificativi di quell’atto, della data di notifica
del medesimo, nonché delle norme applicate, dei tributi
dovuti e del loro ammontare.
Se ne deve necessariamente inferire, in accoglimento del
secondo motivo di ricorso, che il vizio di motivazione
della cartella esattoriale, ravvisato dal giudice di appello, deve ritenersi, senza dubbio, insussistente.
6. L’accoglimento del primo e secondo motivo ricorso, assorbiti il terzo e quarto, comporta la cassazione
dell’impugnata sentenza. Non essendo necessari ulteriori
accertamenti di fatto, la Corte, nell’esercizio del potere di decisione nel merito di cui all’art. 384, co. l
c.p.c., rigetta il ricorso introduttivo della società
contribuente.
7. Le spese del presente giudizio di legittimità vanno
poste a carico della resistente, nella misura di cui in
dispositivo. Concorrono giusti motivi per dichiarare interamente compensate fra le parti le spese dei giudizi di
merito.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione;
accoglie il primo e secondo motivo di ricorso, assorbili
gli altri; cassa l’impugnata sentenza in relazione ai motivi accolti e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso
introduttivo della società contribuente; condanna la re-

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sistente alle spese del presente giudizio, che liquida in
10.000,00, oltre alle spese prenotate a debito; dichiara compensate tra le parti le spese dei giudizi di merito.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Tributaria, il 26.2.13.

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