Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9277 del 21/04/2011

Cassazione civile sez. VI, 21/04/2011, (ud. 10/12/2010, dep. 21/04/2011), n.9277

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – rel. Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 25266/2009 proposto da:

SERIT SICILIA SPA, AGENTE DELLA RISCOSSIONE PER LE PROVINCE DELLA

REGIONE SICILIANA (OMISSIS), in persona del Procuratore speciale,

elettivamente domiciliata in ROMA, LUNGOTEVERE ARNALDO DA BRESCIA 9,

presso lo studio dell’avvocato MANNOCCHI MASSIMO, rappresentata e

difesa dall’avvocato DI SALVO Giovanni, giusta mandato a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

S.D. (OMISSIS);

– intimata –

avverso la sentenza n. 3882/2009 del TRIBUNALE di PALERMO del

9/06/09, depositata il 19/08/2009;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

10/12/2010 dal Consigliere Relatore Dott. PASQUALE D’ASCOLA;

è presente il P.G. in persona del Dott. NICOLA LETTIERI.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Si riporta di seguito, con emendamenti e integrazioni formali, la relazione redatta e comunicata, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., dal Consigliere relatore.

” S.D. proponeva opposizione ex art. 615 c.p.c., alla cartella di pagamento n. (OMISSIS), relativa a sanzioni amministrative per violazione del codice della strada. Il giudice di pace con sentenza del 27 novembre 2006 respingeva l’opposizione.

Il tribunale di Palermo, adito in sede di appello, con sentenza 19 agosto 2009 rigettava l’eccezione di Serit spa relativa alla inammissibilità del gravame; rilevava che non ricorreva litisconsorzio necessario tra ente esattore ed ente impositore;

accoglieva l’appello, ritenendo sussistente l’invocata prescrizione della pretesa esattoriale.

SERIT Sicilia spa ha proposto ricorso per cassazione, denunciando con due motivi l’erroneità della sentenza impugnata, censurata per aver ritenuto ammissibile l’appello, sebbene l’art. 616 c.p.c., nel testo riformato dalla L. n. 52 del 2006, avesse stabilito la non impugnabilità delle pronunce rese ex art. 615 c.p.c..

La signora S. è rimasta intimata.

Il ricorso, soggetto ratione temporis alla disciplina di cui alla L. n. 69 del 2009, è manifestamente fondato.

La L. 24 febbraio 2006, n. 52, art. 14, ha introdotto per breve tempo nel sistema (la norma è stata successivamente modificata dalla L. n. 69 del 2009, art. 49, comma 2, con decorrenza dal 4 luglio 2009) la non impugnabilità della sentenza pronunciata sull’opposizione all’esecuzione (Cass. 976/08). L’ultimo inciso dell’art. 616 epe stabiliva infatti che la causa era decisa con sentenza non impugnabile, restando così ammissibile solo l’immediato ricorso per cassazione.

Il tribunale di Palermo ha ritenuto che detta disciplina fosse applicabile ai giudizi iniziati dopo il 1 marzo 2006 e ha pertanto considerato ammissibile l’appello. Tale affermazione è errata.

Vale in proposito quanto si legge in Cass. 20414/06, che testualmente ha così pronunciato:

“L’ammissibilità del ricorso va valutata avendo riguardo all’art. 616 c.p.c., nel testo applicabile ratione temporis, e cioè a quello anteriore alla modifica introdotta dalla L. 24 febbraio 2006, n. 52, art. 14, il cui art. 22 ne ha stabilisce l’entrata in vigore alla data del 1 marzo 2006. In difetto di una disciplina transitoria e di esplicite previsioni contrarie, va data continuità all’orientamento di questa Corte, secondo il quale il principio dell’immediata applicabilità della legge processuale, in linea con quanto affermato anche dalla Corte costituzionale (sentenza n. 155 del 1990), ha riguardo soltanto agli atti processuali successivi all’entrata in vigore della legge stessa, non incidendo su quelli anteriormente compiuti, i cui effetti restano regolati, secondo il fondamentale principio tempus regit actum, dalla legge sotto il cui imperio sono stati posti in essere (Cass. n. 6099 del 2000). Tanto vuoi dire, come bene ha osservato la dottrina, che, in applicazione delle regole stabilite dall’art. 11 preleggi, comma 1, e dall’art. 15 preleggi, concernenti la successione delle leggi – anche processuali – nel tempo, quando il giudice procede ad un esame retrospettivo delle attività svolte, ne stabilisce la validità applicando la legge che vigeva al tempo in cui l’atto è stato compiuto, essendo la retroattività della legge processuale un effetto che può essere previsto dal legislatore con norme transitorie, ma che non può essere liberamente ritenuto dall’interprete. Una indebita applicazione retroattiva della legge processuale si ha sia quando si pretenda di applicare la legge sopravvenuta ad atti posti in essere anteriormente all’entrata in vigore della legge nuova, sia quando si pretenda di associare a quegli atti effetti che non avevano in base alla legge del tempo in cui sono stati posti in essere. Pertanto, alle sentenze che hanno deciso opposizioni all’esecuzione pubblicate prima del 1 marzo 2006 il regime applicabile resta quello della normale appellabilità; solo quelle pubblicate successivamente sono soggette alla nuova regola della inimpugnabilità, ai sensi del nuovo testo dell’art. 616 c.p.c.”.

In conformità si sono espresse successivamente tra le altre Cass. 5342/09 e Cass. 9940/09.

Nel caso di specie, come ha rilevato la ricorrente, la sentenza del giudice di pace venne emessa nel novembre 2006, sotto il vigore delle modifiche di cui alla L. n. 52 del 2006, entrata in vigore, in parte qua, il 1 marzo 2006. Poichè detta normativa non conteneva una disposizione transitoria che limitasse la applicabilità del nuovo testo dell’art. 616, ai giudizi iniziati dopo il 1 marzo, il nuovo regime dei rimedi entrò in vigore da tale data per ogni sentenza emessa a partire dal primo marzo, secondo il principio generale tempus regit actum. Il tribunale di Palermo doveva pertanto dichiarare inammissibile l’appello proposto dalla S.”.

Il Collegio condivide pienamente la relazione e rileva che la inammissibilità dell’appello, che è stato invece esaminato e accolto dal tribunale di Palermo, impone la cassazione senza rinvio della sentenza impugnata.

La sentenza di primo grado doveva essere infatti impugnata da S. D. con ricorso immediato per cassazione.

Discende da quanto esposto la condanna della soccombente alla refusione delle spese di lite, liquidate in dispositivo quanto per l’appello e per il presente grado di giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, dichiara inammissibile l’appello. Condanna parte intimata alla refusione delle spese di lite liquidate, oltre accessori di legge, quanto all’appello in Euro 400,00 per onorari, Euro 150,00 per diritti e Euro 100,00 per spese. Quanto al giudizio di legittimità in Euro 400,00 per onorari, Euro 200,00 per esborsi.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 10 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 21 aprile 2011

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