Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9274 del 24/04/2014


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 9274 Anno 2014
Presidente: CECCHERINI ALDO
Relatore: PICCININNI CARLO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Sanfelice Giulio, elettivamente domiciliato in Roma,
via Circonvallazione Clodia 5, presso l’avv. Loreta
Boccia, rappresentato e difeso dall’avv. Carmine Di
Risio giusta delega in atti;
– ricorrente contro

Fallimento A.S.
curatore,

Sanfelice s.r.l.

in persona del

elettivamente domiciliato in Roma, via

Confalonieri 1, presso l’avv. Mauro Marchione,
rappresentato e difeso dall’avv. Sabatino Besca giusta
delega in atti;
– controri corrente –

1

Data pubblicazione: 24/04/2014

S.I.P.C.A.AL Società Italiana Prodotti Chimici e
Per l’Agricoltura Milano s.p.a. in persona del
legale rappresentante;
– intimata

avverso la sentenza della Corte d’appello di L’Aquila

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 21.2.2014 dal Relatore Cons. Carlo
Piccininni;
Udito l’avv. Besca per il fallimento;
Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. Pierfelice Pratis, che ha concluso per
il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo
A seguito di istanza della S.I.P.C.A.M. s.p.a il
Tribunale di Vasto in data 6.7.2010 dichiarava il
fallimento della A.S. Sanfelice s.r.l.
La sentenza, impugnata da Giulio Sanfelice in proprio e
quale legale rappresentante della società, veniva
confermata dalla Corte di Appello dell’Aquila, che
segnatamente riteneva: a ) che fosse fallibile la
società, in quanto imprenditore commerciale e non
agricolo; b ) che analogamente il reclamante non avesse
provato il possesso dei requisiti dimensionali di cui
all’art. 1, comma 2, 1.f.; c ) che il potere di

n. 298/12 del 28.3.2012.

iniziativa per la dichiarazione di fallimento non
sarebbe subordinato all’esistenza di un credito certo;

che l’accertamento in ordine alla sussistenza
dell’insolvenza potrebbe avere anche carattere
incidentale e sommario, come verificatosi nel caso in

credito risulterebbe infondata; che sarebbe infine
insussistente il denunciato vizio di procura, essendovi
prova della titolarità dei poteri rappresentativi della
società da parte del conferente.
Avverso la decisione Giulio Sanfelice in proprio e
quale legale rappresentante della società proponeva
ricorso per cassazione affidato a tre motivi, poi
ulteriormente illustrati da memoria, cui ha resistito
il fallimento con controricorso.
La

controversia

veniva

quindi

decisa

all’esito

dell’udienza pubblica del 21.2.2014.
Motivi della decisione
Con i motivi di impugnazione i ricorrenti hanno
rispettivamente denunciato:
l ) violazione degli artt. 2135 c.c., l 1.f., con
riferimento all’omessa considerazione che nella specie
si sarebbe trattato di imprenditore agricolo, in quanto
tale non fallibile, e che comunque, anche a voler
qualificare l’imprenditore come commerciale, il
I

esame; che l’eccezione di estinzione parziale del

fallimento sarebbe stato erroneamente dichiarato per
l’omessa verifica in ordine all’effettivo superamento
dei parametri dimensionali di cui all’art. l, comma 2 ° ,
lett. a ) e b ) 1.f. per l’anno 2008 e di quello di cui
all’art. l, comma 2 ° , lett. c ) 1.f. per il periodo

2 ) violazione degli artt. 112, 115 c.p.c., 2697 c.c. e
vizio di motivazione, per il fatto che, nonostante
specifica eccezione sollevata al riguardo, la Corte
territoriale avrebbe omesso di pronunciarsi in ordine
all’affermata mancanza di prova della qualità di
imprenditore commerciale di esso debitore,
dimostrazione cui pure il creditore istante sarebbe
stato tenuto;
3 ) violazione degli artt. l, 5, 15 1.f., 112, 115, 474
c.p.c., 2697 c.c. e vizio di motivazione, per la
mancata allegazione all’istanza di fallimento di
documentazione comprovante la sussistenza del credito
azionato ( con la conseguente omessa dimostrazione
dell’avvenuto superamento della prescritta soglia di
una esposizione debitoria superiore a

e

30.000 ),

nonché per analoga carenza probatoria in ordine ai
poteri rappresentativi della società ricorrente da
parte dell’amministratore delegato della società
creditrice, firmatario del mandato alle liti rilasciato

successivo fino alla dichiarazione di fallimento;

per la presentazione dell’istanza di fallimento e gli
atti conseguenti.
Il ricorso è infondato.
.
Come detto con i primi due motivi, che vanno esaminati
congiuntamente perché fra loro connessi, i ricorrenti

parte in cui la Corte di appello, aderendo alla
valutazione del primo giudice, ha ritenuto suscettibile
di fallimento la società debitrice avendo qualificato
come commerciale, e non come agricola secondo quanto da
essi sostenuto, l’attività dalla stessa svolta.
Il rilievo è privo di pregio poiché la Corte
territoriale, cui era stata sottoposta la medesima
A

questione, ha adeguatamente motivato sul punto (
circostanza questa che determina il

sostanziale

assorbimento del secondo motivo ), segnatamente
rilevando: che fino al 2007 l’attività svolta dalla
società Sanfelice avrebbe avuto natura agricola; che
diversamente avrebbe dovuto dirsi per il periodo
successivo, nel corso del quale la detta società ” non
ha svolto e non avrebbe potuto svolgere alcuna attività
agricola, avendo dismesso gran parte delle componenti e
risorse aziendali a tal fine in precedenza utilizzate ”
( p. 5 ); che più precisamente nel 2008, cessato
l’esercizio delle attività essenzialmente agricole, era

hanno denunciato l’erroneità della decisione nella

proseguita

l’attività

di

vendita

a

terzi

di

fertilizzanti e prodotti fitosanitari, fino alla
dichiarazione di fallimento; che tale conclusione
risultava confortata dalla documentazione acquisita analiticamente indicata ( pp. 5 e 6 ) – e dalle stesse

conclusionale di replica, avrebbero riconosciuto
l’omesso svolgimento di attività agricola ( p. 6 ).
A fronte della articolata motivazione sopra richiamata
la censura della Sanfelice non coglie nel segno per le
seguenti ragioni.
Innanzitutto

poiché

sull’affermata

non

principalmente

è

fallibilità

incentrata

dell’imprenditore

agricolo, e quindi su un profilo del tutto condiviso
dalla Corte di appello, che per l’appunto ha rigettato
il reclamo della società nel presupposto che si
trattasse di imprenditore commerciale e non agricolo.
Inoltre per il fatto che i ricorrenti hanno denunciato
l’omessa verifica del rispetto dei limiti dimensionali
prescritti dall’art. l 1.f. e l’omissione risulta
analogamente insussistente.
La Corte di appello,

infatti,

a

fronte della

prospettazione dei ricorrenti secondo la quale i
requisiti

dimensionali

avrebbero

dovuto

essere

considerati con riferimenti temporali differenti ( più

6

ammissioni dei reclamanti che, nella memoria

precisamente per quelli di cui alle lettere a ) e b )
l’indagine avrebbe dovuto essere limitata al 2008,
mentre per quello di cui alla lettera c ) il periodo di
osservazione avrebbe dovuto estendersi dal 2008 al
fallimento ), ha sostenuto che nel sistema risultante

due dei tre requisiti dimensionali richiesti ( entità
dell’attivo patrimoniale e ammontare dei ricavi lordi
annuali ), mentre per il terzo ( ammontare complessivo
dei debiti scaduti ) la verifica va effettuata con
riferimento al momento della decisione, così come
d’altra parte anche per quanto riguarda l’esistenza dei
presupposti soggettivo ed oggettivo del fallimento.
Il rilievo, che in via di principio appare anche
correttamente formulato, non è stato impugnato e quindi
pure sotto questo profilo la censura non appare
meritevole di accoglimento.
Ad identiche conclusioni deve poi pervenirsi in
relazione al terzo motivo di ricorso, anch’esso
articolato in due aspetti, rispettivamente consistenti
nella incertezza in ordine all’entità del credito
azionato ( esito da cui sarebbe discesa l’impossibilità
di escludere che il debito fosse inferiore a 30.000 )
ed all’effettiva esistenza dei poteri rappresentativi
esercitati dall’amministratore della società

dal d.lgs. 169/07 sono circoscritti nel tempo soltanto

creditrice.
Ed infatti, quanto al primo aspetto, la violazione
dell’art. 15 1.f. è stata configurata in ragione della
non definitività del credito vantato dall’istante,
assunto in contrasto con il non contestato rilievo

iniziativa di chi alleghi di essere creditore del
fallendo non richiede un accertamento definitivo del
credito azionato dal ricorrente nei confronti del
debitore, essendo viceversa sufficiente una delibazione
positiva di carattere incidentale e sommario, come
d’altra parte reiteratamente affermato da questa Corte
( C. 13/1521, C. 09/1968, C. 04/9440 ).
In ordine al secondo, la Corte territoriale cui era
stata

sottoposta

la

medesima

eccezione

l’aveva

disattesa sulla base di un duplice motivo, e cioè per
il fatto che il rappresentante processuale di una
persona giuridica non ha l’onere di dimostrare la
qualità, essendo questa agevolmente desumibile dalla
consultazione degli atti sottoposti a pubblicità
legale, nonché per l’avvenuta dimostrazione della detta
qualità mediante la produzione, a cura del creditore
istante, della visura del registro delle imprese.
I ricorrenti hanno tuttavia contestato la correttezza
della decisione, sostenendo la mancanza di prova circa

8

della Corte di appello, secondo cui il potere di

i poteri rappresentativi della società esercitati
dall’amministratore delegato e la tardività, oltre che
a

l’inadeguatezza, dell’effettuata produzione
t

documentale.
Anche detta contestazione risulta però inconsistente

impugnazione del principio affermato dalla Corte di
appello in tema di prova dei poteri rappresentativi di
società; per la contrapposizione del giudizio di fatto
formulato dalla Corte di appello ( la carica rivestita
dal firmatario della procura avrebbe consentito il
rilascio

)

quello

con

(

di

segno

opposto

)

rappresentato dai ricorrenti; per la genericità ed
apoditticità della censura, soprattutto con riferimento
alla tardività e

inadeguatezza della produzione

documentale effettuata dall’interessato a sostegno
dell’affermata regolarità della procura alle liti.
Conclusivamente

il

ricorso

deve

essere

quindi

rigettato, con condanna solidale dei ricorrenti al
pagamento delle spese processuali del giudizio di
legittimità, liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in via
solidale al pagamento delle spese processuali del
giudizio di legittimità, liquidate in C 5.200, di cui C

per una serie di considerazioni, e cioè: per l’omessa

5.000 per compenso, oltre agli accessori di legge.
Roma, 21.2.2014
a

Il cons igliere estensore
fr

Il Presidente

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