Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9273 del 11/04/2017


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Cassazione civile, sez. III, 11/04/2017, (ud. 23/02/2017, dep.11/04/2017),  n. 9273

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – rel. Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 21004-2014 proposto da:

R.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA OSLAVIA 39-F,

presso lo studio dell’avvocato EMANUELE CARLONI, rappresentato e

difeso dall’avvocato ARNALDO FALCONI giusta procura in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

COVER PUBBLICITA’ DI R.V. già COVER PUBBLICITA’ SAS, in

persona del titolare R.V., elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA SISTINA 121, presso lo studio dell’avvocato GIACOMO

MAURIELLO, che la rappresenta e difende giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3903/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 10/06/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

23/02/2017 dal Consigliere Dott. SPIRITO ANGELO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MISTRI CORRADO che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Tribunale di Latina – Sezione Distaccata di Gaeta, all’esito di un giudizio introdotto con atto di citazione e svoltosi con rito ordinario, accolse la domanda di riscatto urbano proposta da R.V., titolare della ditta Cover Pubblicità e conduttore dell’immobile compravenduto, nei confronti di R.R., acquirente del medesimo immobile.

La Corte di Appello di Roma, dopo avere disposto la trasformazione del rito ai sensi degli artt. 426 e 439 c.p.c., ha dichiarato inammissibile l’appello proposto da R.R., sul rilievo che l’atto di impugnazione era stato depositato (in data 3 maggio 2011) dopo che era decorso il teermine perentorio di 30 giorni dalla notificazione della sentenza impugnata (avvenuta il precedente 29 marzo 2011).

Propone ricorso per cassazione, sorretto da un unico motivo, R.R.. Risponde con controricorso R.V., titolare della ditta Cover Pubblicità.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo (violazione e falsa applicazione degli artt. 342, 433 e 434 c.p.c.), R.R. si duole che la Corte di Appello non abbia tenuto conto della circostanza che il giudizio di primo grado era stato introdotto con citazione e trattato con il rito ordinario senza che il giudice avesse disposto mutamento nel rito speciale del lavoro, sicchè egli aveva correttamente proposto appello con le medesime forme in applicazione del principio di ultrattività del rito. La citazione in appello, inoltre, era stata notificata in data 26 aprile 2011, nel pieno rispetto del termine breve di 30 giorni dalla notificazione della sentenza di primo grado, avvenuta il 29 marzo precedente.

2. Il motivo è fondato.

Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, ove una controversia sia stata erroneamente trattata in primo grado con il rito ordinario, anzichè con quello speciale del lavoro, le forme del rito ordinario debbono essere seguite anche per la proposizione dell’appello, che, dunque, va proposto con citazione ad udienza fissa. Ciò, in ossequio al principio della ultrattività del rito, che – quale specificazione del più generale principio per cui l’individuazione del mezzo di impugnazione esperibile deve avvenire in base al principio dell’apparenza, cioè con riguardo esclusivo alla qualificazione, anche implicita, dell’azione e del provvedimento compiuta dal giudice trova specifico fondamento nel fatto che il mutamento del rito con cui il processo è erroneamente iniziato compete esclusivamente al giudice (tra le tante, Cass., Sez. 3, 11 luglio 2014, n. 15897; v. anche Cass., Sez. 3, 22 giugno 2016, n. 12872).

Nel caso di specie, non è controverso che il giudizio di primo grado, introdotto con atto di citazione, era proseguito nelle forme del rito ordinario sino alla sentenza per modo che correttamente l’appellante aveva scelto di proporre appello con le medesime forme, non potendosi tra l’altro trarre alcuna implicazione in senso contrario dalla successiva trasformazione del rito disposta dalla Corte di Appello, alla quale non può attribuirsi efficacia retroattiva.

Ne deriva che, ai fini della verifica della tempestività del gravame, doveva farsi riferimento, non alla data del deposito dell’atto di impugnazione in cancelleria ma a quella della sua spedizione per la notifica alla controparte (Cass., Sez. 3, 7 giugno 2011, n. 12290; Cass., Sez. 6-3, 3 luglio 2014, n. 15272), che, secondo le deduzioni del ricorrente, è avvenuta il 26 aprile 2011, dunque nel rispetto del termine di trenta giorni dalla notificazione della sentenza di primo grado (effettuata il precedente 29 marzo 2011), in conformità al disposto degli artt. 325 e 326 c.p.c..

In accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata va dunque cassata con rinvio della causa, ex art. 383 c.p.c., ad altra Sezione della Corte di Appello di Roma che si uniformerà ai principi sopra ricordati, provvedendo anche sulle spese del giudizio di cassazione (art. 385 c.p.c., comma 3).

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra Sezione della Corte di Appello di Roma, anche perchè provveda sulle spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Terza Sezione Civile, il 23 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 11 aprile 2017

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