Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9272 del 21/04/2011

Cassazione civile sez. I, 21/04/2011, (ud. 01/04/2011, dep. 21/04/2011), n.9272

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITRONE Ugo – Presidente –

Dott. BERRUTI Giuseppe Maria – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – rel. Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 28545/2005 proposto da:

P.A. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA LUDOVISI 35, presso l’avvocato LAURO

MASSIMO, rappresentato e difeso dall’avvocato LAMBIASE Pasquale,

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI MARANO DI NAPOLI (c.f. (OMISSIS)), in persona del Sindaco

pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SICILIA 50,

presso l’avvocato NAPOLITANO LUIGI, rappresentato e difeso

dall’avvocato MARONE Riccardo, giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2935/2004 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 21/10/2004;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

01/04/2011 dal Consigliere Dott. VITTORIO RAGONESI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SORRENTINO Federico, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato in data 24.3.1995, l’arch.

P., in proprio e quale titolare della omonima ditta individuale, conveniva il Comune di Marano innanzi al Tribunale di Napoli, al fine sentirlo condannare al pagamento della somma di L. 57.500.00, oltre interessi e rivalutazione monetaria per aver eseguito lavori non previsti dal contratto di appalto, stipulato con l’Amministrazione Comunale, in data 20.8.1986, ed avente ad oggetto la realizzazione di un’arteria viaria della lunghezza di circa 1 km e, in via subordinata, per la condanna dell’Amministrazione Comunale al pagamento della stessa somma a titolo di indebito arricchimento.

Il predetto contratto di appalto prevedeva la realizzazione di un tracciato viario lungo il tratto dismesso della Ferrovia Alifana e consisteva nella copertura della sede ferroviaria (binari e traversine) con una fondazione stradale in misto granuloso dello spessore di 20 cm.

Nel corso dei lavori, l’arch. P. eseguiva nuove opere che, secondo la prospettazione del medesimo, avevano comportato un maggior costo, rispetto all’importo del contratto di appalto, di cui pertanto, richiedeva il pagamento al Comune.

Il Tribunale di Napoli, con sentenza in data 19.12.2000/19.1.2001 n. 1002, accoglieva parzialmente la domanda e condannava il Comune di Marano al pagamento in favore dell’attore, ai sensi dell’art. 2041 c.c., della somma di L. 57.550.000, oltre alla svalutazione monetaria, secondo gli indici ISTAT ed agli interessi legali dalla domanda al soddisfo, nonchè delle spese di causa.

Il P. proponeva appello avverso la predetta sentenza, chiedendo la condanna del Comune di Marano al pagamento in suo favore sia della somma di L. 74.307.413 (di cui alla C.T.U. esperita in primo grado), sia del maggior danno, causato dal mancato pagamento della minor somma, di cui alla sentenza appellata, che gli avrebbe impedito di realizzare un progetto intrapreso, oltre interessi legali entrambi gli importi e spese di giustizia.

Si costituiva in giudizio il Comune di Marano che chiedeva il rigetto dell’ appello e la riforma della sentenza di primo grado, errata sotto diversi profili.

In particolare, il Comune di Marano rilevava che il primo Giudice non si era mai pronunciato sulla sua eccezione di difetto di legittimazione passiva e comunque deduceva la errata liquidazione dell’indennità ai sensi dell’art. 2041 c.c., non sussistendo i presupposti nè in fatto, nè in diritto.

Con la sentenza n 2935/04, la Corte di Appello di Napoli, in riforma della sentenza appellata ed in accoglimento dell’appello incidentale rigettava la domanda di indebito arricchimento formulata dall’arch.

P. e condannava l’attuale ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per Cassazione il P. sulla base di due motivi, illustrati con memoria, cui resiste con controricorso il comune di Marano.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso il P. deduce l’erroneità della sentenza della Corte di Appello di Napoli che avrebbe errato ad accogliere l’appello incidentale e ritenere non provata la domanda di indebito arricchimento.

Con il secondo motivo censura la ritenuta inattendibilità di alcuni testi.

La Corte d’appello ha rigettato la domanda di pagamento per i lavori effettuati non previsti dal contratto rilevando che non vi era prova dell’esecuzione di detti lavori previsti da una variante, sottoscritta con atto di sottomissione 23.09.86 a firma dello S. e del P. unitamente ad un computo metrico e stima della variante suppletiva stessa, mentre l’unico consuntivo era quello del piccolo muro, che risultava costruito su disposizione del direttore dei lavori, per il quale furono liquidate, al netto del ribasso d’asta, L. 6.236.056 non essendo stati contabilizzati a consuntivo tutti i lavori oggetto di preventivo.

Rilevava ulteriormente il giudice di secondo grado che la stessa CTU non aveva avuto modo di accertare l’effettivo compimento dei lavori di cui alla variante, avendo essa riportato delle conclusioni assolutamente congetturali affermando che “se il P. dimostrerà di aver eseguito tutte le opere, il prezzo è quello indicato dal C.T.U. mentre, sotto altro profilo, la deposizione del direttore dei lavori ing. S. che aveva effettivamente confermato che il P. “portò a compimento tutti i lavori previsti net progetto di variante predetto” era inattendibile avendo il teste detto di aver contabilizzato anche questi lavori, mentre l’unico consuntivo da lui redatto per tali opere extra era quello del muro (L. 6.236.056) a confine con proprietà R..

Anche le deposizioni degli testi erano – secondo la Corte d’appello inidonee a provare l’effettuazione dei lavori di variante non essendo alcuni di essi a cognizione del progetto ed estranei ai lavori (testi D.C., N. e No.) ed essendosi l’altro teste T. assentato per ferie durante il periodo in cui sarebbero stati eseguiti i lavori stessi. A tale proposito, poi, la Corte d’appello ha osservato che la differenza tra i lavori contrattuali e quelli di cui alla variante era puramente quantitativa e non qualitativa onde per poterne testimoniare l’effettiva effettuazione occorreva necessariamente conoscere i dati quantitativi originari ed avere assistito e verificato l’andamento dei lavori. In tale prospettiva il giudice di seconde cure ha rilevato che anche la documentazione fotografica era inidonea a dimostrare l’effettuazione dei lavori in questione.

Tale motivazione appare del tutto esaustiva e supportata da una argomentazione logica del tutto coerente e fondata su un attento esame delle risultanze processuali.

Il ricorrente con il primo motivo di ricorso tende a sostenere che in realtà in atti vi era un consuntivo dei lavori redatto dal direttore dei lavori in data 7.7.98 dietro richiesta dello stesso comune di Marano da cui risultava l’effettiva effettuazione dei lavori che non era stato tenuto in considerazione da parte della Corte d’appello.

Tale assunto è privo di fondamento.

La Corte d’appello ha affermato che la contabilizzazione dei lavori di cui alla variante non fu mai redatta dal direttore dei lavori ad eccezione di quella del muro di cui si è detto, e tale affermazione non risulta smentita dalla censura del ricorrente, ove si consideri che il consuntivo dedotto è stato effettuato a seguito di una richiesta di informazioni da parte del Comune di Marano per la sistemazione della pratica in archivio oltre dieci anni dopo la conclusione dei lavori e lo stesso, pertanto, non può considerarsi un effettivo consuntivo dei lavori essendosi ormai l’appalto concluso, ma un semplice documento informativo il quale, tra l’altro, non contiene, per come riportato nel ricorso, alcuna descrizione dei lavori effettuati nè alcuna misurazione degli stessi e che, comunque, non appare idoneo a costituire alcun fondamento probatorio.

Per il resto, le censure altro non sono che delle affermazioni che tendono a fornire una diversa ricostruzione in fatto rispetto a quella effettuata dal giudice di merito e che, come tali, non possono trovare ingresso in questa sede di legittimità.

Ad analoghe conclusioni deve pervenirsi per quanto concerne il secondo motivo del ricorso con cui prevalentemente si contesta la non ritenuta concludenza delle deposizioni testimoniali alla luce della circostanza che la differenza tra i lavori extra contrattuali e quelli contrattuali era quantitativa e non qualitativa.

A tale proposito vengono riportate nel ricorso la contabilizzazione contrattuale dei lavori e quella del preventivo della variante, per dimostrare che la differenza era anche qualitativa, ma, a parte il fatto che la valutazione circa la detta differenza costituisce comunque una diversa valutazione di merito, che non è proponibile in questa sede, il ricorrente non censura la ratio sostanziale della sentenza secondo cui la differenza tra i lavori previsti in contratto e quelli previsti in variante non era comunque percepibile agli occhi non esperti dei testimoni che non erano a conoscenza dei lavori pattuiti e che non potevano quindi valutare se vi erano state delle opere in aggiunta a quelle di cui al contratto.

Il ricorso va in conclusione rigettato.

Il ricorrente va di conseguenza condannato al pagamento delle spese processuali liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio liquidate in Euro 2.500,00 per onorari oltre Euro 200,00 per esborsi oltre spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 1 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 21 aprile 2011

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