Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9272 del 17/04/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 9272 Anno 2013
Presidente: CIRILLO ETTORE
Relatore: OLIVIERI STEFANO

Data pubblicazione: 17/04/2013

SENTENZA

sul ricorso 25003-2011 proposto da:
CHIRILLO ANNA, elettivamente domiciliata in ROMA VIA
FEDERICO CESI 72, presso lo studio dell’avvocato DE
AGOSTINO WALTER, rappresentata e difesa dall’avvocato
MAINETTI MARCO con studio in VARESE PIAZZA MONTE
GRAPPA 12 (avviso postale) giusta delega a margine;
– ricorrente contro

AGENZIA DELLE DOGANE CIRCOSCRIZIONE DOGANALE DI
BRINDISI in persona del Direttore pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI
12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

9\

rappresenta e difende ope legis;

avverso

la

resistente con atto di costituzione

sentenza

COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST.

n.
di LECCE,

102/2011

della

depositata

il

19/04/2011;

udienza del 25/02/2013 dal Consigliere Dott. STEFANO
OLIVIERI;
udito per il controricorrente l’Avvocato ALBENZIO che
ha chiesto il rigetto;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. FEDERICO SORRENTINO che ha concluso
per l’accoglimento del ricorso.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

Svolgimento del processo

Con sentenza 19.4.2011 n. 102 la Commissione tributaria della regione
Puglia ha rigettato l’appello proposto da Chirillo Anna e confermato la
decisione di prime cure che aveva dichiarato legittimo l’invio a pagamento

di erede di Amoruso Pasquale ed avente ad oggetto diritti doganali dovuti
“su kg. 2006” di tabacchi lavorati esteri consumati in frode come accertato
da rapporto di PG del 19.4.1986 della Guardia di Finanza di Bari.

I Giudici di appello ritenevano destituite di fondamento le eccezioni della

contribuente secondo cui la stessa non poteva ritenersi soggetto passivo
dell’obbligazione doganale, non avendo fornito l’Amministrazione la prova
della qualità di erede e comunque avendo in data 20.11.2003 espressamente
rinunciato alla eredità dell’Amoniso, in quanto la Chirillo non aveva
contestato di “aver occupato la casa comunale [recte: coniugale]
utilizzando i relativi beni” e tanto era sufficiente a privare di efficacia la
rinuncia alla eredità intervenuta soltanto dopo la pubblicazione della
decisione di prime cure sfavorevole alla contribuente.

Avverso tale sentenza notificata il 28 giugno 2011 (come risulta dal
timbro datario apposto in calce alla relata), ha proposto ricorso per
cassazione la contribuente, deducendo sei motivi, con atto spedito in data
11.10.2011 a mezzo del servizi postale, ai sensi della legge n. 53/1994, e
notificato il 14.10.2011 all’Ufficio periferico di Brindisi della Agenzia
delle Dogane.

1
RG n. 25003/2011
ric. Chirillo c/ Ag.Dogane

Con st.
livieri
Stefan

di € 111.090,03 notificato in data 26.2.2002 alla predetta contribuente n.q.

La Agenzia fiscale intimata ha depositato atto di costituzione ai soli fini
della partecipazione alla udienza di discussione.

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo la ricorrente deduce il vizio di nullità processuale

Giudici territoriali pronunciato nel merito, sebbene si fosse verificata la
cessazione della materia del contendere in quanto, nelle more del giudizio
di secondo grado, l’Amministrazione doganale aveva disposto
l’annullamento in autotutela dell’ “invito di pagamento” impugnato, come
risultava dal provvedimento prot. n. 4068 in data 23.2.2004 che la stessa
Amministrazione doganale aveva depositato in giudizio costituendosi nel
secondo grado.

2. Il motivo è fondato.

3. Occorre premettere che l’Ufficio -come è dato evincere dalle memorie
depositate in secondo grado dalla Circoscrizione doganale di Brindisi, riportate nel
ricorso principale- ha tenuto una condotta processuale a dir poco ondivaga e

non congruente, in quanto dopo aver prodotto il provvedimento di
annullamento dell’atto impositivo ha formulato conclusioni oggettivamente
contraddittorie chiedendo nell’ordine: 1-il rigetto del ricorso in appello
della contribuente, 2-la dichiarazione di cessata materia del contendere
“limitatamente alla impugnazione dell’invito a pagamento” essendo stato
annullato in autotutela, 3-la conferma della sentenza di prime cure.

4. Orbene rileva il Collegio che il fatto sopravvenuto determinativo della
cessazione della materia del contendere

-ipotesi espressamente disciplinata

dall’art. 46co 1 Dlgs n. 546/1992 che regola il processo tributario come fenomeno
2
RG n. 25003/2011
ric. Chirillo c/ Ag.Dogane

Cn. ‘st.
Stef
tvieri

della sentenza di appello,in relazione all’art. 360co1 n. 4) c.p.c., avendo i

riflettendosi direttamente sulle condizioni di
hu
ammissibilità della domanda, è conoscile “ex officio” in ogni stato e grado
estintivo del giudizio-,

del giudizio, ed anche se rilevato per la prima nel giudizio di legittimità
(cfr. Corte cass. Sez. U, Sentenza n. 18047 del 04/08/2010; id. V sez. ord.
25.7.2012 n. 13109).

realizza laddove il rapporto obbligatorio dedotto in giudizio venga ad essere
definito al di fuori del processo, venendo conseguentemente meno ogni
interesse delle parti ad una diversa regolamentazione dello stesso attraverso
la pronuncia giudiziale.
La verifica della predetta condizione obiettiva deve essere condotta, nel
caso in esame, alla stregua della specifica natura del giudizio tributario che
– per consolidato orientamento giurisprudenziale – non è annoverabile tra
quelli di “impugnazione-annullamento”, ma tra quelli di “impugnazionemerito”, in quanto non è diretto alla sola eliminazione giuridica dell’atto
impugnato, ma alla pronuncia di una decisione di merito sostitutiva sia
della dichiarazione resa dal contribuente che dell’accertamento dell’ufficio,
con la conseguenza che ( salva la ipotesi di vizi radicali di nullità dell’atto,
tali cioè da impedire lo stesso accertamento dei fatti costitutivi del rapporto:
cfr. con riferimento alla carenza assoluta di motivazione dell’atto impositivo Corte
cass. V sez. 9.10.2009 n. 21446; id. V sez. 9.6.2010 n. 13868 ) ove il giudice

tributario ritenga invalido l’avviso di accertamento per motivi non formali,
ma di carattere sostanziale, non può limitarsi ad annullare l’atto impositivo,
ma deve esaminare nel merito la pretesa tributaria e, operando una motivata
valutazione sostitutiva, eventualmente ricondurla alla corretta misura entro
i limiti posti dalle domande di parte (cfr. Corte eass. V sez. 12.7.2006 n.
15825; id. V sez. 23.7.2007 n. 16252; id. V sez. 3.8.2007 n. 17127; id. V sez.
17.10.2008 n. 25376, con riferimento alla determinazione della sanzione pecuniaria;
Id. Sez. 6- 5, Ordinanza n. 13034 del 24.7.2012), a condizione che resti nel
3
RG n. 25003/2011
ric. Chirillo c/ Ag.Dogane

est.
Olivieri

5. Come emerge dalla richiamata norma processuale il fenomeno si

limite della pretesa tributaria esercitata dall’Ufficio e che gli elementi
utilizzati siano ritualmente acquisiti agli atti (cfr. Corte eass. V sez. 28.5.2010
n. 13132).

6. Da quanto precede deriva che l’atto impositivo costituisce elemento
imprescindibile del rapporto tributario in quanto la pretesa vantata dalla

importo dello stesso) deve necessariamente essere formalizzata in un
provvedimento, emesso all’esito di un procedimento tipizzato, che accerta
la esistenza in concreto dei presupposti impositivi richiesti dalla legge e
determina l’ammontare del credito fiscale.
A prescindere dalla “vexata quaestio” della natura costitutiva o
dichiarativa dell’accertamento tributario, non può configurarsi, pertanto,
una pretesa tributaria della Amministrazione finanziaria avanzata nei
confronti del contribuente, indipendentemente da un atto di accertamento
impositivo, suscettibile di divenire definitivo – rendendo incontestabile il
rapporto obbligatorio tributario – ove non tempestivamente impugnato dal

soggetto destinatario.

7. Nella specie la pretesa avente ad oggetto il pagamento dei diritti
doganali è stata portata a conoscenza della contribuente con atto di “invito
al pagamento” notificato il 26.2.2002.
Per costante giurisprudenza della Corte “l’invito al pagamento” emesso
ai sensi dell’art. 93 del regolamento doganale, approvato con il r.d. 13
febbraio 1896, n. 65 (che precede l’atto di ingiunzione o -successivamente alla
riforma del TU n. 43/1988 della riscossione a mezzo ruolo anche dei tributi doganalila iscrizione a ruolo) e viene fatto pervenire al debitore a mezzo degli agenti

doganali o a mezzo posta con ricevuta di ritorno -, rappresenta l’atto
attraverso il quale l’amministrazione finanziaria, esaurita la propria attività
di accertamento, esteriorizza gli esiti di tale controllo, rendendo edotto il
4
RG n. 25003/2011
ric. Chirillo c/ Ag.Dogane

C
est.
livieri
Stefan

Amministrazione finanziaria al pagamento del tributo (o del maggiore

contribuente della maggior pretesa avanzata nei suoi confronti ed
invitandolo ad assolvere il proprio debito verso l’erario, pena l’avvio della
procedura esecutiva in forza della successiva ingiunzione, ed è inquadrabile
nell’ambito delle “decisioni doganali”, che, ai sensi dell’art. 4, n. 5 del
codice doganale comunitario (Reg. CE 2913/92 del 12 ottobre 1992),
ricomprendono qualsiasi determinazione che intervenga su un caso

di invito al pagamento di tributi doganali sussiste, pertanto, l’interesse del
contribuente a proporre azione di accertamento negativo sulla debenza del
tributo, posto che, ove tale situazione non venisse rimossa, resterebbe
legittimata l’azione esecutiva erariale, con lesione dei diritti soggettivi del
contribuente (cfr. Corte cass. Sez. 5, Sentenza n. 22015 del 13/10/2006; id. Sez.
5, Sentenza n. 3918 del 15/02/2008). E’ stato altresì precisato che debbono

qualificarsi come avvisi di accertamento o di liquidazione, impugnabili ai
sensi dell’art. 19 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, tutti quegli atti con cui
l’Amministrazione comunica al contribuente una pretesa tributaria,
ancorchè tale comunicazione non si concluda con una formale intimazione
di pagamento sorretta dalla prospettazione in termini brevi dell’attività
esecutiva, bensì con un invito bonario a versare quanto dovuto, non
assumendo alcun rilievo la mancanza della formale dizione “avviso di
liquidazione” o “avviso di pagamento” (cfr. Corte cass. Sez. 5, Sentenza n.
12194 del

15/05/2008),

dovendo quindi qualificarsi come avviso di

accertamento anche l’atto di “invito al pagamento” emesso in materia
doganale.

7. Deve quindi ritenersi che, anche nel caso di specie, il rapporto
doganale sul quale il Giudice tributario era chiamato a decidere aveva ad
oggetto la pretesa formulata dalla Amministrazione attraverso un formale
atto impositivo -“invito al pagamento”-, con la conseguenza che, venuto
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RG n. 25003/2011
ric. Chirillo c/ Ag.Dogane

particolare in funzione impositiva o provvedimentale. In presenza di un atto

meno tale atto impositivo in seguito ad esercizio del potere di annullamento
di ufficio da parte della Amministrazione doganale, e non essendo stato
sostituito, integrato, emendato, modificato l’invito di pagamento annullato
con altro atto impositivo, si è determinata una situazione analoga a quella
della integrale rimozione dell’avviso di accertamento affetto da vizi di
invalidità formali, essendo quindi venuta meno la stessa pretesa tributaria

8. Non sembra, infatti, interpretabile in altro modo la condotta
processuale dell’Ufficio doganale, tenuto conto da un lato che, nella specie,
l’esercizio dei poteri di autotutela non trova fondamento nella legittima
esigenza di conformare la situazione giuridica ad una pronuncia di
annullamento emessa in primo grado, al dichiarato fine di evitare
conseguenze economiche pregiudizievoli (cfr. Corte cass. Sez. 5, Sentenza n.
24064 del 28/12/2012 secondo cui “lo sgravio della cartella di pagamento disposto

in provvisoria ottemperanza della sentenza di primo grado favorevole al contribuente
– comportamento che può risultare fondato anche sulla mera volontà di evitare le
eventuali ulteriori spese di precetto e dei successivi atti di esecuzione – non produce,

di per sé solo, alcun effetto sull’ “avviso di liquidazione”, nel caso in cui tale atto
prodromico non sia stato annullato in autotutela”)

e dall’altro che –

diversamente dalla ipotesi dell’annullamento in autotutela della cartella e
della iscrizione a ruolo- non sussistono in questo caso atti impositivi
presupposti (ingiunzione di pagamento; avviso di accertamento; nuovo invito di
pagamento) idonei a supportare la pretesa doganale.

In ordine ai poteri di autotutela esercitati dalla Amministrazione nel corso
del giudizio ed aventi ad oggetto lo stesso atto impositivo impugnato dal
contribuente, questa Corte, infatti, ha chiarito che l’autotutela incontra un
limite (oltre che nell’avvenuta formazione del giudicato sull’atto viziato e nel
decorso del termine decadenziale fissato per l’accertamento, anche) nella tutela del

diritto di difesa del contribuente. Pertanto, l’annullamento parziale di un
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RG n. 25003/2011
ric. Chirillo c/ Ag.Dogane

oggetto della contestazione del contribuente.

avviso di accertamento, con sentenza ancora soggetta ad impugnazione,
non preclude all’Amministrazione finanziaria l’adozione di un nuovo avviso
di contenuto identico a quello risultante dalla decisione del giudice
tributario, in sostituzione o riforma dell’atto impugnato, ma l’emissione del
nuovo avviso non determina la cessazione della materia del contendere
nel giudizio tributario,

privandosi altrimenti il contribuente della

controversia relativa al primo avviso, la tesi della non debenza totale (cfr.
Corte cass. Sez. 5, Sentenza n. 7335 del 26/03/2010. Vedi Corte cass. Sez. 5,
Sentenza n. 24620 del 20/11/2006 che ravvisa la esigenza che il potere di autotutela

non si risolva in danno della tutela giudiziaria del contribuente, specificando che
l’adozione del nuovo avviso di accertamento dev’essere preceduto dall’annullamento
di quello orginariamente impugnato dal contribuente, e ciò al fine di assicurare la
tutela del diritto di difesa del contribuente ed in ossequio al divieto di doppia
imposizione in dipendenza dello stesso presupposto)

9. Tale principio conferma la necessità che la controversia sul rapporto
tributario necessita comunque di una “formale” pretesa tributaria, nel senso
che a fondamento del rapporto obbligatorio dedotto in giudizio deve
sussistere una manifestazione di volontà impositiva dell’Ufficio rivestita
dei caratteri formali tipici prescritti dalla legge e dunque un atto
provvedimentale impugnabile ai sensi dell’art. 19 Dlgs n. 546/2992 in
quanto idoneo ad incidere nella sfera patrimoniale del contribuente (in tal
senso va intesa l’affermazione del precedente della Corte cass. Sez. 5, Sentenza n.
10376 del 12/05/2011 secondo cui, l’annullamento per vizi di forma dell’atto

impositivo sub judice, “non solo non preclude, ma impone” all’Amministrazione di
adottare un nuovo avviso di accertamento -salvo che sia maturata ormai la decadenza
della potestà impositiva- in quanto “non è in potere dell’ Amministrazione rinunciare
con l’inerzia all’azione di recupero del credito fiscale”; sulla doverosità per

l’Amministrazione finanziaria dell’esercizio in via autotutela del potere di

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RG n. 25003/2011
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Stef

est.
ivieri

possibilità di difendere, dinanzi al giudice dell’impugnazione investito della

sostituzione dell’atto annullato, cfr. Corte cass. Sez. 5, Sentenza n. 16115 del
20/07/2007)

10. Venendosi a trarre le conclusioni dalle indicate premesse, la sentenza
impugnata deve ritenersi affetta dal vizio di nullità processuale denunciato,
in quanto 1- rilevato che l’annullamento dell’ “atto di invito al pagamento”

della intervenuta rinuncia alla eredità da parte della Chirillo con
dichiarazione in data 20.11.2003 resa, ai sensi dell’art. 519 c.c., avanti il
funzionario di Cancelleria del Tribunale di Torre Annunziata, come è dato
rilevare dalla memoria di costituzione dell’Ufficio in grado di appello
(riportata a pag. 13 del ricorso per cassazione: “Appare evidente che alla luce del
citato provvedimento

[ndr. la rinuncia alla eredità] l’Ufficio resistente si trova, come

sopra accennato nella giuridica impossibilità di perseguire un erede che non è più
tale. Pertanto ha provveduto ad un annullamento in autotutela dell’invito a
pagamento impugnato”), 2- e rilevato altresì che l’atto impositivo annullato

non era stato sostituito da altro provvedimento idoneo a veicolare la pretesa
tributaria, il Giudice tributario di secondo grado -avanti il quale si era
verificato l’evento estintivo- avrebbe dovuto astenersi dal pronunciare nel
merito e dichiarare la sopravvenuta cessazione della materia del contendere,
avendo l’Amministrazione ritirato definitivamente la originaria pretesa
doganale non sostituita da altro atto idoneo a supportarla (avviso di
accertamento, invito di pagamento, ingiunzione).

11. Il motivo deve dunque essere accolto, con conseguente cassazione
senza rinvio della sentenza della CTR pugliese, in quanto il giudizio non
poteva essere proseguito per sopravvenuta cessazione della materia del
contendere. Va dato seguito, infatti, al principio enunciato nel precedente
della Corte ord. V sez. 25.7.2012 n. 13109

secondo cui tale pronuncia

“determina, da un lato, la caducazione di tutte le pronunce emanate nei
8
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s
Ste ano

I\ ivieri

era stato disposto dall’Amministrazione doganale esclusivamente a ragione

ESENTE
Al SE:\N
N. 131

n. A, RFCISTRAZIONE

precedenti gradi di giudizio e non passate in cosa giudicata, dall’altro, la
sua assoluta inidoneità, ad acquistare efficacia di giudicato sostanziale
sulla pretesa fatta valere: risultato che può essere conseguito soltanto
mediante una sentenza che operi alla stregua di “cassazione senza rinvio”
ex art. 382 c.p.c., comma 3, per improseguibilità della causa, in quanto
l’avvenuta composizione della controversia, per il venir meno di ragioni di

delle proposte domande e delle successive sentenze. E quindi determina (non la mera
inammissibilità del ricorso, che si esaurirebbe sul piano processuale ma) la
necessitata rimozione delle sentenze emesse, in quanto non più attuali”, perché

inidonee a regolare il rapporto tra le parti:Corte cass. V sez. 23.9.2011 n.

19533′).
12.

In conclusione il ricorso deve essere accolto (primo motivo),

dichiarati assorbitigli altri motivi, e la sentenza impugnata cassata senza
rinvio.
L’eccedenza di pronuncia del Giudice tributario, non richiesta da alcuna
delle parti, legittima la integrale compensazione delle spese di lite

P.Q.M.
La Corte :

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– accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata senza rinv -iVe. dichiara
interamente compensate tra le parti le spese del giudizio.

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Così deciso nella camera di consiglio 25.2 .2013

contrasto fra le parti, “comporta conseguenze di ordine sostanziale sul contenuto

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