Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9272 del 11/04/2017
Cassazione civile, sez. III, 11/04/2017, (ud. 23/02/2017, dep.11/04/2017), n. 9272
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SPIRITO Angelo – rel. Presidente –
Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –
Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –
Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –
Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 15833-2012 proposto da:
M.M., elettivamente domiciliato in MA, VIA CHIABRERA 115,
presso il suo studio rappresentato e difeso da se medesimo;
– ricorrente –
nonchè contro
F.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FILIPPO
MARCHETTI 25, presso lo studio dell’avvocato MAURIZIO VISCA,
rappresentato e difeso dall’avvocato PIETRO LIBERTINI giusta procura
speciale notarile del Dott. Notaio GENTILE PAOLINA in PRIVERNO del
14/10/2013 rep. n. 1672;
– resistente con procura –
avverso la sentenza n. 760/2012 del TRIBUNALE di LATINA, depositata
il 12/03/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
23/02/2017 dal Consigliere Dott. SPIRITO ANGELO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
MISTRI CORRADO che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
udito l’Avvocato PIETRO LIBERTINI.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Tribunale di Latina ha respinto l’appello avverso la sentenza del Giudice di Pace della stessa città con cui era stata rigettata la domanda proposta dall’Avvocato M.M. nei confronti del proprio cliente, F.F., avente ad oggetto il risarcimento del danno conseguente all’asserita condotta diffamatoria del secondo, il quale avrebbe offeso la reputazione del primo formulando censure sulla correttezza e legalità del suo operato in un esposto inviato al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Latina, al Presidente del Consiglio Nazionale Forense, al Procuratore della Repubblica di Latina e al Comando della Guardia di Finanza di Latina.
Il Tribunale ha escluso l’antigiuridicità della condotta di F.F., sul rilievo che egli si era limitato a rappresentare la propria versione dei fatti, chiedendo accertamenti agli organi destinatari dell’esposto e senza rappresentare dolosamente circostanze non conformi al vero.
Ha proposto ricorso per cassazione M.M.. F.F., a mezzo del suo patrono, ha partecipato alla discussione, previo deposito di procura speciale alle liti per difesa orale.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso è inammissibile.
M.M., senza esporre alcun motivo riconducibile all’ambito dell’art. 360 c.p.c., si duole genericamente dell’ingiustizia delle sentenze di primo e di secondo grado, che non avrebbero accertato il contenuto diffamatorio e non rispondente a verità dell’esposto tramite il quale F.F. lo avrebbe ingiustamente accusato non solo di aver tenuto uno scorretto comportamento professionale ma anche, più specificamente, di avere omesso la fatturazione della somma di 3 milioni di lire pagatagli a titolo di compenso professionale, non ostante la fatturazione medesima fosse stata riservata all’esito del pagamento degli importi dovuti a titolo di IVA e CPA.
Il ricorrente, inoltre, lamenta la “nullità” delle sentenze di merito per non avere pronunciato sulla domanda di restituzione della somma di Euro 1.051,00 da lui successivamente versata a titolo di IVA e CPA sul compenso ricevuto dal cliente, e di quella del tribunale per avere motivato “per relationem” sulla domanda di risarcimento del danno, condividendo indebitamente la valutazione del giudice di pace.
Le doglianze contenute nel ricorso sono inammissibili sia perchè tendono a suscitare dalla Corte di legittimità un nuovo giudizio di merito sull’asserito carattere diffamatorio della condotta del F. (in contrapposizione a quello, motivatamente negativo, già espresso dal Tribunale) sia perchè sono formulate senza la predisposizione di specifici motivi di ricorso per cassazione e senza la prefigurazione di vizi della pronuncia di merito sussumibili in una delle fattispecie di cui all’art. 360 c.p.c (art. 366 c.p.c., n. 4 e art. 375 c.p.c., n. 1).
Sotto quest’ultimo profilo si deve rammentare, in particolare, che il giudizio di cassazione è un giudizio a critica vincolata, delimitato dai motivi di ricorso, che assumono una funzione identificativa condizionata dalla loro formulazione tecnica con riferimento alle ipotesi tassative formalizzate dal codice di rito. Ne consegue che il motivo del ricorso deve necessariamente possedere i caratteri della tassatività e della specificità ed esige una precisa enunciazione, di modo che il vizio denunciato rientri nelle categorie logiche previste dall’art. 360 c.p.c., sicchè è inammissibile la critica generica della sentenza impugnata, formulata con un unico motivo sotto una molteplicità di profili tra loro confusi e inestricabilmente combinati, non collegabili ad alcuna delle fattispecie di vizio enucleata dal codice di rito (tra le altre, Cass. civ., Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 19959 del 22 settembre 2014, Rv. 632466).
Sussistono giusti motivi, ai sensi dell’art. 92 c.p.c., comma 2, nella formulazione antecedente alla riforma operata con L. n. 263 del 2005, applicabile ratione temporis, per compensare interamente tra le parti le spese del giudizio di legittimità.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Compensa interamente tra le parti le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Terza Sezione Civile, il 23 febbraio 2017.
Depositato in Cancelleria il 11 aprile 2017