Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9271 del 21/04/2011

Cassazione civile sez. I, 21/04/2011, (ud. 01/04/2011, dep. 21/04/2011), n.9271

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITRONE Ugo – Presidente –

Dott. BERRUTI Giuseppe Maria – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – rel. Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 15882/2006 proposto da:

CASTELLO GESTIONE CREDITI s.r.l., con domicilio eletto in Roma, Via

Bissolati n. 76, presso l’Avv. Benedetto Gargani, rappresentata e

difesa dagli Avv.ti GRECO Antonio e Francesca Greco come da procura

in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

M.G., in proprio e quale erede di P.G.,

con domicilio eletto in Roma, Via Costantino Maes n. 68, presso

l’Avv. Milena Macculi, rappresentato e difeso dall’Avv. FIORE

Ottorino, come da procura a margine del ricorso;

– controricorrente –

e contro

P.A. e MA.An.;

– intimati –

nonchè sul ricorso n. 20810/06 proposto da:

M.G., in proprio e quale erede di P.G.,

come sopra rappresentato e domiciliato;

– ricorrente incidentale –

contro

CASTELLO GESTIONE CREDITI s.r.l., come sopra domiciliata e

rappresentata;

– controricorrente al ricorso incidentale –

per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Lecce n.

195/06 depositata il 13 marzo 2006.

Udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

giorno 1 aprile 2011 dal Consigliere relatore Dott. Vittorio

Zanichelli;

sentite le richieste del P.M., in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. SORRENTINO Federico, che ha concluso per

l’integrazione del contraddittorio quanto al ricorso incidentale e,

in subordine, per il rigetto del ricorso principale e

l’inammissibilità di quello incidentale;

udito l’Avv.to Catalano, in delega, per la ricorrente.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Castello Gestione Crediti s.r.l., quale procuratore di Banca Intesa s.p.a. (incorporante della Banca Commerciale Italiana s.p.a.), ricorre per cassazione avverso la sentenza della Corte d’appello di Lecce che, per quanto qui interessa, ha integralmente riformato la sentenza del Tribunale che aveva condannato M.G., P.G. e P.A., quali fideiussori di Ma.Pi., nonchè quest’ultima al pagamento in favore della Banca Commerciale Italiana s.p.a. della somma di L. 16.342.12, oltre accessori, in relazione al debito maturato sul conto corrente intrattenuto dalla Ma. con la Banca e ad un piano di rimborso dalla medesima sottoscritto.

A sostegno del ricorso vengono proposti quattro motivi con i quali rispettivamente si deduce: violazione degli artt. 300, 303, 305 e 307 c.p.c. e art. 1944 c.c., per avere omesso la Corte di rilevare l’intervenuta estinzione de giudizio di appello nei confronti della Ma. che non aveva provveduto alla riassunzione dopo l’interruzione dovuta alla incorporazione della banca Commerciale Italiana in Banca Intesa; violazione degli artt. 1321, 1325, 1372, 1832 e 2948 c.c., e difetto di motivazione per avere ritenuto il giudice di merito non provata la domanda nonostante la mancata contestazione da parte della correntista degli estratti conto;

violazione degli artt. 1321, 1325, 1326, 1372, 1418 e 1832 c.c. e carenza di motivazione per avere la Corte d’appello ritenuto carente la prova dell’esistenza del credito in base alla sola circostanza dell’avvenuto disconoscimento di parte della documentazione prodotta;

violazione degli artt. 1322, 1936, 1937 e 1939 c.c. e carenza di motivazione in relazione alla ritenuta inconferenza dell’esistenza della clausola contrattuale di deroga all’art. 1939 c.c..

Resiste M.G., in proprio e nella qualità, e propone ricorso incidentale affidandosi ad un unico motivo con il quale deduce “violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5” per avere omesso il giudice d’appello di pronunciarsi in ordine alle domande proposte dagli originari attori volte alla declaratoria di inefficacia dei pagamenti effettuati quali fideiussori e di restituzione dei relativi importi.

Al ricorso incidentale resiste la ricorrente principale con controricorso.

La ricorrente principale ha depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso principale e quello incidentale debbono essere preliminarmente riuniti in quanto proposti nei confronti della stessa sentenza.

Con il primo motivo del ricorso principale si deduce violazione di legge e si censura l’impugnata decisione per avere la Corte d’appello ritenuto non estinto il giudizio quanto alla posizione della debitrice principale Ma.Pi. e per contro correttamente riassunto il giudizio di impugnazione dopo l’interruzione conseguente all’incorporazione della convenuta Banca Commerciale Italiana s.p.a in Banca Intesa s.p.a. per il solo fatto che alla riassunzione avevano provveduto P.A. e M.G. depositando rituale ricorso e notificandolo alle altre parti che, compresa la Ma., si erano ritualmente costituite.

La censura è fondata.

E’ principio affermato dalle Sezioni Unite della Corte quello secondo cui “Nel caso di trattazione unitaria o di riunione di più procedimenti relativi a cause connesse e scindibili, che comporta di regola un litisconsorzio facoltativo tra le parti dei singoli procedimenti confluiti in un unico processo, l’evento interruttivo relativo ad una delle parti di una o più delle cause connesse, opera di regola solo in riferimento al procedimento (o ai procedimenti) di cui è parte il soggetto colpito dall’evento. In tal caso non è necessaria o automatica la contestuale separazione del processo interrotto dagli altri riuniti o trattati unitariamente, salvo sempre il potere attribuito al giudice dall’art. 103 c.p.c., comma 2, pur cui difettando una tempestiva riassunzione ovvero se questa o la ripresa del procedimento interrotto siano avvenute nei termini dell’art. 305 c.p.c., ma vi sia stata, nelle more della quiescenza da interruzione, attività istruttoria rilevante per la causa interrotta, il giudice potrà, esercitando tale potere, disporre la separazione dagli altri procedimenti di quello colpito da evento interruttivo per il quale – se necessario – potranno eventualmente rinnovarsi tutti gli atti istruttori assunti senza la partecipazione della parte colpita dalla perdita di capacità processuale (sentenza 5/07/2007, n. 15142; conforme: sez. 2^, 28/05/2010, n. 13125).

Nella fattispecie, per vero, pur trattandosi di cause scindibili (tali essendo da un lato quella che attiene al rapporto tra creditore e il debitore principale Ma. e dall’altro quella che attiene al rapporto tra lo stesso creditore e i fideiussori), l’interruzione si è verificata per tutte le cause riunite non per l’ineluttabilità dell’evento dovuta all’essere le diverse cause riunite in un unico contenitore (conseguenza, come si è visto, esclusa dalla Corte nell’arresto citato), posto che nessuna interruzione generalizzata si sarebbe verificata se l’evento interruttivo avesse interessato un’altra parte, ma unicamente in considerazione del fatto peculiare che la causa che ha determinato l’interruzione ha interessato il creditore (l’istituto bancario) che è parte in entrambi i giudizi.

Ciò non comporta, tuttavia, trattandosi, si ripete, di cause scindibili, alcuna deviazione alla disciplina della riassunzione che, stante appunto l’autonomia della cause, non deve necessariamente coinvolgerle tutte, ben potendo le parti interessate determinare la prosecuzione di uno solo dei giudizi interrotti, così come, nella fattispecie processuale per alcuni aspetti analoga, della presenza nel giudizio di primo grado di più parti in cause scindibili, l’appello proposto solo nei confronti di alcune comporta il passaggio in giudicato della sentenza per coloro che non sono stati evocati nel giudizio di impugnazione (in tal senso, ex aliis, Cassazione civile, sez. 3^, 19/07/2004, n. 13334 e sez. lav., 26/11/2002, n. 16702).

E ciò è appunto quanto è avvenuto nella fattispecie, dal momento che solo i fideiussori hanno tempestivamente riassunto il giudizio depositando il ricorso per la fissazione dell’udienza e notificandolo ritualmente alla parte colpita dall’evento interruttivo (il creditore). Nessuna iniziativa hanno invece intrapreso le parti (creditore e debitore principale) dell’altro procedimento, essendosi limitata la Ma. a costituirsi in giudizio in esito alla notifica del ricorso per riassunzione effettuata dai fideiussori. Ma l’iniziativa processuale dei fideiussori non ha alcuna rilevanza ai fini della riassunzione del procedimento tra la Ma., debitrice principale, e il creditore Banca Intesa per l’ovvia considerazione che gli stessi a tanto non erano legittimati non essendo parti in tale giudizio.

Ne consegue cha ha errato la Corte d’appello a non dichiarare l’intervenuta estinzione del giudizio tra la creditrice e la Ma. per difetto di tempestiva riassunzione e la sentenza deve dunque essere cassata sul punto.

Con il secondo motivo di ricorso si deduce violazione di legge e difetto di motivazione in quanto la Corte di merito, al fine di ritenere provata la sussistenza de debito e quindi la responsabilità dei fideiussori, non avrebbe tenuto nella dovuta considerazione la circostanza che la Ma. non aveva mai contestato gli estratti conto dai quali risultava il suo debito per la movimentazione del conto corrente a lei intestato.

Il motivo è inammissibile in quanto propone per la prima volta in questa sede una questione nuova che presuppone l’accertamento di fatti che non risultano non solo valutati ma neppure sottoposti al giudice del merito dal momento che in nessun punto dell’impugnata decisione viene affrontato il tema della rilevanza della mancata contestazione degli estratti conto ma non risulta neppure che la banca li abbia prodotti o anche solo che ne abbia dedotto l’avvenuta comunicazione alla correntista, fermo restando, comunque, che “E’ certo che, se l’estratto conto certificato conforme poteva essere sufficiente, in sede monitoria, ad integrare la prova scritta privilegiata necessaria a valutare la fondatezza del credito ai fine dell’emissione del decreto ingiuntivo; nei giudizio di cognizione piena, successivo all’opposizione, con la quale fra l’altro erano state contestate le risultanze di detto estratto, spettava all’opposta, attrice in senso sostanziale, documentare l’andamento del rapporto di conto corrente bancario. Neppure poteva dirsi sufficiente a superare tali rilievi l’argomento addotto dalla ricorrente circa la mancata contestazione specifica degli estratti conto da parte del correntista, in quanto per giurisprudenza costante tale omissione rendeva inoppugnabili gli accrediti e gli addebiti solo sotto il profilo meramente contabile, ma non sotto quello della validità e dell’efficacia dei rapporti obbligatori, dai quali le partite inserite nel conto derivavano (in tal senso Cass. n. 1978/1996 e n. 12507/1999) (Cassazione civile, sez. 1^, 31/10/2008, n. 26318).

Il terzo motivo di ricorso attiene alla dedotta incongruità della motivazione circa la ritenuta carenza di prova in ordine all’esistenza del credito asseritamente derivante dalla movimentazione del conto corrente intestato alla Ma., addebitandosi alla Corte d’appello di avere erroneamente posto a base della sua affermazione circa la carenza di prova la considerazione relativa all’avvenuto disconoscimento da parte della Ma., debitrice principale, della sottoscrizione apposta su un documento contenente un piano di rientro dall’esposizione debitoria senza considerare che la sua obbligazione, e di conseguenza quella dei fideiussori, derivava dal debito maturato sul conto e non dal piano di rientro.

La censura non è fondata. Contrariamente all’assunto della ricorrente il giudice del merito ha ritenuto non provato il debito non solo perchè era stata disconosciuta senza alcuna reazione da parte della banca la sottoscrizione del piano di rientro ma anche perchè erano state disconosciute, sempre senza alcuna reazione processuale, anche tutte le firme apparentemente apposte dalla Ma. su tutta la documentazione prodotta e, in particolare, sugli assegni addebitati in conto e sulla stessa richiesta dei carnets. Tale conclusione non appare illogica anche alla luce della circostanza che la predetta Ma. abbia riconosciuto unicamente lo specimen di firma rilasciato in relazione al conto corrente a suo nome in quanto ovviamente altro è l’apertura di un conto corrente e altra è la sua movimentazione, essendosi per l’appunto implicitamente dedotto, disconoscendo le sottoscrizioni ulteriori, che eventuali operazioni non potevano farsi risalire all’apparente debitrice.

Con l’ultimo motivo di ricorso si deduce violazione di legge per avere la Corte d’appello ritenuto irrilevante l’avvenuta sottoscrizione da parte dei fideiussori della clausola secondo cui “in deroga all’art. 1939 c.c., la fideiussione mantiene tutti i suoi effetti anche se l’obbligazione principale sia dichiarata invalida”.

Il motivo non è fondato per l’assorbente considerazione che la Corte non ha ritenuto invalida l’obbligazione principale ma radicalmente insussistente in quanto non provata.

Per quanto attiene all’unico motivo del ricorso incidentale con il quale si deduce il vizio di violazione di legge della sentenza impugnata (peraltro senza specificare la norma violata) per avere omesso la Corte d’appello di pronunciarsi sulle domande concernenti la declaratoria di inefficacia dei versamenti effettuati dai fideiussori e di rimborso dei relativi importi, se ne deve dichiarare l’inammissibilità per mancanza del prescritto quesito di diritto.

Il ricorso principale deve dunque essere accolto nei limiti indicati e pertanto cassata sul punto senza rinvio la sentenza impugnata perchè la causa tra la Ma. e la Banca non avrebbe potuto essere proseguita per intervenuta estinzione del giudizio.

La reciproca soccombenza giustifica la compensazione delle spese nel rapporto tra la ricorrente principale e M.G. e P. A. mentre nel rapporto tra la ricorrente e Ma.Pi. la compensazione è giustificata dalla novità della questione.

P.Q.M.

la Corte, riuniti i ricorsi, accoglie il primo motivo del ricorso principale, rigetta gli altri e dichiara inammissibile il ricorso incidentale; cassa senza rinvio la sentenza impugnata in relazione motivo accolto in quanto il giudizio di appello tra la ricorrente e Ma.Pi. non poteva essere proseguito per intervenuta estinzione; compensa le spese tra tutte le parti.

Così deciso in Roma, il 1 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 21 aprile 2011

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