Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9271 del 11/04/2017


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Cassazione civile, sez. III, 11/04/2017, (ud. 08/02/2017, dep.11/04/2017),  n. 9271

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Presidente –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. SESTINI Danilo – rel. Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28119/2014 proposto da:

G.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA

CONCILIAZIONE 44, presso lo studio dell’avvocato MAURIZIO

BRIZZOLARI, rappresentato e difeso dall’avvocato FRANCESCO COSTANZA

giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

C.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA VICENZA

26, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE FABIO, che la

rappresenta e difende giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 357/2014 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 03/04/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

08/02/2017 dal Consigliere Dott. DANILO SESTINI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

In relazione ad un contratto di locazione ad uso diverso intercorso con la conduttrice C.M., G.M. richiese il risarcimento dei danni per il deterioramento del telaio del portone di ingresso dell’immobile e per i canoni non versati per il dovuto periodo di preavviso del recesso.

Il Tribunale rigettò la domanda in relazione ad entrambi i profili, con sentenza che è stata confermata dalla Corte di Appello di Palermo, sul duplice rilievo che i danni al portone non erano stati provati e che il contratto era stato risolto per mutuo consenso delle parti.

Ricorre per cassazione il G., affidandosi a tre motivi illustrati da memoria; resiste l’intimata a mezzo di controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo (che denuncia l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio), il ricorrente contesta che il contratto sia stato risolto per mutuo consenso e che la conduttrice non abbia mai invocato il recesso per gravi motivi ai sensi della L. n. 392 del 1978, art. 27; rileva, al riguardo, che nella memoria difensiva del 9.12.2009, a mezzo della quale si era costituita nel giudizio di primo grado, la C. aveva fatto espresso riferimento alla raccomandata dell’11.10.2008, con cui aveva “dettagliatamente specificato le ragioni del recesso anticipato assolvendo quindi l’unico obbligo giuridico-normativo gravante su di essa” ed aveva precisato che “ai fini del valido ed efficace esercizio del diritto potestativo di recesso del conduttore è sufficiente che egli manifesti con lettera raccomandata al locatore i gravi motivi per cui intende recedere”; aggiunge che analoghe deduzioni erano state reiterate in atti successivi e che non era dunque dubitabile che la conduttrice avesse inteso esercitare il proprio recesso per gravi motivi ai sensi della L. n. 392 del 1978, art. 27.

Ciò premesso, rileva che la Corte aveva “totalmente ignorato” tale fatto decisivo, pervenendo all’erronea conclusione che fosse stato risolto per mutuo consenso un contratto in relazione al quale la conduttrice aveva dichiarato di esercitare il recesso.

2. Col secondo motivo (che denuncia, oltre all’omesso esame di un fatto decisivo, la falsa applicazione degli artt. 1367 e 1372 c.c.), il G. si duole che la Corte abbia “tralasciato di considerare ben tre elementi di fatto di primaria rilevanza”, ossia la nota del 26.11.2008 con cui l’Immobiliare s.r.l. (che gestiva l’immobile per conto del locatore) aveva sollecitato la conduttrice a pagare il canone relativo al mese di novembre 2008 in tal modo manifestando la prosecuzione del rapporto; inoltre, la clausola contenuta nel verbale di rilascio del 5.12.2008, con cui le parti avevano dato atto che restava “salvo e impregiudicato ogni e qualsiasi diritto nascente dal contratto di locazione sottoscritto in data 11.1.2008”, sintomatica del fatto che, nonostante si fosse proceduto al rilascio dell’immobile, il contratto avrebbe continuato a produrre effetti; infine, la circostanza che il locatore avesse ribadito la necessità di applicare la L. n. 392 del 1978, art. 27, con nota del 19.2.2009, cui aveva fatto seguito una trattativa fra le parti per dirimere la controversia.

Tanto premesso, si duole che la Corte non abbia applicato il criterio ermeneutico di cui all’art. 1367 c.c. (comportante la necessità di interpretare la clausola di “salvezza” contenuta nel verbale del 5.12.2008 nel senso che potesse produrre un qualche effetto) ed abbia erroneamente applicato l’art. 1372 c.c., in difetto di una “chiara, inequivoca e concorde volontà di porre nel nulla il regolamento negoziale”.

3. Il terzo motivo denuncia l'”erronea applicazione della L. n. 392 del 1978, art. 27″: premesso che tale norma consente al conduttore di esercitare il recesso per gravi motivi, il G. evidenzia che l’inerzia manifestata a fronte della manifestazione della volontà della conduttrice di recedere costituiva la naturale conseguenza della natura potestativa del diritto di recesso, senza che potesse valere come espressione della volontà di risolvere consensualmente il rapporto (ma, al più, come volontà di non contestare la ricorrenza dei gravi motivi per l’esercizio del recesso, fatto salvo l’obbligo di versare i canoni per il periodo di preavviso).

4. Il ricorso – esaminati congiuntamente i tre motivi – risulta fondato.

4.1. La Corte ha omesso di considerare il fatto decisivo che (per quanto risulta dai passaggi della memoria difensiva trascritti a pag. 8 del ricorso) la stessa conduttrice aveva qualificato la propria iniziativa come recesso anticipato per gravi motivi, ossia come esercizio di un diritto potestativo a fronte del quale l’accettazione della riconsegna ha una valenza del tutto “neutra”, mentre la non contestazione dei motivi di recesso ha come effetto la cessazione del contratto alla scadenza del termine di preavviso, ma non può assurgere a manifestazione tacita della volontà di sciogliere consensualmente il rapporto.

Parimenti omesso dalla Corte è stato l’esame delle circostanze individuate col secondo motivo (il sollecito di pagamento del canone, la “riserva” espressa nel verbale di riconsegna e la nota del febbraio 2009), anch’esse decisive, in quanto idonee ad essere considerate nel complesso – come sintomatiche di una volontà che, senza opporsi all’esercizio del diritto potestativo della conduttrice, non aveva rinunciato al pagamento dei canoni per il periodo di preavviso.

4.2. Risulta inoltre integrata la denunciata falsa applicazione dell’art. 1367 c.c., atteso che la Corte ha qualificato tout court come “formula di stile” la riserva contenuta nel verbale di rilascio senza attenersi al canone ermeneutico secondo cui le clausole negoziali debbono essere interpretate nel senso in cui possono avere qualche effetto, anziché in quello secondo cui non ne avrebbero alcuno.

4.3. La sentenza va pertanto cassata con rinvio alla Corte di merito che dovrà rivalutare la vicenda esaminando specificamente i fatti decisivi sopra individuati e attenendosi al criterio ermeneutico di cui all’art. 1367 c.c., alla luce del principio secondo cui “in tema di locazione di immobile urbano, l’accettazione da parte del locatore della anticipata riconsegna dell’immobile locato con la riserva di ottenere il pagamento dei canoni non ancora scaduti fino al termine del contratto non fa venir meno per il conduttore che esercita il recesso senza il rispetto del previsto termine di preavviso (nel caso, sei mesi) l’obbligo di pagare il canone per tutto tale periodo, ovvero fino al momento in cui l’immobile medesimo venga locato a terzi” (Cass. n. 5841/2004).

4.4. La Corte di rinvio provvederà anche sulle spese di lite.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa e rinvia, anche per le spese di lite, alla Corte di Appello di Palermo, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 8 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 11 aprile 2017

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